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TELERISCALDAMENTO: UN MONOPOLIO DA REGOLARE

Il teleriscaldamento è in decisa espansione. Tra i vantaggi principali ci sono una maggior sicurezza, maggiori benefici ambientali, risparmio energetico e possibilità di ricorrere alle rinnovabili. Significativi sono gli aiuti che arrivano dalla legislazione comunitaria e dagli incentivi nazionali. Si tratta però di un esemplare caso di monopolio naturale esercitato a livello locale. Perché l’utente finale una volta effettuato l’allacciamento non ha di fatto la facoltà di cambiare fornitore. Purtroppo è anche molto poco regolato, almeno in Italia.

Il teleriscaldamento è una forma di riscaldamento che consiste nella distribuzione di un fluido termovettore, attraverso una rete di tubazioni isolate e interrate. Il fluido, che può essere acqua calda surriscaldata o vapore, proviene da una centrale di produzione e arriva alle utenze per poi tornare alla centrale. Quando arriva a destinazione,  riscalda l’acqua dell’impianto di riscaldamento delle utenze attraverso uno scambiatore e può anche produrre acqua di uso sanitario. In pratica, lo scambiatore sostituisce la caldaia.

LA NORMATIVA

Si tratta di una modalità di fornitura di calore in forte espansione in Italia, grazie anche alla notevole spinta fornita dalla recente normativa. (1)

Figura 1: Andamento della volumetria totale tele-riscaldata in Italia (Fonte: Airu)

Ma un ulteriore crescita del teleriscaldamento è prevista nei prossimi anni, nel quadro delle politiche europee per il clima, con la valorizzazione di risorse di vario tipo, quali biomasse, rifiuti, calore di scarto di impianti industriali esistenti. (2)

La normativa italiana si fonda su un decreto legislativo in vigore dal marzo 2011 che prevede la promulgazione di un decreto del ministero dello Sviluppo economico che definisca le modalità per l’attuazione di piani di sviluppo del teleriscaldamento e del teleraffrescamento. Questi saranno volti a incrementare l’utilizzo dell’energia prodotta anche da fonti rinnovabili che i comuni con popolazione superiore a 50mila abitanti sono invitati a stabilire, in coordinamento con le province e in coerenza con i Piani energetici regionali. Lo stesso decreto istituisce presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico un fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento, alimentato da un corrispettivo applicato al consumo di gas metano pari a 0,05 €/Sm, a carico dei clienti finali, le cui modalità di applicazione e raccolta sono affidate all’Autorità per l’energia. 

REGOLE PER UN MONOPOLIO

Allo stato attuale, il servizio di teleriscaldamento si configura essenzialmente come un monopolio esercitato a livello locale, sia sul piano della teoria economica sia nella valutazione da parte delle Autorità di regolazione (Antitrust o Autorità per l’energia) dei paesi ove il servizio è maggiormente diffuso. (3)
utente finale una volta effettuato l’allacciamento non ha di fatto la facoltà di cambiare fornitore. In Italia per di più si trova spesso a dover pagare un servizio la cui tariffa, oltre a differire da rete a rete (si veda Figura 2), non sempre è calcolata o comunicata in maniera trasparente. E infatti sono già diversi i casi di ricorsi di utenti contro l’innalzamento delle tariffe da parte dei operatori. (4)

Figura 2: Prezzo della fornitura di calore (€/MWht) di alcuni operatori in alcune città del nord Italia (ordine casuale): Vicenza, Torino, Verona, Rimini, Alba, Bologna, Imola, Monza, Modena. (5)

ESEMPI DI CITTÀ TELE-RISCALDATE NELL’ITALIA SETTENTRIONALE

Il teleriscaldamento è di fatto una scelta obbligata nel caso di nuovi complessi serviti solo da esso. Gli utenti del servizio si trovano quindi in una condizione ben diversa dai clienti finali dei mercati energetici regolati, gas ed energia elettrica, dove è possibile cambiare fornitore e dove le fasi delle filiere in monopolio sono regolate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Anche perché l’obbligo di allacciamento alle reti previsto per edifici nuovi genera un notevole vantaggio competitivo del teleriscaldamento, a discapito delle forme di riscaldamento alternative, non permettendo a queste ultime di contribuire al meccanismo (di mercato) di controllo dei prezzi del calore da teleriscaldamento. (6)
I paesi europei dove il teleriscaldamento ha avuto una notevole diffusione si sono dati quantomeno una regolamentazione, a varia scala, per promuovere una maggiore trasparenza e protezione degli utenti. (7)
E, in ogni caso, è necessario un successivo attento monitoraggio del settore per evitare comportamenti opportunistici da parte dei fornitori del servizio.
In Italia, invece, le regole – ma non il prezzo del calore –, quando ci sono, vengono definite a livello locale dai comuni, che però molto spesso fanno parte della proprietà dell’azienda che teleriscalda.
È quindi opportuno che, anche nel nostro Paese, si dibatta sulla necessità di regolare il settore, considerando le classiche attività di produzione, trasmissione, distribuzione e consumo per tutelare l’utente finale: il compito potrebbe essere assegnato a un soggetto terzo, come l’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

(1) Decreto del ministero dello Sviluppo economico 24/10/2005 e più di recente nel decreto legislativo. n. 28 del 3 marzo 2011, concernente l’attuazione della direttiva comunitaria sulle fonti rinnovabili. Per approfondire la questione può essere utile, Arecco F., “Teleriscaldamento: la legge all’inseguimento della fattispecie” in Ambiente e sviluppo, n. 4, 2009, pp. 355-364.

(2) Uno studio del Cesi nell’ambito della Ricerca di sistema, ha analizzato le potenzialità di sviluppo analizzando Regione per Regione tutti i centri abitati al di sopra dei 25mila abitanti e ha stimato, analizzando le tecnologie di cogenerazione e recupero da termovalorizzatori 1.000 milioni di m3 di volumetria teleriscaldabile, 1,8 milioni di tep/anno di energia primaria risparmiata (all’incirca l’1 per cento della domanda totale di energia primaria in Italia-2008), 8 milioni di tonnellate/anno di CO2 evitate (quasi il 2 per cento delle emissioni derivanti da combustione in Italia-2008).

(3) Vari studi sono stati effettuati ad esempio nel Regno Unito e in Svezia per l’apertura del mercato del calore: “Market Opening in Local District Heating Networks” di Linda Wårell, (Economics Unit, Luleå University of Technology) e Thomas Sundqvist  (Swedish Competition Authority);  ( “The Swedish District Heating Market Firm Ownership and Variations in Price, Costs of Production and Profitability” di Johanna Hansson (Economics Department Uppsala University). In Lituania una regolazione a favore di una maggiore competizione è emersa probabilmente anche come reazione all’inefficiente “tele-riscaldamento di Stato” del periodo sovietico e ai numerosi distacchi dalla rete che si sono avuti negli anni successivi all’indipendenza.

(4) Nel luglio 2010 il Tar della Lombardia si è ad esempio pronunciato contro l’innalzamento delle tariffe da parte di un operatore, con la decisione di nominare, per il caso di perdurante inottemperanza da parte dell’amministrazione comunale, commissario ad acta il direttore della Direzione tariffe dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas.

(5) “Analisi integrata di un sistema di teleriscaldamento da pollina e cenni sul tema della regolazione tariffaria per le reti calore”, Daniele Russolillo – Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio, Green City Energy International Forum, Pisa, luglio 2010.

(6) Questi le conclusioni di una recente un’indagine (marzo 2011) sul settore del tele-riscaldamento svolta dall’Autorità antitrust finlandese per verificare se le tariffe applicate dagli operatori potessero configurare un abuso di posizione dominante.

(7) Una legge del 2008 in Svezia ha rafforzato la posizione dei clienti delle reti di teleriscaldamento attraverso una maggiore trasparenza. Anche in Polonia è stata recentemente proposta una regolamentazione delle tariffe basata su comparazione dei costi di produzione del calore (New regulation of district heating in Poland The possibility of CHP tariffs approval based on benchmark method, Aleksandra Gawlikowska – Fyk Eligiusz Balcerzak Paweł Bogusławski, Energy Regulatory Office. The Republic of Poland).

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13 commenti

  1. Sergio Zoccatelli

    Concordo pienamente. Io sono un utente di AGSM Verona sia per il teleriscaldamento che per gli altri servizi (luce, acqua, gas). Il vincolo di fornitura per il teleriscaldamento mi induce anche a non cambiare fornitore per altri servizi ritenendo, forse a torto, di poter essere penalizzato nel servizio di assistenza, ricorrenza frequente, del teleriscaldamento.

  2. Alessandro G.

    Come spesso accade nel nostro (bel) paese, iniziative politiche (di cui se ne sentiva la mancanza nel settore, dopo la lunga latitanza del ministro interessato) nascono spesso senza il necessario humus legislativo al contorno. Permettiamoci tuttavia i vantaggi di un sistema di produzione e distribuzione del calore che favorisce efficienza energetica e utilizzo di fonti di energia rinnovabile, in un paese povero di energia come il nostro, che non può sempre sperare in inverni insolitamente miti..

  3. Rino Ruggeri

    In effetti in Italia il tema del risparmio sia in termini monetari che ambientali, si scontra inevitabilmente con quello dei monopoli naturali dove si ha il massimo rendimento di filiera con un solo operatore. Anche in questo caso si potrebbe immaginare la rete in mano al pubblico e le centrali ai privati, ma ad oggi mi sembra complicato perchè quandi si fa un nuovo insediamento servito da teleriscaldamento quello è il più economico. Quindi ci vuole una nuova cultura della trasparenza che metta a disposizione degli utenti il conto economico dettagliato tratto dall’ammortamento dell’impianto, dalla sua manutenzione, dal prezzo dei combustibili e anche dall’eventuale accantonamento per imprevisti mettendo tutto questo in capo ad un organismo indipendente di 5 membri con un tecnico termico, uno contabile, un rappresentante degli utenti e due indicati dalla autorità dell’energia con obbligo di comunicare due volte l’anno all’utenza e al pubblico questo report.

  4. r.mazzoni

    Ma se una S.p.A., alla fine dell’anno deve rendere un 3-4%, perché altrimenti gli azionisti se ne vanno, da dove li prende i soldi se non dalle tariffe, nel caso delle utilty? C’è poco da fare: affidare il servizio pubblico ad un monopolio privato è una impostazione sbagliata, che tra l’altro gli italiani, nell’ultimo referendum hanno bocciato.

  5. Ruggero Revelli

    Non ho visto alcun dato sul teleriscaldamento a Milano (anche economici), in particolare sul sistema a pompa di calore, utilizzante l’acqua di falda. Silla è un impianto di teleriscaldamento operante da anni , dà forse fastidio che sia alimentato da un termovalorizzatore? La centrale Canavesio è operativa da anni (forse dà fastidio dire che NON è stata realizzata da Pisapia?). Quali tempi sono previsti per le altre 7 già individuate? Gli impianti di riscaldamento domestico a metano sono responsabili di grandi quantità di ossidi di azoto emessi, precursori del PM 10.

  6. Ruggero Revelli

    Correzioni formali alla mia precedente: Silla, leggasi Figino. Canavesio, Canavese. Una caldaietta a metano emette concentrazioni di ossidi di azoto superiori ai grandi impianti dotati di Denox, che termovalorizzano RSU come Brescia (operante da decenni!) e appunto Figino.

  7. Giacomo

    Commento fuori luogo e abbastanza fazioso, l’ultimo. Mi pare che l’articolo metta in luce in modo assai neutrale un problema che, con l’espansione del teleriscaldamento, è destinato a crescere. E cerchi di suggerire se non una soluzione, almeno un modo efficace di regolare un monopolio. Inutile quindi polemizzare citando Milano o Pisapia, perché questi non sono i termini del problema posto.

  8. Ascari Marco

    Il teleriscaldamento è un’idea che può avere un senso solo se viene fatto su impianti industriali comunque inquinanti e impattanti. Visto che una fabbrica esiste, perchè non sfuttare il calore da essa prodotto per scaldare acqua al posto che sprecarlo? Il problema è che in Italia il teleriscaldamento è spesso associato ai termovalorizzatori, impianti che bruciano i rifiuti come si faceva nel Medioevo facendo venire il cancro. Tali impianti riescono a stare in piedi grazie agli incentivi, ovvero grazie ai soldi dei cittadini che vanno così sprecati (per meglio fregare questi soldi, le aziende municipalizzate spesso associano in ciclo combinato questi impianti alle biomasse che, bruciando cibo, affamano il mondo) e non hanno nessuna convenienza non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello energetico: si consuma molta più energia di quella che si produce col teleriscaldamento. Soluzioni? Puntare sull’energia geotermica e sulla costruzioni di pompe di calore comune nelle grandi città (vedi puntata di Quark): se l’Italia puntasse al geotermico pulito potrebbe vendere addirittura energia a basso costo all’estero e soddisfare facilmente il suo fabbisogno.

  9. Ricardo_D

    Concordo in pieno. In altri paesi chi regola il gas e l’energia elettrica ha anche il compito di regolare il teleriscaldamento. Invece in italia preferiamo affidare al regolatore compiti sui taxi, autostrade e fra un po’ anche sui divieti di circolazione dei mezzi pesanti nelle domeniche dell’esodo estivo. Ebbi una discussione su questo aspetto con addetti ai lavori che riconobbero questa mancanza come molto grave, ma che di fatto necessita di un quadro legislativo di supporto. Il cittadino/utente può trovarsi infatti senza scelta e nessuno che lo rappresenti per l’espletamento di un servizio – il ‘riscaldamento’ in senso generale – che di servizio pubblico ha molto. Spero solo che questo appello venga accolto, ma anche che la regolazione che ne conseguirà sarà ragionevole in grado di tenere conto del contesto e delle specificità del servizio.

  10. Alessandra Porcellini

    Abito in una zona a Rimini servita da teleriscaldamento. Il problema della mancanza di una regolamentazione ha fatto si che i prezzi del teleriscaldamento a parità di consumo con la caldaia siano più del doppio! Tuttora siamo in causa con il comune per fare chiarezza sulle tariffe. A parte la gestione scandalosa l’impianto funziona bene e visto che inquina meno dovrebbe essere un modello per tutte le città, ma ci vuole assolutamente un garante per evitare che i prezzi lievitino indisturbati! Alessandra

    • elia sciacca

      Il teleriscaldamento è una bufala colossale costa dal 70 al 100% in più rispetto ad una caldaietta murale , e dal 40 al 50% in più rispetto ad una caldaia a condensazione centralizzata le partecipate prendono parecchi incentivi ed hanno il monopolio in lombardia se si costruisce nel raggio di 1 km bisogna predisporre gli allacci e nelle case popolari ti obbligano ad allaciarti le partecipate hanno un monopolio scandaloso.

  11. paolo galliano

    Il teleriscaldamento può forse essere considerato un monopolio naturale nella sua struttura impiantistica (rete di condutture sotterranee) ma certamente non lo è nel servizio reso. Il teleriscaldamento consente di riscaldare le abitazioni in modo semplice, sicuro, pulito. Se non voglio utilizzare il teleriscaldamento, posso benissimo utilizzare altri sistemi, vecchi (caldaie a gas, gasolio, legna) o nuovi (solare termico, pompe di calore). Nessuno mi costringe ad allacciarmi al teleriscaldamento né mi impedisce di slacciarmi se non mi sta più bene. Quanto al prezzo che dire: quando compro un prodotto/servizio, non guardo a quanto costa produrlo, guardo al prezzo e all’utilità che quel prodotto/servizio ha per me e lo confronto con il prezzo/utilità di prodotti similari. Poi decido se compralo o meno, in piena libertà. Il teleriscaldamento è una scelta in più rispetto ai soliti riscaldamenti a gas/gasolio. Se c’è chi me lo offre, ben venga!

  12. monari mirko

    Ho il teleriscaldamento vivo nel comune di casalecchio di reno purtroppo essendo un regime monopolista il prezzo finale non lo puoi confrontare con la concorrenza e secondo il mio parere il gestore ci marcia molto su questo.

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