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UNA ROAD MAP PER LE LIBERALIZZAZIONI

Muovendosi sui tre fronti dei settori a rete, degli oligopoli e dei settori a entrata regolata segnalati dall’Antitrust, il governo Monti potrebbe sviluppare dinamiche concorrenziali in molti servizi, oggi sottratti alla concorrenza. Concorrenza a cui invece debbono sottostare le nostre imprese manifatturiere. Con un beneficio per gli utenti in termini di qualità dei servizi e riduzione dei prezzi. Ma anche una riduzione dei costi e un aumento di competitività per le aziende italiane esportatrici. Benefici non proprio trascurabili.

Elettricità e gas, servizi pubblici locali, poste, ferrovie, banche e assicurazioni, autostrade, carburanti, commercio, servizi professionali, taxi e farmacie. Se prendiamo a riferimento la recente segnalazione dell’Autorità antitrust sulle linee di intervento in materia di liberalizzazioni, il fronte di attacco su cui il governo Monti potrebbe muoversi appare molto ampio e articolato. Per evitare di restringere la discussione alla solita questione dei taxisti, è bene offrire una sintesi dei provvedimenti che potrebbero essere attuati al capitolo liberalizzazioni. Distinguendole prima di tutto in base a tre tipologie di settori, molto diverse per problematiche e ricette: settori a rete, oligopoli e settori a entrata regolata.

I SETTORI A RETE

Parliamo di settori a rete quando l’attività economica richiede l’uso e la condivisione di una infrastruttura, che per ragioni di costo non è efficiente duplicare in presenza di più operatori che competono nel servizio: questa tipologia si applica ad esempio al comparto elettrico, del gas, delle telecomunicazioni, del trasporto ferroviario e aereo, delle autostrade. Questi settori in alcuni casi (energia e telecomunicazioni) hanno avviato un processo di liberalizzazione nel decennio scorso, mentre in altri sono ancora in una fase di avvio. Secondo una logica in gran parte comune: separazione delle attività di monopolio (infrastruttura di rete) da quelle concorrenziali (servizio), regolamentazione incentivante delle attività di monopolio da parte di Autorità indipendenti e selezione dei gestori attraverso gare, individuazione di alcuni servizi essenziali (servizio universale) da garantire a tutti i cittadini. Nella segnalazione dell’Antitrust ricadono ad esempio in questa famiglia di provvedimenti i servizi ferroviari, dove si raccomanda la separazione tra le infrastrutture (stazioni, rete) e servizi, l’individuazione di un perimetro di servizio pubblico, l’apertura alla concorrenza nei segmenti che possono sostenere più operatori (ad esempio, alta velocità) e la selezione dell’operatore più efficiente per il servizio pubblico da erogare in regime di monopolio (ad esempio, servizio locale).
A questa stessa ispirazione si rifà la riforma dei servizi pubblici locali (ad esempio, trasporto, rifiuti), per i quali si suggerisce uno screening in tre tappe: verifica della possibilità di avere più operatori che competono per la fornitura del servizio; in caso negativo, assegnazione a gara del servizio fissando i termini economici e gli standard tecnici di fornitura; come estrema ratio, fornitura in-house da parte dell’ente locale. In questo modo la concorrenza, quando non può operare nel mercato attraverso la competizione di più operatori contemporaneamente, agisce nella fase di assegnazione, quando i candidati allo svolgimento del servizio competono per l’assegnazione, con la prevalenza dell’impresa in grado di fornire il servizio al minor costo. Per i settori dove la gestione e lo sviluppo dell’infrastruttura rappresenta l’aspetto cruciale del servizio, come per le autostrade, si raccomanda l’adozione di una regolazione tariffaria che incentivi gli investimenti e la qualità del servizio e l’accorciamento delle concessioni, oggi cinquantennali. Una logica di condivisione delle infrastrutture si ritrova anche nei suggerimenti in materia di rete di distribuzione dei carburanti, con la separazione tra proprietà degli impianti e la gestione del servizio che favorisca l’entrata di operatori non integrati nella raffinazione, come la grande distribuzione organizzata.

GLI OLIGOPOLI

Il secondo comparto che interessa le politiche di liberalizzazione riguarda settori per loro natura concentrati, che vedono la difficoltà di entrata di nuovi operatori per l’esistenza di barriere all’entrata. Questi settori, tra cui nell’ambito dei servizi banche e assicurazioni rivestono un peso fondamentale, sono stati interessati nello scorso decennio da importanti processi di riforma delle condizioni di entrata (per esempio, apertura sportelli) e delle modalità di funzionamento (ad esempio, il risarcimento diretto per Rc auto). Ma in questi settori osserviamo come le innovazioni che possono essere introdotte per legge sono solamente una precondizione per lo sviluppo di una reale concorrenza, che rimane frenata dalla debole attitudine degli operatori a competere intensamente tra loro. E se in questi casi le raccomandazioni dell’Antitrust in materia di nuovi interventi appaiono relativamente limitate, sicuramente il ruolo dell’Autorità nel sorvegliare e prevenire comportamenti anticoncorrenziali appare cruciale.

SETTORI A ENTRATA REGOLATA

Resta infine il terzo gruppo di settori dove le liberalizzazioni possono aprire il mercato: si tratta di industrie nelle quali l’entrata non è libera, ma soggetta ad autorizzazioni, siano esse riferite ai servizi professionali (esame di stato, requisiti professionali) al commercio, taxi o farmacie (licenze). In questi casi le ricette di liberalizzazioni sono molto più semplici che negli esempi precedenti, e passano per un aumento del numero di licenze, l’abolizione di vincoli ai comportamenti (tariffe minime, divieto di pubblicità). Con eventuali compensazioni laddove la riduzione del valore implicito delle licenze comporti una rilevante perdita in conto capitale per gli attuali operatori.
Muovendosi su questi tre fronti il governo Monti potrebbe sviluppare le dinamiche concorrenziali in un insieme molto ampio di servizi, oggi sottratti alla concorrenza, a cui invece debbono sottostare le nostre imprese manifatturiere. Con un beneficio per gli utenti in termini di qualità dei servizi e riduzione dei prezzi, e una riduzione dei costi e un aumento di competitività per le nostre imprese esportatrici. A chi guarda con sufficienza a questi benefici vorremmo ricordare, a puro titolo di esempio, due storie di successo nel campo delle liberalizzazioni: telefonia e voli low cost. Dieci anni fa era impensabile poter prenotare via Internet, usando il proprio smartphone, un volo low cost per una qualunque città europea spendendo poche decine di euro.        

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24 commenti

  1. HK

    Fra le priorità del governo vi sono le liberalizzazioni. La sensazione è che possano contribuire a ridurre “il livello di estorsione”. Ma la domanda è quantitativamente quale si prevede essere l’effetto?

  2. GIANNANDREA FERRAIOLO

    Riporto di seguito le considerazioni del forum nazionale parafarmacie (http://www.farmacianonconvenzionata.it/) e del movimento nazionale liberi famacisti (http://www.mnlf.it/ ) Altroconsumo – Federconsumatori – MDC – Codacons che nell’agosto del 2011 scriveva :”Continuare su questa strada liberalizzando anche i farmaci non a carico del SSN potrebbe produrre ulteriori risparmi per 401 milioni l’anno, 3500/4500 nuove aziende , 8/9000 nuovi posti di lavoro e 700 milioni d’investimenti. Tutto a costo zero per lo Stato e nessuna chiusura di farmacie” “La ( precedente ) liberalizzazione dei farmaci da banco ( Otc parafarmaco omeapitia ),ha prodotto in cinque anni 1,6 miliardi di risparmi per i cittadini, 3.616 nuove aziende e 7470 nuovi posti di lavoro A maggio 2011 il numero delle parafarmacie aperte era di 3616 di cui solo il 15 % afferente la grande distribuzione, mentre circa l’85% di proprietà di giovani farmacisti o ex dipendenti di farmacia. “le farmacie detengono il 92,8% del mercato, pari a 2,052 mld di euro, la grande distribuzione il 2,7%, pari a 61 milioni di euro e le parafarmacie il 4,5%, pari a 98,8 milioni di euro.

  3. r.mazzoni

    Sono molto scettico su questo provvedimento. Per esempio gli orari flessibili non svantaggiano la piccola distribuzione nei confronti della grande distribuzione? E i tassisti (che sfruttano un posizione di rendita) non saranno costretti ad orari effettivamente disumani (con conseguenti problemi di sicurezza, tra l’altro). Si parla sempre di benzina, ma il gasolio tempo fa ha raggiunto un prezzo simile pur mantenendo le stesse accise di un tempo. Infatti alla produzione è molto più costoso della benzina: chi può limitare un business così miliardario? Chi impedirà alle compagnie di trasporto di fare cartelli? Si aprirà alle assicurazioni ed alle banche straniere? Non provocherà una enorme fuoriuscita di capitali? Se fossi una società che deve aumentare il fatturato, prima di impegnarmi ad aumentare l’efficienza o altro, proverei ad aumentare le tariffe ed osserverei il comportamento delle altre, che probabilmente si comporteranno alla sessa maniera.

  4. Mario

    I servizi pubblici a rete (elettricità, gas, acqua, teleriscaldamento, ecc.) costituiscono monopoli fisici e, pertanto, non ha alcun senso «liberalizzarli», perché non vi sarà mai alcuno che costruisca reti parallele: infatti non avrebbe mai un ritorno degli investimenti conseguenti alla loro realizzazione. Quindi dove sta la concorrenza? Si può obiettare che i costi di gestione delle società pubbliche sono eccessivi, rispetto a quelli dei privati. È vero, ma questa è la dimostrazione del fallimento di certa politica, che ha fatto una «riserva indiana» delle municipalizzate per assunzioni di personale superfluo e altre simili «amenità». Non ha pregio neanche affermare un potere taumaturgico dei capitolati di concessione, predisposti secondo canoni di efficientamento, con l’ausilio della giurisprudenza ecc. ecc., visto che il controllo sugli standard dei servizi, devono farli sempre gli stessi (cioè i politicanti degli enti locali) che hanno deteriorato l’efficienza delle municipalizzate, disinteressandosi di assicurarne la funzionalità.

  5. A

    I settori a rete, gli oligopoli, i settori a entrata regolata… Non è che dimentica ancora qualcosa tra i possibili settori di intervento soggetti prossimamente alle liberalizzazioni?

  6. Andrea

    Salve a tutti. Sinceramente resto allibito nel trovare del scetticismo in un tema importante come quello delle liberalizzazioni. Si parla sempre di crescita mancata, ma non è lo Stato che deve fare la crescita. Devono essere i suoi cittadini ad investire. Il ruolo dello Stato è dare a tutti pari condizioni ed opportunità di creare ricchezza e valore. Come? Appunto, liberando i vari mercati dalle catene che li opprimono. Operare in un libero mercato vuol dire essere migliore degli altri. Se non lo si è, si va a casa e si fa dell’altro. Il vero problema dell’Italia è proprio questo: non mettersi in gioco. Detto questo, dott. Polo, secondo lei avrebbe senso liberalizzare il mercato borsistico rendendo più ampia la base degli investitori, in modo da ridurre la concentrazione e quindi gli speculatori? Grazie

  7. gss

    nel caso degli avvocati il problema della concorrenza non riguarda certo le barriere all’accesso. Abbiamo tre volte più avvocati che in Francia. Anzi, oggi si pagano (in termini di guerra dei poveri, con una categoria professionale prutroppo squalificata che si reagisce come i tassisti) le conseguenze della demagogia, che inizia con l’assenza di numero chiuso nelle università pubbliche. Cerchiamo piuttosto di avere una vera normativa sulle società professionali. Le norme varate finora in tutta fretta sono mal scritte ed inattuabili.

  8. Enzo Pisano

    La forza di un provvedimento per la realizzazione di una vasta liberalizzazione risiede, essenzialmente, nel segnale di un radicale cambiamento di mentalità al quale tutti dovranno uniformarsi. Però non basta. Occorre principalmente che chi ha il dovere di controllare si comporti impeccabilmente in maniera certa, veloce e senza imperfezioni. A puro titolo esemplificativo, prima della liberalizzazione dell’energia era facile sapere quanto costasse un chilowattora. Leggo le voci di costo dalla mia ultima bolletta: quota fissa commercializzazione vendita; quota fissa componente dispacciamento; quota energia; quota energia dispacciamento; componente di perequazione; quota fissa servizi di rete; quota potenza; quota variabile servizi di rete; accisa sull’energia; imposta addizionale regionale; imposta locale; IVA! Stessa cosa per il gas. Non parliamo poi delle assicurazioni RCA. Nonostante un deciso e costante calo di incidenti, morti e feriti ed un aumento del parco veicolare (cfr. dati ISTAT), negli ultimi dieci anni i premi sono cresciuti in modo smisurato. Non adotterei nuove liberalizzazioni senza aver verificato la corretta applicazione delle precedenti.

  9. Ricardo_D

    Professore concordo con i titoli che Monti ha proposto e che lei ha riassunto in queste tre aree. Ma come direbbe il montezemolo di Crozza ‘manca il foglio del come’. Nell’energia si è liberalizzato ma si continua a produrre una mole inimmaginabile di regole, molto spesso pura burocrazia, perchè abbiamo il pallino del controllo. In altri Paesi non funziona così. Un tempo le cose fatte all’italiana erano quelle fatte meglio, ora sono quelle arzigogolate e che sono gli italiani possono capire. Noi dobbiamo attrarre capitali e imprese dall’estero. Siamo il Belpaese, tutti ci verrebbero in Italia, ma poi in tanti rinunciano perchè siamo anche il Paese degli azzeccagarbugli, dove dobbiamo presentare dichiarazioni da riempire di zeri in nome del ‘controllo’ (cioè per l’archivio) altrimenti scatta l’indagine e forse anche la multa. Quindi ore di lavoro per riempire moduli buoni al macero e arrivederci produttività. Confindustria (vedi Repubblica di oggi) dice che i problemi sindacali sono un problema per 6 imprese su 100, mentre la burocrazia lo è per 28 imprese su 100, subito dopo mancanza di capitali e domanda. Allora, quali sono le priorità su cui agire?!

  10. Riccardo

    Le liberalizzazioni selvagge, cioè senza nessun controllo su possibili cartelli ed oligopoli, sui prezzi e sui ricavi, hanno sempre portato all’impoverimento delle categorie ‘colpite’, ad una riduzione della qualità dei servizi e ad un aumento delle tariffe. Niente fa credere che possa essere diverso ora.

  11. Armando Pasquali

    Pia illusione. La realtà è che gli economisti pensavano che i costi di aggiustamento dell’entrata della Cina nella Wto fossero trascurabili. Non lo sono. E gli operai (ma da un po’ di anni anche impiegati e dirigenti) che perdono il lavoro non lo ritroveranno più. Questa non è teoria, è esperienza di tutti i giorni.

  12. LUCIANO GALBIATI

    La forma legislativa che permette di trasformare una modesta attività artigianale in una -gallina dalle uova d’oro- nelle mani di speculatori e broker, è il “cumulo delle licenze” (vietato dalla legge attuale). La concentrazione delle licenze nelle mani di pochi grandi operatori conduce inevitabilmente i taxi verso il discutibile modello nordamericano. Queste le caratteristiche:1) Proprietà delle licenze in capo a soggetti capitalistici (proprietà assenteista), 2)Gestione tramite broker (intermediazione parassitaria),3) Autisti oppressi da un esoso sistema di noleggio di licenze e vetture (sfruttamento del lavoro). In sintesi: il “cumulo delle licenze” porta la logica del nolo al suo estremo di sfruttamento più brutale.La proprietà delle licenze ottiene rendita certa (canoni del nolo); rischio d’impresa (giornate senza lavoro,incidenti,infortuni,ecc) e duro lavoro caricato sulle spalle degli autisti/affittuari (impiegati nella veste di finto lavoro autonomo). Non solo. La scarsità di licenze sul mercato secondario, effetto della concentrazione proprietaria, aumenta in modo abnorme il valore delle stesse. A NewYork una licenza vale 1.000.000 di dollari (10 volte più che in Italia).

  13. studente universitario

    Mio padre è un piccolo imprenditore (20 dipendenti) che ha messo in piedi da solo la sua azienda,ho grande stima di lui.Nonostante ciò mi sono ritrovato a discuter con lui in quanto non voleva cambiare operatore telefonico aziendale nonostante l’evidente convenienza nei piani tariffari.Dopo essersi lamentato con lo storico operatore telefonico ha ottenuto uno sconto che ricopre solo in parte il gap che avrebbe avuto con un nuovo operatore.L’esempio che riporto è quello che mi ha portato al seguente pensiero. Spesso in economia viene assunto come dogma che il consumatore tenderà a consumare il prodotto per lui più conveniente,ma ho il dubbio che a volte il consumatore,specialmente italiano-tradizionalista-in età avanzata, abbia paura di affrontare l’incognito e così facendo non muova la mano invisibile del mercato che premia l’azienda “migliore”.Mi domando se nell’economia di sistema una serie di misure volte a disincentivare,nel senso di penalizzare con delle more,le “vecchie statali” come Telecom,Trenitalia,Eni etc.. diventi un beneficio futuro accelerando il processo di reale concorrenza in questi settori.Se Telecom fosse stata penalizzata mio padre avrebbe cambiato operatore.

  14. michele

    Due anni dopo il decreto Bersani, le compagnie hanno aggiunto una classe di merito interna, oltre a quella prevista dalla vecchia legge n.990 del 1969 (18 classi di merito, regole di passaggo uguali per tutti i clienti e per tutte le compagnie). L’attestato di rischio deve riportare sia la classe bonus malus CU (a “conversione universale”) sia la classe di merito interna. La compagnia pubblica una tabella di corrispondenza fra le due, che è usata : 1) per chi eredita la classe di merito da famigliare convivente secondo la Bersani 2) per chi proviene da altra impresa, con veicolo nuovo/usato di prima immatricolazione, oppure già assicurato. La classe di merito interna dipende din genere solo dal numero dei sinistri negli ultimi 4-5 anni. Perchè le solite regole non devono valere anche per i vecchi clienti di una compagnia, e chi cambia assicuratore o usa la Bersani deve essere penalizzato? proposta: 1) se la compagnia è la stessa, oltre alla classe di merito bonus/malus, con la Bersani si deve ereditare anche la classe di merito interna più favorevole fra quelle dei famigliari stabilmente conviventi.

  15. michele

    secondo proposta: oltre alla parità di trattamento, introdurre il divieto di non discirminazione: per le polizze RC auto itpo bonus/malus, le compagnie devono applciare le tabelle di corrispondenza classe CU/ classe interna di merito, a TUTTI i clienti, a prescindere che ereditino la classe di merito ocn la legge Bersani, provengano da altra compagnia, o siano già stati clienti l’esercizio precedente. una legge pro-concorrenza dovrebbe rimuovere un metodo di calcol odei premi che penalizza chi cambia assicurazione. gli sconti-fedeltà potrebbero essere ammessi nella forma di uno sconto del 20-30% per chi accetta polizze pluriennali opoliennali, come prevedeva la rifoerma introdotta da Tremonti. Ad oggi polizze che durano più di un anno si trovano difficilmente sul mercato.

  16. Anonimo

    Perchè non salvaguardare i redditi (inflation-targets) e i risparmi (walfare degli strike option) dei cittadini e di liberalizzare non le posizioni (competition-stock di redditi costanti), data la maggiore produttività, ma le rendite (monopolist-flow di redditi variabili), data la presenza di barriere all’entrata nel settore di mercato di riferimento ? 

  17. Piero

    La vera liberalizzazione in Italia e’ un effettivo arretramento dello stato dall’economia, oggi gestisce piu’ del 50% del PIL. Se l’economia viene gestita dal privato dovrebbe essere piu’ efficiente, poi sulle regole secondo me c’e poco da fare, in quanto molto si e’ fatto ( vedi l’impresa in un giorno), sul lavoro si devono eliminare le rigidita’ esistenti (art18), sulle professioni si devono eliminare gli ordini, che sono un residuo corporativo non piu’ attuale, chi ha il titolo e la pratica puo’ svolgere la professione con tariffe libere, sullo stato meta’ parlamentari e meta’ consiglieri regionali e eliminazione finanziamento pubblico ai partiti.

  18. Giuliano

    Il governo sostiene che le liberalizzazioni favoriranno la crescita, crescita chè è stata obiettivamente depressa dal decreto salva-Italia. Questa mi sembra malafede. Ciò è perchè (a) se pure le liberalizzazioni sono auspicabili, queste avranno un effetto più a medio termine sulla crescita (b) la crescita è bloccata da altri fattori quali criminalità, corruzione e burocrazia, sulle quali non è non sono state fatte riforme dirompenti alla stregua del decreto cresci-Italia (c) per crescere fuori dalla recessione servono soldi soldi soldi, e subito; quali investimenti farà il governo, quali accordi farà per incrementare gli investimenti esteri nel breve? In sostanza, il cresci-Italia è un altro decreto spremi-Italia, questa volta orientato verso le partite iva. Monti è proprio il genero ideale, farebbe di tutto per compiacere sua suocera Angela.

  19. SAVINO

    Come titolava un editoriale di oggi sul “Sole 24 Ore”, introdurre modalità concorrenziali rappresenta, nell’economia di mercato, la vera equità sociale. Vorrei però integrare l’articolo evidenziando anche le straordinarie ricadute occupazionali che possono seguire a questi provvedimenti, che avranno come primo effetto proprio quello di creare nuovi posti di lavoro, innanzitutto autonomo, ma, poi, anche dipendente. Il nocciolo della questione è, infatti, che certi mercati fino ad ora sono stati del tutto preclusi ai giovani, dotati di notevole spirito d’imprenditorialità oltre che di un grado superiore di preparazione, ma anche di poco capitale e finora tanto umiliati. Per realizzare tutto questo però ci vuole la ferma determinazione necessaria a far cessare, senza sviamenti, la pacchia che per decenni ha caratterizzato alcune categorie.

  20. enzo

    Sicuri che le gare abbiano come conseguenza efficienza e minori costi? Forse nei corsi all’università, non certo nella vita reale.

  21. Claudio Molinari

    Tutti invocano le liberalizzazioni come una panacea. Ma serviranno veramente? Non vorrei che alla fine i posti di lavoro o professionali rimanessero sempre quelli con un maggior turnover dei lavoratori sugli stessi posti e una caduta della qualità del prodotto/servizio determinata dalla caduta dei prezzi.

  22. Giovanni Sensi

    Nessuno tra studiosi, scienziati e compagnia cantando ha fatto o indicato un esempio di come queste liberalizzazioni hanno meravigliosamente funzionato. Telefonia? Qualcuno è in grado di districarsi tra le offerte e le tariffe dei gestori? I voli low cost? Il servizio a bordo é decente? Se ne vuoi uno decente lo devi pagare salato! Oppure ci dobbiamo semplicemente accontentare che non cadano giù gli aerei alla stregua di quelli hi cost? Il problema sono le autorità che non vigilano! Vi immaginate chi farà il trasporto pubblico in Molise? E le gare come le facciamo, comprensive delle tangenti oppure come per costi della sicurezza le indichiamo a parte? Le assicurazioni e le banche? Si, da indicare come esempio di liberalizzazione! Ideologia pura ideologia! Come diceva Totò: ma mi faccia il piacere!

  23. Franka

    Con riferimento al commento di MARIO (del 13.01), aggiungo che, chiunque sia il concessionario (scelto con regolare gara ad evidenza pubblica) sarà, per il tempo della non breve concessione, un monopolista: se sarà un privato tenderà solo al profitto, magari lesinando sulla sicurezza degli impianti e dei lavoratori, per massimizzare il profitto stesso. Il segmento, peraltro marginale, della vendita (dell’acqua, del gas, dell’elettricità, ecc.) peraltro già in essere, è teoricamente concorrenziale, salvo possibili cartelli. Ma – sia ben chiaro – solo la vendita, non la gestione delle relative reti. Allora ben possono rimanere, per le reti, le società pubbliche «in house providing», alle seguenti principali condizioni: non devono «inventare» società «figlie», perché i segmenti di attività da queste ultime svolti devono essere assicurati, se del caso, da divisioni della società, perché le «figlie» altro non sono; l’amministrazione deve essere affidata ad un organo monocratico: non servono pletorici consigli di amministrazione, anche se composti di soli tre membri; i partiti (non la politica) devono fare tre passi indietro e non voltarsi più come avrebbe dovuto fare «Orfeo».

  24. Aurelio Lonardo

    La proposta del Governo Monti non va ancora al cuore del problema. E’ vero che sarà possibile creare nuovi posti di lavoro, mi riferisco in particolare a farmacisti e notai, ma siamo ancora molto distanti dal modello di completa liberalizzazione che potrebbe creare molti più posti di lavoro e servizi di gran lunga migliori ed innovativi. La vera liberalizzazione parte da un fatto semplice e sano: se una persona ha i requisiti per svolgere una determinata professione, può e deve farlo senza impedimenti e limitazioni. Il modello che quindi va implementato è molto diverso da quello attuale e/o dal semplice ampliamento delle piante organiche che lasciano quasi invariate le posizioni di rendita. Secondo il mio punto di vista che vedo applicato nei paesi di matrice anglosassone e nordici, lo Stato deve puntare con grande forza, a garanzia della qualità delle prestazioni erogate dai professionisti, a far esistere un sistema trasparente ed efficiente di certificazione delle qualifiche professionali. Certamente questo richiede anche che il soggetto che amministra le abilitazioni e/o le certificazioni ed il loro mantenimento nel tempo non sia la relativa lobby professionale.

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