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LA “SFIGA” DI AVERE MENO OPPORTUNITÀ

Il viceministro Martone è balzato agli onori della cronaca per aver definito “sfigati” gli studenti che si laureano a 28 anni. È vero che in Italia esiste il problema della lunga durata degli studi. Ma se si guardano le statistiche, si vede che il percorso verso la laurea si allunga in particolare per gli studenti-lavoratori, per chi proviene da famiglie meno istruite e per chi studia nelle università del Sud. Insomma, una distribuzione delle opportunità asimmetrica nella società e nel territorio del nostro paese. Dichiarazioni provocatorie e discredito delle istituzioni.

“Se ti laurei a 28 anni sei uno sfigato”. Al bar dello sport non ci si farebbe caso. Ma se a dircelo è un viceministro della Repubblica allora vale la pena approfondire un po’. Chi sono dunque gli “sfigati”? Probabilmente il viceministro si riferiva a studenti svogliati, viziati, che hanno tutto a disposizione tranne la voglia di faticare. Se si fossero iscritti in un istituto professionale a 16 anni avrebbero fatto meglio, ci dice sempre il viceministro. Insomma, una versione aggiornata del famoso “braccia rubate all’agricoltura”.

TANTO TEMPO PER LA LAUREA

Va detto subito che un problema di durata degli studi esiste: l’età media per la laurea di primo livello (triennio) è di 26 anni, solo un terzo dei laureati ha 23 anni o meno, circa il 20 per cento si laurea oltre i 27 anni. Gli studenti che si laureano dai 25 anni in su sono oltre il 36 per cento. Per fare un confronto con un paese in cui l’università funziona un po’meglio, nel Regno Unito la percentuale corrispondente è di circa il 25 per cento (ma scende al 14 per cento fra gli studenti full time). (1) In Italia resta poi alto il numero di abbandoni: il 18 per cento lascia dopo il primo anno, con un leggero miglioramento rispetto al 27 per cento  del periodo pre-riforma. (2) La percentuale corrispondente nel Regno Unito è l’8 per cento. Il problema, per un esponente dell’’esecutivo, dovrebbe dunque essere cercare di capire il perché di questi numeri e proporre soluzioni.
Esiste poi un altro: la probabilità di laurearsi dipende molto dal background famigliare. La tabella sotto riporta le percentuali di laureati per livello di istruzione del padre e della madre e le confronta con la distribuzione nazionale dei livelli di istruzione. (3) Sebbene quasi il 40 per cento dei maschi in età 45-69 anni (che hanno probabilmente figli in età da università) abbia la licenza elementare o meno, solo il 10 per cento dei laureati proviene da famiglie in cui il padre ha la licenza elementare. Se si guarda al livello di istruzione della madre le cose vanno anche peggio. Risultati analoghi si possono ottenere, com’è facile immaginare, se si considerano le professioni (e presumibilmente il reddito) dei genitori anziché il loro livello di istruzione.

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A prescindere dall’età, dunque, la laurea resta parecchio meno probabile se si proviene da un background familiare poco favorevole.

FATTORI DI RITARDO

Detto questo cerchiamo ora di capire chi sono gli “sfigati” secondo la definizione viceministeriale.
Non è sorprendente constatare che gli studenti che lavorano tendono a laurearsi più tardi, come si può vedere dalla tabella qui sotto. (4) La percentuale di chi si laurea a 27 anni e oltre è del 21 per cento, ma sale al 73 per cento se si è lavoratori-studenti. È un indicatore di demerito? Probabilmente no, che si lavori per necessità o per acquistare esperienza diretta del mondo del lavoro, cosa peraltro molto comune all’estero. Resta però un 20 per cento che si laurea a 25 anni o più pur non avendo mai lavorato.

Ci sono poi altre dimensioni in cui si coniuga la “sfiga”, di tipo sociale e territoriale. Usando una definizione di ritardo scolastico più precisa della semplice età (il numero di anni fuori corso) si ottiene la seguente tabella:

La tabella della “sfiga” (laureati quattro o più anni fuori corso)

La prima riga ci dice che, di tutti i laureati che hanno il padre con licenza elementare, il 35 per cento si laurea quattro o più anni fuori corso. La percentuale scende al 20 per cento se il padre è laureato. Analogamente, un laureato proveniente da una università del Nord-Ovest ha il 20 per cento di probabilità di essersi laureato quattro o più anni fuori corso. In Sicilia e Sardegna la probabilità sale al 35 per cento. Non mi pare azzardato dire che queste correlazioni riflettono una distribuzione delle opportunità piuttosto asimmetrica nella società e nel territorio del nostro paese. Studenti con meno mezzi a disposizione o che studiano al Sud fanno più fatica a tenere il passo.
Forse bisognerebbe apprezzare di più l’impegno di tanti studenti che  provengono da ambienti poco favorevoli e sono immessi spesso in università tutt’altro che efficienti, ma che riescono comunque a portare a termine i propri studi. Ci sarebbe poi da chiedersi quanti di costoro siano riusciti a passare gli esami in base a un “giudizio prognostico” o in base a una “aspettativa” di apprendimento piuttosto che in base a quanto effettivamente sapessero in sede di esame. Le affermazioni del viceministro sugli “sfigati” appaiono allora emblematiche dei peggiori problemi dell’università italiana.
Ben venga dunque porre la questione di un’università che non funziona come dovrebbe. Farebbe anche piacere vedere un ministro sfruttare la sua visibilità per richiamare l’’attenzione sulla scarsa mobilità sociale che caratterizza il nostro paese nei confronti internazionali. Ma dal governo sarebbe in ogni caso lecito aspettarsi proposte e soluzioni ai problemi, piuttosto che banalizzazioni che non servono a nessuno.
Un’ultima considerazione. Negli ultimi anni ci siamo purtroppo abituati alle provocazioni, alle gaffe, agli insulti: sono un buon modo per guadagnarsi le prime pagine dei giornali e un po’di pubblicità. Probabilmente questo caso è diverso e in buona fede: e tuttavia non dobbiamo dimenticare che le provocazioni fuori misura discreditano le istituzioni che si rappresentano, istituzioni la cui reputazione è un prezioso bene pubblico. Non ci si deve poi meravigliare se godono di poco rispetto nella cittadinanza e di poca credibilità sui mercati. Sarebbe bene, per voltare pagina, che ci fosse meno tolleranza verso le uscite inopportune di chi ha incarichi istituzionali.

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(1) Fonte: Higher Education Statistics Agency (i dati si riferiscono al 2004).
(2) Fonte: Miur.
(3) Fonte: Rapporto Almalaurea 2010.
(4) Fonte: Almalaurea. Si considerano studenti-lavoratori tutti i laureati che hanno avuto esperienze lavorative durante il corso di studi (per lo più saltuarie), mentre per lavoratori-studenti si intendono i laureati che hanno avuto un rapporto di lavoro continuativo a tempo pieno per almeno la metà del percorso universitario (fonte Almalaurea).

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22 commenti

  1. Piero

    spesso leggo che gli italiani hanno 1000 risorse e 1000 energie nascoste che se solo volessero saremmo dei superman.. ma credo che ci sia molta retorica ed autocompiacimento in tutto ciò… la verità che tutti sappiamo è che il paese è coinvoto in un scarso senso civico quasi di massa.. il 120% debito viene da lì.. non dai rating.. se sommiamo gli evasori ai tangentopolisti alla quota di dipendenti pa in esubero ai babypensionati ai corrotti&corruttori in senso proprio ai raccomandati non solo del pubblico ma pure del privato (e chi lavora in aziende non solo padronali ma pure manageriali queste cose in cuor suo le sa)… otteniamo l’80% della popolazione.. ed il Ministro Raccomandato al pari della Ministra dei Neutrini è solo uno dei tanti esempi dell’ 80% degli italiani senza vergogna… Piero

  2. GRAZIANO CITELLI

    Sarebbe un buon esempio di onestà intellettuale se il viceministro divulgasse e descrivesse con precisione le proprie “fortune” (vedi progressione – si fa per dire – accademica e concorso da ordinario) accanto alle non ben circostanziate “sfighe” altrui (notevole la capacità di analisi ed argomentazione di uno studioso di tal fatta). Purtroppo, credo, ci sarebbero delle spiacevoli conseguenze sulla stima che ne ricaverebbe l’attuale governo agli occhi della pubblica opinione (viva il merito) e verrebbero confermati alcuni luoghi comuni sulla nostra università senza rendere giustizia a chi ci lavora con dignità e con sacrificio. Cordialmente. Graziano Citelli

  3. Prof. Giovanni Scotto

    Per la uscita offensiva nei confronti dei cittadini che per la sua carica sarebbe chiamato a tutelare; Per il familismo conclamato che lo ha “aiutato” nella sua fulminea carriera; Per la sostanziale inadeguatezza (al di là della correttezza formale) nel ricoprire il ruolo di professore ordinario; Per tutti questi motivi è bene che il Viceministro Martone dia le dimissioni, e si dedichi a recuperare il suo credito nel lavoro accademico e di ricerca.

  4. Caterina Miriello

    Grazie per questo articolo, con cui mi trovo perfettamente d’accordo. Scaricare la responsabilità dell’inefficienza del sistema universitario su intere generazioni di giovani studenti è un approccio quantomeno superficiale, e queste uscite sensazionalistiche e offensive di stampo brunettiano hanno francamente stufato.

  5. giampaolo vitali

    un grazie all’autore per la sua chiarezza espositva Spero che il viceministro se ne stia zitto, zitto, per un po’, si godi in pace la sua gloria da viceministro, e non insulti piu’ i lavoratori-studenti.

  6. Giuseppe

    Molte grazie a Valentino Larcinese: un articolo chiaro, documentato, argomentato. Mi ritrovo perfettamente nel profilo dello “sfigato” con background familiare debole dal punto di vista dei titoli di studio e con una situazione economica faticosa che mi ha costretto al lavoro durante gli studi. Oggi sono in una situazione paradossale. Ho un contratto a tempo indeterminato e la possibilità, oltre che la voglia, di offrire docenze come formatore in contesti diversi dal lavoro ordinario. Una discreta realizzazione… eppure mi resta la nostalgia e il desiderio di suggellare la mia buona professionalità con quel titolo che continuo a inseguire con studi notturni, giochi di equilibrismo arditi tra famiglia, lavoro ed un risicatissimo tempo libero. In tutto questo il bollino di sfigato distribuito con tanta leggerezza suscita rabbia e amarezza.

  7. Alberto

    Ottima risposta al “fighissimo” prof. Martone! C’è ben poco da aggiungere. Peccato che in ambito politico nessuno abbia analizzato la vicenda con la stessa lucidità traendone l’ovvia conseguenza, cioè la richiesta delle dimissioni del viceministro, chieste invece a furor di popolo.

  8. SAVINO

    Questi signori non hanno capito che, tanto per uscire dalla crisi, quanto per rinnovare la classe dirigente occorre che l’ascensore sociale funzioni. Il figlio di un povero se è bravissimo ha il diritto di occupare un posto di rilievo, così come i figli di papà hanno il dovere di dimostrare di essere all’altezza di un ceto sociale alto. Dopo il medioevo, non esistono scorciatoie a questa accezione.

  9. Marino

    Martone è odioso, antipatico e magari pure raccomandato. Ma aveva detto una cosa un pò diversa: più o meno, “deve passare nell’opinione comune che se a 28 anni non ti sei laureato sei uno sfigato e che è meglio essere secchione o fare un buon istituto tecnico o professionale”. Che è abbastanza giusto in termini di peer pressure tra gli adolescenti, dove chi si laurea rapidamente perché studia invece di divertirsi è un secchione sfigato, come d’altra parte chi si impegna e studia alle superiori. E l’atteggiamento “anti-secchioni” alle superiori può porre le premesse del dropping out all’università, sia in termini di conoscenze e competenze che in termini psicologici di motivazione. Poi, sui condizionamenti sociali, culturali e territoriali, non ci piove e ci vorrebbero interventi seri per ridurre il gap di opportunità.

  10. Laura Piacentini

    Interessante studio, dimostra come l’impegno dei genitori (beninteso, l’impegno, non la scolarizzazione) nel promuovere studio o formazione dei figli, sia importante. E’ però anche il caso di dire che nella voce.info non mi sarei aspettata un articolo che andasse a parare sugli attacchi personali. Martone ha pubblicato sul suo blog una precisazione a proposito del concorso allegato in pdf a questo articolo: 5 dei 6 canditati si ritirarono, perché vinsero il concorso per l’idoneità da ordinario in sedi a loro preferite. Sono andata personalmente a controllare sul sito del MIUR reclutamento ed effettivamente solo Giovanni Arrigo è rimasto Associato. Gli altri candidati vinsero rispettivamente i concorsi nelle seguenti date (quasi tutte PRECEDENTI alla vincita di Martone) MARAZZA 03/03/2004 SCARPELLI 14/10/2002 DE SIMONE 22/10/2002 SANTUCCI 06/12/2002 SCARPONI 10/02/2003 Non sarebbe il caso di affrontare il problema del blocco assunzioni (dei concorsi che non ci sono più) piuttosto che quello inutile del concorso specifico del Martone?

  11. Maria Teresa

    “Forse bisognerebbe apprezzare ..l’impegno di tanti studenti che provengono da ambienti poco favorevoli …immessi spesso in università tutt’altro che efficienti….” Grazie per questo intervento, del quale riprendo la frase soprariportata. Io, di anni, ne ho 41 e sto ora, per l’ennesima volta, tentando di chiudere il cerchio. Studentessa-lavoratrice negli anni 90, sui libri dopo le 9-10 ore in ufficio, per passione e per dare senso alla mia vita. Quello era forse il mio percorso vero, ma… Contesto familiare debole, necessità di sostentarsi – dopo un liceo linguistico (allora privato per forza) – pur a fronte di un 60/60 e il caldo invito a proseguire della commissione. L’autonomia economica ha significato per me l’affrancamento da una famiglia oppressiva, apprensiva e ansiogena. Creare la mia è stata una rinascita. Ma dopo anni di “pesce fuor d’acqua” in ufficio e tutti gli esami superati, è stato tempo di figli (voluti), di genitori anziani, di impieghi lasciati e ripresi, full time e part-time. Per necessità, reale o psicologica. Per paura, di non riuscire. Il grande assente? Non tanto il sostegno economico, quanto quello psicologico: dato da una famiglia che crede in te.

  12. maiden

    tutto giusto, tutto vero ma insomma a me sembra che il Martone, al di là che sia un raccomandato di ferro, non abbia tutti i torti. Ho frequentato l’università della mia città che è bene organizzata, offre parecchi servizi agli studenti e da anni è unanimemente considerata una delle migliori di Italia. Nella mia cerchia non ho mai conosciuto un singolo studente lavoratore eppure moltissimi dei miei amici, studenti a tempo pieno, si sono laureati tra i 26 e i 28-29 in facoltà prodigiosamente difficili come Lettere e Sociologia…contando che sono 18 esami in tutto non mi sembra una gran prova di impegno

  13. Ripano, ma non Eupilino

    Mi sono laureato a 27 anni. In ritardo sul mio corso di studi: 4 anni, più 1 di tesi; avrei dovuto diventar dottore circa 3 anni prima. Un po’ di tempo l’ho perduto pendolando verso la metropoli (lo studio in treno era possibile, ma meno efficace di quello in ambienti più tranquilli); mi son potuto permettere di risiedere in città solo per ca.15 mesi, con lo svantaggio però di dover cercare lavoretti per far quadrare il bilancio. Per chi, come me, proviene da famiglia operaia lo studio universitario comporta anche la rinuncia a molti degli svaghi e divertimenti propri dei giovani: nel periodo dell’università né ho fatto viaggi né sono uscito la sera o il w.e. Ho tenuto duro per passione nei confronti delle materie studiate e per migliorare la mia posizione sociale ed economica. Lo sforzo ha avuto successo: laurea con 110 e lode, borsa di studio per proseguire le ricerche, concorso ordinario vinto (senza sotterfugi) e cattedra d’insegnamento in un liceo. Ora la mia posizione, messa in discussione da chi la include nei “privilegi” degli statali, peggiorata dalle decisioni dei politici della casta, è derisa da ragazzini insolenti proiettati ai vertici da “meriti” di sangue. Vergogna!

  14. rita

    Non ho nessuna simpatia per il viceministro delle cui raccomandazioni prendo atto, peraltro senza fingere alcuna indignazione dato che ho percorso un tratto di carriera accademica e so quindi benissimo che molti dei duri e puri sulla scena attuale che conosco personalmente, pur essendo bravi avevano certamente i loro santi in paradiso che li hanno resi ancora più bravi. Ma cosa c’entra la storia del viceministro col fatto che abbia detto che chi si laurea mettendoci il doppio del tempo curriculare, è uno sfigato? Qualsiasi persona di intelligenza media ha capito che non si riferiva agli studenti lavoratori, ai malati e così via, ma si riferiva agli studenti di mestiere. Anzicchè indignarci per le sue parole, perchè non ne traiamo spunto di riflessione per cominciare a capire che il nostro sistema scolastico funziona male a nord ed è drammmatico a sud, cosicchè si riversa all’università una quantità di persone che non ha nè la preparazione di metodo nè la testa per laurearsi. Vogliamo capire che dire le cose come stanno è la base per i cambiamenti necessari per creare un Paese in cui ci siano più opportunità proprio per chi non ha una famiglia che dà un background forte?

  15. marco

    Penso che il buon Martone non sia all’altezza di ricoprire l’incarico che svolge; decisamente scarso a livello comunicativo e diintelligenza sociale; con tutti i raccomadati che abbiamo non c’è qualcuno migliore!

  16. giulio

    Si ricordi il sottosegretario Martone, che tanti suoi coetanei, capaci quanto lui (ma sarà poi davvero capace?) ma con altro cognome, lavorano 10 e più ore al giorno per 500 euro in nero al mese. Ovviamente sto parlando di quelli “fortunati” ad avere un “lavoro”: gli altri sono a spasso.

  17. Contro i raccomandati

    Il problema non è solo Martone: è anche chi come lui insulta persone brave che non fanno carriera definendoli degli sfigati solo perchè non conoscono persone importanti. In pratica chi legittima il sistema delle raccomandazioni è ancora più orribile di chi viene raccomandato. Basta con questo malcostume. Maledetti raccomandati sfigati!

  18. Luca_mrc

    Vivendo la dinamica dello studente lavoratore in un ateneo romano, banalmente mi viene da pensare che certi orientamenti di gestione relativi a tempistiche quali: scadenze delle sessioni d’esame, corsi, riduzione nel numero e concentrazione temporale degli appelli per sessione, possano essere legati al calo strutturale nel tempo dei finanziamenti erogati alle strutture universitarie. La diluizione dei tempi di permanenza costituisce fonte di risorse finanziarie nel tempo contestualmente all’allargamento della platea degli studenti, attivi e non. L.M.

  19. Rino baldini

    Magari con competenze in materia, potrebbe reperire le due monografie (irreperibili in internet) con cui Martone ha vinto il concorso e fare una verifica delle fonti? O forse anche una verifica con google, anche se dubito di un plagio “web” à la Guttenberg in quegli anni. Sono circolate delle voci in merito, ma sono certo che si tratta di calunnie infondate.

  20. anna

    Il problema del vice ministro Martorne è il classico esempio di analfabetismo di ritorno.. ha utilizzato un gergo non consono al ruolo politico che svoge pur non essendo direttamente eletto dal popolo… L’articolo è ben evidenzia le correlazioni derivanti da disparità di accesso al sistema universitario..Interessanti come sempre gli spunti di riflessione suggeriti. Complimenti per il Vostro lavoro di informazione in un sistema paese in cui questa langue…

  21. pippa

    ecco una analisi seria e documentata del famigerato concorso: http://www.roma1.infn.it/exp/webmqc/Michel%20Martone%20cc.pdf

  22. Pier Doloni Franzusi

    Possiamo discutere sulla forma, possiamo discutere sulle raccomandazioni avra’ ricevuto il vice ministro, ma vogliamo davvero mettere in dubbio la sostenza di quanto dice? Veramente vogliamo sostenere che non dico tutti ma perlomeno la maggioranza dei fuoricorso sono studenti lavoratori? Ho visto nella mia carriera dozzine di ragazzi che perdevano tempo all’universita’ senza alcuna giustificazione, ma mai uno che abbia finito in ritardo di 4-5 anni avendo dato il massimo dedicandosi allo studio. E altrettanti me ne sono trovati davanti in sede di colloquio, cercando di giustificare CV impietosi.

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