Lavoce.info

LA VERSIONE DI HAMILTON

Alexander Hamilton, primo segretario al Tesoro Usa, stabilì che il governo nazionale si sarebbe assunto i debiti contratti dai singoli stati durante la guerra di indipendenza. Perché il nuovo Stato non sarebbe stato credibile senza il pieno controllo dei suoi debiti e senza poterne garantire la restituzione. Moneta comune e Fed arrivarono dopo. L’Europa ha scelto il percorso inverso. Pensando che l’unione monetaria avrebbe indotto una convergenza economica e creato le basi per una solida unione. Forse, per la soluzione di lungo periodo della crisi dell’euro servirebbe un Hamilton europeo.

Una parte del dibattito sulla crisi dell’Euro si svolge negli Stati Uniti e ha a che fare con l’esempio storico che quel paese può portare a un’Europa in cerca di una via d’uscita definitiva dalle turbolenze di oggi. 

PRIMA IL DEBITO, POI LA MONETA

Dopo la guerra di indipendenza e durante gli otto anni (1789-1796) del primo presidente George Washington, gli Stati Uniti si trasformarono da una lasca associazione di stati in una nazione coesa e guidata da un governo nazionale. L’atto fondamentale dell’unione definitiva tra gli stati fu opera del primo ministro del Tesoro Alexander Hamilton: l’assunzione dei debiti dei singoli stati da parte del governo nazionale. L’idea di Hamilton era che un nuovo Stato non sarebbe stato credibile se non avesse avuto il pieno controllo dei suoi debiti e non avesse potuto garantirne la restituzione. Nel corso della guerra di indipendenza i singoli stati si erano indebitati presso altri paesi e presso finanzieri privati, ma alcuni avevano già ripianato i propri debiti (tra i primi lo stato della Virginia), altri invece erano in deficit pesante. L’unico modo per convincere gli stati in surplus ad accollarsi i debiti degli stati in deficit fu di concedere alla Virginia lo spostamento della capitale a Washington. Dal quel momento in poi gli Stati Uniti hanno un livello di spesa e di debito federale e un livello statale su cui legiferano i singoli stati.
Le tappe della costruzione degli Stati Uniti hanno visto quindi in primis la costituzione di un debito comune e solo dopo aver ottenuto un debito comune, fu istituita una moneta comune e fu fatta la proposta dallo stesso Hamilton di una banca centrale, che fu però istituita solo più di cento anni dopo, nel 1913. Il fatto di avere un solo debito rafforzò molto i poteri del nuovo stato federale e gli permise di stabilire una regola di no-bail outdei singoli stati. Questa regola fu applicata molte volte e diversi stati fallirono prima di introdurre nella seconda metà del 1800 una regola di pareggio di bilancio nelle loro leggi o costituzioni statali. Ancora oggi la Banca centrale (Fed) americana può incidere sul livello di spesa e di debito federale, ma non può comprare titoli dei singoli stati.

L’EUROPA PARTE DALLA MONETA

Le tappe della storia dell’Unione Europea sono in ordine inverso, abbiamo creato una moneta comune e una banca centrale, ma non abbiamo ancora un debito comune, i famosi Eurobond. In secondo luogo il pareggio di bilancio in Costituzione è quello che l’Unione Europea tenta ora di introdurre nei singoli paesi europei a garanzia che questi ultimi tengano i conti in ordine. Ma avviene senza che l’Unione abbia un debito comune né capacità di spesa e di tassazione sostanziale. La differenza è potenzialmente cruciale. Negli Usa i singoli stati possono rispettare il pareggio di bilancio limitando la spesa e il debito durante le recessioni perché possono contare su una spesa a livello federale anticiclica. In Europa è possibile che i singoli paesi possano avere seri problemi a rispettare i nuovi vincoli di pareggio di bilancio in recessione perché non potrebbero contare su una spesa federale anticiclica. È vero che i vincoli di pareggio di bilancio sono definiti in termini strutturali per ogni paese e lasciano qualche margine per politiche anticicliche nazionali, ma è difficile considerarla una soluzione di lungo periodo senza un debito e una spesa federale.
Per questo alcuni sostengono che i problemi dell’Unione Europea stanno nel manico. In verità l’unione monetaria europea fu creata poco più di dieci anni fa contro l’opinione della grande maggioranza degli economisti, sulla base di una forte volontà politica. La speranza di quel tempo era che l’unione monetaria avrebbe indotto una convergenza economica e creato le basi per una solida unione economica anche senza avere un debito comune. Purtroppo, in questi anni è proprio nell’economia reale che si è creata divergenza piuttosto che convergenza e la Germania ha staccato gli atri grandi paesi europei in produttività e competitività dei propri prodotti sui mercati internazionali. L’altro fattore di aggiustamento reale, che avrebbe permesso di mantenere differenze competitive maggiori tra paesi, la mobilità del lavoro, non ha fatto passi in avanti significativi e sufficienti in questi dieci anni.
Ora i nodi sono venuti al pettine e l’aggiustamento delle condizioni economiche non è più rinviabile se si vuole mantenere la moneta unica. Ma purtroppo siamo finiti in un circolo vizioso. La Germania insiste perché l’aggiustamento sia esclusivamente sulle spalle dei paesi in deficit ed è fortemente contraria a che la Bce (o il fondo salva-stati) compri titoli dei paesi in difficoltà se non in maniera strettamente necessaria e appena sufficiente a evitare il disastro. Tuttavia, poiché è necessario un aggiustamento dell’economia reale e non solo dell’economia finanziaria, l’aggiustamento difficilmente potrà avvenire in tempi brevi e difficilmente potrà stare solo sulle spalle dei paesi in deficit, come pretende la Germania. Il rischio è la recessione nei paesi deboli stremati da manovre di bilancio severe.
Oggi possiamo tornare alla lezione di Hamilton. Le soluzioni di lungo periodo alla crisi dell’euro sono sostanzialmente due: o la Germania si fa carico di parte dell’aggiustamento reale riducendo il suo surplus commerciale e aumentando salari e domanda interna, oppure si decide che l’Unione Europea abbia una spesa e tasse proprie e quindi anche debiti comuni. Siamo però ancora lontani da questa soluzione: negli Usa oggi la spesa federale è circa il 25 per cento del Pil mentre il bilancio della UE è 1 per cento del Pil. E soprattutto qual è la consapevolezza e volontà politica dei singoli paesi europei di pagare tasse per il 25 per cento del Pil a favore di una spesa pubblica federale dell’Unione Europea? È per questo che si parla di un Hamilton europeo.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Una spending review riservata ai comuni
Leggi anche:  Digitalizzare aiuta a gestire meglio i fondi Ue

Precedente

A PICCOLI PASSI

Successivo

SE ALL’UNIVERSITÀ MANCA PROFUMO DI SELEZIONE

10 commenti

  1. Antonino Tramontana

    Roma, 3 febbraio 2012 Non capisco perché la Germania dovrebbe ridurre il suo surplus commerciale e aumentare i salari e la domanda interna. Sarebbe assai più logico ed utile per l’Unione europea se la Germania e gli altri Paesi in surplus aumentassero invece i loro investimenti nei Paesi deficitari. Questi ultimi dovrebbero impegnarsi a creare le condizioni per agevolare tali investimenti. Antonino Tramontana

  2. Tarcisio Bonotto

    E’ interessante la visione di Marco Leonardi, su un’Europa cresciuta al contrario. Se poi pensiamo ai suoi 60.000 dipendenti, alle spese pazze per le due sedi (Strasburgo e Bruxell), e gli effetti ben minimali sulla vita dei cittadini europei, sulla unità tra i popoli quasi inesistente, beh! allora i cittadini hanno ragione nel dire che ‘sti europeisti non ci sanno fare. Ho trovato più singolare l’opinione di Sarkar, autore della teoria economica PROUT, che afferma: per creare una nazione mondiale (metti anche europea) servono innanzitutto un Sistema Amministrativo Comune, un Sistema Fiscale Comune (la Grecia non ce l’ha addirittura per le aziende private), un Codice Civile Comune, un Codice penale Comune e una Costituzione Comune. A parte il sistema economico comune, che andrebbe realizzato tra paesi che hanno caratteristiche di sviluppo e potenzialità similari. I paesi dell’Est non hanno quest prerogative… Questi elementi creano un sentimento comune tra le popolazioni e qui si può lavorare per dei programmi comuni. Oggi, nelle condizioni attuali, non si può.

  3. enrico giancaterina

    Consiglio a tutti di leggere http://www.letteradeglieconomisti.it mi piacerebbe molto spiegarvi meglio le dinamiche che stanno dietro questo gioco che regge l’europa dell’euro ma in 1200 caratteri lo trovo veramente difficile. Cerco di riassumere i punti chiave: -La Germania compera denaro al 2% e lo investe in grecia al 20% guadagnando 50 miliardi l’anno di soldi speculati! ecco perché non vuole che la BCE&co salvino gli stati in crisi. -La Germania può sfruttare le nazione a est che sono entrate in europa ma senza euro (immaginate il guadagno che si ha dall’istallazione di impianti produttivi in questi paesi) e pagare stipendi 40% inferiori nella germania est rispetto all’ovest. -Gli Stati non hanno più nessun potere sovrano oltre a quello fiscale (niente svalutazioni competitive o investimenti produttivi) quindi ovvio è che alzare le tasse è l’unica arma contro un debito. -il debito è un falso problema (il Giappone ha un 240% di debito/pil ed è la terza potenza mondiale e paga 0.9% di interessi sul suo debito). -Siamo in crisi perche non riusciamo a rispettare i parametri di mastricth e per uscirne rendiamo più severi tali parametri. cose da malati di mente.

  4. intellectual property

    se l’autore avesse dato credito per la stragrande maggioranza di queste idee e di questi fatti citati a Tom Sargent. Neanche una citazione mi sembra proprio di cattivo gusto per non dire scorretto accademicamente parlando. Sargent queste cose le ha ampiamente spiegate nel suo discorso in cui ha accettato il Nobel per l’economia quest’anno: “United States then, Europe now” https://files.nyu.edu/ts43/public/research/Sargent_Sweden_final.pdf

    • La redazione

      Senza nulla togliere a un premio Nobel, nei tre mesi passati ho letto almeno 5 articoli di fondo di importanti quotidiani e riviste americane che si riferivano a diverso titolo ad Hamilton e al federalismo USA come esempio o confronto con Unione Europea. Nessuno di questi citava Sargent, non credo per scorrettezza ma perchè è difficile mettere il copyright sulla storia. Se poi avessi scritto un articolo accademico sull’argomento senza ombra di dubbio avrei citato Sargent.

  5. Piero

    Finalmente un articolo realistico, manca la soluzione al problema, si dice che i paesi in surplus dovrebbero avere piu’ solidarieta’, a mio avviso occorre piu’ coraggio, solo la politica monetaria puo’acquistare sanare il passato ( diseguaglianze nei deficit e debiti), le manovre di pareggio di bilancio e le manovre per aumentare la competitivita’, servono per il futuro al fine di competere in questo mondo globalizzato. Ci vuole il coraggio di affermare che se la bce non monetizza parte del debito pubblico, il cambio fisso dell’euro e’ finito ( in fin dei conti gia’ nel 1992 cesso lo SME), i singoli governanti, almeno dei paesi che hanno avuto consistenti vantaggi dall’euro mai accetteranno tale soluzione, ma ricordiamoci che un aumento dell’export all’interno dell’area euro di un paese corrisponde ad un aumento dell’importo di un’altro paese dell’euro, pertanto coloro che hanno avuto un incremento del PIL per tale motivo oggi deve assolutamente accettare il ragionamento prima sviluppato, altrimenti e’ la FIE dell’Unione monetaria.

  6. Giorgio

    Molto interessante. Proprio ieri leggevo la stessa diagnosi, mi sembra, degli squilibri creati con l’introduzione dell’euro da parte di Alberto Bagnai (peraltro la stessa mi sembra di Krugman e probabilmente di molti altri). Quanto alle soluzioni: alla prima, “la Germania si fa carico di parte dell’aggiustamento reale riducendo il suo surplus commerciale e aumentando salari e domanda interna”, che mi sembra la migliore, che probabilità assegniamo? La seconda, “l’Unione Europea abbia una spesa e tasse proprie e quindi anche debiti comuni”, come notava lo stesso Bagnai, l’abbiamo sperimentata in Italia per 150 anni senza grande successo, mi pare, e con una molto maggiore mobilità dei lavoratori (non so quanti siano disposti a imparare il tedesco e a trasferirsi in Germania) e (sempre Bagnai…) come oggi abbiamo le camicie verdi in Padania non è che tra un po’ ci ritroviamo di nuovo le camicie brune in Germania? Quanto ad Hamilton, non è che la guerra civile americana può essere vista come il modo con il quale è stata risolta la contraddizione tra le economie degli stati del nord e del sud uniti dalla stessa moneta? Cordiali saluti.

  7. Giorgio

    Il testo di Sargent mi sembra molto interessante per i fatti che ricorda che mi pare dicano chiaramente che la politica di Hamilton non è una soluzione per l’Europa oggi. Forse conviene partire da questo articolo di Wynne Godley del 1992, profetico, http://www.lrb.co.uk/v14/n19/wynne-godley/maastricht-and-all-that/print , che parla della condizione della Grecia oggi: “If a country or region has no power to devalue, and if it is not the beneficiary of a system of fiscal equalisation, then there is nothing to stop it suffering a process of cumulative and terminal decline leading, in the end, to emigration as the only alternative to poverty or starvation”. E’ davvero incredibile come le sofferenze del popolo greco non siano minimamente tenute in considerazione dai governi europei, come cerchiamo di ignorarle nello stesso modo in cui scansiamo i mendicanti che ormai si trovano a ogni angolo della strada anche a Milano. Ma forse dovrei dire che le stiamo deliberatamente provocando. La mia impressione è che se alla fine, come sarebbe giusto, la Grecia decidesse di non pagare il debito allora l’intero castello di carte finanziarie dell’unione monetaria franerebbe… Cordiali saluti.

  8. marco

    Penso ci sia una grossa differenza tra gli stati americani e gli stati europei: gli stati americani non si sono combattuti per secoli creando grandi imperi e sfidandosi per la conquista del mondo-I politici europei hanno sbagliato nel modo di costruire la casa, sono partiti dal tetto al posto che dalle fondamenta- penso che servirà tanto tempo per riuscire a creare integrazione fra paesi tanto diversi culturalmente- Non penso comunque che ciò avverrà in nome di un presunto atteggiamento masochistico della Germania che dovrebbe in nome del pietismo cattolico rinunciare a parte dei vantaggi acquisti; saranno gli altri 26 paesi che in nome dei loro interessi dovranno imporre alla Germania condizioni diverse; se votano la Germania conta comunque uno e la storia insegna che senza opposizione e lotta non si è mai raggiunto niente; la Grecia dovrebbe minacciare di non pagare più un euro alle banche tedesche (alcune inguaiate) e la stessa cosa dovrebbero farla l’Italia la Spagna, il Portogallo ecc. Scomettete che gli eurobond escono subito dal cilindro della Merkel?

  9. Anonimo

    L’opportunità di crescita dell’economia è strettamente legata alle radici finanziarie degli scambi, anche in mercato aperto, attraverso una maggiore flessibilità delle varie strutture di sistema dei pagamenti facendo attenzione al conto economico, ma riflettendo la maggiore domanda potenziale di spesa. Quindi, l’emissioni di titoli del debito pubblico e, anche quello privato, sono strettamente concorrenziali con le emissioni di altri titoli di scambio di ricchezza finanziaria (vedi azioni e derivati) il tutto in un eguale regime di tassazione (vedi libera circolazione dei capitali), ma che nel tempo comportano una perdità di sovranità nelle transazioni degli scambi e quindi anche della valuta di riferimento.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén