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L’AVVOCATO INGLESE

Con il decreto “cresci Italia” le liberalizzazioni fanno un passo avanti. Ma l’esperienza insegna che provvedimenti simili rischiano di rimanere lettera morta se non definiti nei dettagli e non inseriti all’interno di una riforma organica delle professioni. Per esempio, il Legal Services Act inglese ha riformato dalle fondamenta la professione legale e definito un nuovo sistema di regole centrato sul consumatore. Sancita anche la separazione della funzione rappresentativa delle professioni da quella di regolamentazione. La funzione dell’organismo indipendente di controllo.

Parte dei provvedimenti del decreto “cresci Italia” affrontano lo spinoso argomento delle liberalizzazioni.
L’intervento legislativo sembra, almeno sulla carta, costituire un importante passo avanti rispetto alla situazione di stallo attuale; l’esperienza tuttavia insegna che i provvedimenti di liberalizzazione rischiano di rimanere lettera morta se non definiti nei dettagli e non inseriti all’interno di una riforma  ampia ed organica delle professioni, che coinvolga anche i loro organi di regolamentazione.

IL CONSUMATORE AL CENTRO

La recente riforma della professione legale in Inghilterra può fornire interessanti spunti di riflessione.
Il Legal Services Act approvato dal parlamento inglese nel 2007 ha l’obbiettivo di ampliare le scelte disponibili per i consumatori, di favorire lo sviluppo di nuove modalità di erogazione dei servizi legali e di attuare un nuovo sistema di regole centrato sul consumatore.
La riforma è imperniata su una radicale rivisitazione del sistema di regolamentazione, applicabile concettualmente anche al mercato italiano, che prevede l’istituzione del Legal Services Board, un organo indipendente composto da membri della professione, da membri esterni e indipendenti e da un giuria dei consumatori che rappresenta la voce del pubblico. Al Legal Services Board  rispondono le singole autorità regolamentari dei rispettivi “ordini” (avvocati, notai, eccetera).
Il Legal Services Act sancisce anche la necessità di separare la funzione rappresentativa delle professioni dalla funzione regolamentare conferendo al Legal Services Board, composto appunto da professionisti e da “laici”, il compito di controllare l’indipendenza e l’autonomia delle due funzioni. Non solo: il Legal Services Act istituisce un Office of Legal Complaints che raccoglie le lamentele dei consumatori, tutelandone quindi gli interessi e controllando il corretto svolgimento delle attività delle professioni legali.
Il sistema legale inglese pone quindi il consumatore al centro della nuova struttura di regolamentazione, garantendo l’indipendenza degli organi di controllo.

EFFETTI DELLA TESCO LAW

La seconda parte della riforma inglese riguarda la possibilità di creare società multidisciplinari fra professionisti permettendo anche la partecipazione di soci esterni, inclusi soci puramente finanziari.
Dal 2009 il Legal Services Act permette la creazione di società con partner e proprietari non avvocati (con un limite di 25 per cento), e il 2012 vedrà l’ingresso sul mercato delle Alternative Business Structures, società di professionisti con proprietari esterni. Ovviamente è previsto l’obbligo di licenza e la conformità a specifici requisiti.
Le conseguenze di questi cambiamenti sono già in parte visibili in vari tipi di servizi legali sia in quelli “standardizzati”, sia in quelli più sofisticati per clienti business.
Per esempio, questa riforma, non a caso colloquialmente chiamata Tesco Law, dal nome della più grande catena di supermercati inglese, permette l’ingresso sul mercato dei servizi legali anche di grandi catene di distribuzione che saranno in grado di offrire i servizi legali di base (injury, conveyancing, will writing) a prezzi competitivi e di ridurre le esistenti barriere fra cliente e avvocato.
Il Cooperative Group, una grande cooperativa dei consumatori attiva in vari segmenti di mercato, sta già iniziando a espandersi sul mercato legale. Mentre un accordo fra WH Smith (catena di cartolibrerie) e Quality Solicitors, permette a Quality Solicitors di avere uno stand all’interno dei negozi WH Smith. Lo stand, presente dal luglio 2011 in oltre 150 punti vendita WH Smith, dà accesso alla consulenza legale a prezzi standardizzati semplificando allo stesso tempo la relazione tra avvocato e cliente.
Per il mercato più sofisticato sarà possibile la creazione di così detti “one-stop-shops”, ai quali le aziende più grandi potranno fare riferimento per diversi tipi di servizi, non solo legali. Per esempio, sarà possibile la fusione tra grandi studi legali e banche d’investimento e con la presenza di investitori esterni sarà possibile, anche per gli studi legali, la quotazione in Borsa.
Nonostante alcuni aspetti della riforma inglese siano prematuri, addirittura fantascientifici, per il mercato italiano, con il decreto “cresci Italia” sono stati fatti importanti passi avanti verso una maggiore liberalizzazione dei servizi professionali, in particolare per quanto riguarda la trasparenza verso il cliente, l’eliminazione delle tariffe minime e la liberalizzazione delle forme che le associazioni di professionisti possono avere. Tuttavia permangono importanti vulnerabilità.
Forse la maggiore fonte di incertezza è legata alla mancanza di una coerente riforma della struttura regolamentare della professione legale, oggi totalmente imperniata sulla autonomia degli ordini. L’esperienza della riforma Bersani del 2007 insegna che senza un’adeguata rappresentanza dei consumatori, senza la separazione della funzione rappresentativa da quella di regolamentazione, senza un organo di supervisione che controlli ed eventualmente sanzioni l’attività dei singoli ordini, qualsiasi liberalizzazione rischia di essere ostaggio degli ordini professionali, che allo stato attuale restano interamente responsabili per l’attuazione delle riforme che li riguardano.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. Roberto

    Per quanto il mercato legale italiano sia imobile e poco propenso a recepire innovazioni di qualunque tipo, mi sfugge la logica per cui il cliente dovrebbe sentirsi maggiormente tutelato dall’essere ricevuto nel corner di un supermercato per esporre le proprie questioni legali anzichè nella sala riunioni di un comune studio legale. Si dovrebbe inoltre tener conto che lo studio legale anglosassone trasforma la figura di un libero professionista, quale dovrebbe essere l’avvocato, in un mero dipendente di una società di servizi remunerato con uno stipendio fisso, trasferendo quindi i guadagni percepiti dal lavoratore all’azionista, senza beneficio alcuno per il cliente.

  2. gian luca scagliotti

    Ho letto su Internazionale, numero 931, 13 gennaio 2012 l’articolo di cui riporto in calce solo titolo e sommario. Può stupire che un modello come quello riportato ne “l’avvocato inglese” -che si inserisce perfettamente nel contesto descritto da costituirne quasi un logico completamento concettuale- sia portato ad esempio positivo. Il modello ordinistico italiano ha mille difetti, va profondamente riformato per permettere una maggior concorrenza ma all’interno di regole che si sono consolidate e che fanno parte della vita di un popolo. Proporre modelli avulsi dal contesto di riferimento può essere un utile esercizio scolastico ma la realtà è diversa: il “modello” inglese, infine, è così appetibile?
    Gran Bretagna Il tramonto dell’Inghilterra 18 gennaio 2012 Ed Vulliamy, Harper’s Magazine, Stati Uniti L’industria a pezzi. La società allo sbando. La violenza sempre più diffusa. Trent’anni di Thatcher e New Labour hanno devastato il paese che per oltre un secolo è stato l’officina del mondo. La Gran Bretagna raccontata da un grande giornalista inglese.

  3. alberto ventrini

    fantastico commento! Speriamo di avere presto anche in Italia gli avvocati nei supermercati. Quanto alle società professionali con soci di mero capitale, forse qualcuno si accorgerà presto quali vantaggi ne avrà il mitico consumatore: la professione di avvocato in mano alle grandi multinazionali, alle banche ed alle assicurazioni. Complimenti..

  4. dutur

    Solo 2 punti. Il primo: ho 38 anni, sono un professionista, e condivido quotidianamente le mie esperienze professionali con colleghi giovani ed adulti. Sono sbalordito, è tutto un lamento! Desidero avere torto, ma sono sicuro che per i prossimi 50 anni in Italia non si vedrà mai nessuna riforma realizzata con l’obiettivo di favorire il consumatore. Ma l’avete letto il codice deontologico? Fa ridere, se non peggio. E siamo nel terzo millennio. Ma se ti permetti di dirlo prima ti evitano, poi ti additano, poi ci pensano, poi s’incontrano, poi decidono e, infine, ti puniscono. So di non essere l’unico, per fortuna. Il secondo: mi fa paura pensare che mostro possa nascere dall’unione di grandi studi legali e banche di investimento.

  5. Antonio Fabio Pedrazzini

    Se ho inteso correttamente, in UK le iniziative intraprese hanno lo scopo di rendere più agevole e/o economico l’accesso alla domanda di giustizia. Cio’ non potrebbe concorrere a causare un aumento della domanda stessa, con le prevedibili conseguenze? Mi riferisco ad esempio al settore delle assicurazioni e, in particolare quello dell’auto che potrebbe degenerare in una sorta di ammortizzatore sociale come in italia.

  6. Filippo

    Sono sconcertato da quel che si auspica avvenire in Italia. Spero sia solo il soffrire di (spesso ingiustificate) fobie di inferiorità nei confronti dei Paesi anglosassoni, ma l’effetto di una riforma del genere è penoso. Spero l’autrice si ricrederà. Quello che cerca di imporsi al mercato italiano non è altro che il modello (anche americano) del “Perché non fai causa?”. Come già altri hanno osservato nei commenti che precedono, trovare avvocati dovunque ha due principali conseguenze: 1) l’esercizio della professione diviene vendita di un prodotto e non ha nulla di aggiunto: sarebbe questa la maturazione del rapporto professionista-cliente? 2) per esigenze di concorrenza, bisognerà promuovere cause a tutti i costi, piuttosto che consigliare il cliente al meglio (cosa che non sempre avviene, ma che bisogna perseguire, non archiviare). Sull’eliminazione delle tariffe minime mi esprimerò se questa misura scellerata (nuocerà solo ai giovani professionisti appena entrati nel mercato del lavoro e ai clienti, al contrario di quel che si spera) avrà seguito in Parlamento.

  7. Francesco Mendini

    A mio avviso gli economisti che cercano di esporre ad estreme logiche di mercato il sistema legale cadono in un grave errore. Essi postulano che avere più “servizi legali” a prezzo più basso sia un beneficio per la collettività. Il servizio legale in quest’ottica diventa un bene di consumo come gli altri ed averne di più ad un minor prezzo è automaticamente un valore. Ma i servizi legali possono davvero definirsi beni di cui il soggetto economico vuole appropriarsi per soddisfare le proprie esigenze? Ne siete davvero convinti? A me sembra che applicare religiosamente i principi della mano invisibile a tutti gli aspetti della vita sia davvero ridicolo. In uno slogan: fare causa a basso costo non è una gran conquista sociale. Ma se siete convinti che lo sia, procedete pure. Assisteremo all’intasamento ulteriore di uffici giudiziari già al collasso. P.S.: sapete chi sono i reali beneficiari delle liberalizzazioni? Le banche e le assicurazioni, che hanno forza contrattuale per concludere accordi a prezzi vergognosamente stracciati con gli studi legali. Il cosidetto “consumatore di servizi legali”, che appunto, si consumano come i cioccolatini, pagherà più o meno come sempre.

  8. Avv. Luciano Nardino

    Avete presente la canzone di Jannacci, profetica (ma d’altronde l’arte o è così o non è) “sensa i danè”?. Ecco ad un certo punto per far capire bene che senza soldi non si può far nulla introduce un nonsense: “fermate il traffico! (sensa i danè-refrain)”. Sta succedendo per davvero! Allora, signori, inutile invocare qualunque riforma, senza soldi non si va da nessuna parte, nè in Inghilterra nè altrove. E i soldi si fanno solo con la crescita che si fa con investimenti pubblici. Punto. Stiamo andando a vista sulle professioni come su tutte le altre privatizzazioni (io le chiamo così). Nessuno ha non dico certezze ma nemmeno una idea di quello che succederà. Forse si provocheranno solo nuove povertà (non penso agli avvocati, ma per esempio ai loro dipendenti). Qualcuno ci ha riflettuto? Faremo altre casse in deroga?

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