Lavoce.info

I CONTI FALLIMENTARI DEL CALCIO ITALIANO

Il rapporto sulla situazione economica del calcio italiano nel campionato 2010-11 rimanda un quadro disastroso, di vera emergenza. Per la serie A calano i ricavi: da diritti televisivi, da plusvalenze sulla vendita dei calciatori e da vendita di biglietti. Restano stabili i costi. Ma aumenta l’indebitamento, soprattutto con le banche, ormai le vere padrone del nostro calcio. Servirebbero investimenti, in particolare negli stadi, ma i proprietari delle squadre aspettano incentivi dal governo che di certo non arriveranno.

È stato presentato ieri a Roma il Report Calcio 2012, il rapporto preparato da Figc, Arel e PricewaterhouseCoopers, sulla situazione economica del calcio italiano nel campionato 2010-11. Quali sono le conclusioni? Anche limitandoci alla serie A, la cui situazione è migliore di quella delle serie minori (tranne la B, che lo scorso anno ha visto un miglioramento dei conti), si può dire che il futuro del calcio italiano non è brillante e, anzi, tempi molto difficili si annunciano per le società.

I RICAVI

Nel 2010-2011 i ricavi si sono attestati a 2.031 milioni di euro e sono quindi diminuiti del 3,2 per cento rispetto all’anno precedente. Non accadeva dall’anno 2006-07, quello del post Calciopoli e della retrocessione della Juventus. Scendono in particolare i ricavi da diritti televisivi, -6,9 per cento, che pure rappresentano il 46 per cento del totale delle entrate, e le plusvalenze per cessione dei calciatori, anch’esse del 6,9 per cento. Scendono anche i ricavi dagli ingressi allo stadio (-8,1 per cento), malgrado una riduzione media del prezzo dei biglietti, frutto della diminuzione degli spettatori.

I COSTI

A fronte di ricavi in diminuzione, i costi delle società di A sono invece cresciuti, seppure lievemente (1,7 per cento). Gli stipendi dei calciatori si sono stabilizzati a 1.100 milioni di euro, salendo al 65 per cento dei ricavi. L’unica buona notizia su questo fronte è l’incremento delle risorse investite nel settore giovanile: +19,3 per cento.

PERDITE E INDEBITAMENTO

La conseguenza di ricavi ridotti e costi costanti non può che essere una diminuzione dei profitti, anzi un aumento delle perdite, che ammontano a 428 milioni di euro, in crescita del 23,2 per cento rispetto allo scorso anno. Le perdite vanno a diminuire il patrimonio netto di 204 milioni di euro (-50,2 per cento) e arrivano a un rapporto del 5 per cento rispetto alle attività totali. L’altra faccia della medaglia è ovviamente l’esplosione dei debiti che salgono a 2.600 milioni di euro (86 per cento rispetto alle attività totali). Esplodono in particolare i debiti finanziari (+35 per cento) e quelli verso le altre società (+21 per cento). In altre parole, le società non pagano più in modo tempestivo i loro acquisti sul mercato e dipendono sempre più dalle banche che sono ormai le vere proprietarie del calcio italiano.

UNA VERA EMERGENZA

I numeri sopra riportati testimoniano come il calcio italiano non stia vivendo un momento di crisi, ma di vera emergenza. Sarebbe imperativo avere stadi migliori per aumentare i ricavi da stadio, voce che penalizza fortemente le società italiane nel raffronto con le altre società europee. Ma, come abbiamo visto, i proprietari non investono le loro risorse nemmeno per la gestione ordinaria. Non hanno quindi, a parte alcune eccezioni, risorse e volontà di investire. Aspettano incentivi dal governo, che non arriveranno certo nel mezzo della crisi economica che investe l’Italia. Sarebbe forse opportuno considerare la possibilità di scendere da 20 a 18 squadre ammesse alla serie A, per evitare che squadre senza messi economici adeguati si trovino nella situazione di essere già retrocesse a gennaio, falsando il campionato nella ipotesi migliore e aprendo la porta alle combine in quella peggiore.
Ma le società non sembrano certo in grado di affrontare problemi così seri, se sono incapaci persino di trovare un successore al presidente della loro Lega, Maurizio Beretta, ormai dirigente di Unicredit. Cosa altro deve accadere perché prendano coscienza della gravità della situazione?
In questi giorni il Milan sfida il Barcellona sul campo per la Champions League, ma nella Football Money League 2012 il Barcellona ha già doppiato il Milan in termini di ricavi.
Cerchiamo di vedere il lato positivo. Se le tensioni sull’articolo 18 facessero cadere il governo dei tecnici si potrebbe chiedere a Mario Monti di impegnarsi in qualcosa di veramente arduo: rimettere in sesto il calcio italiano. In confronto, ridurre lo spread Btp-Bund è roba da ragazzini.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Il patriottismo del calcio? È a doppia faccia
Leggi anche:  Paradisi fiscali: quando i capitali fuggono da paesi emergenti

Precedente

OPEN SERVICES IN THE DIGITAL AGENDA

Successivo

CONCORSO ESTERNO E STATO DI DIRITTO

  1. antonio petrina

    Forse anche Barca e Real Madrid sono peggio di noi e non si sa chi è più in biblico! Ci sono scommesse al riguardo?

  2. OCdE

    Oltre che sui – più che opportuni e auspicabili – ricavi da stadio, si dovrebbe puntare seriamente e strutturalmente anche sul merchandising. Su questa voce, il calcio inglese può insegnare molto a quello italiano.

  3. marco

    Certo in Italia c’è il problema degli stadi che penalizza i ricavi e rispetto alla Spagna il problema della diversa fiscalità- Ma le grandi società hanno bilanci deficitari in tutto il mondo! Tuttavia, storicamente parlando, bisogna tenere in considerazione che nella storia del calcio sono state pochissime le società che sono riuscite a vincere non indebitandosi-il calcio ha sempre creato dei buchi economici e si è sempre configurato come uno sfizio per miliardari annoiati- Forse le squadre italiane una volta erano più competitive perchè l’Italia era un paese più ricco e c’era più gente disposta a buttar via tanti soldi?

  4. Paolo

    Il commento sarebbe quello di Brett Butler: “Francamente me ne infischio..” Senonché sono quasi certo che questa faccenda ha pesato e peserà ancora sui contribuenti (ricordo una rateizzazione fiscale concessa alla Lazio di 23 anni). Va bene che il calcio è lo sport nazionale, ma non così tanto. Qualcuno è in grado di dirmi che sbaglio?

  5. Perplessa

    Pagare meno i calciatori famosi per ridurre i costi è un’idea troppo ingenua? Mi pare che i calciatori di A in Italia siano i più pagati in Europa.

  6. nello

    Di tutta questa situazione disastrata, oltretutto prevedibile ,oramai tutto il settore calcistico in particolare serie A sono anni che non hanno piu’ regole. Spandono e Spendono senza controllo, non credo vi siano le possibilita’ sia Finanziarie sia Etiche che la Collettività finanzi un settore oramai diventato ingestibile e non piu’ seguito con interesse dalle masse Popolari.

  7. calcio

    Più che guardare al modello inglese, fatto soprattutto da investimenti diretti dei proprietari come Abramovich e gli americani del MU, l’esempio più virtuoso dal punto di vista dei ricavi è sicuramente quello del Bayern Monaco, il quale ottiene la maggior parte dei ricavi attraverso il merchandising. Nessun altra società in Europa riesce a fare altrettanto e sarebbe utile che questi rapporti studiassero la strategia adottata dal club bavarese che gli ha permesso di allestire una squadra competitiva per la massima competizione continentale.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén