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CONCORSO ESTERNO E STATO DI DIRITTO

In attesa delle motivazioni che hanno indotto la Cassazione ad accogliere il ricorso di Marcello Dell’Utri contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo che lo condannava per concorso esterno in associazione mafiosa, è utile ripercorrere brevemente la storia di questo istituto. E riassumere le posizioni più autorevoli sulla domanda centrale: è possibile indagare il cono d’ombra che collega criminalità e mondo legale della politica, degli affari, della giustizia, senza condannare prassi, magari di malcostume o eticamente inopportune, ma penalmente irrilevanti?

Il tema del “concorso esterno” è tra i più dibattuti in ambito scientifico, tacendo del chiasso che il teatro dei mass-media recita (strumentalmente?) a ogni pronuncia della giurisprudenza.
La manifestazione del reato trae origine dalla combinazione della norma penale (l’associazione per delinquere di stampo mafioso, art. 416-bis cp) con il generale istituto di concorso di persone nel reato.

DA DOVE NASCE IL CONCORSO ESTERNO

Il concorso cosiddetto esterno balza agli onori – mediatici e scientifici – sul finire degli anni Ottanta dopo le condanne per i fatti di mafia del maxiprocesso di Palermo, istruito dal pool ideato da Antonino Caponnetto e composto da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe di Lello e Leonardo Guarnotta.
In estrema sintesi, a partire dalla testimonianza di Tommaso Buscetta all’esito della cosiddetta “seconda guerra di mafia”, il tribunale del capoluogo siciliano infilò 360 condanne su 475 imputati, compresi gli ergastoli inflitti a diciannove boss.
In quel momento – questo è lo scenario descritto dalle sezioni unite della Cassazione nel 1994 – lo stato di emergenza in cui versava Cosa Nostra, pressoché decapitata dalle condanne, la porta a cercare aiuto presso persone non direttamente affiliate all’organizzazione criminale. (1) Un aiuto “esterno”, per superare le difficoltà che momentaneamente non è in grado di affrontare da sola.
La prima sentenza della Corte aderisce esattamente a questo indirizzo: un soggetto non mafioso può concorrere nel reato di cui all’art. 416-bis, allorquando Cosa Nostra si rivolge a lui per occupare un ruolo nei momenti di patologia della vita associativa.

IL PROGRESSIVO AFFINAMENTO: I CASI CARNEVALE E MANNINO

Dalla definizione giurisprudenziale del reato sopra individuata è nato un contrasto presso gli interpreti, perlopiù centrato su un problema di legalità proprio del diritto penale. Nello stato di diritto, un soggetto per essere privato della propria libertà personale deve sapere prima quali condotte siano vietate e quali no. La giurisprudenza non chiariva questo aspetto fondamentale.
Nel giro di breve tempo infatti altri giudici, a dir la verità maggiormente ancorati ai principi fondamentali, arrivarono a dire che il concorso esterno così come descritto non poteva avere cittadinanza nell’ordinamento perché eccessivamente generico. (2)
Si arrivò quindi a un’altra pronuncia, per una strana ironia del caso strettamente legata alle conseguenze del maxiprocesso: la sentenza Carnevale. (3)
Secondo il nuovo indirizzo – che ha annullato senza rinvio la condanna emessa dalla Corte d’appello di Palermo – il contributo penalmente rilevante del concorrente esterno, oltre a essere concreto, specifico, consapevole e volontario, deve avere un’effettiva rilevanza causale ai fini delle conservazione o del rafforzamento dell’associazione e l’agente deve rappresentarsi l’utilità per la realizzazione del disegno criminoso.
La giurisprudenza, come si vedrà anche dopo, non sempre apprende con la dovuta celerità i principi di diritto enunciati dalla Cassazione. Così, nel 2005, il tema si presenta ancora alle sezioni unite (imputato Calogero Mannino). Anche in questo caso la sentenza viene annullata e la Corte enuncia un nuovo principio: la verifica probatoria si deve basare su un’indagine ex post concernente l’efficacia causale che gli impegni assunti dal concorrente (nel caso di specie, del politico) abbiano inciso effettivamente e significativamente sulla vita dell’intera organizzazione criminale.

DALLA MANNINO ALLA SENTENZA DELL’UTRI

Il procuratore generale Francesco Iacoviello, analizzando la sentenza della Corte d’appello di Palermo a carico di Dell’Utri, constata come l’indirizzo espresso dalla “Mannino” non sia stato minimamente assorbito. Riassumendo la requisitoria, peraltro in generale ben accolta dal mondo accademico, il Pg ravvisa un’eccessiva vaghezza in primo luogo nell’imputazione e, successivamente, nella sentenza stessa. (4)
Il punto fondamentale della vicenda potrebbe essere proprio questo: è possibile conciliare esigenze repressive di fronte a comportamenti umani fluidi, dinamici, eterogenei e, d’altra parte, non violare principi basilari dello stato di diritto? (5)
In altre parole, è possibile indagare il “cono d’ombra” che collega criminalità e mondo legale (politica, affari, giustizia) senza condannare prassi – magari di malcostume o eticamente inopportune – ma penalmente irrilevanti? (6)
La risposta è probabilmente sì: i canoni fissati dalla sentenza Mannino rispondono a questa duplice richiesta in modo soddisfacente.
Tuttavia nella prassi giudiziaria si assiste normalmente a un progressivo allentamento dallo schema fissato, confondendo il più delle volte efficacia causale con idoneità causale, allargando nuovamente il campo del penalmente rilevante e impostando il reato in modo astrattamente non ben definito, con imputazioni vaghe e processi in cui si assiste a un’inesorabile erosione del confine tra diritto e prova.
Se la giurisprudenza, com’è peraltro sua facoltà, continuerà ad allontanarsi dai principi fissati, l’unica soluzione sarebbe chiedere un intervento legislativo ad hoc. (7)
Dobbiamo solo chiederci se siamo pronti ad affidare alla politique politicienne una scelta tanto delicata.

 

(1) Cassazione penale, sez. un., 5 ottobre 1994, n. 16.
(2) Cass. pen., sez. VI, 21 settembre 2000, in Cass. pen. 2001, 7-8, 2073, con nota di F. Iacoviello, “Concorso esterno in associazione mafiosa: il fatto non è più previsto dalla giurisprudenza come reato”.
(3) Cass. pen., sez. un., 30 ottobre 2002, n. 22327, dal nome del consigliere di Cassazione indicato dal collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo come colui presso cui Giulio Andreotti (anche lui all’epoca imputato per concorso esterno) si sarebbe rivolto per annullare le condanne dei mafiosi.
(4) C. Visconti, “Uno stato di diritto non fornisce alibi al concorso esterno”, l’Unità, 16 marzo 2012; D. Pulitanò, “La requisitoria di Iacoviello: problemi da prendere sul serio”, in Diritto Penale Contemporaneo.
(5) In questo senso G. Fiandaca, “Il concorso esterno tra guerre di religione e laicità giuridica”, in Diritto Penale Contemporaneo.
(6) Cfr. P. Morosini, “Il “concorso esterno” oltre le aule di giustizia”, in Diritto Penale Contemporaneo.
(7) F, Cordero, Procedura penale, Giuffrè, 1158.

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  1. marco

    Marcello Dell’Utri è stato il cofondatore del partito di Silvio Berlusconi ovvero “Forza Italia”, che attraverso cambiamenti di nomi e di alleanze ha governato per la maggior parte degli ultimi anni, dalla caduta di tangentopoli in poi- Mi sembra un po’ difficile che una maggioranza politica proponga una legge contro uno dei suoi leader o contro il suo capo, che non dimentichiamolo ha ospitato nella sua casetta di Arcore un simpatico boss mafioso di nome Mangano che accompagnava i suoi figli a scuola e si occupava, così dicono, di cavalli- Non per essere pessimista, ma proprio per questo motivo l’aiutino del legislatore tanto atteso mi sembra un po’ difficile che per il momento arrivi visto che Monti governa appoggiato dal partito di berlusconi…Al di là delle formalità giuridiche una persona che afferma pubblicamente in un intervista che la mafia non esiste e che bacia personaggi mafiosi ai matrimoni mi sembra molto difficile che non abbia a che vedere niente con Cosa Nostra,ma il mio settimo senso può sempre sbagliare…mica sono un cavaliere dello zodiaco!

  2. AM

    In teoria il reato appare chiaro. Caio, pur non facendo parte di un’organizzazione malavitosa le offre consapevolmente appoggio. In realtà ho l’impressione che per chi vive in una società permeata da organizzazioni criminali non sia sempre facile evitare di trovarsi invischiato in possibili imputazioni di concorso esterno senza rendersene conto tempestivamente. Persone apparentemente insospettabili potrebbero avere contatti pericolosi. Per evitare questi rischi si dovrebbe optare per una vita appartata sacrificando ogni tipo di rapporti interpersonali, ma non tutti sono disposti ad adottare uno stile di vita da eremiti. In sostanza la chiave sta nella “consapevolezza” da parte dell’indagato, ma non è sempre facile per la magistratura distinguere frequentazioni consapevoli da frequentazioni inconsapevoli.

  3. AM

    Considerato che la “consapevolezza” sta alla base del reato, credo che spetti al magistrato provarne l’esistenza. Purtroppo talvolta l’onere della prova viene capovolto ed è il sospettato a dover provare di non sapere, cosa non sempre facile. Cruciale è poi la collocazione geografica dei fatti. Se un imprenditore del Vicentino assume un dipendente a seguito di raccomandazione del parroco o di un personaggio locale influente non vi è rischio di reato anche se forse le conseguenze per l’azienda non sono positive. Se invece la medesima vicenda ha luogo a Trapani il rischio di reato è elevato.

  4. luca

    Purtroppo lo stato di incertezza circa i confini del reato di concorso esterno in associazione mafiosa genera intollerabili danni. In primo luogo vi è una compressione della libertà della persona, alla quale di fatto è negata la possibilità di conoscere le conseguenze delle proprie azioni non essendo stabiliti in modo chiaro dalla legge i presupposti del concorso esterno. Inoltre, questa situazione è dannosa anche per l’attività investigativa svolta dalle Procure, che , non conoscendo i requisiti precisi per la sussistenza del reato, rischiano di fare indagini parziali tralasciando magari profili del fatto concreto che invece sarebbero stati determinanti alla luce dei nuovi parametri individuati dal giudice, con la conseguenza di determinare ingiuste assoluzioni.

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