Il sistema fiscale degli Stati Uniti è troppo o troppo poco progressivo? Con i mutamenti verificatisi nell’economia mondiale, i guadagni e le disponibilità economiche di molte famiglie americane della classe media e delle fasce di reddito più basse sono rimasti stabili o addirittura diminuiti. Mentre sono cresciuti i redditi della fascia più alta. Allo stesso tempo, le aliquote fiscali sono scese solo per i redditi più alti. Dunque il sistema nel suo complesso è oggi meno progressivo. E ciò contribuisce a un aumento delle diseguaglianze che pone problemi seri per il futuro.
Negli Stati Uniti si avvicina il momento della dichiarazione dei redditi e si fa animato il dibattito intorno alla domanda se i contribuenti con redditi alti dovrebbero pagare ancora più tasse o se il prelievo sul loro reddito sia già troppo elevato.
TEMPI DIFFICILI
La discussione è particolarmente rilevante in questo momento, a causa delle difficoltà economiche in cui si dibattono molti americani e a causa del trend di lungo periodo che vede un aumento della disuguaglianza. Un complesso di forze economiche – dai cambiamenti tecnologici alla crescita della competizione internazionale e altri cambiamenti nel mercato del lavoro, come il declino dei sindacati e il calo del salario minimo reale – ha ridotto le opportunità di lavoro e di salario per alcuni lavoratori americani, ma al contempo ha ampliato le opportunità e i redditi di altri. I guadagni e le disponibilità economiche di molte famiglie della classe media e delle fasce di reddito più basse sono rimasti stabili o sono addirittura diminuiti nel corso del tempo, mentre i redditi della fascia più alta della distribuzione sono nettamente cresciuti. Tradizionalmente, gli Stati Uniti vantano un sistema di tassazione progressivo uno nel quale l’aliquota fiscale cresce al crescere del reddito. Oggi la domanda chiave per i politici è come il sistema di tassazione dovrebbe rispondere alle sfide attuali e dunque quanto dovrebbe essere progressivo il sistema fiscale.
Il fine di ogni sistema di tassazione è ottenere entrate per finanziare la spesa pubblica, ma la sfida che si pone al disegno di un buon sistema di tassazione è ottenere le entrate attraverso misure che minimizzino il danno economico. Ciò significa che il sistema tributario si deve occupare non solo degli incentivi economici, ma anche della capacità di pagare delle famiglie di medio e basso reddito, le cui prospettive di reddito e di lavoro sono state colpite pesantemente da forze economiche al di là del loro controllo. Un fisco progressivo, cioè con aliquote fiscali fondate sul reddito e sulla capacità di pagare di ciascuno, evita che queste famiglie siano colpite dal doppio fardello di tempi economici difficili e tasse più alte.
PROGRESSIVITÀ E DISEGUAGLIANZA
Analizziamo qui la progressività del sistema di tassazione Usa per sottolineare due fatti: l’attuale sistema fiscale americano è meno progressivo di quelli di altri paesi industrializzati e oggi considerabilmente meno progressivo di quanto non lo fosse pochi decenni fa.
La figura sotto mostra quanta influenza abbiano le imposte e i trasferimenti nel ridurre la diseguaglianza (misurata utilizzando una metrica molto diffusa chiamata coefficiente di Gini) in vari paesi del mondo. Come si vede, il sistema di imposte e trasferimenti degli Stati Uniti è meno efficace di quelli di altri paesi comparabili nel contrastare la disuguaglianza di reddito prima delle tasse, e ciò significa che il sistema Usa è effettivamente meno progressivo.
Oltre a essere meno progressivo rispetto ad altri paesi, il sistema di tassazione americano è diventanto anche meno progressivo nel tempo. Negli ultimi cinquanta anni, le aliquote per gli americani più ricchi sono diminuite del 40 per cento, mentre quelle degli americani medi sono rimaste pressocché costanti, come si vede dalla figura sotto.
Il calo delle tasse per i ricchi ha coinciso con un aumento della diseguaglianza, perché gli incrementi di salario si sono concentrati su una parte relativamente piccola della popolazione americana. Per esempio, dal 1979, i guadagni delle famiglie nell’1 per cento più alto nella distribuzione del reddito sono cresciuti più del 250 per cento. Nello stesso tempo, per molte famiglie al centro e in basso nella distribuzione del reddito, i redditi sono rimasti fermi oppure sono calati (le colonne blu della figura sotto). Ciò significa che le stesse persone che hanno avuto i maggiori incrementi di reddito negli ultimi trent’anni, hanno beneficiato anche dei più ampi tagli alle tasse (le colonne rosse della figura sotto).
Queste stime possono apparire sorprendenti agli osservatori che hanno focalizzato la loro attenzione sulla quota di tasse federali pagate dagli individui con alto reddito invece che sulle aliquote imposte a queste persone: senza dubbio la quota del complesso delle tasse federali pagata da coloro che hanno un reddito alto è cresciuta, ma la ragione è che è cresciuta anche la loro quota di reddito.
Nel 1979, l’1 per cento più ricco degli americani guadagnava il 9,3 per cento di tutto il reddito degli Stati Uniti e pagava il 15,4 per cento dell’ammontare complessivo delle tasse federali. Mentre la percentuale di reddito guadagnata dall’1 per cento più ricco è più che raddoppiata nel periodo fino al 2007, arrivando al 19,4 per cento, la percentuale delle tasse federali imputabile a questo gruppo di persone è salita solo dell’80 per cento circa, al 28,1 per cento. La percentuale delle tasse pagate è cresciuta meno per questo gruppo di individui perché le aliquote sui redditi alti sono scese più di quelle di qualsiasi altro gruppo, e queste riduzioni hanno reso meno progressivo il sistema.
Un fattore ulteriore, discusso in The Hamilton Projects April Jobs Blog, è che le tasse federali sono solo una parte dell’intero prelievo fiscale: il sistema di tassazione è ancora meno progressivo se si considerano le tasse statali e locali, perché quei sistemi tendono a essere regressivi. Per esempio, le famiglie nell’ultimo quintile della distribuzione del reddito hanno aliquote del 12 per cento sulle imposte statali e locali, contro aliquote dell’8 per cento dell’1 per cento più alto (Citizens for Tax Justice 2011).
Perché dovremmo preoccuparci di un sistema di tassazione meno progressivo? L’evidenza suggerisce che le cause della crescente disuguaglianza dei redditi sono da ricercare in larga parte nei mutamenti nei flussi commerciali e nella globalizzazione, negli avanzamenti tecnologici e in altri fattori economici ad ampio raggio. I cambiamenti hanno fatto crescere i redditi dei lavoratori specializzati e dei proprietari di capitali e di imprese, ma hanno indebolito o ridotto i guadagni di altri, per motivi che vanno al di là del loro controllo. Un sistema progressivo distribuisce i rischi dei mutamenti economici facendo sì che il prelievo fiscale a carico delle famiglie sia basato sulla loro capacità di pagare.
Inoltre, la crescita della disuguaglianza di reddito si riflette anche in una crescente diseguaglianza dei consumi: ciò significa che le famiglie stanno davvero diventando più diseguali, come messo in evidenza da misure elementari di benessere quali la spesa per alimentari (Attanasio, Hurst & Pistaferri 2012).
È un problema serio per le prospettive di lungo periodo dell’economia americana, in quanto la crescente disuguaglianza di reddito, esacerbata dal sistema di tassazione, contribuisce all’allargarsi del divario di opportunità per i bambini, che significa un impari terreno di gioco per le future generazioni di americani. (1)
(*) Pubblicato in lingua originale da The Hamilton Project at Brookings Institution
(1) Discuteremo più in dettaglio dei temi legati al sistema di tassazione degli Stati Uniti il 3 maggio nel corso del The Hamilton Projects Tax Forum, Economic Facts about Taxes: Rates, Revenue, and Reform Options. Gli stessi temi sono ripresi in A Dozen Economic Facts about Tax Policy, a cura di The Hamilton Project, di prossima pubblicazione.
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Fabio
Non si considera il fatto che, nonostante la riduzione delle aliquote a favore dei soggetti a molto elevato reddito, pagano comunque più tasse in valore assoluto rispetto a tutti gli altri. Inoltre, è necessario che investitori ed imprenditori possano pagare meno imposte e quindi meno costi sul lavoro, al fine da permettere l’aumento della produttività e perciò l’aumento dei salari e dei posti di lavoro; la creazione di nuove attività imprenditoriali sarà più facile e meglio incentivata e quindi anche il gettito fiscale incrementerà a favore pure delle fasce più deboli della società. Persino il rapporto debito pubblico/PIL e deficit verranno coinvolti e diminuiranno, dato che il PIL nel frattempo sarà cresciuto. Altrimenti il rischio di fallimento o delocalizzazione è sempre più reale e vicino nel tempo (e questo è il caso attuale dell’Italia e di altri paesi vicini mediterranei), e questo non porta assolutamente nulla, se non un degrado del paese sempre più evidente.
Olmo Forni
Su le Monde Diplomatique di marzo (credo) c’era una bellissima analisi – al pari di questa – che aveva il pregio di andare ancora piu’ in la’ nella serie storica della tassazione USA fino ad arrivare ai livelli pre bellici, quando di fatto era stato messo un tetto al reddito massimo tramite un’aliquota al 100% oltre i 300k dollari dell’epoca (quivalenti a qualche milione di dollari odierno). Certo erano altri tempi, ma visto che si tratta delle politiche antcicliche post ’29 sarebbe stato uno spunto interessante.
Architetto
troppe poche tasse sui ricchi? questo è falso, i ricchi anche a parità di aliquota ne pagano di più. E chi dice che siano poche? E che succede se aumentiamo troppo le tasse a chi la ricchezza la crea? la storia ci insegna che la ricchezza non verrà più creata. e in che modo il far pagare più tasse ai ricchi migliora la condizione dei poveri? la maggior parte di tali tasse NON vanno nel welfare. E anche quelle per il welfare per la maggior parte non vanno ai poveri. Ad un aumento della spesa, sappiano soltanto che ci saranno meno risorse per gli investimenti ed i consumi. Vorrei sapere poi secondo quale strambo principio, meno tassazione ai ricchi = più diseguaglianza. E soprattutto: chi ha mai detto che la diseguaglianza sia una cosa negativa? Anche in questo caso la storia ci insegna cosa succede quando si voleva attuare “l’eguaglianza”.
Renzo Carriero
Il grafico sulla riduzione dell’indice di Gini prima/dopo tasse e trasferimenti mostra chiaramente che in Italia l’intensità della redistribuzione non è affatto bassa, nonostante il nostro livello di disuguaglianza economica sia piuttosto elevato in confronto ai paesi EU e occidentali in generale. Quindi il problema diventa: come viene utilizzato l’ammontare di denaro ricavato dalla tassazione? Piuttosto male probabilmente…
Anonimo
Una riduzione competitiva delle ragioni di scambio date dai prezzi al consumo e dal regime di tassazione rispettivamente dei settori privati e pubblici, sono a garanzia della maggiore concorrenza nei mercati dei prodotti per i Paesi Sviluppati e nei mercati delle materie prime naturali per i Paesi in via di Sviluppo. In altre parole una diminuzione delle rendite di posizione o, anche dette dei monopoli, sono direttamente funzionali ad una maggiore spesa pubblica in quanto indifferenziale e globale al contrario degli investimenti privati, data la loro selettività causa le decisioni di risparmio, il tutto in equivalenza nel sostegno della domanda aggregata.
Gli autori che idee politiche hanno?
Le analisi di una scienza sociale come l’economia vanno valutate in base alle idee politiche di chi le ha preparate. Mi spiego : se credo fermamente che la guerra sia un bene, posso preparare anche un bello studio economico che dimostra come la guerra porta ricchezza. Dimenticate di mettere la cosiddetta “nota ideologica” al sito web o agli studi pubblicati. Un po come quando i fratelli Koch finanziano istituti dediti a studi scientifici per propinarti un idea di parte. Voi da che parte state? Lo so che siete anche in buona fede nel fare gli “studi” ma dovete dirlo chiaramente qual’è la vostra scelta di campo. Non esiste nel vostro campo “l’imparzialità” riguarda un’aspetto troppo rilevante della vita perchè sia scevro di una posizione politica.
Alessandro
Dal grafico si vede come i percentili da 0 a 80 abbiano un average tax rate tra il 10 e il 20 per cento. Magari fosse lo stesso qui da noi. Considerando che probabilmente i primi percentili non pagano nulla, se dal 40° all’80° si paga il 15 per cento, direi che no, non ci si può lamentare.