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QUANT’È OTTUSO IL FISCAL COMPACT

Il recente (bell’) articolo di Francesco Daveri su lavoce.info sostiene due principali tesi. La prima è che le recenti elezioni in Europa mostrano una tratto comune: la rivolta di ampi settori dell’elettorato europeo, soprattutto in Francia, Grecia, ma anche alle amministrative italiane e tedesche, contro la (auto) condanna all’austerità permanente voluta dalla Signora Merkel, e codificata nel Fiscal compact. La seconda è che esistono poche alternative al Fiscal compact, visto che a protestare di più sono proprio i paesi che, in termini di spesa pubblica, hanno “razzolato” male (peggio dei tedeschi). Sul primo punto, rilevo che le principali novità politiche delle elezioni in Italia ed in Francia, Grillo e Le Pen jr, non mi sembrano facilmente riconducibili all’austerity del Fiscal compact, quanto invece ad una protesta contro l’establishment della politica (Sarkozy in Francia e la Casta da noi) incapace e, spesso, corrotto. Diverso il caso della Grecia. Sul secondo punto, osservo che i dati riportati nell’articolo, la spesa pubblica rapportata al Pil ed la spesa “nominale” (espressa cioè in euro correnti) vanno interpretati con cautela. Circa il rapporto spesa/Pil, l’evidenza empirica (molto controversa) suggerisce che contrazioni della prima provocano una riduzione più che proporzionale del secondo (un moltiplicatore superiore all’unità), come i recenti casi della Grecia e dell’Italia indicano abbastanza chiaramente. Dunque un aumento del rapporto spesa/Pil potrebbe semplicemente avverarsi anche quando i tagli aggravano la recessione. Ancor maggiore prudenza va mostrata nell’interpretare le variazioni in termini nominali. È noto che l’origine degli attuali squilibri all’interno dell’Europa sia da ricercare nella perdita di competitività dei paesi periferici nei confronti della Germania. La Figura 1 riporta l’andamento dei prezzi al consumo in Germania (linea blu), Grecia (rossa) e Spagna (gialla).

In questi ultimi due paesi, tra il 2000 ed il 2010, i prezzi sono aumentati rispettivamente di 16 e del 23 punti percentuali  più che in Germania (1). Se allora si vuole vedere quali stati europei hanno accresciuto/tagliato i propri servizi ai cittadini, occorre correggere i dati della crescita della spesa nominale per l’inflazione. Così facendo si ottiene la Figura 2. Questa mostra che, grazie alla moderazione dei prezzi, tra il 2000 ed il 2009 la Germania è stata in grado di accrescere la spesa pubblica ben più che Spagna e Grecia (circa 20 punti percentuali di crescita reale in più). La figura mostra anche altri due aspetti importanti: dopo il 2009, i tagli in Grecia sono stati durissimi, circa il 30 per cento in termini reali. Dunque è la risposta degli elettori è comprensibile. Inoltre, a partire dal 2009 La Germania ha effettuato tagli di spesa superiori ai 20 punti percentuali in termini reali. Sta tutta qui l’ottusità del Fiscal compact: imporre corsetto recessivo per tutti, anche a chi non ne ha bisogno, aggravando le difficoltà di tutti.

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(1) Questi numeri in realtà sottostimano la perdità di competitività in Spagna e Grecia. Essa andrebbe misurata confrontando i soli prezzi dei beni non commerciabili (cioè dei prezzi dei servizi privati che non sono scambiati sul mercato globale). Questi sono cresciuti più di quelli al consumo in Grecia e Spagna, mentre sono cresciuti meno in Germania. Dunque si sovrastima la spesa reale in Spagna e Grecia e si sottostima quella tedesca

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IL PAESE DI POLLICINO

  1. Vincenzo Mancusi

    Salve, leggo, nelle prime righe del commento, che “a protestare di più sono proprio i paesi che, in termini di spesa pubblica, hanno “razzolato” male (peggio dei tedeschi)”. Leggendo i vostri articoli sembra che la risposta dell’elettorato e il conseguente spettro della rivolta anti austerità vada esorcizzato ed evitato. La mancata virtuosità degli amministratori degli stati poco virtuosi non dipende certo dall’elettorato e non può essere fatta pagare dagli elettori. E’ ovvio che nessuno gradisce i chirurghi di guerra. Tuttavia il punto è chiedersi quanto valga la pena sottoporsi alle cure di un chirurgo di guerra. Perdere un dito per continuare a vivere, ma a condizione che tutti ci siano altri disposti a sacrificarsi. Se a me tagliano un braccio e altri invece attraversano integri questa crisi è più che ovvio che mi tiri indietro. E poi vada come vada. Credo che a dieci anni dall’introduzione dell’Euro i sostenitori del There is No Alternative debbano riconsiderare che There Are Many Alternatives. Saluti V.M.

  2. Gossner Johann

    Può l’Italia fare a meno della Spesa Pubblica come è stata ed è interpretata a tutt’oggi? Cosa vedono gli Amministratori del Bilanci degli Enti Pubblici nel Fiscal Compact ? Pensate che essi abbiamo la volontà all’efficienza e al rispetto dei vincoli di bilancio ? Cosa rappresentano per loro appalti e decisioni di spesa ? La tassazione e il suo aumento è un valido strumento per il rispetto dei parametri previsti nel Fiscal Compact ? Queste sono le domande per le quali gran parte degli Italiani conosce già la risposta e che essi non gradiscono. Tutto il resto sono teorie imbonitorie per convincerli del contrario. Fiscal Compact è una dizione sbagliata. Meglio chiamarlo Overtaxation Compact, ossia pagare i debiti pubblici con i soldi dei privati. Niente di più deleterio poteva essere architettato per il Male degli Italiani e dei loro denari.

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