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AL PAREGGIO DI BILANCIO DEI COMUNI SERVE IL MERCATO

Da qualche anno è possibile “territorializzare” il patto di stabilità interno: ai comuni è consentito sostenere spese in investimenti al di sopra del proprio saldo-obiettivo se altri comuni della stessa Regione sono disposti a cedere temporaneamente parte dei propri spazi finanziari. La sperimentazione non ha dato grandi risultati. Probabilmente perché i comuni che rinunciano ai loro diritti percepiscono il meccanismo come un prestito a costo zero. Potrebbe allora essere utile istituire un mercato dove vendere e acquistare il diritto a indebitarsi.

La legge costituzionale n. 1/2012 (Pisauro 08-08-2011), oltre a imporre il vincolo di pareggio al bilancio dello Stato e al complesso delle amministrazioni pubbliche, prevede per le autonomie territoriali una sorta di golden rule qualificata: i singoli enti (Regione e comuni in particolare) possono sì indebitarsi “per finanziare spese di investimento”, ma con “la contestuale definizione di piani di ammortamento” per il rientro dai debiti contratti e soprattutto sotto la condizione “che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio”. La riforma dunque, consapevole della sostanziale impossibilità di applicare la regola del pareggio di bilancio distintamente per ciascun comune (le cui entrate possono essere insufficienti a finanziare i rilevanti picchi di spesa corrispondenti a grandi investimenti), si affida per la tenuta dei conti pubblici nazionali a meccanismi di flessibilità che garantiscano l’equilibrio di bilancio a livello di ambiti territoriali più ampi, quelli regionali. Si tratta di una soluzione peraltro già presente nell’ordinamento italiano, e in particolare nelle regole del patto di stabilità interno per gli enti locali.

I NUMERI DELLA COMPENSAZIONE ORIZZONTALE E VERTICALE

A partire dal 2009 è stata infatti sperimentata in alcune Regioni la possibilità di “territorializzare” il patto di stabilità interno(1): ai comuni è consentito di sostenere spese in investimenti al di sopra del proprio saldo-obiettivo fissato dal patto se altri comuni della stessa Regione sono disposti a cedere temporaneamente parte dei propri spazi finanziari (compensazioni orizzontali), oppure se la Regione fa egualmente sul proprio bilancio (compensazione verticale). Il risultato è la tenuta del saldo-obiettivo nel complesso degli enti che insistono sul territorio regionale.
Il bilancio complessivo delle prime prove di “territorializzazione” del patto di stabilità interno non è però particolarmente esaltante. Per quanto riguarda la compensazione orizzontale ad esempio in Toscana nel 2010 si è registrata una richiesta di risorse per 124 milioni di euro da parte di 62 comuni contro un’offerta di meno di 900mila euro da parte di soli quattro comuni. (2) Nel 2011 la quota ceduta aumenta a quasi un milione di euro, ma il numero di comuni che cedono diminuisce da quattro a due. Anche nel caso del Piemonte, la compensazione orizzontale nel 2010 ha riguardato un po’ meno di 4 milioni e mezzo di euro: 23 enti hanno beneficiato di un miglioramento del proprio obiettivo grazie ad altri 16 che hanno accettato di peggiorarlo. (3) Il Lazio sembra la Regione dove lo schema orizzontale ha meglio funzionato: nel 2010 sono stati ceduti spazi finanziari per 118 milioni.
Complessivamente sembrano esserci spazi non utilizzati che potrebbero alimentare il sistema delle compensazioni orizzontali: nel 2010 i comuni italiani nel loro insieme hanno realizzato un saldo finanziario effettivo migliore di circa 733 milioni di euro rispetto al saldo-obiettivo prescritto dal patto di stabilità interno e meno del 20 per cento è stato utilizzato per effettuare trasferimenti orizzontali che avrebbero consentito peggioramenti dei saldi per i comuni più bisognosi. Queste risorse potrebbero rappresentare una potenzialità importante per le esigenze di investimento di alcuni comuni.
La compensazione verticale funziona meglio di quella orizzontale, anche se le risorse in gioco restano esigue. La regione Toscana, ad esempio, muove verso i propri comuni 60 milioni nel 2010 e 50 milioni nel 2011; va un po’ meglio per il Piemonte ove l’entità delle risorse coinvolte nella compensazione verticale è stata pari a 84 milioni di euro nel 2009 e a 65 nel 2010. In Lazio nel 2010 è stata pari a 152 milioni.
Dalla compensazione verticale probabilmente non ci si può attendere di più, visto che di fatto si concretizza in un vero e proprio trasferimento ai comuni da parte delle Regioni che sono poi obbligate a peggiorare il proprio obiettivo. La compensazione orizzontale potrebbe funzionare molto meglio se esistesse un meccanismo di attuazione che facesse percepire la convenienza finanziaria a tutti i comuni coinvolti.

PERCHÉ NON FUNZIONA

Le ragioni del funzionamento insoddisfacente del meccanismo di compensazione orizzontale sono probabilmente molteplici. Sono innanzitutto collegate alle difficoltà degli enti nel prevedere in un dato momento dell’anno quanta parte possono cedere del proprio spazio finanziario a causa dei margini di bilancio che ogni anno si fanno sempre più esigui. (4) Oppure sono dovute allo scarso coordinamento tra normativa nazionale e normative regionali relative agli incentivi finalizzati a stimolare le compensazioni. Tuttavia non si può escludere che un mis-match così marcato tra domanda e offerta di spazi finanziari possa essere dovuto a una legislazione che prevede di fatto che la cessione di risorse finanziarie sia a rendimento nullo e dove l’unica certezza è che le risorse cedute saranno restituite.
Il sistema di compensazione orizzontale così come attualmente pensato dalla legge (220/2010) potrebbe rappresentare un’opportunità per quei comuni che acquisiscono entrate straordinarie rilevanti e che quindi rispettano il proprio obiettivo oltre il dovuto, senza che negli anni successivi rimanga loro la possibilità di usufruire di parte di quelle entrate. Alcune legislazioni regionali (come Piemonte e Toscana) prevedono nel caso di compensazione orizzontale che agli enti che accettano un peggioramento del proprio obiettivo (cedendone una quota ad altri) sia assegnata una premialità sugli obiettivi del Psi degli anni successivi coincidente con il rientro della quota ceduta. Sono previsti anche maggiori punteggi nei bandi regionali per la concessione di finanziamenti specifici e per l’accesso stesso ad esempio alle compensazioni verticali. Infine, per favorire il meccanismo della compensazione orizzontale sono applicate penalizzazioni per gli enti che, pur non avendo ceduto spazi finanziari, abbiano comunque registrato un surplus rispetto all’obiettivo di patto, non utilizzato alla chiusura dell’esercizio.
Se si escludono gli incentivi sui possibili accessi ad altri finanziamenti negli anni successivi (comunque incerti), un comune si trova di fatto a cedere spazi finanziari a un altro a costo zero con l’unico vantaggio di poter sforare l’obiettivo del patto negli anni successivi (in Toscana ad esempio nei due anni successivi) per una misura corrispondente allo spazio finanziario precedentemente concesso. Il vantaggio (assenza di sanzioni per non rispetto del patto) dovrebbe essere superiore all’interesse che il comune otterrebbe dal deposito di tali entrate sul conto di Tesoreria unica (come attualmente sarebbe obbligato a fare) o sul conto di deposito presso la propria banca commerciale (nel caso del regime della Tesoreria mista in vigore fino al 2011), a patto sempre che i comuni che inizialmente usufruiscono del trasferimento riescano pienamente a rispettare il piano di ammortamento relativo al trasferimento stesso.
Dagli esiti delle prime sperimentazioni in Piemonte e Toscana, il vantaggio non sembra tale da muovere entità finanziarie di rilievo rispetto a quelle disponibili, ovvero i comuni che dovrebbero cedere probabilmente percepiscono il meccanismo come un prestito a costo zero. Quale comune lo accetterebbe? E specularmente, quale comune non chiederebbe di avere un prestito senza dover pagare degli interessi?

I CERTIFICATI DI INDEBITAMENTO

Per incentivare il pieno utilizzo della differenza tra saldo e obiettivo di comparto potrebbe essere utile istituire un mercato in cui sia possibile vendere e acquistare il diritto a indebitarsi. La legislazione nazionale stabilisce un saldo da rispettare per i comuni, coerente con l’obiettivo di indebitamento della pubblica amministrazione. Il patto di stabilità interno può essere pensato come una dote di certificati di indebitamento (che nel caso del pareggio di bilancio è pari a zero) che i comuni ricevono. A consuntivo, lo Stato centrale verifica l’indebitamento dei singoli comuni e ritira i certificati: coloro i quali hanno un indebitamento non coperto dai certificati violano il patto. I comuni possono anche vendere parte della propria dote di certificati ad altri comuni, in tal caso ovviamente scommettono sul fatto che avranno un saldo inferiore a quello richiesto dalla legge di stabilità. Si crea così un mercato dei certificati, che se ben funzionante dovrebbe generare gli incentivi adeguati a comprare e cedere spazi finanziari. Verosimilmente le transazioni potrebbero/dovrebbero avvenire a ridosso degli assestamenti di bilancio. La cessione/acquisto del certificato implicherebbe una cessione/acquisto del diritto a indebitarsi, annullando di fatto la possibilità di utilizzare la disponibilità finanziaria, pur esistente, del comune che vende il diritto.

(1) Si tratta di un’opzione disciplinata dall’art. 77 ter comma 11 del D.L. 112/2008 convertito nella legge n 133 del 6 agosto 2008, dalla legge 33 del 2009 (paragrafo H) e dalla legge 220/2010.
(2)
Ravagli, L. (2011) La regionalizzazione del patto di stabilità interno, in La finanza locale in Toscana – Rapporto 2010, Irpet, pp. 53-71.
(3) Barbero, M. e Lobascio, I. (2012), La territorializzazione del patto di stabilità interno in Piemonte: un primo bilancio, in “La finanza locale in Italia – Rapporto- 2011”, a cura di Ires Piemonte, Irpet, Srm, Éupolis Lombardia, Ipres, Milano, Franco Angeli, pp. 215-233.
(4) Croella, S. Parlato, S e Scozzese, S. (2012), Il Patto di Stabilità Interno: un’analisi dell’overshooting dell’obiettivo nel biennio 2009-2010. Quali prospettive per il Patto di Stabilità regionalizzato?, Working Paper Siep, n.657.

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  1. Anonimo

    Le crescite delle spese monetarie di natura pubblica e delle concorrenze delle società di mercato sono capital-intensive in regime di tassazione e delle variabilità dei prezzi della produzione. Dunque, le strategie di mercato della politica di Stato è funzionale alle commutazioni finanziarie dei regimi monopolistici privati.

  2. Massimo Matteoli

    Se non rivediamo subito i vincoli stupidi del patto di stabilità imposto agli enti locali salta anche quel poco che resta della nostra capacità di investimento. Oggi invece si prendono le risorse un tempo destinate ai Comuni e tramite la Cassa Depositi e Prestiti si dirottano per finanziare le maxi-opere del ministro di turno. Purtroppo non abbiamo tempo da perdere e bisogna essere consapevoli che solo i Comuni sono in grado in tempi brevi di far ripartire gli investimenti pubblici. Le modifiche “a pagamento” proposte dall’articolo non risolverebbero nulla ma anzi renderebbero il patto oltre che stupido anche ingiusto.

  3. andrea cazzaniga

    Ecco, non so come dire, ma mi sembra un modo fallimentare di affrontare un effetto collaterale al problema e non il problema. Una redistribuzione delle risorse in base ai bisogni sarebbe certamente molto piu’ appropriata. E smettiamola di credere che il “mercato” sia lo strumento adatto per regolare la distribuzione di qualsiasia cosa!

  4. Romain Bocognani

    Sono sorpreso di leggere che “la sperimentazione del Patto territoriale non ha dato grandi risultati” quando la regionalizzazione del Patto di stabilità interno ha dato risultati molto positivi: nel 2011 ha consentito di liberare 1,2 miliardi di euro di pagamenti alle imprese per spese in conto capitale (prevalentemente lavori pubblici) come si può leggere al link http://www.ance.it/docs/competenze.aspx?id=16&pid=11&pcid=12&docId=6313. Questo è quanto affermato non solo dal’associazione dei costruttori di Confindustria ma anche dalla Corte dei Conti nel suo recente Rapporto sul coordinamento delal finanza pubblica dove la Corte indica che la regionalizzazione ha permesso di attenuare le tensioni sul sistema economico locale erodando lìimporto dei margini finanziari autorizzati dal MEF ma non utilizzati da alcuni enti. Detto ciò gli spunti di riflessione, compresa l’idea di un mercato di autorizzazioni di indebitamento come -credo- in Spagna, sono interessanti e sicuramente da approfondire.

  5. Emanuele De Candia

    Anche alle attuali condizioni in cui i vincoli del patto vengono sostituiti dal pareggio di competenza, il problema dell’overshooting rimane attuale. La creazione di un mercato dei diritti ridurrebbe sia alcune problematiche di coordinamento che quelle inerenti gli schemi adottati di incentivi. Rimane che le condizioni affinché sia efficace attengono alla certezza sulle risorse disponibili (esogena) e alla capacità di programmazione (carente). Interessante sarebbe effettuare alcuni esperimenti pilota a livello regionale.

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