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Dieci paesi dove vale la pena emigrare

 Molti giovani italiani cercano migliori opportunità di vita e di lavoro all’estero. Ma come scegliere il paese di destinazione? La classifica dei più interessanti per reddito pro capite, prospettive di crescita, facilità di fare business e accettazione degli immigrati. Non mancano le sorprese.

CERVELLI IN FUGA

Da anni ormai in Italia si parla della perdita di capitale umano. In inglese si chiama “brain drain”, da noi “fuga dei cervelli”, e nel nostro paese è un fenomeno di entità significativa. (1) Il dibattito pubblico sul tema è centrato sulle conseguenze per il “sistema Italia”: per lo più, la fuga dei cervelli è vista come un fenomeno negativo, anche se alcuni sostengono che ciò non è necessariamente ovvio, giacché molti dei cervelli in fuga finiscono per rientrare portando con sé un patrimonio di esperienza acquisita all’estero. (2)
Il dibattito, seppur interessante, ha limitate conseguenze pratiche per i protagonisti dell’esodo – cioè i ragazzi. Se la Costa Concordia sta affondando, ai passeggeri poco importa di sapere se la nave potrà essere recuperata, quello che bisogna sapere è dove sono localizzate le scialuppe. Fuori di metafora, i ragazzi (almeno alcuni) necessitano di una scheda di istruzioni di emergenza per l’evacuazione. (3) In questo spirito, il nostro articolo non si rivolge alla politica né alle università, ma ai giovani (e anche ai meno giovani) che stanno considerando la possibilità di partire.

QUATTRO PARAMETRI DA CONSIDERARE

Partire sì – ma per dove? A chi si è fatto, magari a tempo perso, questa domanda, vogliamo qui offrire una possibile risposta in una forma provocatoria, ma speriamo divertente. Proponiamo una classifica delle destinazioni per l’emigrante, da noi elaborata.
La nostra classifica tiene conto di quattro parametri. Il primo è il Pil pro capite del paese di destinazione. Questo ci sembra pacifico: nessuno vuole emigrare in un paese povero. Il secondo parametro è il rapporto debito/Pil. Secondo noi è un parametro importante perché predice se il paese continuerà a essere ricco nel medio periodo. Paesi con alto debito pubblico saranno costretti – a meno di improbabili scatti di crescita – a tassare molto e quindi la crescita ne soffrirà (vedi, appunto, l’Italia negli ultimi vent’anni). Non sono quindi destinazioni desiderabili per un italiano.
Il terzo criterio considerato nella nostra classifica è un indice di “efficienza” del sistema economico, cioè quanto è facile “fare business” in quel paese. L’indice è il cosiddetto “business freedom index” compilato dalla Heritage Foundation e tiene conto della facilità di aprire e chiudere un’attività e quella di ottenere una licenza. (4) Per chi emigra, infatti, le barriere all’entrata nel paese di destinazione sono deleterie, e quindi sono più desiderabili quelli con barriere più basse.
Il quarto criterio concerne i valori dei cittadini del paese di destinazione, con riferimento alla loro l’apertura all’immigrazione. A questo scopo utilizziamo la World Value Survey, una indagine campionaria di carattere sociologico. Abbiamo calcolato la percentuale di individui che, in risposta alla domanda “non mi piacerebbe avere un vicino di casa che sia …”, non ha risposto “lavoratore immigrato”. Una alta percentuale di intervistati in un dato paese che non menziona gli immigrati è considerata indice di accettazione dell’immigrazione in quel paese.

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I DIECI PAESI DOVE EMIGRARE

Sulla base di questi quattro indicatori, calcoliamo l’indice di desiderabilità semplicemente sommando tutti gli indicatori (il rapporto debito/Pil entra con segno negativo.) I primi dieci paesi di questa speciale classifica sono riportati qui sotto. (5)

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In classifica spicca la presenza di due paesi arabi (Qatar e Kuwait) nei primi quattro posti. Il risultato, forse inatteso, è dovuto al basso debito pubblico e al fatto che il loro Pil pro capite è tra i più alti al mondo grazie al petrolio. Tuttavia, l’indice di accettazione degli immigrati in Qatar (0,54) è uno dei più bassi del nostro campione, mentre il valore per il Kuwait è 0,63, comunque inferiore alla media (0,754).
L’Australia risulta una destinazione molto appetibile rispetto a tutti i parametri considerati, con alta accettazione degli immigrati (0,89), alta libertà economica e basso debito pubblico. La Nuova Zelanda ha indicatori sovrapponibili all’Australia, a parte il Pil pro capite (40.842 dollari contro 67.468).
Il modello scandinavo ottiene a sua volta un ottimo piazzamento con la Svezia, caratterizzata da elevato Pil pro capite, altissima accettazione degli immigrati (0,96) e buona libertà economica. (6)
Per quanto riguarda l’Asia, Singapore primeggia per Pil e, soprattutto, libertà economica (l’indice è 89,4, il più alto del nostro campione). Tuttavia, l’indice di accettazione è solo di 0,64 e preoccupa il rapporto debito/Pil al 105 per cento. Taiwan è forse una destinazione più sicura nel lungo periodo; garantisce infatti alta accettazione (0,8) e un debito pari al 38,9 per cento del Pil.
Gli Stati Uniti si confermano una delle migliori destinazioni; è interessante notare che il loro indice di libertà economica (75,5) non è molto lontano da quello svedese (73,1).
Olanda e Germania, infine, si segnalano come le migliori destinazioni in Europa centrale grazie a un buon punteggio in tutti i parametri considerati (senza contare che sono paesi con un ricco patrimonio calcistico).
In conclusione – e più seriamente: è chiaro che la decisione di dove emigrare è molto personale, e dipende in gran parte dalle opportunità disponibili per il singolo individuo. Però, pensiamo che sia interessante sapere quali paesi, in linea generale, sono più “attraenti”; specialmente perché alcuni di quelli in testa alla nostra “classifica provocatoria” sono forse inaspettati, e anche perché sette su dieci non sono europei. Come diceva un comico d’altri tempi: meditate gente, meditate!

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(1) Per una panoramica non tecnica si veda http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/02/27/news/fermate-l-esodo-dei-laureati-migliori-1.155235#gallery-slider=1-155371
(2) Si veda “Brain Drain and Brain Return: Theory and Application to Eastern-Western Europe” di Karin Mayr e Giovanni Peri disponibile a www.sopol.at/get_file.php?id=1299
(3)Siti come http://www.cervelliinfuga.com/ testimoniano la domanda di queste “informazioni di emergenza”.
(4) Per una descrizione dell’indice si veda http://www.heritage.org/index/business-freedom . Questo indice e’ basato su un’elaborazione dei dati forniti dall’indagine “Doing Business” della World Bank.
(5) La classifica completa si trova su http://www.nicolapersico.com/lascelta/Classifica Completa 2014.pdf. Per chi volesse ricalcolare la classifica usando pesi diversi, i dati sono disponibili su http://www.nicolapersico.com/lascelta/classificaemigrazione2014.xls
(6) Nella World Value Survey sono purtroppo assenti Danimarca e Norvegia. Se l’accettazione degli immigrati non è molto dissimile da quella svedese, anche questi paesi nordici dovrebbero porsi ai vertici della nostra classifica, in particolare la Norvegia grazie al suo Pil.

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35 commenti

  1. Maria Rosaria Di Pietrantonio

    non si può non pensare anche al Canada quando si vuole emigrare, per me rimane in cima alla lista anche perchè dovrebbe corrispondere a tutti i parametri che sono stati elencati e anche un grande senso di gentilezza della popolazione, un paese autenticamente multi razziale dove non si avvertono quelle tensioni più o meno striscianti dei paesi europei

    • andrea

      ricordate che il canada chiede all’emigrante 5500 dollari di cauzione da pagare durante il soggiorno-lavoro in canada, quindi niente è gratis al momento in cui si decide di emigrare. Per il resto concordo con Maria Rosaria, paese splendido. Sport del canada hockey su ghiaccio.

      • Steven

        Infatti, come si posizione il Canada? Mi risulta nuova la questione della cauzione chiesta all’emigrante. E’ vera la cauzione da versare per avviare un’attività commerciale in Canada da emigrante. Lo sport più visto è l’hockey su ghiaccio ma il calcio sta diventando lo sport più praticato…almeno nell’Alberta.

  2. 126000 € il costo laurea per lo stato! Perché non si propone di chiederne il rimborso di almeno una parte a coloro che se ne avvalgono per andare all’estero e produrre pil e rendite fiscali colà, salvo restituzione in caso di rientro produttivo?

    • Ci bi

      Perché spesso non si tratta di un capriccio (volere andare all’estero perché fa fico) ma semplicemente perché qui non ci sono le opportunità. Esempio medicina: dopo la laurea in 12000 concorreranno per 5000 posti per la specializzazione. Gli altri 7000 a cui non viene data la possibilità di continuare cosa dovrebbero fare?
      Altro esempio: ingegnere a cui qui viene offerto contratto a tempo determinato a 1500€ al mese in Italia, in Germania ti assumono con stipendio più alto e maggiori garanzie.

      • Osvaldo Forzini

        Concordo con Ci bi, del resto le proposte di Dorotea e paria sono un esempio del “bizantinismo regolatorio” normativo che è una delle cause di tanti nostri problemi (leggi su leggi, norme, scritte male, contradditorie, che vogliono regolare tutto e così “asfissiano”). Andare all’estero (immagino io che ho un lavoro in Italia e “godo” della bellezza di questo paese, sebbene i buzzurri cementificatori facciano di tutto per rovinarla) non è certo, per lo più, una scelta di vita, ma un sacrificio imposto dalla mancanza di prospettive qui. Del resto, se il principio deve valere, allora dovrebbe valere anche all’opposto: chi viene qui dall’estero (e ce ne sono) dovrebbe rimborsare le scuole del suo paese, o il nostro Stato le dovrebbe pagare… Peraltro, tempo fa mi è capitato anche di leggere che insomma, tutta questa fuga di cervelli non c’è, anzi, andrebbe detto “magari ci fosse”, che vorrebbe dire che il nostro sistema scolastico è ottimo.
        Poi ci sono anche casi “particolari”: molti nostri fisici eccellenti sono all’estero semplicemente perché è lì che ci sono le strutture, magari europee: vedi il CERN svizzero

    • Rossella

      E’ compito dello Stato programmare e ben sfruttare le risorse che produce a sue spese. Certamente si deve riconoscere allo Stato italiano una grande generosità nel favorire il conseguimento di titoli di studio spesso di prestigio (e tali valutati anche all’estero) a differenza di altri Paesi dove gli studenti universitari devono indebitarsi pesantemente per portare a termine i loro studi. Oggi, con la globalizzazione, non ha senso introdurre un sistema protezionistico che risarcisca lo Stato dei costi che ha sostenuto, ma occorre sviluppare un contesto di opportunità (su basi fortemente meritocratiche) che risulti attrattivo. E’ appena il caso di dire che in Italia avviene tutto il contrario. A margine annoto come questa lista di Paesi risulti in effetti bizzarra. Non viene citata ad esempio la Gran Bretagna che sembra essere attualmente in Europa il Paese con la maggior propensione allo sviluppo e dove la qualità della vita per un giovane immigrato può essere certamente migliore che in Quatar!

    • ncsc

      Mi hai fatto fare una grassa risata di gusto. Semmai è lo stato che dovrebbe risarcire per danni chi è costretto ad espatriare per avere un lavoro e uno stipendio adeguati alle qualifiche che lo stato disprezza.

  3. Dorotea

    prima considerazione: concordo sul fatto che chi decide di trasferirsi per un lungo periodo debba risarcire il sistema scolastico pubblico italiano!
    Seconda considerazione: ho vissuto gli ultimi due anni in Australia e posso assicurare che NON É affatto facile entrarvi, al contrario é una specie di girone dell’inferno. Chi ha scritto l’articolo non é ben informato e del resto ottenere informazioni obiettive sull’Australia non è per niente facile, girano solo notizie “volutamente” ultra positive, ma la realtà é ben diversa.

  4. Mauro Borraccia

    Avete mischiato il serio e il faceto.
    Bene ricordare il patrimonio calcistico di germania e olanda (per scherzare, eh) ma che ne dite del patrimonio di eguaglianza del qatar?
    Cosí, per ridere, potevate moliplicare per l’indice Gini, cosí il Qatar sarebbe stato ancor piú primo.

  5. Massimo

    Un suggerimento agli Autori. Si parla spesso, e giustamente, dei cervelli o talenti che se ne vanno all’estero. Non si parla quasi mai dei cervelli o talenti che vengono anestetizzati, se non spappolati, in patria, dove il lavoratore più che esser qualificato deve costare poco. Quanti laureati (a spese del contribuente) trovano impiego come tali? Quanti sono costretti a fare lavori, certamente alcuni importanti, ma dove non impiegano le conoscenze acquisite? Quanti cervelli o talenti distrugge, o nel migliore dei casi sottoutilizza, la Pubblica Amministrazione assolutamente non meritocratica e disorganizzata? Non dispongo di numeri, ma temo che siano di gran lunga superiori a quelli dei cervelli in fuga all’estero. Così il danno sociale.

  6. Maria Rosaria Di Pietrantonio

    Gentile Paria, il costo sostenuto dai miei genitori per la mia laurea non è servito a molto qua , visto che mi sono laureata in Farmacia, qua esiste, caso unico al mondo, “l’Embrione farmacista”cioè il figlio del farmacista titolare eredita già al momento del concepimento la convenzione dello Stato per vendere i farmaci della mutua, mentre se vuoi comprare una licenza per una piccola o media farmacia ci vogliono 2-3 milioni di euro, oppure fai il dipendente-commesso con stipendio del commercio e con ruoli che dovunque si sono modificati(farmacista prescrittore inglese per esempio), qui è quasi tutto immobile da un secolo, se escludiamo la riforma Bersani, ma il 90% dei farmaci, SOP ,OTC, che possiamo vendere è rimasta per 8 lunghi anni in mano alle farmacie, più bravi? forse..più ricchi? di sicuro! è la struttura che conta, tuona Federfarma, non il professionista! i muri sono più importanti di noi… ,del concorsone per titoli del governo Monti per 5.000 farmacie nel 2011 si sono perse le tracce, del delisting dei farmaci a cura di AIFA che doveva essere annuale non si è visto nulla, noi abbiamo diritto a svolgere la nostra professione e allora meglio in Canada, noi siamo l’esempio vivente di una casta indistruttibile e rappresentiamo egregiamente quello che è questo paese,finchè non cambierà nulla per noi l’Italia non cambierà, siamo la cartina al tornasole del potere della lobby

    • Cara Maria Rosaria, non mi riferisco alle spese sostenute dalle famiglie (anche se non capisco come mai, sapendo come vanno le cose, si scelgono facoltà senza o con pochoi sbocchi) ma a quanto sostiene lo Stato che è la parte di gran lunga maggiore. Perchè propagandare l’espatrio a vantaggio di altri stati visto che siamo tra i più poveri della Comunità? Mi pare lo steasso problema di “Mare Nostrum” dei servizi (scuole, asili, case di riposo e in certi casi abitazioni) sostenuti dai comuni vicino al confine per fornire servizi a chi produce ricchezze all’estero. Invece di comprimere le pensioni (quelle oneste!) sarebbe bene por mano a problemi del genere. Se poi vogliamo riderci sopra (vero NCAS?): una risata ci seppellirà. E poi passiamo per un popolo di furbi! –

  7. Gianfranco

    Il problema secondo me non e’ tanto il fatto che i giovani se ne vadano all’estero (il che al contrario e’ auspicabile), il problema e’ che lo stato italiano faccia di tutto per scoraggiarne o renderne difficile il rientro.

    • Amegighi

      Forse bisognerebbe chiedersi perchè uno che è andato all’estero, ha trovato lavoro e soddisfazioni, dovrebbe poi ritornare in una realtà ben distante da quella che ha lasciato……….
      Le cose vanno spesso valutate ed analizzate a freddo e da tutte le angolazioni possibili.
      Io sono dell’opinione che tutte le iniziative sul rientro dei “cervelli” dall’estero sono fallite in gran parte anche per “merito” di chi ritorna. Pretendendo di fare la prima donna, umiliando colleghi che, nel marasma attuale della situazione italiana, hanno comunque tenuto a galla la barca dandosi da fare, e non portando assolutamente quello che dovrebbe essere alla base del “rientro”: innovazione, esperienze differenti, insegnamenti per i giovani, novità e creazione di un reale lavoro di collaborazione con gli altri che possa generare risultati in modo esponenziale. Spesso si tratta di persone alla fine di una carriera all’estero che ritornano per guadagnarsi una pensione e comandare oltre quello che sarebbe loro concesso, nel tempo e nel merito, dove si trovavano prima. Cosa giustificabile, umanamente; ma non per le tasche degli italiani.

  8. alice

    I quattro parametri da Voi considerati nella classifica sono esaustivi?

  9. rob

    statistiche e gossip è la nuova “biada del popolo”. Costa poco e rende molto. Se la vita si potrebbe gestire solo sommando numeri: che tristezza!

  10. Valerio

    C’è un motivo particolare perché la Svizzera non compare nella classifica?
    Da italiano che lavora in Svizzera sarei stato curioso di vedere la sua posizione.

  11. Paolo M.

    buongiorno, vorrei sapere la Svizzera come si posiziona all’interno di questa classifica in quanto mi sembra essere nelle prime posizioni in molti degli indici utilizzati (ad eccezione di quella relativo all’immigrazione)
    saluti

  12. Lorenzo

    @Doretea: Quindi se un operaio o un cameriere decide di andare a fare un’esperienza all’estero, deve rimborsare lo Stato italiano per avere fatto qui le elementari?

  13. Paola

    Svizzera e Lussemburgo non ci sono perché mancano i dati?

  14. gabriel

    Il PIL pro capite non dice granché se non fate un confronto abbinandolo al coefficiente di Gini.

  15. Osvaldo Forzini

    Mah, ritengo che quando si decide di andare via da questo paese, siano più importanti altri criteri (tra l’altro non a tutti interessa il “business”: vogliono un lavoro dipendente pagato equamente).
    Io mi chiederei “quanto si vive bene” in quel paese e cioè quale è il grado di tutela o di compressione della mia libertà, come funziona il welfare, come funziona la sanità, com’è il clima, se lo sopporterò… (potrò fare a meno del sole dell’Italia? o al contrario, non sarà troppo caldo?) per fare un esempio, molti non si rendono conto di cosa significa avere una sanità “gratis” salvo quando capitano dove devono pagarla.
    Sulla base di questi criteri, toglierei “senza dubbio” almeno la metà di quei paesi, e per la sanità anche gli USA non è che siano privi di controindicazioni (lo scrivo da profano della materia).

  16. Roberto Pucillo

    A mio avviso uno dei problemi maggiori non é la fuga dei cervelli, ma la poca attrattiva che ha l’Italia nei confronti dei “cervelli” esteri (italiani e non). Abbiamo tanta immigrazione ma poca di qualitá e la nostra capacitá di integrare stranieri di elevato profilo é molto carente.

    • AlCo

      Esatto,sono d’accordo, questa è la riprova, che, nonostante lo stato della nostra scuola, è il sistema produttivo (nel senso più ampio possibile) che è arretrato ed incapace di sviluppare aziende INNOVATIVE, tanto da non essere in grado di riuscire:
      A) ad assorbire neanche la nostra (‘scarsa’ (?)) produzione di Capitale Umano
      B) né, tanto meno, Capitale Intellettuale straniero.
      Ma, come tutte le statistiche dimostrano, la tanto sbandierata carenza di figure professionali è quella di bassissimo contenuto tecnico professionale che, in parte viene coperta da immigrazione NON qualificata.
      Purtroppo nonostante questi segnali che assieme a tantissimi altri indicano che uno dei più grossi problemi del sistema Italia è rappresentato da una classe imprenditoriale, e dal suo scarsissimo livello di ‘Cultura d’impresa’.Tra le conseguenze di ciò emerge che il sistema industriale italiano è principalmente composto da imprese che non appartengono a quello delle ‘imprese Innovative (v. concetti prof.Enrico Moretti) Logica conseguenza di un sistema che ha creato regole finalizzate più a premiare chi è ‘un duro’ ed ha ‘amicizie che contano’ piuttosto che non alle reali capacità imprenditoriali
      In fatti il tutto avviene mentre la classe politica, CAUSA della situazione, continua a cercare di capire come restare a galla, invece che agire per rompere gli anelli di una catena che sta stringendo sempre di più vita e speranze degli Italiani, a partire dai migliori.

  17. Daniele

    Cari autori, apprezzo l’impegno e la capacità analitica che sta alla base del vostro lavoro, però credo che sia un po’ riduttivo considerare parametri legati solo al lavoro, probabilità di business e al denaro.
    Sia ben chiaro, nessuno pretende di vivere di aria; ma al tempo stesso, oltre le competenze e i titoli di studio, forse c’è qualcosa in più che andrebbe considerato a monte (i desideri e le aspettative di vita di ognuno). Nonostante la società, chi fa comunicazione e un diffuso moralismo italico a ogni livello, veicolino da anni la cultura dello “schiavismo” e dell’iperproduttività come unica via dell’esistenza giovanile. Nonostante chi provi ad essere “choosy” per se stesso e per la propria autostima (senza fare del male a nessun altro), venga subito additato come “sfigato”.
    Probabilmente, se in Italia si tornasse a considerare la qualità di vita quotidiana – percepibile da ogni individuo di ogni ceto sociale – come parametro fondamentale, piuttosto che PIL, Spread e tassi statistici vari – che magari andrebbero lasciati solo agli analisti – queste classifiche e tutto il lavoro di elaborazione che sta dietro, non servirebbero a nulla.
    E molti meno giovani vivrebbero da insofferenti e penserebbero a lasciare l’Italia.
    Buona domenica! (meglio se NON in un centro commerciale) 🙂

    • Enzo Michelangeli

      Ma poi, che senso ha calcolare un indice facendo una media ponderata con pesi che non tengono conto del range di ogni indicatore? Nello spreadsheet sono usati pesi uguali (0.25) per il GDP/head che sta nell’ordine delle migliaia o decine di migliaia e per il coefficiente di apertura all’immigrazione che va da 0 a 1: ovvio che quest’ultimo sara’ irrilevante. Quantomeno bisognerebbe prima normalizzare gli indicatori dividendo ogni valore per la media dei dati d’ingresso, o meglio effettuare una trasformazione (lineare o meno) in modo da combinare indicatori modificati che assumono valori in un range da 0 a 1.

    • Michele

      grandissimo!!! non immagini quanto sono d’accordo !! il problema è che anch’io cercavo un articolo basato sulla qualità della vita in generale e non solo su argomenti tecnici- economici ma non lo trovo…..

    • Michele

      p.s: visto che la risposta me la mette in fondo, era una risposta a Daniele,per dire che mi trovo pienamente d’accordo con lui

  18. aden

    Condivido il commento che richiede l’inclusione del’indice di Gini, chiedendomi anche se tutti i giovani siano economisti e maschi.

  19. Ultimamente mi sto interessando di assistenza al parto, e secondo me tra le caratteristiche di un Paese che garantisca un buon livello di vita dev’esserci l’accesso alla contraccezione ormonale senza prescrizione medica (attualmente lo garantisce la Gran Bretagna) e la libertà di partorire a domicilio o in ospedale decidendo che possa non esserci assistenza o un’assistenza ridotta al minimo, che significherebbe niente visite ostetriche vaginali se le donne non vogliono , ma magari sì all’uso dell’ecografo per monitorare anche i parametri abitualmente (e anche senza consenso) sono misurati manualmente (ricordo che l’uso dell’ecografia nelle visite ginecologiche è stato salutato quest’anno (!) come un notevole progresso della ginecologia da parte di un importante centro italiano che si occupa di oncologia, tanto per dare l’idea dell’arretratezza nel settore della ginecologia e ostetricia che c’è a livello nazionale, e non solo) .Tra i Paesi menzionati, vari, come gli Stati Uniti d’America non garantiscono molta libertà alle donne riguardo le loro scelte, soprattutto se partoriscono in ospedale.

  20. Enzo Michelangeli

    Per Singapore, il rapporto debito/PIL non tiene conto del fatto che i due fondi sovrani, Temasek Holdings e GIC, hanno una posizione attiva ben superiore al debito pubblico. Nel primo trimestre del 2014 la posizione netta e’ stata pari a circa 700 miliardi di S$ (http://www.singstat.gov.sg/statistics/browse_by_theme/economy/data/iip1q2014.xls ), contro un PIL di circa 360 miliardi di S$: quindi, il rapporto e’ del 195% (creditorio, non debitorio).

  21. Mauro

    Usare il PIL pro capite nominale invece di quello a parità di potere d’acquisto rende la classifica inutile. Infatti non capivo la disparità Svezia/Germania

  22. Marco

    E Panama ? Cavolo un paese che ti regala o quasi la residenza e permesso di lavoro che non tic onta in tasca quanti soldi hai e spendi, segreto bancario e societario, una società la apri in 30 minuti, Pil anche oltre il 5% debito pubblico non oltre il 30% cultura assai simile, moneta dollaro USA.. io ho preso la residenza a Panama , se interessati a trovare il legale giusto vedi TGH Abogados http://www.tghabogados.com, onestamente nessuno pensa anche al fattore costo vita.. a Panama compri un appartamento di 100mt2 in zona buona per 70.000 USD quando in tutti i paesi mensionati a meno che non vada in campagna e fuori dal circuito metropolitano per gli stessi mt2 spendi il doppio o triplo..

  23. Secondo me non conviene emigrare. A conti fatti, andando in un paese in cui non si possiede niente, bisogna lavorare una vita solo per acquistare una casa, mentre quelli che sono lì vivono di rendita affittandotela. In Italia anche se si è disoccupati si può vivere coltivando con successo la terra per il clima mite mediterraneo e alla fine si mangia anche meglio dei ricchi. L’emigrazione conviene se uno va in un posto vergine e diventa proprietario della terra gratis. Oramai l’America è già stata scoperta…

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