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Per il trasporto locale si può spendere meno

Quale contributo può dare il trasporto locale ai 4 miliardi di spesa in meno chiesto alle Regioni, senza penalizzare il servizio? Si potrebbe cominciare a costruire un trasporto nell’interesse di tutti e non di pochi, con aziende che non siano più una riserva di consenso elettorale. 
UN’OFFERTA DA RIVEDERE
Non l’hanno presa bene: per molti governatori i tagli ai trasferimenti alle Regioni previsti dalla manovra sarebbero “inaccettabili”. Ma è davvero così? Oppure, come sostiene il presidente del Consiglio, esistono ampi margini per la riduzione delle spese. Analizziamo il caso del trasporto pubblico locale che rappresenta la seconda voce di costo dopo la sanità.
È possibile spendere meno oppure ciò significherebbe tagliare in misura inaccettabile i servizi?
Partiamo da una visione complessiva per poi passare ad analizzare alcune situazioni specifiche. Secondo un’analisi della Cassa depositi e prestiti, su 100 posti-km offerti ne vengono occupati solo 22. Il divario è in parte fisiologico, stante la forte variabilità nel tempo e nella direzione degli spostamenti (un autobus che si muove verso il centro nell’ora di punta del mattino effettua la corsa di ritorno con un numero di passeggeri molto ridotto), ma in parte sembra suggerire che, in alcune aree e fasce orarie, vi sia anche un “patologico” sovradimensionamento dell’offerta.
A tal riguardo è forse utile sottolineare quanto accaduto lo scorso anno nella città di Torino: a seguito di una riduzione dei trasferimenti della Regione, si è proceduto a un taglio dei servizi intorno al 10 per cento; ciò nondimeno il numero di passeggeri trasportati è rimasto pressoché invariato, intorno ai 200 milioni all’anno. E sulla base dei risultati di un recente studio del Politecnico di Torino, nel capoluogo piemontese sarebbe possibile un ulteriore significativo taglio dell’offerta che, accompagnata da una riorganizzazione dei servizi, non comporterebbe nel suo complesso peggioramenti per l’utenza.
Il risultato non appare particolarmente sorprendente se si considera la distribuzione dell’utenza per linea che si riscontra tipicamente in un’area urbana. Un’analisi di alcuni anni fa relativa alla città di Firenze, ad esempio, mostrava come l’80 per cento delle linee coprisse solamente poco più di un terzo dei passeggeri trasportati.

Figura 1 – Curva dei passeggeri cumulati per linea Ataf – Anno 2003

ponti-ramella1Fonte: Ataf / Earchimede, 2004
La situazione è analoga in ambito extraurbano: un’indagine svolta alcuni fa nella provincia di Alessandria mostrò come il 70 per cento dell’utenza fosse concentrata sul 30 per cento dei servizi.
Per tentare di porre rimedio a questo amplissimo divario fra offerta e utenza, in alcune aree “a domanda debole” i collegamenti tradizionali di linea effettuati con mezzi di grandi dimensioni sono stati sostituiti da servizi “a chiamata” per i quali si impiegano abitualmente minibus. I dati disponibili mostrano peraltro come questi stessi servizi presentino livelli di frequentazione molto al di sotto della capacità disponibile. Nel caso del servizio “Provibus” della provincia di Torino, per una percorrenza complessiva pari 93mila km all’anno, si è registrato un numero di passeggeri pari a circa 17mila (tabella 1).

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 Tabella 1 – Offerta, utenza e costi di produzione di alcuni servizi “a chiamata” in Italia

ponti-ramella2

Fonte: Provincia di Torino, 2009

Non diversa appare la situazione relativa al trasporto su ferro caratterizzato da una domanda concentrata su un numero limitato di collegamenti e una parte maggioritaria della rete con livelli di frequentazione molto contenuti.
Sia per la gomma che per il ferro sarebbe quindi opportuno valutare la possibilità di ricorrere a modalità di produzione del servizio meno costose: nel primo caso con l’adozione di servizi gestiti con veicoli ordinari da conducenti non professionisti (modello “Uber pop”) e nell’altro con la sostituzione del treno con autobus.

 EFFICIENZA DA MIGLIORARE
Sebbene non siano mancati nell’ultimo decennio alcuni sforzi per cercare di ridurre i costi di produzione, ancora oggi persiste un divario molto rilevante fra l’efficienza delle aziende italiane e le migliori in Europa: il costo unitario per i servizi su gomma in ambito urbano è quasi doppio rispetto a quello delle aree metropolitane inglesi. Tale divario è da ricondursi in larga misura a un costo del lavoro molto più elevato, superiore ai 45mila euro per dipendente, a una produttività più bassa e a una struttura amministrativa assai più numerosa, tutti elementi che sembrano essere ascrivibili al permanere di una condizione di monopolio de facto con procedure di gara per l’affidamento dei servizi a misura di incumbent.
Da questo stallo verosimilmente non si uscirà fino a quando non verrà eliminato il conflitto di interesse degli enti locali al contempo “arbitri” in quanto enti appaltanti e “concorrenti” in quanto proprietari di società. Sarebbe possibile immaginare un altro caso di acquisto di beni o servizi da parte della Pa nel quale l’ente pubblico partecipa a un appalto con una società sotto il proprio controllo?
UN TRASPORTO NELL’INTERESSE DI TUTTI E NON DI POCHI
Non vi è dubbio che:
a) se venissero forniti solo quei servizi di trasporto collettivo per i quali i benefici superano i costi per la collettività,
b) se tali servizi venissero prodotti con il modo di trasporto più economico in grado di soddisfare la domanda,
c) se i costi di produzione fossero allineati a quelli delle aziende più efficienti che operano in contesti analoghi,
l’onere per la finanza pubblica del trasporto pubblico locale potrebbe essere ridotto in misura elevata.
Come dovrebbe essere evidente, ogni euro in più speso per pagare stipendi superiori a quelli “di mercato” o per assumere personale in eccesso rispetto al reale fabbisogno è un euro in più di costo dei servizi e, a cascata, un euro in più prelevato dai contribuenti (o dagli utenti, che però oggi pagano, indipendentemente dal loro reddito a differenza di quanto accade nel Regno Unito, tariffe tra le più basse in Europa).
Certo, un prezzo da pagare ci sarebbe. Il trasporto pubblico non sarebbe più un mezzo per raccogliere il consenso elettorale degli addetti del settore e delle rispettive famiglie e per disporre di assai ambiti incarichi dirigenziali da assegnare ad amici fidati e riconoscenti.
Vi è un solo, importante, rischio da tenere in considerazione: quello che le amministrazioni locali, invece di procedere a riformare il settore secondo i criteri sopra delineati, lascino indebitare le aziende (molte delle quali già oggi in condizioni assai critiche) e che il problema sia solamente rimandato nel tempo. L’alternativa sembra però peggiore: che, in assenza di tagli, si preferisca mantenere immutato lo status quo.
Considerata l’ampia varianza che sussiste in termini di efficienza fra le diverse aziende sarebbe auspicabile che la riduzione delle risorse adottasse come riferimento il criterio del costo standard. Si potrebbe anche chiedere alle Regioni di programmare aumenti tariffari (abbonamenti, soprattutto) leggermente superiori al tasso di inflazione per i prossimi cinque anni a condizione che non vengano concessi aumenti salariali aziendali superiori al tasso di inflazione.

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Relazione tecnica 2015

35 commenti

  1. umberto

    Trasporti locali ?
    Provate a fare il percorso in autobus Lissone – Concorezzo a.r. !!!
    Attenzione rischiate di dover pagare due volte poichè la stessa tratta intermedia è subappaltata a DUE/TRE società…

  2. Rick

    “a) se venissero forniti solo quei servizi di trasporto collettivo per i quali i benefici superano i costi per la collettività,”
    E come facciamo a dirlo? L’autobus dal paese A alla città K produce benefici solo per gli abitanti del paese A, mentre è solo un costo per gli abitanti di tutti gli altri paesi B,C,D… e anche per quasi tutti gli abitanti della città K.
    Con questo approccio avrebbero ragione d’esistere soltanto i collegamenti tra le grandi città, eventualmente con qualche stop nei paesi principali. E non terremmo neanche conto delle esternalità positive del trasporto pubblico.
    L’analisi costi benefici dev’essere globale sui trasporti di una regione (benefici > costi su tutta la regione) con i trasporti più vantaggiosi che sussidiano tutti gli altri fino al limite di avere un sistema in equilibrio.

  3. Alfonso Gambardella

    Vi chiederei di fare una piccola veloce indagine sul trasporto pubblico a Salerno e provincia: dire che vi sono doppioni di servizi offerti sulle stessa tratta vorrebbe dire essere ciechi! Vi sono linee con più linee concorrenti anche in termini di costi sulla stessa tratta, in maggior parte affidate a ditte private, mentre l’operatore pubblico non fa altro che godersene i vantaggi in termini di clientelismo.Da qualche anno la città di Salerno è sostanzialmente con un servizio ridotto alla metà, e località abbandonate nei giorni festivi. Mentre si costruiscono parcheggi per auto fra poco anche con interventi assurdi. Nessuna logica di sistemazione programmata del servizio, e località come Paestum sono una chimera per i turisti che volessero raggiungerle con bus, e il treno fra l’altro non avvicina al sito archeologico! Occorre sentire gli operatori turistici di Paestum a proposito.

  4. stefano delbene

    Mi sembra un articolo più problematizzante rispetto a quello uscito giorni fa sullo stesso argomento. Resto nel dubbio che la privatizzazione del TPL non sia la soluzione al problema, ma d’altro canto non lo sia neppure continuare a buttar denaro su organizzazioni come le attuali. Perchè il TPL possa funzionare deve essere veramente diffuso e coinvolgere tutti i ceti e le classi sociali, non solamente quelle marginali come succede attualmente. E quindi deve poter servire efficacemente ogni area delle grandi città ed i piccoli centri. Se nei decenni precedenti ci fosse stata più pianificazione urbana e meno anarchia del mercato immobiliare sarebbe forse stato meno problematico raggiungere questo obiettivo. Se si fosse investito di più sul trasporto ferroviario locale e meno su autostrade (in alcuni casi inutili, come dimostra il divertente video sulla BreBeMi) avremmo un sistema di trasporto più efficiente ed un ambiente più sano. Ma come dimostra l’ultimo decreto del Governo, le intenzioni sono ben diverse.

  5. Marco Pascucci

    Perché non proviamo a ribaltare il paradigma, e non pensare che forse non sempre conviene sostituire il treno con l’autobus? Perché per principio abbandonare infrastrutture che una volta ammodernate potrebbero dare un servizio ben diverso da quello attuale? La ferrovia della Val Venosta non è forse un esempio in questo senso?
    Perché gli svizzeri valorizzano moltissimo la loro rete ferroviaria secondaria, mentre da noi vige il pensiero unico di trattare queste linee solo come “rami secchi”? E “la Voce” non fa eccezione su questo tema, anzi la vedo ben schierata su questa linea. O forse gli svizzeri sono degli spreconi? A giudicare dai loro bilanci pubblici a me verrebbe in mente il contrario.
    Infine, perché non si dice onestamente che forse sarebbe meglio analizzare i singoli casi con valutazioni serie, che tengano conto non solo degli esborsi finanziari, ma dei veri costi e benefici sociali? Su questo il Prof. Ponti dovrebbe essere un maestro. E allora, mi chiedo, perché prendere sempre le stesse posizioni? Se qualcuno de “la Voce” me lo potesse spiegare con qualche cifra che vada al di là del puro e semplice costo chilometrico di esercizio gliene sarei grato…

    • Francesco Ramella

      Con riferimento al caso della Svizzera mi permetto di rimandare ad un precedente articolo: http://www.lavoce.info/riequilibrio-modale-neanche-la-svizzera-e-un-modello/. La valutazione in merito ai “rami” secchi, come abbiamo scritto, deve essere effettuata caso per caso con il confronto di costi e benefici per la collettività. In linea generale occorre ricordare che un treno (o bus) semivuoto – e che quindi necessita di elevati sussidi – apporta benefici “esterni” molto modesti.

      • Simona

        Dire “costi/benefici” dice tutto e dice niente. Qual è il paniere dei costi e qual è il paniere dei benefici? Sono solo elementi economici (e tutti)? Sono elementi a breve, medio o lungo periodo?
        Bisogna anche domandarsi perché quel treno/bus è semivuoto. Magari la risposta che si trova è che è davvero inutile, come potrebbero anche esserci altre risposte (sempre che ci si pongano domande, oppure ci si fermi al primo dato più vicino alla propria tesi).
        In ogni caso “semivuoto” significa che qualcuno lo utilizza. Quanto semivuoto? E poi: semivuoto per un tratto o per tutto il tragitto? Semivuoto perché la corsa precedente è sempre in ritardo – e quindi carica anche utenti destinati alla corsa successiva? Semivuoto perché in quella tratta le corse sono talmente rare che solo chi ha tempo da perdere può permettersi di aspettare quel treno/bus? Semivuoto perché gli utenti hanno smesso di prenderlo stufi di continui ritardi/cancellazioni/guasti?
        Anche la parola “semivuoto” dovrebbe avere poco senso per un esperto.
        Ma ho paura che spesso si parta direttamente dalla tesi (coincidente con il motivo per cui viene commissionato un dato studio) più che dalla complessa analisi della realtà.

  6. max

    I problemi di mancata saturazione dei mezzi-linee e elevati costi del personale (dovuti principalmente all’eccesso di personale e quindi di crollo della produttività), sarebbero facilmente risolvibili tramite l’introduzione di criteri manageriali nella gestione aziendale. ma questa è solamente una volontà politica. Se consideriamo gli svantaggi di una gestione privata, soprattutto se gestita all’italiana (Autostrade docet), credo che la gestione pubblica anche se non in grado di garantire l’efficienza del privato possa comunque garantire il rapporto costo/prestazione migliore.
    Grazie,saluti.

    • rob

      chi ha superato i 50 anni credo che si ricordi gli unici Ristoranti a gestione privata-famigliare lungo l’ Autostrada del Sole. Oggi nel Paese che decantiamo per cultura enogastronomica troviamo un appiantimento di qualità e di servizio pauroso. Tutto questo frutto delle bande che si sono divisi il Paese altri vantaggi non ne vedo

      • max

        Non penso ci sia qualcuno che sostenga che la privatizzazione della rete autostradale abbia avuto dei vantaggi.. Io personalmente non ne ho mai visti. Vorrei ricordare che in Svizzera e in Austria si applica un’adesivo sul parabrezza del costo di qualche decina di euro il quale vale per tutto l’anno, Se ci riescono loro che devono pagare degli stipendi quasi doppi dei nostri per la manutenzione vuol dire che forse c’è qualcosa che non va da noi.

        • ANDY Mc TREDO

          Correzione: in Austria il bollino NON vale per tutto l’anno, e molti ponti e/o tunnel non sono compresi: di volta in volta scattano “tagle” da 10 euri (purtroppo non so se si possono fare “tiket” andata e ritorno o “abbonamenti”.

  7. IC

    I mezzi di trasporto pubblici e le stazioni sono colpiti continuamente da furti e da atti di vandalismo che comportano annualmente costi elevati per le aziende. Si devono poi aggiungere gli utenti che non pagano biglietto. Possibile che non si riesca a trovare il modo per eliminare questi mali?

  8. Simona

    Mi piacerebbe sapere come viene valutata la produttività di una linea. Nell’articolo leggo ad esempio che si guarda il numero degli attuali utenti. Non è che viene in mente che, soprattutto sulle linee secondarie, ce ne sono tanti di potenziali utenti che hanno nel corso del tempo rinunciato ad utilizzare il trasporto pubblico (gli scoraggiati) perché ormai diventato un percorso ad ostacoli, che fa perdere tempo e ore di lavoro con continui imprevisti, ritardi e improvvise cancellazioni? Viene in mente che con un trasporto pubblico affidabile ci sarebbe una bella fetta di automobilisti che si convertirebbe – o riconvertirebbe – al trasporto pubblico, soprattutto in un momento di crisi economica come quella attuale, soprattutto quando aumenta sempre più il numero di persone che abitualmente utilizzano cumputer/tablet, ecc. incompatibili con la guida dell’auto? Viene considerato che se da A devo andare a C passando da B, e B e C sono molto ben collegati ma A e B no (poche corse e incompatibili con ragionevoli tempi di coincidenza), rinuncio non solo a utilizzare il trasporto pubblico tra A e B, ma neppure considero quello tra B e C, tanto comunque ormai sono in auto e completo il mio viaggio in auto? Per forza poi il trasporto locale viene quasi solo utilizzato da utenti al margine della società, e pure pochi.
    Quando i dati sono parziali vanno benissimo per avvalorare una tesi preconcetta, meno bene per trovare vere soluzioni. Dunque, come viene calcolata la potenziale produttività di una linea?

    • Francesco Ramella

      Anche laddove, come ad esempio in Svizzera, il trasporto pubblico è di eccellente qualità, l’impatto sul traffico individuale è molto modesto: http://www.lavoce.info/riequilibrio-modale-neanche-la-svizzera-e-un-modello/

      • Simona

        Ad esempio il pedaggio autostradale in Svizzera non esiste, esiste solo un bollino annuale una tantum di circa 33 euro. Non sarà che questo elemento possa c’entrare qualcosa? O qualche altra condizione al contorno? Tutti i paesi con “trasporto pubblico di eccellente qualità” rispondono allo stesso modo?

        • Francesco Ramella

          In Europa la quota di domanda soddisfatta dal trasporto individuale a scala nazionale è pari all’82,7% con differenze di pochi punti percentuali tra i diversi paesi (in Italia è l’81,2%).

          • Simona

            Detta così sembrerebbe che a condizioni al contorno completamente diverse e qualità di servizio agli antipodi corrisponda sempre e comunque la stessa identica costante immutabile percentuale di domanda soddisfatta… quindi il succo che si trae è: possiamo dare anche un pessimo servizio tanto i polli che abboccano abboccheranno sempre e comunque.
            Ma il fatto è che se prendo dei dati dimostro una cosa, se ne prendo altri dimostro anche il contrario. Solo prendendo tutti i dati possibili e studiandoli nel loro insieme arrivo a un’analisi aderente alla realtà e quindi posso trovare una soluzione migliore. Mi sembra che qui di visione generale ce ne sia poca, la tesi invece quella sì c’è, e da quella mi sembra si parta.
            I numeri danno un bell’alone di scientificità a una data operazione, ma acquistano senso solo in base a cosa ci sta attorno. Come vengono condotte le analisi? Per sondaggi? Quali? Chi le conduce? Per conto di chi? Che fini ha? Quanti e quali dati vengono scartati? Quali sono gli effettivi quesiti? Quale formulazione? Da chi vengono elaborati i risultati? Ha qualche interesse a riguardo? etc…

  9. Michele Garulli

    1. Dubiterei fortemente di gestioni private, sempre e solo a caccia di monopoli naturali e Regulatory capture. 2 lo sprawl, figlio di decenni di urbanistica folle, rende i servizi piu costosi in italia rispetto all’estero 3. Il mantenimento del numero degli utenti non e’ indice di non peggioramento del servizio, specialmente in anni di crisi qnd il numero degli utenti dovrebbe aumentare 4. Certamente ci sono spazi per ridurre i costi senza ridurre quantità e qualità del servizio, agendo su costi improduttivi figli del clintelismo 5. Il bilancio di un servizio deve essere guardato nel complesso e non tratta per tratta 6. Meno trasporto pubblico = piu traffico auto (con i suoi costi diretti e non): compito degli enti pubblici trovare un buon bilanciamento

    • rob

      “……figlio di decenni di urbanistica folle”. Si potrebbe giudicare tutto con una battuta ” al signor Agnelli i treni non piacevano”. Ma sarebbe troppo riduttivo pensare che solo il mancato sviluppo di un comparto (quello delle ferrovie) a favore dell’auto sia la madre di tutti i problemi. Il vecchio La Malfa era considerato un rompiballe utopico quando parlava di ferrovie. Questo Paese è mancato di una vera politica lungimirante e di piani industriali legati al particolare territorio dell’ Italia per poter sopravvivere. Oggi i nodi vengono al pettine, ma la politica continua ad essere distratta da cose più immediate per creare consenso e quindi..soldi. Allora dovremmo parlare della mancata politica demografica di questo Paese dove si sono “creati” territori completamente spopolati ( leggesi tutto l’arco Appenninico) e territori congestionati ( ho vissuto 2 anni a Genova). Come è potuto accadere tutto ciò? Perchè un Paese povero di pane e soprattutto di cultura a cui basta poco per raccontare cosa fa comodo. Si racconta che non è possibile fare agricoltura in Appennino e ci vendono la carne della Francia, che abbiamo bisogno degli scarti del petrolio per fare energia elettrica, noi straricchi di acqua, vento e sole. Adesso tutti ad aspettare il salvatore la stella di turno che ci salverà

      • Francesco Ramella

        La nozione, assai diffusa, che in Italia sia stata “favorita” l’auto non risponde alla realtà dei fatti. Da decenni il prelievo fiscale del settore automobilistico è di gran lunga superiore alla spesa pubblica per la costruzione e manutenzione delle strade. Il contrario accade per ferrovie e trasporto locale che costano ogni anno ai contribuenti più di 10 miliardi.

        • rob

          La nozione, assai diffusa, che in Italia sia stata “favorita” l’auto non risponde alla realtà dei fatti”
          La doppia ( assurda) inscrizione di un auto acquistata al PRA e all’ACI fu voluta da Agnelli Giovanni

        • Vincenzo

          Le risulta, invece, che ci furono contributi ai Comuni, affinché sopprimessero le tramvie a favore di autobus, che furono quasi sempre FIAT?

    • Francesco Ramella

      In Gran Bretagna, con gestione privata, i costi di produzione sono pari al 60% di quelli italiani. A parità di costo in Italia si potrebbero dimezzare più che dimezzare i sussidi senza alcun incremento delle tariffe

    • Roberto

      Complimenti per la sinteticità! Le sue controdeduzioni sono ammirevoli: non avrei saputo scrivere meglio!
      Roberto Castelli

  10. Conosco direttamente il trasporto pubblico locale di una zona dell’entroterra genovese, nelle frazioni del comune di Moneglia. A parte Luglio e Agosto e gli scuola bus, da mantenere, per il resto circolano autobus, più o meno grandi, quasi completamente vuoti. La soluzione mi pare ovvia: sostituire gli autobus di linea (diesel inquinanti in zone turistiche) con auto a chiamata; risparmio assicurato, servizio mantenuto.

  11. Andrea Malan

    L’analisi mi sembra alquanto semplicistica. D’accordissimo che i costi di produzione, molto meno sul fatto che l’equilibrio debba essere migliarato tagliando le linee meno frequentate.
    Che alcune linee siano molto piu’ frequentate di altre e’ assolutamente normale in qualsiasi sistema di trasporti. Si tratta appunto di un sistema, dove l’offerta e’ costituita da un insieme. Come il caso delle linee ferroviarie in Piemonte dimostra bene, se si tolgono una serie di mattoni l’edificio a volte crolla, Per migliorare l’equilibrio economico, infine, molto meglio fare come ha fatto la Lombardia, aumentando gradualmente il prezzo dei biglietti per pagare aumenti di offerta: la domanda e’ aumentata in misura piu’ che proporzionale.

    • Francesco Ramella

      In Lombardia l’equilibrio economico è andato via via peggiorando con l’espansione dell’offerta. I contributi pubblici (statali e regionali) sono passati dai 308 milioni nel 2001 a 507 milioni nel 2012 (a prezzi correnti) con un incremento del 64% (+42% in termini reali). Il taglio di servizi effettuato in Piemonte ha invece consentito una riduzione dei trasferimenti.

      • Andrea Malan

        Detto così non è affatto chiaro. Il trasporto pubblico è sussidiato dovunque, anche in Gran Bretagna.
        La domanda a cui rispondere è: con l’aumento dell’offerta in Lombardia, il grado di copertura ricavi/costi è aumentato o diminuito? Se si guarda solo al deficit assoluto, secondo la vostra tesi per risparmiare bisognerebbe eliminare l’intero trasporto pubblico. Con quali costi sociali ed economici?

        • Francesco Ramella

          La valutazione in merito al taglio (o alla introduzione) di servizi dovrebbe essere effettuata, come scrivevamo nell’articolo, caso per caso, con un raffronto di costi e benefici per la collettività. In linea generale un autobus od un treno con pochi passeggeri a bordo e che richiede quindi un elevato sussidio ha benefici “esterni” molto ridotti e, quindi, non supera questo test. In Gran Bretagna, nelle are metropolitane ad eccezione di Londra, l’85% dei servizi di tpl è prodotto su base commerciale senza sussidi; gli introiti da traffico coprono pressoché interamente i costi operativi dei servizi ferroviari la cui utenza è quasi raddoppiata dal 1995 ad oggi.

  12. Terenzio Longobardi

    Cito la relazione del Commissario alla spending review Cottarelli: “Nel trasporto pubblico locale, copertura dei costi con tariffe del 22% contro il 50%-60% in Europa.”. Per seguire l’Europa, bisogna riconvertire massicciamente il TPL, in area urbana ed extraurbana, dalla gomma al ferro. In particolare con i moderni sistemi tranviari e ferro – tranviari.

    • ANDY Mc TREDO

      Salve, se interessa vorrei far noatare che:
      a) all’utente non interessa quanto costa alla comunità il servizio ma se è per lui conveniente: se siamo in almeno 2 da Faenza è più conveniente andare a Firenze o Bologna in auto anziche in treno, se siamo almeno tre col risparmio ci si paga il parcheggio, in quattro il risparmio giustifica la difficoltà di raggiungere il centro in auto piuttosto che in treno.
      b) ci sono situazioni in cui i treni (o gli autobus) sono fisiologicamente semivuoti : la mattina il treno studenti è pieno dalle zone periferiche alla scuola e vuoto al rientro e viceversa nel pomeriggio. la stessa tratta sarà deserta la domenica (… ma quella corsa gira anche la domenica? spesso si: ecco un’occasione di risparmio!)
      c) In Gran Bretagna non sono tutte rose e fiori: quando si è privatizzata la ferrovia la manutenzione ordinaria ne ha molto risentito e gli incidenti sono stati numerosi, i biglietti singoli sono molto cari (ma gli abbonamenti no), la pulizia non è un gran che (ed ora anche in Italia…), i cambi sono frequenti ma forse è per questo che gli autobus sono quasi sempre pieni: data la proverbiale puntualità britannica è agevole cambiare mezzo (anche se non sempre piacevole).

  13. Rainbow

    Sono di Torino posso portare la mia testimonianza. Non e’affatto vero che il taglio del 10% del Servizio di trasporto pubblico sulle linee urbane di Torino operato nel 2013 non abbia avuto un impatto sugli utenti! Abito nella zona Parco Dora di Torino,sono disabile motorio,prendo spesso i bus,il taglio si e’sentito eccome! Nella mia zona,hanno tagliato due linee di bus,il 46/ e il 72,riducendo pesantemente il servizio; tra l’altro il ParcoDora Spina 3 e’ ad alta densita’abitativa perche’in fase di riqualificazione e di urbanizzazione recente. Infatti scrissi con altri utenti lamentandomi dei tagli alla circoscrizione e al Comune,e cosi hanno parzialmente ripristinato il 72,ma complessivamente il servizio e’nettamente peggiorato!

  14. andrej

    al di là di tutto questo si sente anche la mancanza di una piattaforma web comune in cui io possa pianificare il viaggio da A a B vedendo tutte le combinazioni e il loro costo. Questo potrebbe stimolare molti a usare i mezzi pubblici, ma imporrebbe un coordinamento dello Stato che adesso non c’è e si limita nel minacciare riduzioni di un tot percentuale. Io credo che non ci sia uno sguardo complessivo a qual è la situazione del TPL (come molti altri settori) lasciato in appannaggio a una specie di federalismo anarchico e fuori controllo

  15. Giovanni

    Faccio solo un esempio che conosco bene: alla Direzione Infrastrutture di Regione Lombardia i capi ragionano per dogmi non per analisi costi/benefici e il primo dogma indiscutibile è che la domanda di trasporto pubblico è infinita.
    Se a questo aggiungete che i rimborsi ai concessionari come le Nord vengono fatti per treni/km e non per numero di passeggeri trasportati trovate che lavoriamo tutti come somari per pagare l’acqua messa in un secchio bucato.

  16. Vincenzo

    Si ragiona, spesso, in merito ai passeggeri trasportati. Andrebbe fatto, soprattutto in un’ottica di trasporto integrato, un ragionamento per fermata. Ovvero: bisogna considerare quanto una fermata sia servita. Se alla fermata passa un bus ogni mezz’ora, tra l’altro senza orari rispettati, cosa impossibile in ambito urbano, quella fermata non avrà mai nessuno ad attendere il mezzo: il potenziale utente che abita in zona, preferirà andare a una fermata più lontana, ma meglio servita o non prendere affatto il bus. E’ l’offerta scadente a rendere scarsa la domanda, per cui si deve partire da un presupposto: o le fermate, non le linee, sono servite con mezzi frequenti, oppure è inutile illudere i cittadini con una capillarità fittizia, fatta, spesso, solo per raccattare consenso elettorale. .Se non si può, per varie ragioni, garantire una frequenza adeguata, si adottino modalità alternative, non perché “lì l’autobus non serve”, ma perché lì non è possibile istituire un servizio decente.

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