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Un taglio all’Irap. E all’autonomia delle regioni

La modifica all’Irap contenuta nella legge di Stabilità desta preoccupazioni per la sostenibilità dei bilanci regionali,  in particolare della spesa sanitaria. E limita l’autonomia delle Regioni, privandole di fatto della possibilità di usarla come strumento di politica industriale locale.
COME CAMBIA L’IRAP
L’articolo 5 della Legge di stabilità prevede sia la deduzione totale della componente lavoro a tempo indeterminato dalla base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, sia una sostanziale maggiorazione delle aliquote. Riguardo alla deducibilità del lavoro, la norma si inserisce nel solco dei numerosi interventi che nel corso del tempo hanno modificato l’originaria neutralità del tributo a favore della componente lavoro. A differenza però dei precedenti provvedimenti, che prevedevano principalmente deduzioni forfettarie con massimali prefissati, la Legge di stabilità 2015 elimina integralmente la componente lavoro dal calcolo della base imponibile. Tuttavia, l’intervento si limita ai contratti a tempo indeterminato, rimanendo quindi esclusi dalla deduzione tutti gli ulteriori costi del lavoro a tempo determinato. Sulla componente lavoro erano intervenute già tre regioni (Umbria, Toscana e Piemonte), sebbene contemplando solo deduzioni dalla base imponibile parziali e limitate nel tempo. Accanto alla deduzione, la Legge di stabilità stabilisce una maggiorazione delle aliquote abrogando la riduzione del 10 per cento messa in atto con il Dl 66/2014. La logica del provvedimento è quella di fornire una parziale copertura alla riduzione della base imponibile dell’imposta. Si tratta del procedimento inverso che si ebbe nel 2007, quando attraverso un allargamento della base imponibile il Governo varò una riduzione generalizzata delle aliquote. Le nuove aliquote si applicano già dall’anno d’imposta 2014, a differenza delle deduzioni che produrranno effetti solo nel 2015. Considerando la Legge di stabilità dal lato del gettito d’imposta, la manovra ha un duplice effetto: uno immediato, derivante dall’aumento delle aliquote (per 2.059 milioni di euro limitatamente al 2014), e uno che avrà luogo dal 2015 con la riduzione della base imponibile. Dal 2015, secondo le dichiarazioni del Governo, l’impatto complessivo della componente Irap della manovra dovrebbe comportare una riduzione di gettito di competenza complessiva di circa 5 miliardi di euro, al netto di maggiori entrate derivanti del sistema delle deducibilità a fini Ires-Irpef e dagli oneri finanziari (594 milioni di euro nel 2015 e 1.232 milioni a partire dal 2016).

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Impatti della manovra sul gettito Irap; dati in milioni di euro

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 GLI EFFETTI PER LE REGIONI
Date tali riduzioni, la Legge di stabilità 2015 produce significativi effetti sulle Regioni, sulla loro autonomia impositiva, ma soprattutto sul finanziamento dei servizi sanitari. L’Irap rappresenta infatti la principale imposta regionale, nel 2013 ha garantito un gettito complessivo di 32 miliardi di euro, pari a circa il 30 per cento delle entrate tributarie regionali, e costituisce la principale e più appropriata fonte di finanziamento del servizio sanitario nazionale.
L’intervento del Governo, giudicato molto efficace sul piano dell’impatto potenziale sulla crescita, desta dunque non poche preoccupazioni riguardo alla sostenibilità economica dei bilanci regionali e in particolare della spesa sanitaria. D’altra parte, a fronte della riduzione del gettito Irap di 5 miliardi, la manovra interviene sulla capacità di spesa delle Regioni per un importo pari a circa 4 miliardi. La ricerca di possibili modalità alternative di finanziamento dei servizi sanitari, pare dunque al momento non più rinviabile, dato che lo spirito dell’intervento sembra essere quello di ridurre contemporaneamente le entrate e le spese di questo livello di governo, con effetti sulla razionalizzazione dei servizi, ma probabilmente anche sui livelli di offerta finora garantiti dal sistema pubblico. La Legge di stabilità 2015 si inserisce, per altro, in un graduale percorso che negli ultimi anni ha portato le Regioni ad avere una struttura impositiva molto diversa l’una dall’altra. Le Regioni hanno utilizzato, dunque, i propri margini di intervento, in alcuni casi anche articolando le aliquote e le deduzioni con finalità di politica industriale. Tralasciando alcuni interventi agevolativi che sono diffusi omogeneamente sul territorio, ad esempio quelli per le onlus e le cooperative sociali, le Regioni del Sud sono generalmente caratterizzate da aliquote più alte, a causa sia della minor base imponibile presente sul loro territorio sia delle maggiorazioni automatiche dovute al perdurare di disavanzi sanitari in alcune Regioni. Nel Centro-Nord, invece, le Regioni sono caratterizzate da un maggior numero di interventi sia agevolativi che maggiorativi delle aliquote, prefigurando specifiche strategie di politica industriale. Inoltre, le Regioni sembrerebbero privilegiare maggiorazioni di aliquota di carattere settoriale, mentre per le agevolazioni si nota una prevalenza di interventi orizzontali. In particolare, i settori coinvolti più frequentemente dalle maggiorazioni di aliquota sono quelli ritenuti più protetti, come il settore finanziario e assicurativo e le telecomunicazioni.

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Gli interventi regionali sulle aliquote Irap. 2001-2013

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Senza voler entrare nel merito del possibile impatto della manovra sull’offerta dei servizi sanitari, ci limitiamo a considerare che l’obiettivo di risanamento dei conti pubblici e di rilancio economico perseguito dalla Legge di stabilità avrà anche un effetto aggiuntivo sul federalismo territoriale. Verrà limitata l’autonomia d’azione delle Regioni dal lato della spesa e la capacità di offerta di servizi sanitari, per il taglio imposto; ne uscirà ridimensionata anche la loro autonomia fiscale, spesso usata come strumento di politica industriale locale.

Le principali aliquote Irap regionali (anno d’imposta 2013). Sud

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Le principali aliquote Irap regionali (anno d’imposta 2013). Centro

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Le principali aliquote Irap regionali (anno d’imposta 2013). Nord

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  1. Sante Perticaro

    L’IRAP misura LA SUSSIDIARIETA’ ALL’INCONTRARIO

  2. rob

    Cara dirigente
    l’ autonomia alle Regioni andrebbe proprio tolta si studi un suo compaesano (Giacomo Becattini, Distretti industriali) che inquadrava la “Regione Italia” con occhi e testa lungimiranti. Le Regioni sono la vergogna di questo Paese

    • gl lombardi-cerri

      Sono ben altre le vergogne di questo paese. E si fa finta di non conoscerle.

  3. Massimo Matteoli

    Vedo a giro molti vedovi del centralismo romano, che evidentemente ricordano solo le “poche” cose buono di un sistema che univa corruzione ed incapacità al massimo livello.
    Per gli smemorati ricordo che nel puff del divano di un dirigente di un ministero furono trovati 120 miliardi in titoli di stato. Mi domando quanto ne aveva a giro per il mondo nascosti nelle banche amiche.
    Al confronto i consiglieri regionali che oggi vanno a processo sono al massimo dei dilettanti allo sbaraglio.
    Invece di ritornare nelle mani dei professionisti del malaffare, che da sempre prosperano nei corridoi dei ministeri, sarebbe bene concentrarsi per migliorare le nostre amministrazioni locali, Regioni e non solo.
    La ricetta non può essere il ritorno allo stato dei Prefetti e dei Ministeri (che per latro è tutt’altro che morto), ma una vera autonomia locale basta su imposte veramente locali e non sui trasferimenti da Roma. Chi governa deve spendere le tasse dei cittadini che amministra e non i soldi dello Stato centrale.. Potremo solo guadagnarci tutti in efficienza e risparmi.

    • rob

      ..21 Roma altro che 120 miliardi! Basterebbe questa banale battuta per risponderle. Qui non si tratta di centralismo o meno qui si tratta di un sistema- Paese distrutto. Vedere il mondo ( oltrettutto globalizzato da qui in avanti) dall’orto di casa è da miopi provinciali. L’impianto che Lei definisce “centralista” e che ci ha fatto crescere dal dopoguerra agli anni ‘ 70 (pur con tutti i suoi difetti) è stato letteralmente divorato da una ” pleteora di dirigenti seduti sui divani”. HA poca importanza se il divano sia a Roma o sia sparso per 21 località italiane

  4. gl lombardi-cerri

    Al solito vengono complicate le cose semplici.
    Sarebe elementare dare come standard le spese /cittadino per la gestione regionale , nonchè altri parametri tipici di una qualunque gestione, dopo di che ogni Regione dovrebbe gestirsi come meglio crede.
    A conclusione ritengo che le capacità gestionali degli enti pubblici italiani non siano tra le migliori del mondo.

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