Lavoce.info

Perché il Quantitative easing potrebbe funzionare

Non è vero che il quantitative easing è destinato a fallire in un sistema finanziario dominato dalle banche, come quello della zona euro. È una strada da percorrere, anche se da solo non basta. E il suo obiettivo non è abbassare lo spread, ma contribuire al sostegno della domanda aggregata.
PERCHÉ LA BCE PASSERÀ AL QE
L’esito della seconda operazione a lungo termine (T-Ltro) di dicembre non lascia spazio a dubbi: se vuole veramente aumentare la dimensione del suo bilancio, la Banca centrale europea deve cambiare passo. Tra settembre e dicembre, le banche europee hanno preso a prestito poco più di 200 miliardi sui 400 disponibili, nonostante le condizioni estremamente favorevoli: tasso d’interesse dello 0,15 per cento per un prestito a quattro anni. Tenendo conto che nei prossimi due mesi le banche dovranno portare a termine la restituzione delle operazioni a lungo termine (Ltro) fatte tre anni fa, per circa 300 miliardi residui, il bilancio della Bce sta dimagrendo tramite questo canale (rifinanziamento a lungo termine), anziché ingrassando.
Le ragioni dell’insuccesso sono note: la domanda di credito è bassa e il rischio di credito è alto. Le banche sono quindi riluttanti a prendere a prestito soldi di cui non sanno cosa fare. “Parcheggiare” la liquidità in attesa di tempi migliori può essere costoso (i tassi d’interesse sulle riserve in eccesso presso la Bce e sul segmento a brevissimo termine dell’interbancario sono negativi) e anche rischioso: se le banche italiane comprano titoli pubblici aumentano la loro già alta esposizione al rischio sovrano.   Occorre quindi passare a una gestione più attiva del bilancio della banca centrale, acquistando titoli sul mercato. Questo è quello che va sotto il nome di quantitative easing. In realtà la Bce ha già cominciato a muoversi in questa direzione, ma in modo troppo timido. Gli acquisti di covered bonds bancari e di asset backed securities (Abs) sono briciole rispetto all’obiettivo che la Bce si è posta: aumentare la dimensione del suo bilancio di circa mille miliardi. Anche l’estensione degli acquisti ai corporate bonds lascia poche speranze, data la limitata dimensione di questo mercato nella zona euro. Non resta che comprare titoli di Stato. Questo passaggio sta creando una lacerazione all’interno della Bce, a causa della opposizione dei membri tedeschi del Governing Council e dei loro alleati, i quali temono che questa strada allenti la disciplina di mercato nei confronti dei governi portati a spendere troppo. Tuttavia, è una decisione che prima o poi verrà presa, seppure non all’unanimità, prevedibilmente nei primi mesi del prossimo anno. Il presidente Draghi è stato molto chiaro nella conferenza stampa del 4 dicembre: è disposto a fare passare una decisione a maggioranza, pur di rispettare il suo mandato di mantenere l’inflazione vicino al 2 per cento (mentre ora sta scivolando verso lo zero).
FUNZIONERÀ?
La vera domanda ora è: il Qe funzionerà? Per rispondere, bisogna considerare i canali di trasmissione della politica monetaria “non convenzionale” all’economia reale. Prendendo spunto dal discorso di Mario Draghi del 21 novembre (European Banking Congress, Francoforte), possiamo individuarne quattro.
1) Coloro che venderanno alla banca centrale titoli di Stato riceveranno in cambio soldi, che useranno per comprare altre attività finanziarie (corporate bonds, azioni) e reali (case). I prezzi di queste attività aumenteranno, con effetti positivi su debitori e creditori. Famiglie e imprese avranno a disposizione maggiori garanzie per prendere a prestito soldi dalle banche. Queste, a loro volta, avranno un patrimonio più elevato, che consentirà loro di offrire più prestiti.
2) La liquidità immessa verrà in parte usata da chi la riceve per comprare attività estere, facendo così cadere il valore dell’euro rispetto alle altre valute. La svalutazione favorirà le nostre esportazioni nette.
3) Se il Qe godrà di sufficiente credibilità, farà aumentare le aspettative di inflazione, ora ridotte al lumicino. Di conseguenza si ridurranno i tassi di interesse reali, con un impatto positivo sull’attività di investimento.
4) Infine, gli acquisti di Abs dovrebbero fare ripartire questo mercato, e per questa via stimolare l’offerta di nuovi prestiti bancari, che sono l’attività sottostante sulla quale costruire le operazioni di cartolarizzazione.
Questi quattro canali ci dicono che, in linea di principio, il Qe può funzionare anche in una economia come la zona euro, caratterizzata da un sistema finanziario banco-centrico, dove la maggior parte del credito viene canalizzato attraverso le banche. Non è vero quello che alcuni sostengono, cioè che il Qe può funzionare solo in economie, come quelle anglosassoni, dove il ruolo dei mercati dei capitali è preponderante rispetto a quello delle banche commerciali. È difficile quantificare ex ante l’impatto del Qe sulle economie della zona euro. Va da sé che da solo non può bastare a farle uscire da una crisi profonda come quella attuale: la politica fiscale e le riforme devono fare la loro parte. Tuttavia queste non sono buone ragioni per rinunciare a uno strumento che può essere utile. Va anche chiarito che la sua finalità non è quella di ridurre il famoso spread tra i titoli di Stato di diversi paesi, che è già basso. Il suo scopo è piuttosto quello di contribuire al sostegno della domanda aggregata di beni e servizi, favorendo così la ripresa economica.

Leggi anche:  La Bce e la disinflazione: sarà davvero un pasto gratis?

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Perché il rapporto Draghi non è solo un libro dei sogni

Precedente

La mafia e le imprese del Nord: storia di un’espansione

Successivo

Più maestri per tutti, ma serve?

24 commenti

  1. Roberto Boschi

    E’ chiaro che uno dei problemi più importanti che attanaglia l’eurozona è la progressiva mancanza di domanda interna: continuiamo ad attaccarci all’export netto come principale fonte di domanda.
    Il QE può sostenere questa via tramite svalutazione del cambio.
    Oltre mi sembra che poco si possa pretendere. Forse, ma è tutto da dimostrare, un possibile beneficio sui consumi grazie all’effetto ricchezza che gli acquisti di attivi finanziari ed immobiliari potrebbero far emergere.
    D’altra parte Draghi questo può fare.
    Ma il resto, cioè il sostegno alla domanda interna tramite politiche redistributivi in favore dei salari mai così compressi e tramite investimenti pubblici, chi può pensare di aspettarselo dall’Eurozona?
    I tedeschi non accetteranno mai passi avanti verso la messa in comune di pezzi di welfare (es i sussidi di disoccupazione), ne avranno interesse a rivedere la loro strettissima politica mercantilistica.
    Ci aspettano tempi ancora più magri degli attuali….

    • Piero

      Nel momento che la Bce prende la misura del QE, i tassi italiani sul debito saranno pari a quelli tedeschi, si avrà un risparmio di oltre 10 miliardi di interessi il primo anno, 20 il secondo, 30 il terzo ecc, si liberano risorse per sostenere i consumi con politiche di redistribuzione fiscale, tipo il bonus di Renzi.
      Naturale che dobbiamo rispettare il fiscal compact.

  2. Stefano Scarabelli

    a) Per quanto concerne le esportazioni nette, mi sembra che sia in Giappone sia nel Regno Unito la bilancia delle partite correnti sia in peggioramento da quando sono state intraprese le politiche monetarie non convenzionali; peraltro l’Eurozona nel suo complesso mostra già un avanzo delle partite correnti significativo.
    b) Gli effetti sulle aspettative inflazionistiche del qe sono tutti da dimostrare: i tassi di break-even dei titoli indicizzati sono in calo negli Stati Uniti (da ben prima che iniziasse il crollo del prezzo del petrolio.
    c) Forse più che concentrarsi sulla struttura bancocentrica, bisognerebbe prestare attenzione sulla struttura istituzionale dell’Eurozona: se il lancio di un programma di qe si accompagnerà alla promessa implicita di impedire qualsiasi default sovrano dei paesi dell’area euro, il possibile conseguente azzardo morale da parte dei governi potrebbe effettivamente aumentare, e di molto, le aspettative inflazionistiche.

    • over-the-counter

      Evviva l’azzardo morale e la repressione finanziaria: non c’è altro per tirare un paese fuori dalla buca di una crisi come questa. Il QE, ovunque usato, ha permesso ai governi di spendere di più a tassi bassi, quindi ha generato allentamento insieme monetario, fiscale, e valutario (indebolendo la valuta) e ha fatto ripartire la domanda, interna ed esterna.
      Ma i paesi dell’Eurozona che hanno perso competitività verso la Germania (per via del dumping salariale tedesco), senza cambio sono costretti alla svalutazione interna, cioè a uccidere la loro domanda interna, quindi non possono attivare il fondamentale allentamento fiscale. Mancando oltretutto la disponibilità tedesca ad un aggiustamento simmetrico, il peso per questi paesi è insostenibile. Non facciamoci ingannare dall’oil price: la deflazione è l’effetto inevitabile delle politiche imposte dalla struttura dell’euro, che quindi genera crescita automatica del debito/pil nominale.
      Se il QE della BCE non può accompagnarsi a un allentamento fiscale è destinato a produrre poco effetto: il problema di fondo resta l’euro, accoppiato con l’ottusità tedesca.

      • Stefano Scarabelli

        A me sembra che il qe favorisca coloro che già detengono un cospicuo patrimonio e penalizzi invece coloro che stanno cercando di accumularlo: in sostanza, aumenta le disparità e non le diminuisce. Mi sembra un pessimo surrogato di una politica fiscale di redistribuzione. E per il momento di inflazione negli Stati Uniti e in GB non c’è traccia (ed i rendimenti dei bond americani e inglesi stanno scendendo anche senza qe).

        • piero

          Assolutamente no, con l’aumento della moneta in circolazione vi sarà un aumento dei prezzi che farà diminuire il potere di acquisto dei titolari di ingenti risorse finanziarie, vi sarà quindi il trasferimento della ricchezza dalla rendita ai lavoratori e alle imprese.

      • piero

        Il QE non fa spendere di più i governi, la Bce acquista i titoli che già sono stati emessi sul mercato e che sono nelle mani delle banche e dei risparmiatori, non vi è una ulteriore emissione di debito, gli effetti positivi saranno, da un lato i tassi scendono e saranno uguali per tutti i paesi dell’eurozona, dall’altro lato le banche avranno liquidità in luogo dei titoli statali e così potranno tornare a fare il loro mestiere, prestare i soldi alle imprese. Ricordo a tutti che nel 2011 uscirono dal debito statale italiano tutti i fondi stranieri, le banche hanno dovuto acquistare tutto il debito drenando in tale modo tutta la liquidità che era destinata alke imprese. Le imprese sono andate in difficoltà.

    • Piero

      La situazione italiana e’ molto diversa da quella del Giappone, loro sono nella classica trappola della liquidità, mentre noi non abbiamo ma liquidità sui mercati, basta pensare che nell’ultimo anno la base monetaria e’ scesa di 1000 miliardi.
      Per quanto riguarda l’Inghilterra, e’ l’unico paese che cresce in Europa.

  3. EzioP1

    L’inflazione è vista come il veicolo per avviare un ciclo virtuoso di sviluppo economico. Nell’attuale momento economico in cui i vari paesi sono in competizione per il loro sviluppo, la deflazione è vista negativa poiché comporta una riduzione dei prezzi e un aumento del potere di acquisto dei consumatori (individui e imprese), fattori che da un lato riducono temporaneamente output e profitti delle imprese, ma dall’altro, nel lungo periodo generano incremento di vendite, produzione, occupazione e fiducia; in altre parole questo modello da spazio all’economia reale. Quindi la deflazione non sembra essere del tutto negativa. Il problema però è quando ci si confronta con gli altri paesi concorrenti che adottano il modello dell’inflazione. Per questi le loro monete divengono via via sempre più deboli facilitando le loro esportazioni di beni e servizi. Sembra di essere tutti in una giungla dove per uscirne si compete tutti sul modello di sviluppo più facile da adottare e controllare, ovvero l’inflazione. La deflazione che potrebbe essere il modo migliore per uscire dal pantano dovrebbe essere scelta da tutti, così come accade per il caso dell’inflazione, non da uno o pochi paesi soltanto.

    • over-the-counter

      Sì, tutti dovrebbero mettersi a tagliare salari, occupazione e domanda per provocare la caduta dei prezzi e del pil e far salire il peso del debito, etc. Invece, guarda che idioti, cercano tutti di far salire la domanda…. Il mondo alla rovescia.

    • Piero

      La deflazione per un paese indebitato cone quello italiano e’ un problema gravissimo, manda in default tutti i cittadini, le imprese e lo stato.
      Oggi, con l’inflazione dobbiamo spostare la ricchezza dalla rendita al lavoro, il contrario di ciò che è stato fatto negli ultimi 15 anni, solo in questo modo verrà riassorbito l’ingente debito statale, l’alternativa è il default.

  4. Maurizio Cocucci

    Un’ottima analisi, però personalmente sono alquanto scettico sulla effettiva efficacia di questa misura che a saldo potrà anche portare più benefici che svantaggi ma con ogni probabilità, dal mio punto di vista, ben inferiori alle attese.
    Concordo che nei primi mesi del prossimo anno la BCE dovrebbe attuare questa misura non convenzionale nonostante la strenua opposizione della componente tedesca del board e di alcuni altri, ma non penso che avverrà già a Gennaio. Credo possa avvenire verso Marzo quando si vedrà se Francia e Italia avranno fatto concreti passi avanti sul fronte delle riforme assolutamente indispensabili, altrimenti Draghi avrà pochi argomenti con cui battere la resistenza della Germania.
    Quanto alle motivazioni per le quali reputo poco efficace un QE sono praticamente quelle scritte dal secondo capoverso: “Le ragioni dell’insuccesso sono note…”. Se in banca infatti non si recano imprese che desiderano investire ma chi si trova in difficoltà non vedo perché la banca possa cambiare radicalmente posizione, magari sarà più disponibile verso chi ha un rating medio-alto (almeno B1.2), ma per chi si trovasse sotto non cambierebbe molto. L’aumento dei consumi è più legato ad una politica fiscale che monetaria.

  5. Il terzo punto mi sembra quanto meno dubbio: gli studi empirici hanno sempre trovato che l’impatto del tasso d’interesse sugli investimenti aggregati e’ nullo.

  6. Piero

    Finalmente in modo chiaro ed inequivocabile di ammette ciò che su questa rivista affermo da anni, si esce dalla situazione di crisi, solo con un poderoso QE, ma non con le parole, come ha fatto fino ad oggi Draghi, i mercati non gli permettono più di portarli in giro.
    Lo stesso Draghi ha ammesso che la Bce sta in una situazione di illegalità, non sta rispettando il suo mandato, allora faccia subito ciò che deve fare, prenda i provvedimenti con la maggioranza.
    Il QE deve essere fatto per un totale di circa 3000/4000 miliardi di euro, circa 800 miliardi annui, i titoli statali fanno acquistati sul mercato secondario, proquota la partecipazione alla Bce, si dovrà partiredalke scadenze più lunghe e non si dovranno sterilizzare gli effetti sulla liquidità.
    La misura dovrà risollevare l’inflazione è riportare il cambio sulla parità con il dollaro, sono obbiettivi della Bce ( art. 2 e 3 dello statuto).
    Naturale che durante i 3/4 anni la Bce potrà cambiare la misura se tali obbiettivi vengono raggiunti prima.
    Con tale misura le banche non avranno più i titoli statali nei loro bilanci, dovranno tornare a fare il loro mestiere, prestare i soldi alle imprese.
    Qui, purtroppo, comprendo le banche, hanno perso la fiducia nelle imprese, la crisi, essendosi propagata nell’economia reale ha fatto notevoli danni, a questo punto dovrà a mio avviso intervenire lo stato con il fondo centrale di garanzia.
    ricordo che lo stato garanti’ nel 2011 oltre 200 miliardi alke banche.

  7. Anninavip

    La BCE e il comportamento delle banche nei confronti dei propri clienti, sono spesso argomenti trattati anche al Parlamento Europeo

  8. zipperle

    Il QE con titoli di Stato dell’Area Euro potrebbe non funzionare non tanto perché l’Area Euro è banco-centrica rispetto alle realtà anglosassoni ma perché:
    1) in quelle realtà il QE di titoli di Stato è stato adottato tempestivamente , quando la recessione stava iniziando e i tassi erano ancora relativamente alti mentre l’Area Euro versa in una stagnazione pluriennale e i tassi sono già bassi da diverso tempo
    2) L’impatto sulle aspettative di inflazione e quindi sui tassi reali è tutto da vedere in una condizione di elevato sottoutilizzo delle risorse come quella in cui si trova l’Area Euro
    3) Verosimilmente ci saranno compromessi “amministrativo-burocratici” nelle modalità con cui l’eventuale QE verrebbe implementato (quali titoli di Stato di quali Paesi e in quali proporzioni, sino a quando), che potrebbero portare a soluzioni di parziale efficacia e che il mercato andrebbe subito a “testare”; per di più con l’instabilità politica greca (e forse italiana) ci saranno parecchi problemi legali sull’esposizione che la BCE prenderebbe nei confronti di Governi precari o addirittura anti-euro
    A mio avviso l’unico shock che potrebbe essere generato dalla BCE arrivati a questo stadio di cose sarebbe dato da un QE di titoli di Stato in valuta estera: l’effetto, anche solo di annuncio, sul cambio e quindi sulle aspettative di inflazione, sull’inflazione importata e sulla competitività di prezzo sarebbe dirompente.

  9. marcello

    Credo che a questo punto un QE,anche di 1000 miliardi (obiettivo di allrgamento della base monetaria) avrebbe effetti molto limitati e soprattutto difformi.Un conto è rende disponibili soldi a un’economia come quella tedesca caratterizzata da un basso livello d’investimenti, ma in crescita,seppure decimale, un conto è immettere liquidità in economie come quella italiana che hann perso olre il 10% del PIL e il 25% di capacità produttiva e dove si naviga in deflazione. La dove ha funzioato, il QE è stato avviato immediatamente, non dopo sette anni di recessione-stagnazione.In queste condizioni, dati i livelli di crescita dell’economie con cui avvengono la maggior parte degli scambi, e soprattutto la natura delle aspettative, il QE in Italia ha scarse probabilità di successo, come del resto il DEF che si basa su di un sostegno della domanda privata (consumi einvestimenti) quando la dinamica di queste grandezze è negativa nell’eurozona. Come ricordava Keynes, che sembra finalmente essere tornato di moda (a proposito che fine hanno fatto i teorici e gli apologeti dell’austerità espansiva?) quando i privati non invetono perchè le aspettative sono negative (deflazionistiche) o semplicemnte perchè sono ambiguty averse, spetta allo stato farlo, quindi solo una massiccia campagna di invetimenti pubblici può invertire il trend, aumentando la domanda aggregata. Il problema è come trovare qualche decina di miliardi senza incorrere in infrazioni, ma qui le idee non mancano!

    • Maurizio Cocucci

      “…che fine hanno fatto i teorici e gli apologeti dell’austerità espansiva?” Semplicemente non sono mai esistiti, o meglio è una definizione più giornalistica che da economisti. La cosiddetta austerità, termine peraltro usato erroneamente, non è altro che una disciplina di bilancio in quanto non si cresce indebitandosi altrimenti proprio noi italiani dovremmo avere una situazione ben diversa. Le regole europee non pongono limiti alla spesa, ma richiedono un equilibrio tra questa e le entrate, ecco perché il termine austerità lo reputo non corretto. C’è una teoria al riguardo, condivisibile o meno, che è quella del pareggio di bilancio e conosciuta con il nome del suo autore, ovvero la Teoria di Haavelmo. Inoltre non bisogna dimenticare che quando si spende più di quanto si incassa, la differenza la si deve domanda in prestito e chi è disposto a farlo richiede giustamente delle garanzie oppure pretende un costo maggiore in termini di interessi e questo è il caso che ha riguardato alcuni Paesi tra cui noi. Pertanto, per dirla chiaramente, o ti dai una regolata con il bilancio oppure i soldi non te li prestano se non a tassi sempre maggiori che ti portano prima o poi alla bancarotta. L’alternativa è finanziare i deficit con l’emissione di moneta ma le esperienze insegnano che anche questa soluzione non porta ai risultati attesi, anzi si giunge spesso alla medesima conclusione: un dissesto economico-finanziario.

      • marcello

        http://krugman.blogs.nytimes.comconsiglio di leggere questa breve nota di Krugman.
        Circa la tesi del pareggio di bilancio, che rimanda a una visione da ragionieri, se avesse un qualche fondamento e legittimità renderebbe di fatto inutile lo studio dell’economia. Le regole dei trattati sono arbitrarie e prive di ogni fondamento, 60% è meglio di 100% e chi lo dice? Se ben ricordo l’articolo di Reinhart e Rogoff con la famosa soglia è stato distrutto da uno stiìudente di PhD, o sbaglio? La storia è molto più semplice: ciò che conta è crescere e pagare gli interessi, come i cittadini elvetici sanno bene. L’Italia pur crescendo poco, in meno di dieci anni aveva ridotto il debito di oltre il 25%, ora in cinque anni di politiche di austerità è cresciut, come quello di tutti i paesi dell’eurozona, del 30%, si è in deflazione e recessione.

        • Maurizio Cocucci

          Lo studio di Reinhart e Rogoff non è stato smentito, bensì si è scoperto un errore in un passaggio di alcuni dati che probabilmente ha influito sul risultato ma non nel concetto. Può fare anche lei una semplice analisi senza la pretesa di giungere a determinare valori precisi. Prenda i dati delle economie avanzate (ad esempio dall’archivio del FMI) e su un foglio elettronico scriva i nomi delle nazioni nella prima, sulla seconda la crescita del PIL per un periodo almeno di 10 anni e nella terza la variazione del rapporto debito/PIL. Verificherà che quasi tutte le maggiori performance sono stati raggiunti da Paesi che hanno incrementato di poco tale rapporto, mentre quelli che lo hanno visto aumentare sensibilmente (noi ad esempio) sono cresciuti molto meno.

      • Piero

        Il pareggio del bilancio non dovrà essere mai messo in discussione, e’ un successo ottenuto forse grazie alla Merkell, ma la politica monetaria attuale, cone affermo da mesi e’ una politica monetaria da suicidi per i paesi meridionali e da assassini per i paesi nordici, naturale che l’arma e’ l’euro è l’unione bancaria e l’arma e’ utilizzata dalla Bce.

    • piero

      Giusto il QE andava fatto subito, con il fiscal compact che obbligava gli stati al pareggio del bilancio si doveva contemporaneamente attuare il QE, invece la Merkel con la scusa dei compiti a casa propria e l’azzardo morale ha vietato take misura alla Bce, la verità per cui non è stato fatto alla fine è venuta alla luce: la Merkell ha detto che il QE sarebbe stata una misura che avrebbe espropriato i risparmiatori tedeschi, che io aggiungo hanno fatto il bottino grazie all’euro e che oggi non vogliono restituire.

  10. Piero

    Cone era prevedibile, ancora una volta si sceglie la strada sbagliata, fare un QE raffazzonato come quello letto sui giornali sarà un’arma che non avrà nessun effetto. Obbligare i paesi che saranno oggetto di QE alla garanzia, vuole dire che tali paesi ammettono la loro debolezza, i mercati finanziari dovranno tenerne conto, mai ciò potra’ avvenire per l’italia. Si sta costruendo un QE inutile, poi non rientra nel mandato della Bce imporre ai singoli stati le garanzie nel caso di QE, la Bce deve acquistare sul secondario i titoli statali di tutti i paesi, Germania compresa, non può fare una politica monetaria di aiuto solo si paesi più deboli, sono strade già percirse che non hanno funzionato.
    Già Draghi ha detto che la Bce non sta rispettando il suo mandato con questa operazione invade anche il campo della politica europea, siamo alla pura follia.

  11. andreag

    Circa i 4 motivi addotti da Draghi per motivare il successo di un ipotetico QE, mi permetto di notare che:
    1. La crescita dei prezzi di assets finanziari è già in corso da anni, senza che questo pare abbia portato a miglioramento della situazione creditoria e di merito di credito di famiglie e imprese.Anzi, prosegue-pur a ritmo forse in decelerazione-il deleveraging bancario.E come può crescere il credito se come riconosce l’autore stesso, la domanda di credito è fiacca,e come rivela il banking monitor della banca d’italia,è spostata prevalentemente su finanziamento a medio termine del circolante(!?) e sulla ristrutturazione di quello esistente.Infine,se l’aumento del valore e delle transazioni immobiliari fosse veramente un target del QE della Bce perchè invece lo si è espressamente escluso dagli TLTRO?
    2. Beh..intanto dipenderà dalla durata del Qe:se verrà spalmato su un medio lungo termine come probabile, allora i presumibili extraprofitti per la discesa dei tassi attesi farà affluire capitali e speculazione. Ma molto dipenderà anche da come sarà diviso fra i bonds dei vari paesi EZ
    3. Continuo a pensare che in un sistema bancocentrico come quello europeo, la trasmissione degli effetti monetari al mercato del lavoro avvenga se e solo se il credito si riavviasse.Ma se già da 3 anni la creazione di base monetaria è endogena(aste full allotment, e l’idea stessa alla base degli TLTRO) e malgrado tutto il credito non riparte,vorrà dire qualcosa?
    4. Vale ragionamento del punto 1

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén