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Presi all’amo dalle leggi

In Florida una norma pensata per gravi reati finanziari finisce per essere contestata a un pescatore che ha catturato cernie troppo piccole. Il caso fa sorridere, ma solleva un problema più generale: i rischi insiti in leggi dai confini incerti, sanzioni eccessive e discrezionalità nelle accuse.
IL CASO DELLE CERNIE DELLA FLORIDA
Alcune settimane fa la Corte Suprema americana ha discusso un caso tragicomico. John Yates, un pescatore della Florida, era stato fermato a bordo della propria imbarcazione nelle acque del Golfo del Messico dalla guardia costiera. I funzionari federali trovarono, nel pescato della giornata, una settantina di cernie inferiori alla dimensione minima consentita, circa 60 centimetri. Contestata la violazione, ingiunsero al capitano della barca di trasportare i pesci incriminati in porto e consegnarli alle autorità. Tuttavia, secondo l’accusa, Yates ordinò ai suoi marinai di gettare in mare alcune delle piccole cernie, sostituendole con altre di dimensioni regolari. Informato della vicenda, il pubblico ministero incriminò Yates di un grave reato federale, ossia la violazione della sezione 1519 del Sarbanes-Oxley Act, che sanziona la distruzione o l’occultamento di documenti e oggetti con l’intenzione di ostacolare un’indagine federale.  Il Sarbanes-Oxley Act è stato emanato nel 2002 in risposta a celebri scandali finanziari, in particolare Enron e, infatti,  anche la previsione contestata al pescatore della Florida, una delle numerose disposizioni previste da quella legge, è stata introdotta avendo in mente la massiccia distruzione di documenti contabili messa in atto dai manager e revisori di Enron. Il diritto, se non interpretato con ragionevolezza, può però giocare strani scherzi e la norma pensata per preservare prove documentali in vicende societarie, se presa alla lettera finisce per essere applicata anche alla distruzione delle cernie del signor Yates. I giudici della Corte Suprema non hanno mostrato molta simpatia per il pubblico ministero che ha istruito il caso-cernie. Il giudice Scalia ha domandato che senso avesse un’accusa del genere, che può condurre a pesanti pene detentive, e il giudice Kennedy ha suggerito, provocatoriamente, di ribattezzare la norma “legge Sarbanes-Oxley delle cernie”. Persino lo stesso deputato Michael G. Oxley, “padre” della legge che porta il suo nome, ha depositato una memoria affermando che il provvedimento deve essere limitato a documenti che registrano informazioni.
I RISCHI DELL’INCERTEZZA DEL DIRITTO
È verosimile che la Corte scagionerà Yates, ma il caso non ha solo una dimensione paradossale e solleva un problema più generale e più serio. Quante volte norme scritte in modo vago, o troppo ampio, nelle mani di autorità (troppo) zelanti, si possono trasformare in costi e rischi eccessivi e iniqui per operatori e cittadini? Nell’estate del 2014 il settimanale The Economist ha pubblicato un ampio servizio sui rischi di un apparato sanzionatorio non tassativo, in particolare quando – come accade in America – le autorità di controllo possono giungere ad accordi transattivi e non pubblici con i soggetti accusati di una violazione. Sono accordi spesso raggiunti sotto la più o meno esplicita “minaccia” di accuse più severe e non del tutto privi di conflitti di interesse, quantomeno considerato che la carriera o il prestigio dei preposti all’applicazione della legge dipende anche dalle sanzioni irrogate, soprattutto quando le autorità di controllo incamerano, almeno in parte, le sanzioni pecuniarie che esse stesse impongono. In questa prospettiva, il Sarbanes-Oxley, proprio per l’ampiezza delle sue previsioni e la severità delle pene previste, rappresenta uno strumento robusto, ma anche discusso, che secondo alcuni studiosi ha allontanato diverse società dalla quotazione.
Il problema si pone anche in Italia e in Europa. Con la sentenza Grande Stevens, della quale molto si discute in questi mesi, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sostanzialmente vietato la possibilità di cumulare, per le stesse condotte, sanzioni pecuniarie amministrative particolarmente pesanti e sanzioni penali, come era frequente nei casi di abusi di mercato. Anche la disciplina italiana delle operazioni con parti correlate, per fare un solo esempio, presenta delicati problemi di definizione di concetti sfuggenti, quali quello di correttezza sostanziale, che possono generare gravi incertezze negli operatori e ampliare eccessivamente l’area di quella che negli Stati Uniti viene chiamata “prosecutorial discretion”. Un rigoroso impianto sanzionatorio è essenziale per la tutela degli investitori e un giusto livello di enforcement, sia pubblico che privato, è fondamentale. Siamo indubbiamente a favore della protezione degli investitori (e delle piccole cernie). Tuttavia, non possiamo dimenticare il valore fondamentale della certezza del diritto: norme dai confini incerti, sanzioni eccessive e discrezionalità nelle accuse possono essere dannose per i mercati finanziari (come per l’ecosistema marino).

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  1. Paolo Pasqualis

    Ecco un bell’esempio freschissimo (proposta Consiglio dei Min. 24.12.2014):
    Nella legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni, dopo l’articolo 10 è inserito il seguente:
    “ART. 10-bis
    (Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale)
    1. Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali e indipendentemente dalle intenzioni del contribuente, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
    2. Ai fini del comma 1 si considerano:
    a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;
    b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.
    [. . . ]

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