L’attività di ricerca finanziaria offre informazioni utili alla trasparenza del mercato. Ma regole europee troppo rigide ne rendono difficile la remunerazione. Un errore da correggere, permettendo un adeguato compenso per chi produce le analisi.
Autore: Marco Ventoruzzo Pagina 1 di 4
Marco Ventoruzzo è professore ordinario di diritto commerciale all'Università Bocconi, dove in passato ha diretto il PhD in Diritto dell'impresa e il Dipartimento di Studi Giuridici; attualmente è Area Director Law della SDA Bocconi. Per molti anni è stato Full Professor of Law presso la Pennsylvania State University Law School. E' membro scientifico del Max Planck Institute on Financial Markets di Lussemburgo, dopo essere stato Direttore fondatore di tale Istituto, ed è Research Associate dello European Corporate Governance Institute dal 2009. Oltre che negli Stati Uniti e in Italia, ha insegnato in qualita' di visiting professor, tra le altre, in importanti università e facoltà di giurisprudenza in Cina, Germania, India, Cile, Spagna, Turchia, Giappone, Rwanda e Brasile. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche in materia di società e intermediazione finanziaria, è membro dei comitati di direzione o redazione di diverse riviste scientifiche, tra cui Oxford Journal of Financial Regulation, European Company and Financial Law Review, Rivista delle società e Banca Impresa Società, ed è socio di uno studio legale. Dal giugno 2022 è Presidente della Associazione Intermediari Mercati Finanziari.
Negli ultimi anni, molte discipline sociali hanno fatto sempre più ricorso ad approcci delle scienze sperimentali. Il rischio è di dare più importanza al metodo che al merito, mettendo in secondo piano la rilevanza o l’originalità dell’idea di fondo.
Molte società per azioni, quotate e non, prevedono la presenza in Cda di rappresentanti della minoranza degli azionisti, ma solo raramente è previsto uno spazio per i lavoratori, sul modello tedesco. È arrivato il momento di aprirsi a questa ipotesi?
Una decisione della Cassazione interviene nel lungo dibattito sulla impugnazione delle delibere assembleari di società. E tocca un problema centrale del diritto: il rapporto tra lettera della legge, certezza del diritto ed esigenze di giustizia sostanziali.
Introdotto per tutelare difesa, sicurezza nazionale e poche altre attività strategiche, oggi il golden power si estende fino alle acquisizioni infra-europee, complice anche la pandemia. Rivedere la norma perché torni a essere uno strumento eccezionale.
Nel 1895 lo stato di New York varò una serie di regole sanitarie e di orario di lavoro per le panetterie. Un piccolo imprenditore si oppose arrivando fino alla Corte suprema, dove vinse. Il vecchio caso ci ricorda che la legge non è quasi mai neutrale.
Le imprese devono certo perseguire condotte virtuose e responsabili, ma con regole chiare e precise. Invece la proposta di direttiva europea sulla responsabilità d’impresa dimostra poca conoscenza del diritto e un atteggiamento populista e superficiale.
Sempre più spesso l’Opa è utilizzata in Italia per abbandonare la quotazione, riguarda grandi imprese ed è spesso associata a un cambio di controllo societario. Tutto ciò ha riflessi sulla struttura e la dimensione del nostro mercato dei capitali.
La morale della vicenda GameStop non è impedire a qualcuno di esprimere opinioni sui social o vietare il trading online di investitori non professionali. Ma il fenomeno pone rischi seri. E va monitorato, a tutela di chi non ha strumenti per difendersi.
La vicenda GameStop mostra come tecnologia e aspirazioni sociali e politiche rendano oggi possibile un nuovo e concreto livello di ingerenza sulle sorti delle imprese e dei mercati. E solleva serie domande su chi governa questi fenomeni: social e app.