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Cronache digitali: partita a scacchi per la fibra

Dopo la pubblicazione del piano del governo per lo sviluppo della banda ultralarga si sono succedute mosse degli operatori privati e pubblici, in un panorama difficile da decifrare. Il rischio è di impegnare risorse pubbliche e operatori privati in un’opzione troppo costosa. Il ruolo di Telecom
Pregi e difetti del piano del governo
Il governo  ha recentemente pubblicato la versione definitiva del piano di sviluppo, facendo seguito alla bozza circolata per la discussione prima di Natale. La nuova versione modifica pochi elementi rispetto al documento iniziale, e ne condivide quindi pregi e difetti. Tra i pregi, l’indicare in modo forte una priorità nello sviluppo infrastrutturale, mobilitando risorse pubbliche, disegnando un intervento articolato a seconda delle aree del paese e del diverso grado di sviluppo della domanda di servizi a banda larga, ponendo in un ruolo di coordinamento l’operatore pubblico. Tra i difetti, tuttavia, il fatto di indicare, tra le molte soluzioni tecniche che permettono di veicolare servizi a banda larga, quella dello sviluppo di reti in fibra fino agli immobili (Fiber to the building – Fttb), irrigidendo l’insieme delle opzioni senza una adeguata valutazione dei costi connessi con questa soluzione. Nonostante le dichiarazione del governo sulla scelta di rispettare la neutralità tecnologica, infatti, questo aspetto cruciale permane.  Il rischio è quello di impegnare risorse pubbliche e operatori privati in una opzione (“future proof”) troppo costosa per l’attuale sviluppo della domanda, con la conseguenza che le risorse vengano ancora di più concentrate sulle aree forti lasciando scoperte fasce di popolazione rilevanti. Facendo un paragone,  è come se una famiglia che si attende di avere quattro figli compri un minivan dopo la nascita del primogenito, trovandosi poi in difficoltà nell’affrontare le altre spese che la crescita di un figlio comporta. E rischiando che, con l’arrivo del quarto, il veicolo di proprietà non sia più la soluzione migliore disponibile sul mercato.
I potenziali investitori
In questa discussione va tenuto presente che privilegiare una opzione tecnica sulle altre ha implicazioni non solo sui costi di realizzazione, ma anche sui soggetti che alla fine si faranno promotori degli investimenti. La soluzione Fttb, ad esempio, è quella che Metroweb, controllata da Cassa depositi e prestiti,  ha privilegiato nei propri piani industriali. Salvo abbandonare, in anni recenti, questi investimenti di fronte alla scelta degli operatori privati, Telecom Italia, Fastweb e, nei piani annunciati, Vodafone, di sviluppare una rete in fibra meno “profonda”, che raggiungesse le cabine di strada (Fiber to the cabinet – Fttcab) per utilizzare poi l’ultimo tratto in rame della rete Telecom per raggiungere le abitazioni degli utenti. Abbiamo illustrato come questa soluzione potrebbe garantire, per le caratteristiche della rete italiana, performance elevate, prossime ai 100Mbps indicati dal governo, in aree dove risiede metà della popolazione italiana, senza i più gravosi investimenti richiesti per raggiungere con la fibra le abitazioni. La discussione Fttb-Fttcab, quindi, investe anche il ruolo che Metroweb o i privati potranno avere nello sviluppo della rete: la prevalenza dell’opzione Fttb porterebbe i privati che hanno già investito nella soluzione alternativa a rivedere i propri piani.
L’Autorità antitrust si è a sua volta espressa sul documento del governo, esprimendo una propria preferenza per la creazione di una società che raccolga tutti gli attori pubblici e privati e che realizzi la rete ultra-larga. Ma anche questa opzione, evidentemente, è spendibile nella misura in cui lo sviluppo che si immagina prevede di costruire una infrastruttura alternativa a quella in rame oggi esistente, che possa quindi veicolare i servizi a banda larga indipendentemente dalla rete tradizionale. In altri termini, la “nuova società della rete” ha un senso se la rete che sviluppa è indipendente da quella oggi esistente, di proprietà di Telecom Italia, portando la fibra fino alle case o agli appartamenti (Fiber to the home – Ftth).  Molto più complesso appare immaginare il coordinamento tra questa “nuova società di rete” e l’operatore dominante se si optasse per soluzioni meno profonde, come quella di portare la fibra alle cabine.
Il ruolo di Telecom
Infine, negli ultimi giorni Telecom Italia ha annunciato di voler sviluppare “con risorse proprie” la rete in fibra fino alle case in una quarantina di città, con una forte accelerazione rispetto a quanto previsto in precedenza. I commentatori più attenti hanno subito notato come il riferimento a “risorse proprie” abbia implicazioni importanti rispetto alla possibilità di utilizzare finanziamenti pubblici, diretti o indiretti, per sostenere gli investimenti privati. Se un operatore dichiara di investire senza necessità di un contributo pubblico, i finanziamenti previsti dal governo in quella stessa area incorrerebbero immediatamente in una infrazione al divieto di aiuti di stato. E gli altri operatori privati che volessero realizzare investimenti nella banda larga in quelle aree dovrebbero farlo, a loro volta, con risorse proprie.
Insomma, una partita a scacchi difficile da decifrare dove tuttavia l’impressione che se ne ricava è che l’attenzione sia prevalentemente dedicata a chi, tra pubblico e privato, dovrà svolgere un ruolo di guida al processo, piuttosto che concentrarsi sul disegno di un quadro che massimizzi le opportunità d’intervento sia del pubblico sia del privato, lasciando al primo il compito prioritario di coprire le aree dove gli incentivi privati non sono adeguati, e facilitando invece il ruolo dei secondi nelle aree centrali del paese.
L’articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it

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  1. Michele Arslan

    Mi spiace ma sono completamente in disaccordo con questo contributo. Primo: è vero che FTTB è più costoso, ma di che ordini di grandezza stiamo parlando? Una manciata di miliardi, noccioline nel contesto delle spese infrastrutturali italiane, per dotare l’Italia di un’infrastruttura digitale all’altezza dell’evoluzione della domanda (i 100mb – peraltro solo in download – del FTTC/vectoring nel 2025 probabilmente saranno pochi). Secondo: la scelta di una tecnologia non è paragonabile a quella di una macchina, che può essere facilmente sostituita: avrà delle ricadute irreversibili nel breve periodo sulla struttura del mercato. Terzo: cito testualmente Gianfranco Giardina del magazine DDay.it “Basta avere un po’ di memoria: quando venne sospeso il progetto Socrate da parte di Telecom Italia, che quasi vent’anni fa doveva portare la fibra in mezza Italia, si disse che la fibra era superata, che non ce n’era più bisogno perché si erano rese disponibili le nuove tecnologie xDSL. Non vorremo tra 15 anni dover ricordare allo stesso modo quando ci raccontarono, nel lontano 2015, che con FTTC avremmo avuto prestazioni incredibili grazie al “vectoring” e a nuove stupefacenti tecnologie che si appoggiano – ancora – al doppino di rame”. Quarto: il FTTC consente la coesistenza di un numero limitato di operatori (tre, massimo quattro), alla faccia della libera concorrenza.

  2. Pif

    Premesso che in merito alle reti di Telecomunicazioni gli errori/orrori di politica industriale sono stati fin troppi a partire dalla bruttissima privatizzazione che alla fine si è rilevata molto piu costosa dei vantaggi che ne abbiamo ricavato come cittadini e sopratutto non si è tenuto alcun conto della strategicità delle TLC, cosa che atri paesi non hanno fatto e sopratutto in un modo cosi sballato. Adesso dopo aver fatto il pasticcio è giusto porsi il problema dello sviluppo della rete ma è anche più complessa la soluzione, sono perfettamente d’accordo che a questo punto il ruolo dello Stato dovrebbe essere di sopperire solo ai fallimenti di “mercato”.

  3. Michele Arslan

    Nel momento in cui Telecom Italia fa di tutto per impedire lo sviluppo di una rete aperta, privilegiando invece soluzioni sub-ottimali basate sulla rete in rame, attraverso il cui controllo essa può peraltro distorcere facilmente la competizione, a me sembra chiaro che ci sia un problema. Non so se vogliamo chiamarlo fallimento del mercato.

  4. Daniele Crotti

    Sostenendo sinergie legate alla sostituzione dei contatori e alla diffusione di funzionalità per la gestione innovativa della rete distributiva, Enel ha (più o meno formalmente) annunciato il proprio ingresso nella complessa strategia nazionale di copertura del Paese con connessioni a banda larga, in particolare mediante la posa di reti in fibra (tecnologia di tipo FTTx). In termini di impatto sul mercato dei servizi finali (telefonia, internet), tale ingresso non sembra di fatto dover preoccupare Telecom Italia: se confinato al mercato del solo accesso alla rete (cosiddetto wholesale), l’esempio della olandese Reggefiber parla di redditività ridotta, seppur nella ricca Amsterdam. Fino a che la posa della fibra non si accompagna all’integrazione di contenuti digitali, il dominio (retail) di Telecom Italia non appare effettivamente scalfibile. Se invece, senza gratuite dietrologie, si ipotizzasse un credibile tentativo di “mettere pressione” a Telecom Italia perchè i suoi annunciati investimenti siano velocizzati (con o senza una domanda omogenea nel Paese), allora forse l’ingresso di Enel potrebbe essere un chiaro mezzo per indicare che qualcosa si sta muovendo nel settore telecom in Italia. In fondo, le concentrazioni in quel settore sono avvenute quasi ovunque, Italia esclusa.

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