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Prestito vitalizio ipotecario: perché lo chiedono in pochi

Torna il prestito vitalizio ipotecario. Permette a proprietari anziani di ricevere un finanziamento garantito da un’ipoteca di primo grado sulla loro abitazione. Lo strumento dovrebbe rilanciare la domanda interna. Ma il prestito ha condizioni onerose ed è conveniente solo per pochi.
Caratteristiche e finalità del Pvi
Il 6 maggio, con l’entrata in vigore della legge 44/2015, ha preso il via il tentativo di rilancio del prestito vitalizio ipotecario, a dieci anni dalla sua introduzione (legge 203/2005). La nuova normativa non interviene sulle condizioni economiche del finanziamento. Vi è il rischio che non centri i suoi obiettivi.
Il Pvi è un prodotto finanziario che permette al proprietario, che abbia almeno 60 anni di età, di rendere liquida una parte del valore della sua abitazione, continuando a viverci e a esserne proprietario. Il finanziamento concesso da una banca è garantito da un’ipoteca di primo grado sull’abitazione. Normalmente, l’estinzione del debito (capitale+interessi+spese) avviene con la vendita della casa ipotecata, alla morte del beneficiario del Pvi o mentre è ancora in vita. I suoi eredi ricevono l’eventuale differenza tra il prezzo di vendita della casa e la cifra dovuta alla banca. In ogni caso, qualunque sia l’ammontare del credito maturato, la banca non può pretendere una cifra superiore a quel prezzo né dal beneficiario né dai suoi eredi. L’importo da restituire alla banca cresce nel tempo con una certa velocità, poiché al finanziamento non si applica il divieto dell’anatocismo e, pertanto, interessi e spese sono capitalizzate ogni anno.
Con la normativa sul Pvi si possono perseguire finalità convergenti. La prima è di carattere macroeconomico. Come si tenta di fare con altri provvedimenti (piano casa del governo Berlusconi, con la concessione di diritti edificatori aggiuntivi su ampliamenti e ristrutturazioni edilizie; anticipazione del trattamento di fine rapporto per i lavoratori dipendenti), anche con il Pvi si spera di compensare l’indebolimento della domanda alimentata dalla spesa pubblica con quella privata di beni e servizi, finanziata con il prestito bancario.
L’obiettivo più diretto perseguito con il Pvi è soddisfare il fabbisogno “una tantum” di danaro: per esempio, per far fronte a spese di ristrutturazione straordinaria della stessa abitazione o per aiutare un figlio ad acquistarne una. Il finanziamento può essere impiegato anche per non ridurre troppo il proprio livello di benessere a seguito di una diminuzione del reddito dovuto al pensionamento o all’inasprimento delle condizioni di accesso ai servizi e alle prestazioni pubbliche.
Convenienza e prospettive
Se le nuove regole avranno più successo di quelle iniziali, dipende, essenzialmente, dalle condizioni di offerta del prodotto. Ogni banca stabilisce le sue: soprattutto il tasso d’interesse da applicare per calcolare il debito da saldare con la vendita dell’abitazione e la griglia del rapporto finanziamenti/valore dell’immobile per età del beneficiario del prestito. Sono le due principali variabili in base alle quali gli istituti di credito possono competere tra di loro. È presto, però, per dire se la competizione ci sarà, o se le banche continueranno a ritenere poco appetibile questo segmento del mercato.
Naturalmente, quanto più il Pvi è conveniente per la banca tanto meno lo è per chi riceve il finanziamento. Dato il valore dell’abitazione, l’importo del finanziamento cresce con l’età del beneficiario e si riduce con l’aumento del tasso d’interesse applicato su di esso.
Dall’esame del foglio informativo dell’unico prodotto offerto, per ora, dal mercato (Prestisenior di Mps), il Pvi risulta molto oneroso e poco efficace, salvo che il beneficiario non abbia un’età molto avanzata. Un proprietario di 70 anni (età minima richiesta da questa banca) può ottenere il 16 per cento del valore della propria abitazione, cioè una quota relativamente modesta (si raddoppia se l’età è di 80 anni); dopo dieci anni occorre restituire il 170 per cento della cifra ricevuta e dopo venti il 300 per cento: è l’effetto della capitalizzazione degli interessi e delle spese. Nel caso specifico, al prestito viene applicato un tasso annuo nominale del 7,01 per cento (ottenuto applicando all’Irs a trenta anni del periodo considerato uno spread del 4,8 per cento), con spese di istruttoria e varie sui mille euro.
Non dissimili sono le condizioni riportate nei fogli informativi di prodotti offerti in passato da altre banche. I tassi di interesse dei Pvi sono molto al di sopra, anche più del doppio, di quelli applicati ai normali mutui ipotecari. L’elevato costo è, verosimilmente, attribuibile a due ragioni: all’incertezza sul valore dell’abitazione al momento della vendita dopo molti anni e agli oneri, finanziari e gestionali, che la banca dovrà sostenere per la stessa vendita.
Il relativamente modesto importo del prestito, rispetto al valore dell’abitazione, e la sua trasformazione in un consistente debito possono costituire un indicatore, seppure grezzo, della sua contenuta efficacia. Oltre a ogni altra considerazione, ciò continuerà probabilmente a rendere questo prodotto finanziario poco attraente per gli anziani proprietari di case. Vi ricorreranno principalmente coloro che, data la loro età avanzata, possono ricevere somme di una certa consistenza (sempre rapportate ai valori delle abitazioni) e quelli che si trovano in uno stato di forte necessità, al quale non possono far fronte in modo diverso.
I confini del mercato diventano, allora, molto ristretti. Di conseguenza, anche il sostegno che il Pvi può dare alla domanda privata, e quindi all’economia, diventa trascurabile.

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  1. Perchè una persona sana di mente dovrebbe ricorrere a un prestito ipotecario vitalizio con un tasso d’interesse al 7% che in genere eroga il 20% del valore dell’immobile, a cui si applica il calcolo dell’interesse sull’interesse (anatocismo) e che ha un costo che raggiunge quanto anticipato in pochi anni e che si conclude con la vendita dal bene da parte della banca? Se proprio si deve rinuncare alla casa, allora meglio la nuda proprietà.

  2. Giuseppe Bonomi e Pietro Locatelli

    Ecco un commento preciso e giustamente critico sul PVI. Da esperti del settore, avendo studiato il tema e progettato un tipo di PVI che riteniamo adatto al quadro socio-economico italiano che ovvia ai punti deboli della norma ora in vigore, condividiamo la sintesi fatta: lo spread applicabile deve essere coerente con il limitato livello di rischio del PVI, consentendo tassi decisamente inferiori a quelli dei mutui. Diverso è il discorso relativo al “loan to value”: l’abbassamento del limite d’età per allargare il mercato è un grave errore che apre il PVI ad una fascia di età che sosterrebbe i consumi, con beneficio per il PIL ma con l’effetto perverso di bruciare in poco tempo la riserva, trovandosi a 70 anni senza più nessuna risorsa emergenziale. Si ignora invece il fatto che il PVI deve essere la rendita certa che consente ai settantenni di trascorrere gli ultimi anni senza preoccupazioni. I calcoli di Lungarella basati sul vecchio Prestisenior purtroppo non sono tanto distanti dalla realtà: l’LTV salirà certamente da un ridicolo 16% al 40% circa, ma la realtà è che le le principali banche italiane che abbiamo sondato non hanno intenzione di portare tale limite ai livelli coerenti al limitato rischio-prodotto. L’errore della nuova norma pertanto è quello di forzare il PVI verso una platea troppo ampia, fidandosi troppo dell’effettivo supporto delle banche, per le quali esso ha il grave vizio di essere “credito fondiario” che troppe ferite ha lasciato recentemente!

    • raffaele lungarella

      grazie per il commento.
      potreste indicarmi dove trovo il vostro progetto?

      • Giuseppe Bonomi e Pietro Locatelli

        Caro Lungarella, in effetti non abbiamo reso pubblico il nostro progetto avendo provato a proporlo alle maggiori banche italiane (e non solo): i presupposti sono pochi e semplici, e una volta esplicitati, se condivisi diventa elementare sviluppare il modello sottostante. E’ proprio dialogando con le banche che abbiamo toccato l’evidente disinteresse a sviluppare un prodotto finanziario sostanzialmente “povero”, e che in teoria potrebbe appesantire il portafoglio crediti (dimenticando che si tratterebbe esattamente di un pacchetto di perfetti performing loans…): non è questo il tipo di cliente che le banche cercano.
        Se desidera approfondire l’argomento scriviamoci (o vediamoci), la mia email è quella fornita alla redazione. GB

  3. Henri Schmit

    Tempo fa ho vissuto per 3 anni in CH; per chi compra una casa, con la banca si può finanziare fino all’80% (almeno il 50%) del valore di mercato con un prestito ipotecario di primo rango, SENZA AMMORTAMENTO, a condizione che il reddito permetta di sostenere i costi immobiliari (manutenzione e riserva per interventi straordinari) e finanziari (interessi passivi estremamente bassi, il CHF è valuta senza inflazione, il mercato immobiliare meno volatile, più sicurezza sistemica = giuridica, e oggi il tasso è del 1,62% fisso su 10 anni; poi si rifissa). Il costo annuo complessivo non deve superare il 33%, meglio il 25% del reddito. Se la situazione economica cambia, non fa niente fin quando si riesce a pagare; se non si paga più la banca vende; si vende facilmente, il mercato è liquido, i costi di transazione NON sono ESORBITANTI e dissuasivi. Chi vuole finanziare oltre l’80% del valore del bene, deve chiedere un prestito ipotecario di secondo rango, a condizioni più onerose, ammortizzabile in 15 anni e comunque non oltre una certa età (60/65 anni). Nessuna banca accetterebbe di finanziare l’immobile (tutti gli immobili del cliente) oltre il 33% o 25% del reddito. In Svizzera gli immobili, le abitazioni, sono beni normali, necessari, ma è indifferente se in affitto o di proprietà; la proprietà costa (tasse), ma le transazioni costano poco. In caso di inadempienza, l’unico esito è la liquidazione, rapida e a valori di mercato. Perché non ispirarsi a questo modello, il contrario del PVI?

  4. CLAUDIO

    Ma perché si parla della nuova legge in vigore dal 6 maggio 2015 utilizzando il Prestisenior MPS con vecchie condizioni e modalità esose. Le nuove norme di legge cambiano le vecchie condizioni ( es. la non capitalizzazione annuale degli interessi che si possono liquidare annualmente – tassi di mercato ecc.) Perché le banche non applicano quanto indicato dalla legge? Se il prodotto non è conveniente x le banche perché i legislatori hanno perso tempo e nostro denaro per niente?

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