Fusione in vista per le due società che gestiscono i più importanti scali lombardi: Malpensa, Linate e Orio al Serio. Si creerà così una posizione dominante, a scapito della concorrenza, che dovrebbe richiamare l’attenzione dell’Antitrust. Il conflitto di interesse dei due comuni interessati.
Tre aeroporti in società
La scorsa settimana è stato svelato il progetto di fusione societaria tra i due aeroporti milanesi (Linate e Malpensa) della società Sea (54,8 per cento del comune di Milano e 44,5 per cento del fondo F2i, anche attraverso la controllata 2i Aeroporti spa) e l’aeroporto di Bergamo Orio al Serio della società mista Sacbo, di cui la stessa Sea detiene una quota. Nascerebbe così una nuova società che gestirebbe tutti gli aeroporti lombardi tranne Brescia Montichiari (specializzato nel cargo aereo, controllato dalla società Aeroporto Valerio Catullo di Verona).
Chi trarrà benefici dalla prospettata fusione? I giornali parlano di un aumento del valore complessivo delle due società, una volta fuse, di circa il 20 per cento. Il che indicherebbe una accresciuta profittabilità futura attesa dalle economie di scala (si parla, un po’ genericamente, di “sinergie”). Infatti, nella richiesta di analisi economico-finanziaria del progetto di fusione affidata all’università di Bergamo (dove esistono ottime competenze in materia) non c’è traccia d’altro se non la valutazione dei vantaggi per le due società. Certo, non si può chiedere alle due società interessate di provare che la fusione accrescerà il benessere collettivo – perché quelle “sinergie” andranno a beneficiare le compagnie aeree e i consumatori grazie a prezzi più bassi e servizi più efficienti – e non si esaurirà nel rigonfiamento degli extra-profitti del gestore. Rigonfiamento dovuto alla posizione dominante che si verrà a creare a seguito della fusione in Lombardia. Perché – va detto una volta per tutte – la concorrenza tra aeroporti (salvo che per i voli intercontinentali) riguarda territori limitati. Dopotutto, se uno deve andare da Oslo a Milano, vuole atterrare al massimo a 50-60 chilometri dalla città: Roma Fiumicino, Zurigo o Berlino non sono scelte alternative. Insomma, a differenza del caso dei porti, la sempre ripetuta questione della concorrenza con gli aeroporti esteri è, con l’eccezione detta, poco rilevante (fa il paio con la storia dei “campioni nazionali” e con quella della competitività dei paesi).
Conflitto di interessi per i due comuni coinvolti
Certamente, la nascita di una posizione dominante assoluta negli aeroporti lombardi farà rizzare le antenne dell’Antitrust e, forse, quelle dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Esistono anche vincoli che i regolatori possono imporre per dare il via libera alle fusioni: per esempio, limiti più severi di quelli vigenti per gli altri aeroporti italiani agli aumenti dei prezzi di tutti i servizi (sia lato terra che lato aria), limiti che coinvolgano per un periodo non breve anche i servizi attualmente a prezzo libero, e così via.
Ma altrettanto certamente emerge un vistoso conflitto di interessi, di cui sembra esserci scarsa coscienza in Italia: i proprietari delle due società sono prevalentemente pubblici. Hanno un ovvio interesse a massimizzare la redditività delle loro imprese, magari per ricavare il massimo in conto capitale da una eventuale cessione del controllo. Ma – come s’è detto – la redditività in questo caso può coincidere con rendite monopolistiche a danno degli utenti, in parte cospicua cittadini residenti nelle aree amministrate dagli enti locali proprietari. E poi ci sono i non residenti.
L’esempio di Londra
La storia dei quattro aeroporti di Londra è esemplare. Furono privatizzati molti anni fa in blocco, proprio per capitalizzare sul valore monopolistico che avevano. Ma dopo qualche tempo, il governo verificò che la insufficiente concorrenza che si facevano tra loro danneggiava gli utenti, e costrinsero la proprietà a venderne due. Probabilmente un brutto tiro per gli investitori, ma fu giudicato allora dominante l’interesse degli utenti (inglesi e di tutto il mondo).
Non sarebbe auspicabile imparare dagli errori altrui e dall’altrui capacità di correggerli? E quindi, senza passare per una fusione rischiosa (sotto il profilo concorrenziale), Sea ceda al migliore offerente privato uno dei due aeroporti (Malpensa, presumibilmente, vista la distanza da Milano e quindi il minor interesse “politico” dell’azionista comune di Milano), in modo che quei tre aeroporti lombardi si facciano una sana “guerra” concorrenziale, a colpi di buoni servizi, basse tariffe e capacità di attrarre le compagnie aeree più dinamiche e competitive. I lombardi, gli italiani, i turisti stranieri, la business community internazionale non starebbero meglio? E anche da un punto di vista strettamente economico, il pungolo competitivo potrebbe portare nel tempo a una maggior valorizzazione dei capitali investiti. Possiamo aspettarci che (almeno) il comune di Milano e quello di Bergamo ci facciano un pensierino?
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Virginio Zaffaroni
Trovo molto convincente la proposta di mettere in concorrenza i tre aeroporti attraverso la cessione a terzi di Malpensa e la rinuncia alla fusione tra i tre.Mi chiedo solo se Malpensa, che, per quel che capisco è sovradimensionato e fuori mano, possa in un regime di concorrenza con gli altri due porre a frutto le sue potenziali economie di scala e non invece vivacchiare in uno squilibrio permanente. Si dirà darwinianamente che il successo o la sopravvivenza li deciderà il mercato. Giusto. Ma Malpensa non è un negozio di vicinato a basso impatto su economia e società.
Avverto poi negli autori un tireminnanz a proposito delle “generiche sinergie” annunciate dalla fusione. Mi piacerebbe che gli autori con la consueta chiarezza riprendano in futura occasione questo punto specifico, perché a me, avendo in mente i tre termini distinti di economie di scala, economie di scopo e sinergie (di cui, mi pare, i primi due sono termini di specie e il terzo è genus), incuriosisce capire quali tra gli stessi e in che modo si applicano alla fusione societaria dei tre aeroporti.
Andrea Salanti
Solo un paio di osservazioni ad una prima lettura: 1) l’esempio di Oslo vale per tratte europee, ma se si parla di intercontinentale non si può negare che Malpensa è in competizione con gli altri hub europei; 2) attualmente a Orio la prima compagnia è Ryanair con circa l’80% del traffico, a Malpensa è easyJet, sia pure con una quota di traffico molto inferiore. Va bene preoccuparsi di salvaguardare la concorrenza, ma se – per far questo – si finisse per concedere un potere di monopsonio a qualche vettore, per di più low-cost (con tutto quello che questo comporta), forse occorrerebbe qualche riflessione ulteriore.
bob
..un famoso “clan politico” ( non partito) aveva proposta per beceri e vergognosi tornaconto elettorali di fare areoporti da Milano a Trieste passando per BG-BS- VR-VI- TV- VE. Possiamo ipotizzare qualsiasi scenario e progetto ma se non discutiamo di queste vergognose proposte non andiamo da nessuna parte. L’ areoporto per Milano doveva essere posta a Sud della città dove avrebbe pescato sul bacino emiliano e avrebbe evitato di creare un obrobrio dove il biglietto del taxi in alcuni casi costa il doppio di quello dell’areo. Non ha senso avere un aeroporto a Verona avrebbe senso avere invece un metro di superficie che copre in 40 minuti la tratta con Venezia ( come gli aeroporti a Londra). Piccoli uomini mediocri progetti…ma ci penserà l’economia del 2+2=4 a sistemare tutto e a realizzare il piamo areoporti