Se le condizioni della giustizia civile sono un ostacolo agli investimenti stranieri in Italia, l’arbitrato può essere una soluzione. Necessario però riformare alcuni punti cruciali delle norme in vigore, ispirandosi alla legge modello predisposta dall’Uncitral. Il caso dei contratti pubblici.
Una legge modello come ispirazione
Lo stato della giustizia italiana è tra le ragioni più indicate dagli investitori stranieri a sostegno della loro scelta di non investire in Italia. Lo dimostra una volta di più l’indicatore Enforcing Contracts di Doing Business 2015: calcolato su un totale di 189 paesi, vede l’Italia in una posizione infima. Di qui l’urgenza di individuare le riforme più idonee sia per migliorare le condizioni della giustizia civile, sia per favorire forme alternative, in particolare l’arbitrato (il ricorso al giudizio di uno o più soggetti terzi – gli arbitri – per risolvere controversie civili).
In vista di questo obiettivo, il governo ha promosso un tavolo di lavoro per valutare le priorità tra le riforme che possano favorire gli investimenti stranieri in Italia e, nello stesso tempo, si sono create occasioni di confronto tra le amministrazioni tecniche e il settore privato.
L’arbitrato rappresenta uno strumento per la soluzione delle controversie spesso più rapido ed efficace della giustizia ordinaria, soprattutto nei rapporti internazionali, e merita di essere incentivato anche perché consente di ridurre il carico di lavoro delle corti italiane oberate di arretrati.
Negli ultimi decenni l’Italia è intervenuta diverse volte sulla disciplina dell’arbitrato (1983, 1994, 2006). Ma sebbene l’attuale normativa sia sostanzialmente in linea con le migliori pratiche internazionali, restano alcuni importanti profili da migliorare. Per farlo si potrebbe trarre utile ispirazione dalla legge modello Uncitral (United Nations Commission on International Trade Law, la Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale). Si tratterebbe di riforme facili e immediatamente realizzabili, considerato il contesto uniforme della normativa internazionale e i numerosi precedenti di altri legislatori europei che si sono ispirati alla legge modello.
I tre punti cruciali
Tre sono gli aspetti che potrebbero giovarsi di un recepimento della legge modello:
Primo, il riconoscimento dei poteri cautelari agli arbitri. Ciò comporterebbe l’abrogazione della disposizione che vieta agli arbitri di concedere misure cautelari come sequestro conservativo o inibitoria di certe azioni: questa disposizione è atipica nel panorama internazionale e si basa su una “antica” concezione che vede l’arbitro al di sotto e in concorrenza con i giudici statali, e che viene spesso invocata da chi si oppone all’Italia come sede di arbitrato. Le misure cautelari sono essenziali per dare effettiva tutela alle parti: si pensi a una causa in tema di licenza di marchio in cui non è possibile impedire in via d’urgenza un possibile uso illecito del segno distintivo;
Secondo, riduzione delle ipotesi di impugnazione del lodo arbitrale. Scegliendo l’arbitrato le parti solitamente intendono ottenere un lodo il più possibile definitivo e dunque non soggetto a impugnazione dinanzi ai tribunali statali, se non in casi limitati, riducendo così incertezza e tempi della lite. Sarebbe anche auspicabile concentrare i procedimenti per l’impugnazione dei lodi con carattere di internazionalità e per il riconoscimento dei lodi stranieri presso le corti d’appello di Milano e di Roma. Questo intervento legislativo consentirebbe di rispondere alle critiche di scarsa specializzazione delle corti italiane, favorendo una concentrazione di competenze presso i principali tribunali solitamente investiti di questioni che hanno portata internazionale;
Terzo, introduzione di un ulteriore obbligo di disclosure dell’arbitro. Si potrebbe prevedere una norma secondo cui “gli arbitri, quando accettano l’incarico, devono dichiarare per iscritto la loro indipendenza”. Questo allineerebbe la prassi arbitrale italiana a quella internazionale, contrastando la percezione diffusa che in Italia gli arbitri possano difettare della necessaria imparzialità e indipendenza, facendo piuttosto gli interessi della parte che li ha nominati.
Arbitrato e pubblica amministrazione
Altro tema sul quale sarebbe urgente un intervento del legislatore è quello dell’arbitrato in materia di contratti pubblici. Negli ultimi anni, l’istituto è stato visto dal legislatore con crescente diffidenza, in particolare dalla legge Severino in tema di “anticorruzione”, che ne ha drasticamente limitato l’uso, introducendo massimali per i compensi degli arbitri e dando alla pubblica amministrazione discrezione sul ricorso a questo strumento.
Pochi giorni fa, la Corte costituzionale ha riconosciuto la legittimità costituzionale della legge Severino anche nella parte in cui prevede la necessità dell’autorizzazione della Pa in relazione a clausole compromissorie stipulate prima dell’entrata in vigore della legge. Questo estremo sfavore per l’arbitrato non si giustifica, in particolare quando l’investitore è straniero, posto che uno dei settori di maggior utilizzo dell’arbitrato commerciale internazionale è proprio quello delle grandi opere, anche di committenza pubblica. In questi casi, chiudere all’arbitrato significa scoraggiare la partecipazione di investitori stranieri a procedure competitive in materia di contratti pubblici, con un effetto distorsivo del mercato.
Per rendere l’Italia più attraente agli investimenti stranieri, il legislatore dovrebbe riflettere anche su questi temi.
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Andrea
C’è un quarto problema. La determinazione del costo dell’arbitrato. Non dovrebbe essere in proporzione al valore della causa. L’arbitro non è un professionista che rischia emettendo il verdetto una azione legale nei suoi confronti. Cosa che invece può accadere ad un avvocato o a un ingegnere per i quali il pagamento in funzione del valore è sensato.
Provate a chiedere un arbitrato contro una grande società per un problema sul bilancio. Niente di più facile che la camera arbitrale chieda una cifra spropositata in percentuale sul fatturato a bilancio. Con decisione, quella si, praticamente inopponibile…