I sussidi al trasporto pubblico, ferroviario o su gomma, sono una tra le voci più pesanti dei bilanci degli enti locali. È perciò importante verificare che non vi siano sprechi. Spesso solo il fattore tempo premia la scelta della ferrovia. Ma è una priorità sociale? Il caso della Brindisi-Taranto.
Brindisi-Taranto: meglio il treno o il bus?
I sussidi per il trasporto su ferro e per il trasporto pubblico, insieme ai costi per il servizio sanitario, sono le voci più pesanti dei bilanci pubblici locali. È perciò importante verificare che non vi siano sprechi, ovvero modalità meno socialmente costose di soddisfare i bisogni della cittadinanza.
Analizziamo qui i collegamenti tra Brindisi-Taranto, una tratta a scarso traffico dove oggi circolano (nei giorni feriali) sette coppie di treni regionali al giorno (la capacità teorica sarebbe di almeno 40 coppie di treni/giorno). Si tratta di un caso esemplificativo di una realtà molto frequente e la domanda che ci poniamo è se è più conveniente per la collettività utilizzare il treno (elettrificato) o l’autobus. Per una valutazione completa, occorrerebbe un’analisi costi-benefici vera e propria, ma nella sommaria analisi proposta, ci si è limitati ai costi finanziari, assumendone la dominanza proprio a causa dei limiti attuali delle risorse pubbliche.
Per sostituire il servizio ferroviario, si è simulata un’ipotetica azienda che effettui trasporto su gomma e se ne sono valutati i costi operativi. Le sette coppie di treni attualmente utilizzati nei 301 giorni l’anno in cui si effettua il servizio, sarebbero sostituiti da sei autobus. I bus-km/anno percorsi sarebbero pari a 443.920. Si è ipotizzata una percorrenza media di 100 minuti per tratta e gli orari sono stati programmati in modo da poter garantire partenze in orario anche con percorrenze di 110 minuti.
Nella nostra analisi, per l’azienda di trasporto su gomma abbiamo calcolato i costi variabili diretti (carburante, pneumatici), costi di manutenzione e di pulizia, i costi fissi diretti (ammortamento autobus, assicurazione, tassa di circolazione), i costi del personale e i costi per gli impianti fissi (ammortamento degli uffici, delle pompe carburante, dei locali di sosta per il personale). Si ottiene così un costo finanziario di circa 1,4 milioni di euro all’anno.
I costi finanziari dell’impresa ferroviaria (accesso all’infrastruttura, gestione circolazione, condotta, gestione degli equipaggi, manovra, manutenzione, servizio commerciale, ammortamenti) sono risultati di circa 3,4 milioni di euro all’anno, cui va aggiunto circa 1 milione di euro l’anno per il sussidio al costo dell’infrastruttura.
Si sono ignorati i ricavi, in quanto si assumono tariffe identiche per i due servizi.
Successivamente si sono valutati gli effetti negativi generati dai due sistemi di trasporto: incidenti, inquinamento dell’aria, rumore, effetto serra, “up&down-stream external costs” (come produzione carburante, produzione e smaltimento veicoli), congestione stradale, sulla base della più recente letteratura. I valori ottenuti indicano esternalità generate per 0,14 milioni di euro all’anno circa per gli autobus contro gli 0,002 milioni di euro all’anno del treno (di fatto trascurabili).
L’ultima voce valutata – la più critica – è quella del tempo di viaggio, che è nettamente a vantaggio della ferrovia. Per il calcolo del valore del tempo di viaggio per i 505.680 utilizzatori annui si sono utilizzati i valori del Programma operativo nazionale trasporti-Pon 2000-2006.
Risultati e priorità sociali
Utilizzando il treno gli utenti potrebbero risparmiare 20 o 25 minuti, a seconda delle ipotesi che si fanno sulla congestione stradale, che equivalgono a un risparmio rispettivamente di circa 1,6 milioni e 2 milioni di euro all’anno.
Anche se la somma tra costi economici, quali sono quelli del tempo e dell’ambiente, e costi finanziari risulta in qualche misura incongrua, il totale risulta di circa 3,5 milioni euro l’anno per il servizio bus, nel caso più sfavorevole (1,4 + 0,14 + 2), contro i circa 4,4 milioni per il servizio ferroviario (i dati specifici sono riassunti nella tabelle finali).
Stabilito che con entrambi i modi di trasporto il servizio rimane sussidiato, la questione politica è allora se è socialmente ragionevole che la collettività spenda ogni anno oltre due milioni di euro in più per la soluzione ferroviaria solo a vantaggio dei tempi di viaggio di pochi utenti (gli aspetti ambientali risultano poco rilevanti, trattandosi di un confronto autobus-treno). In quest’ottica, sarebbe allora legittimo spendere risorse pubbliche per servizi più veloci anche per aerei o treni di alta velocità? Una riflessione ci sembra necessaria e urgente.
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marco
Caro Ponti,
puo’ fornire maggiori dettagli sui costi di esercizio della ferrovia considerati?
Andy Mc Tredo
Salve, si potrebbe aggiungere anche uno studio sulla probabilità di incidenti in 10 anni di treno e di viaggi in bus.
Marco Pascucci
Non capisco l’insistenza da parte de “lavoce.info” di voler dimostrare a tutti i costi la maggior convenienza degli investimenti stradali rispetto a quelli ferroviari. Voi stessi dite che per fare le cose per bene sarebbe necessaria un’analisi costi/benefici e non questo strano confronto poco ortodosso. A parte questo, vi faccio osservare alcune cosine:
1) Sommare brutalmente costi economici e costi finanziari è una cosa che non si dovrebbe fare, e voi stessi ne rilevate l’incongruenza
2) Nel calcolo dei costi finanziari compaiono voci per il gestore ferroviari quali “Commerciale” e “Staff e altri processi” che non sono chiare: gli importi sono riferiti alla sola Bari – Taranto o quei costi sono riferiti anche ad altre porzioni di rete? Circa 178.000 €/anno di costi commerciali per poco più di 100 km di ferrovia mi sembrano troppi…
3) Sempre nei costi finanziari, per la ferrovia si considerano circa 566.000 €/anno di costi per l’accesso all’infrastruttura, più 1.132.000 € di sussidi per l’infrastruttura ferroviaria. I bus per andare da Bari a Taranto e viceversa, invece, cosa fanno? Accedono ad una infrastruttura pure loro, o no? Qui si aprirebbe un lungo discorso su chi paga il costo delle infrastrutture stradali, anche nel caso in cui queste siano a pedaggio (come è il caso dell’autostrada Bari – Taranto). Di sicuro però non credo che gli autobus volino, per cui forse è il caso di rivedere un po’ i conti
Non è che siete un po’ ideologici in questo vostro fervore, no? 🙂
giorgio capon
In realtà si dovrebbe fare il confronto bus/treno anche assumendo un costo maggiore del biglietto del treno perchè probabilmente la gente è disposta a pagare di più per arrivare prima, più comoda e più sicura
Giuseppe
Presupposto errato: 6 autobus in sostuzione di 14 treni. In termini di disponibilità di posti non comparabile.
Costi ferroviari assolutamente sovradimensionati.
Risultato: analisi senza senso
Giorgio Ponzetto
Evidentemente gli autori dell’articolo non sono pendolari abituali, altrimenti si renderebbero conto che 20/25 minuti di differenza nel tempo impiegato per percorrere un tragitto di una settantina di chilometri sono tantissimi e tali da determinare la scelta tra un mezzo pubblico e l’altro o addirittura la rinuncia all’utilizzo del mezzo pubblico. Seconda considerazione: il numero delle corse degli autobus, anche in presenza di una domanda sostenuta, difficilmente potrebbe essere aumentato e la velocità non è suscettibile di miglioramenti stante le condizioni oggettive del percorso e del traffico. Al contrario il numero delle corse dei treni sulla linea ferroviaria può essere notevolmente aumentato e i tempi di percorrenza ancora ulteriormente ridotti se i treni sono sempre più efficienti. Ne consegue che finanziando gli autobus si mantiene un’utenza modesta che non ha altre alternative, finanziando i treni si incrementa l’offerta e si amplia la platea dei possibili utenti con evidenti vantaggi per tutto il sistema. Le conclusioni dell’articolo non sono quindi assolutamente condivisibili.
PMC
Negli anni Sessanta si pensò di tagliare il ramo secco Como-Varese. Il risultato è un bus sostitivo e che è meglio andare a Varese in macchina. Completamente disarmata la tratta ora si sta riproponendo il collegamento, ma via Stabio (Canton Ticino). In soldoni direi che nell’analisi manca il costo economico di rifare una linea una volta è che stata abbandonata e che cambiano le esigenze di traffico.
E poi concordo sull’assoluta scarsa attenzione alla valutazione dei dei 20/25 minuti che nei casi di un pendolare vanno moltiplicati per 200 giorni lavorativi l’anno…
bob
il discorso della mobilità non può essere diviso dalla demografia e dalle politiche di sviluppo di un Paese. Tutta la dorsale Appenninica (parliamo di oltre 1/3 del Paese) è deserta, disabitata e con le persone costrette a riversarsi nella grandi città. Una politica stile Alto Adige avrebbe quanto meno attenuato e reso più equilibrato lo sviluppo della Nazione. Ma per fare queste cose ci vuole un visione lungimirante da grande politico. Oggi siamo in mano a “bande” che hanno visione di interessi personali spesso con l’obiettivo di avere i biglietti gratis per lo stadio. Di cosa parliamo!