Da tre anni l’inflazione nell’Eurozona è vicina allo zero. Ci sono forze globali che (l’ha detto Draghi) concorrono a tenerla bassa. Ma c’è anche che la Bce si è data per obiettivo di stare “vicino ma sotto” al 2 per cento d’inflazione e non, come sarebbe ragionevole, al 2 per cento “in media”. Una piccola ma significativa riformulazione di questo target aiuterebbe la ripresa in Europa. Tra le cause della bassa inflazione la prima è il greggio a 30 dollari. A deprimere il prezzo del barile le scelte dell’Arabia Saudita che non diminuisce la produzione di petrolio. Il governo di Riyad non vuole ripetere l’errore degli anni Ottanta quando il suo sostegno ai prezzi fece nascere nuovi concorrenti.
Mentre Bruxelles lima al ribasso le previsioni di crescita per l’economia europea e italiana, si può fare un calcolo del costo della Grande crisi. Se tutto fosse andato come nel 2002-2007, l’Italia del 2017 si ritroverebbe con +61 per cento di investimenti, +18 per cento di Pil e fino a 3,8 milioni di occupati in più. Poi ci si sveglia dal sogno e si scopre che le cose stanno molto diversamente.
Cresce del 5 per cento annuo la domanda turistica mondiale. E una delle mete obbligate è l’Italia. Per essere competitivi bisogna diversificare e innovare l’offerta, seguendo i gusti e le passioni delle nuove tribù di viaggiatori. Per noi significa più occupazione ma sempre meno stabile: un’incertezza ricca di prospettive.
Luigi Marattin, consigliere per la finanza pubblica del presidente del Consiglio, commenta l’articolo “2016, anno zero per il patto di stabilità interno” di Paolo Balduzzi e Massimo Bordignon
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