Le bambine ottengono punteggi più bassi dei maschi nei test di matematica, con risultati che peggiorano nel percorso dalla seconda elementare alla seconda superiore. Il divario si può ridurre cambiando metodi di insegnamento e attitudini di docenti e genitori. I riflessi sulla vita lavorativa.
Un differenziale che cresce con l’età
Le differenze di genere nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering, and Mathematics) sono diffuse nella maggior parte dei paesi del mondo. Secondo i dati Pisa – Programme for International Student Assessment, che testano ragazzi e ragazze a 15 anni, il differenziale medio in matematica tra i paesi dell’Ocse è pari a 11 punti a favore dei maschi (il punteggio medio Ocse nei test è pari a 500 e la deviazione standard è pari a 100, Oecd 2015). L’Italia è la quart’ultima tra questi paesi con un divario pari a 24 punti. Ma è rilevante? In fondo le ragazze vanno meglio dei ragazzi in tutte le materie letterarie, si laureano in percentuali superiori ai ragazzi, perché preoccuparsi proprio della matematica? La presenza del differenziale è particolarmente importante perché ha conseguenze per la scelta di materie Stem all’università, per la segregazione nel mercato del lavoro e soprattutto per i differenziali salariali di genere. Le donne si concentrano in quei settori lavorativi che richiedono minori competenze matematiche e che sono anche quelli meno pagati. Quindi, la riduzione del gap in matematica è essenziale per ridurre il differenziale salariale e, più in generale, le discriminazioni e la segregazione nel mercato del lavoro. La comunità europea sta affrontando il problema con diversi strumenti tra i quali campagne dirette alle ragazze come quella intitolata: “La Scienza: un gioco da ragazze”. L’Ocse sottolinea come gli scarsi risultati che le ragazze ottengono nei test Pisa siano correlati con alcune misure soggettive come il credere di saper risolvere i problemi di matematica (self-efficacy), l’autostima nelle proprie capacità matematiche (self-concept) e anche con quanta ansia e stress si affronta la materia. Una recente ricerca effettuata da Dalit Contini, Maria Laura Di Tommaso e Silvia Mendolia, utilizza i dati italiani delle prove Invalsi 2013 e analizza il gap di genere in matematica in II e V elementare, in I e III media e nella II superiore. I dati grezzi (percentuali di risposte corrette) mostrano un aumento del differenziale in matematica dalla seconda elementare fino alla seconda superiore (figura 1). Anche i dati standardizzati confermano che il gap cresce tra i 7 e i 15 anni (aumenta da circa il 10 per cento di deviazione standard in seconda elementare fino a circa il 25 per cento a 15 anni). Il differenziale persiste anche a parità di istruzione dei genitori, di professione della madre, di area geografica, di frequenza della scuola materna, di numero di fratelli o sorelle, di tipologia di scuola superiore. I risultati non cambiano se si depurano i dati dagli effetti fissi di scuola, cioè se si tiene presente che questa scelta non è casuale e potrebbe essere correlata con le caratteristiche delle bambine/i e dei genitori.
Figura 1 – Il differenziale di genere in matematica: media dei punteggi dei maschi meno media dei punteggi delle femmine (percentuali di risposte corrette)
Fonte: Invalsi 2013, sotto-campioni di bambini/e i cui test sono direttamente controllati da ispettori Invalsi
Tuttavia, i dati Invalsi non seguono gli stessi bambini e bambine nel corso della loro vita scolastica. Le differenze che si osservano potrebbero essere dovute al fatto che si tratta di bambini diversi da un anno all’altro. Utilizzando alcune tecniche statistiche per trattare con pseudo panel (Dalit Contini Elisa Grand 2015), la ricerca conferma i dati grezzi e mostra come in effetti il gap di genere aumenti dalla seconda elementare fino alla seconda superiore.
Le soluzioni possibili
Il fatto che il differenziale aumenti nel corso della vita dei bambini e della bambine lascia spazio a politiche che possano portare a una sua riduzione. Alcuni studi pedagogici hanno sottolineato come le metodologie di insegnamento della matematica siano rilevanti per abbassare il differenziale di genere. In particolare, metodologie più interattive, partecipative e meno competitive sembrano avere effetti positivi sull’apprendimento della matematica da parte delle bambine. Particolarmente utili sono le metodologie definite “cognitive-activation strategies”, che prevedono un attivo coinvolgimento nel cercare di risolvere un problema con metodi diversi, che sollecitano l’applicazione del problema alla vita reale, che chiedono il processo mentale che ha portato alla soluzione del problema. Anche le attitudini degli insegnanti e dei genitori incidono. Si tratta di una sorta di profezia che si auto-avvera: se gli insegnanti e i genitori credono che le ragazze non siano particolarmente portate per le materie scientifiche, il gap aumenta. Si tratta pertanto di prendere atto della presenza del differenziale al fine di attuare politiche che possano ridurlo sia aumentando la consapevolezza di insegnanti, genitori e decisori politici, sia cambiando le metodologie di insegnamento della matematica.
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davide445
Stavo leggendo proprio ieri di un esperimento portato avanti in Germania in cui si coinvolgono gli studenti delle scuole elementari in esperimenti scentifici per farli appassionare ai temi Stem, ben consapevoli che sono quelle tematiche e non altre a produrre la futura ricchezza di una nazione, soprattutto come la Germania.
In Italia dove il mercato del lavoro non premia competenze Stem di livello avanzato in generale mi è poco chiaro per quale motivo pratico, se non puramente etico il che è nobilissimo, si dovrebbe investire per spingere le ragazze su questi temi. Siamo sicuri che sia quello che loro prima di tutto vogliono? Si è già discusso per anni sull’effettiva felicità personale di aver spinto le donne su modelli maschili. Senza nulla togliere alla bravura delle donne in tutte le materie, forse bisognerebbe pensare a creare una domanda, prima di generare una offerta che potrà essere magari ancora più frustrata della controparte maschile.
bob
..solo un Paese Medioevale parla di “quote rosa”. Solo un paese sottosviluppato parla di soli metodi STEM ( fosse pure la Germania) . Un paese civile moderno e democratico parla di : cultura! Iniziamo dal saper leggere e scrivere, alleniamo i futuri cittadini alla lettura che genera curiosità . Ma la matematica non è la filosofia letta da una altra ottica??
Umbe
Sarà…ma conosco tre “veri” cervelli matematici…laurea con lode…dottorato prestigioso…ecc…ecc…sono ragazze!
Francesco Aldo Tucci
La statistica e l’econometria a questo servono: a separare gli aneddoti personali, certo interessanti per chi li racconta, dalla realtà del fenomeno che si studia. Purtroppo una serie di fattori sia socio-economici che culturali/istituzionali ancora rallenta il “catch up” delle donne in termini di divario salariale, compresa la sciocca credenza che la matematica e le altre discipline STEM siano “roba da uomini”.
ms
le tre righe che ha scritto sulla cognitive-activation strategy sono estrememente interessanti, anche per i maschi.
Una percezione della matematica come materia “fredda”, che richiede forte focalizzazione dell’attenzione lasciando pochi margini di espressione e creatività al soggetto può pesare molto ad un certo punto dello sviluppo del binomio cervello-mente.
Un fattore esterno deleterio, a mio avviso, è anche la percezione sociale (negli adulti) che l’enfasi sulla matematica sia collegata alla promozione di un modello di società atomizzato ed individualista, come quello rappresentato nella micro neoclassica.
Se questo sospetto fosse rimosso, la psicologia cognitiva potrebbe avere molto lavoro di ricerca da svolgere sulla scuola, anche in Italia, non solo importando metodologie sviluppate in altri paesi. Non solo la performance in matematica media è più elevata in paesi di cultura collettivista (anche se il fattore di vantaggio potrebbe non essere semplificabile nella relazione collettivismo-individualismo), ma la stessa psicologia cognitivista ha ricevuto una spinta decisiva in paesi in via di sviluppo che avevano implementato un modello sociale socialista.
Alessandro
Come mai sembra non interessi a nessuno il fatto che, in media, il gruppo di bambini con i voti peggiori abbia un gender gap inverso: i bambini maschi che vanno male a scuola sono in percentuale maggiore delle bambine. Vedi figura 1.2 pag. 26…
O forse è possibile usare il termine ‘gender gap’ solo quando è a danno del genere femminile?
Dallo studio emerge inoltre una profonda differenza tra gli interessi dei bambini/ragazzi e quelli delle bambine/ragazze come ad esempio la maggiore propensione per i videogiochi per i maschi e la maggiore propensione a leggere riveste e romanzi per le femmine.
Forse sarebbe il caso che gli studiosi di scienze sociali cominciassero ad uscire dalla loro torre d’avorio e cominciassero ad accettare quello che i biologi dicono da molto tempo: esistono marcate differenze tra i due generi. Non si tratta di dire che un genere è superiore all’altro ma che sono diversi. (Vedi “The Gender equality paradox https://www.youtube.com/watch?v=p5LRdW8xw70&feature=youtu.be ).
Partendo da questo assunto sacrosanto si dovrebbe lavorare per fa si che la scuola, gli insegnanti, i libri scolastici ed i metodi di insegnamento possano essere più congeniali ai differenti modi di apprendere degli studenti.
Parlando di differenze di genere ovviamente stiamo estrapolando medie statistiche da un campione che esprime tutta una varietà di sfumature. Esistono sicuramente ragazze che beneficerebbero maggiormente di metodi d’insegnamento pensati per i ragazzi e viceversa.