La situazione sul mercato del lavoro italiano resta grave. Ma di sicuro non peggiora, anzi si intravedono segnali di miglioramento. L’andamento dell’occupazione dipendente permanente o a tempo determinato e la contrazione strutturale del lavoro autonomo. Effetti delle misure di incentivazione.
L’andamento dell’occupazione dal 2008
L’Istat ha pubblicato qualche giorno fa i dati relativi alla dinamica di occupazione e disoccupazione nel mese di marzo: si va così formando il quadro degli andamenti del mercato del lavoro nel primo trimestre 2016. Proviamo a delinearne i tratti riconoscibili, analizzando non le variazioni mese su mese (il cui segno non di rado è effimero), ma i più solidi trend di medio periodo su cui si innestano, conducendo a rafforzarli o invertirli. Il ciclo dell’occupazione è ben delineato nel grafico 1. Nel 2008 gli occupati avevano superato i 23 milioni. La crisi finanziaria internazionale con le sue forti ripercussioni sull’economia reale ne ha determinato una continua contrazione fino all’inizio del 2010. Ha fatto seguito, quindi, una lunga fase – oltre un biennio – di ripresa frustrata: si è mantenuto il livello occupazionale poco sopra i 22,5 milioni, senza avviare alcun recupero di quanto perso precedentemente. Poi, la seconda recessione e una nuova contrazione occupazionale, di poco inferiore per entità a quella del 2008-2009: i livelli occupazionali sono calati fino alla fine del 2013. Finalmente, e seppur lentamente, la domanda di lavoro si è poi rianimata: sul finire del 2015 si può dire che almeno quanto perduto con la seconda recessione è stato recuperato; ma per ritornare ai valori del 2008 manca ancora mezzo milione di occupati. I primi mesi del 2016 confermano sostanzialmente quanto acquisito tra il 2014-2015: al di là delle oscillazioni delle statistiche mensili, si riconosce che non c’è nessuna inversione di trend e che, al contempo, accelerare o semplicemente proseguire nel recupero dei livelli occupazionali non è affatto facile e scontato.
Grafico 1
Il quadro generale è l’effetto finale congiunto di andamenti differenziati delle varie tipologie occupazionali. Le statistiche disponibili ci consentono di osservare distintamente tre grandi componenti. Innanzitutto, l’occupazione dipendente “permanente” (i rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato – grafico 2): qui si è prodotto il recupero più significativo nel corso del 2015 (qualche centinaia di migliaia di occupati) per l’apporto sostanziale di vari provvedimenti – decontribuzione in primo luogo – e ci si possono attendere ancora, nei dati statistici, positivi effetti di trascinamento, come emerge nettamente da quelli di fonte amministrativa.
Grafico 2
Per quanto riguarda la seconda componente, vale a dire gli occupati dipendenti a termine (grafico 3), il ciclo delineato dai dati Istat si discosta, in alcuni tratti significativamente, da quello generale: non tanto per le fasi di contrazione, che sono le medesime, quanto per le dimensioni del recupero, che risulta pieno sia dopo la prima recessione che dopo la seconda (vi possono aver contribuito vari fattori: dal decreto Poletti alla crescita di tirocini e voucher). Il trend risulta infine prevalentemente riflessivo, a partire dalla seconda metà del 2015: su ciò hanno senz’altro influito gli effetti di spiazzamento determinati dall’incentivazione spinta dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Grafico 3
Se, infine, osserviamo la terza componente, vale a dire l’aggregato (eterogeneo) del lavoro indipendente, la sua dinamica generale – eloquentemente evidenziata nel grafico 4 – risulta stabilmente orientata alla contrazione (ciò anche prima del 2008), seppur con velocità variabile e con momenti di pausa. È troppo presto e troppo poco per affermare che i minimi segnali positivi degli ultimi mesi annuncino qualche novità significativa in termini di tendenza: di sicuro l’Italia è stata un paese per lavoratori autonomi e indipendenti, ma questa caratterizzazione si va dissolvendo.
Grafico 4
I dati sulla disoccupazione
L’altra faccia del mercato del lavoro è quella della disoccupazione, che peraltro riflette non solo le variazioni della domanda di lavoro, ma anche i cambiamenti demografici, di regolazione (pensionamento), di struttura sociale (composizione delle famiglie). Dal 2007 al 2014, salvo una pausa tra il 2010 e il 2011, i disoccupati sono continuamente aumentati, praticamente raddoppiando, da 1,6 a 3,2 milioni: solo a partire dal 2015 ha preso corpo qualche segnale percettibile di riduzione.
Grafico 5
In sintesi, la situazione sul mercato del lavoro – che resta comunque grave – di sicuro non si sta aggravando, si ravvisano anzi segnali di miglioramento, e ci si augura che le cure prodigate continuino a spingere al miglioramento un paziente il cui quadro clinico è per diversi aspetti compromesso da vizi antichi.
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Orarossa
. . . faccio alcune domande facili facili.
Mio figlio si è laureato, nello scorso mese di dicembre, con il massimo dei voti in Scienze Chimiche all’Università degli Studi di Bologna.
Ha inviato centinaia di CV a destra e manca ma fino ad ora tutto tace!
Si è rivolto a diverse agenzie di collocamento e sindacati ma nessuno ha voluto prendere in considerazione il suo stato di disoccupato perché di skill troppo elevato. Sembra che loro trattano solo operai e manovalanza. (?)
Mi chiedo: dove risulta che mio figlio è un laureato magistrale disoccupato?
Come confluisce il suo stato di disoccupato all’ISTAT?
Quanti giovani laureati si trovano in un limbo come mio figlio?
Qualcuno mi può illuminare, grazie
Orarossa
bob
…..signora la Chimica ( io sono perito chimico) è passato in questo Paese da Giulio Natta l’inventore del naylon al ” varacchinaro di Treviso” che doveva salvare porto Marghera. Credo che questo basta per capire dove siamo finiti! La nostra maggiore voce di import è: manovalanza a basso costo! Badanti, manovali, lavapiatti etc . Progetti politici e piani industriali? Compro Oro- slot machine- accertatori di sosta- controllori dei controllanti etc etc
pietro
Nel calcolo della disoccupazione si tiene conto delle persone che sono espatriate per cercare lavoro? Sono dati significativi: si parla quasi di centomila persone, prevalentemente giovani.!!
Michele
Non una parola sull’incremento esponenziale dei voucher. Proprio una “buona” occupazione… D’altro canto per ISTAT basta ricevere 1 voucher nella settimana di riferimento per essere considerato occupato…
bob
..giorni fa viaggiando in treno ho scambiato quattro parole con una prof.ssa universitaria di Ferrara biologa, ricercatrice e ideatrice di una starp-up . Diceva testuale ” noi a Ferrara abbiamo dovuto fare per le iscrizioni il numero chiuso..ma comunque laureiamo circa 60-to dottori all’anno …cosa faranno? Un Paese che da 40 anni non ha piani industriali e progetti politici cosa fa? Fa proliferare la burocrazia! L’unica cosa che in questi 40 anni è cresciuta a dismisura, basti vedere i livelli di potere dal centro alla periferia. Un Paese che in queste condizioni cozza contro la dinamicità di concorrenti globali ha un solo traguardo: il fallimento!
Angelo Graziani
Al nord i nostri giovani laureati trovano facilmente impiego come stagisti per periodi di 6 mesi e vengono retribuiti con stipendi a dir poco irrisori. Ufficialmente fanno esperienza, di fatto le aziende si approvigionano di forza lavoro a basso costo senza il versamento di contributi (legge Treu del 1997). Si dice che il mercato del lavoro è cambiato, ma solo quando fa comodo. Viste le prospettive pensionistiche del futuro perché non versare i contributi, ancorché ridotti, per questi giovani che sempre più tardi, se sono fortunati, si inseriscono nel mondo del lavoro ?