La relazione sull’attività della Consob nel 2015 è stata deludente. Si dilunga su temi che la riguardano poco, glissa su altri di sua competenza, si autoassolve sui prestiti subordinati delle banche in liquidazione e quasi nulla dice sul governo societario. La nota positiva è il sostegno all’Esma.
Relazione deludente
La Relazione annuale letta a Milano il 9 maggio dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas, è stata accolta dai “soggetti vigilati” con i consueti plausi. Il Sole-24Ore (10 maggio) riporta le parole del presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli: “Siamo assolutamente in linea con Vegas, raccoglie la convergenza di tutte le istituzioni italiane”.
Patuelli fa il suo lavoro, ma Vegas dovrebbe accigliarsi. Tutto il mondo è paese, lo stesso giorno il Financial Times ha criticato i rapporti mielosi che la finanza britannica ha ora con la Financial Conduct Authority (avendo ottenuto dal governo lo scalpo del precedente capo, Martin Wheatley, ritenuto troppo duro): “Ogni volta che un’industria loda pubblicamente i propri regolatori, dovremmo fuggire sulle colline”.
Non fa piacere, ma bisogna dirlo, è una Relazione deludente per una Commissione da poco reintegrata con persone di livello, che tratta a lungo di temi che la toccano “di lato”, glissando su altri di sua competenza; mentre si autoassolve sui prestiti subordinati delle banche “risolte”, pare distratta sul massiccio collocamento di fondi non convenienti per i risparmiatori. Quasi nulla, infine, sul governo societario, dove abbiamo una regolazione d’avanguardia, ma carenze di sorveglianza.
L’Autorità e il rispetto delle regole
Stabilità e regolazione delle banche assorbono 11 pagine su 27. Su uno dei pochi punti che la riguarda – il collocamento dei “subordinati” – Consob dice: “Sono in corso accertamenti da parte dell’Istituto e dell’autorità giudiziaria in ordine al rispetto delle regole (…) nel collocamento di questi prodotti alla clientela retail”. Doveva essere la magistratura a dire che il management di Banca Etruria ha forzato la vendita, agli sportelli, dei propri subordinati? La Consob aveva e ha i poteri per rilevarlo e sanzionarlo.
In generale, la Relazione ricorda i principi di funzionamento del sistema, ma sorvola sul carente rispetto delle regole. Ne trae vantaggio il sistema bancario, che in Italia controlla gran parte dell’asset management. Vegas dice: “La struttura commissionale dei fondi deve essere tale da garantire l’allineamento fra gli interessi dei gestori e quelli dei risparmiatori (…) Consob vigilerà sul settore per assicurare la piena correttezza dei comportamenti dei gestori”. Se l’intendenza non segue, il regolatore manca al proprio ruolo. I buoi dei subordinati sono usciti dalla stalla, pensiamo a quanto avviene oggi. Gran parte dei fondi collocati negli ultimi due anni dalle reti bancarie, debitamente timbrati dalle Autorità, contiene commissioni costruite come raffinati meccanismi confiscatori ai danni dei risparmiatori (e meritano una puntata a parte). La ciliegina sulla torta: le commissioni pluriennali così estorte son portate subito a conto economico, esaltando i redditi nel breve a scapito del lungo termine. Gabbare insieme clienti e azionisti, è il climax del sadismo finanziario. Di questa pasta è fatta oggi una bella fetta dei profitti bancari; nessuno farà un plissé per il risparmio che andrà in fumo, a meno che un poveraccio sul lastrico si suicidi.
La Relazione formula solo distratti omaggi labiali alla “centralità” della corporate governance. Distratto anche l’accenno ai fondi che, divenuti spesso king maker nelle assemblee societarie, preferiscono lasciare la gestione ai soci di riferimento. È un peccato, il tema merita ben altra discussione: da un lato gli investitori istituzionali non devono vincolarsi a un singolo investimento, dall’altro, prevalendo le gestioni passive, essi sono “incatenati” all’indice quasi quanto i soci di riferimento all’impresa. Né si parla della vivace dialettica fra Assogestioni e il Comitato per la corporate governance di Borsa Italiana sui rapporti fra gli amministratori e chi li ha designati. Silenzio infine anche sui temi, sempre più rilevanti, di emolumenti dei vertici, mentre aumentano i casi di amministratori delegati (e presidenti) che incassano cifre prive di ogni rapporto con la prestazione lavorativa che dovrebbero remunerare: veri espropri manageriali. Non vale il raffronto con calciatori e cantanti superpagati. Sfugge la differenza: il governo dell’impresa, cui oggi è affidato in gran parte lo sviluppo, finisce per mirare a massimizzare i valori dei parametri cui è ancorata la remunerazione del vertice. Così il lavoro di decine di migliaia di persone è distorto, subordinando gli obiettivi di lungo termine, dell’impresa e in definitiva della società tutta, alle convenienze del management pro tempore.
La Consob non ha bisogno di simpatie, ma di rispetto per l’opera che svolge; è un peccato aver evitato questi temi, controversi ma essenziali.
È però giusto, e fa piacere, finire con una nota positiva. Vegas ha confermato la richiesta di più poteri regolatori per la European Securities Markets Authority, potenzialmente il vero supervisore europeo dei mercati finanziari: provenendo da un’Autorità nazionale, che per questo perderebbe poteri, è scelta coraggiosa e lodevole. Speriamo che faccia proseliti anche in altri paesi.
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Henri Schmit
Ottimo articolo. Preoccupa il giudizio su Consob. Alla fine contano gli uomini forse più delle norme. Le norme c’erano. La Mifid mira a tutelare gli investitori, non gli operatori. Anche il mercato è solo un’astrazione che sta per regole di trasparenza e correttezza delle condizioni. L’emissione 2013 di bpetruria avvallata da consob era corretta? C’erano tutte le informazioni sull’istituto già in difficoltà nel 2009? 3,5% di spread è di mercato per un subordinato di un piccolo emittente in difficoltà di levare capitale vero? Tale era nel 2012 lo spread pagato dalla seconda banca italiana sul mercato interbancario. Lo spread di un prestito subordinato per un piccolo debitore non in difficoltà era nel 2009 di almeno 5%. Di più bpetruria collocava 1. Presso clientela indistinta senza particolare profilo di rischio e 2. Presso la propria clietela, quindi in conflitto d’interessi. E consob non sapeva o non poteva far nulla? Già, allora si capisce perché secondo Vargas serve ancora un’altra autorità, l’esma, perché la sua non aveva competenza. Un professore consulente di bankit aveva sostenuto la stessa tesi subito dopo lo scoppio dello scandalo, cioè che fra bankit e consob serve una terza autorità. Ma siamo seri ?
pierpier
Il sistema bancario e finanziario è troppo importante e insieme troppo pericoloso, pertanto servono autorità e controllo seri. Di schifezze del mondo bancario e finanziario ne abbiamo viste troppe e da tutte le parti. Che i regolatori- controllori si auto assolvano è ridicolo. Purtroppo su questo tema sia in Italia ma anche a livello internazionale si è fatto ancora troppo poco, i rischi sistemici rimangono ancora troppo alti.