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Regno Disunito

Il voto pro Brexit ci consegna un Regno Unito molto diviso. È probabile che la Scozia torni a chiedere l’indipendenza. Anche le linee di reddito segnano una divisione: le aree ricche hanno scelto “remain”, quelle meno benestanti hanno optato per il “leave”. E si apre una questione generazionale.

Il giorno dopo

Difficile esprimere una reazione così vicino all’annuncio del risultato che vede l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, avvenuto verso le 8 italiane a Manchester. L’esito del voto, in realtà, era chiaro dalla sera del 23 giugno. Lo preannunciavano, verso l’1 italiana, i risultati ufficiali di due città del Nord-Est, Sunderland e Newcastle, che, pur votando entrambe secondo le previsioni, la prima per Brexit, la seconda per “remain”, lo hanno fatto con margini completamente al di là delle aspettative: Newcastle con il minimo scarto mentre a Sunderland a ogni voto per restare ne corrispondevano due pro-Brexit. Se lì va così, vuol dire che Brexit ha vinto. Entrambe le città sono tradizionalmente laburiste, quindi molti elettori che di solito votano fedelmente per il Labour hanno rifiutato di seguire le indicazioni unanimi della dirigenza del partito, e hanno votato Brexit. La tendenza è stata poi confermata a livello nazionale Quali conclusioni trarre dal voto? Sicuramente andranno fatte analisi più dettagliate e rigorose, ma queste le mie prime impressioni.

Voto diviso per nazioni

La Scozia è completamente diversa dall’Inghilterra e dal Galles, a loro volta diverse dall’Irlanda del Nord. In Scozia “remain” ha vinto in tutte le circoscrizioni, ottenendo complessivamente il 62 per cento dei voti. Per l’Irlanda del Nord, che ha votato in maggioranza “remain”, c’è una divisione geo-politica: nelle zone all’est, più protestanti-unioniste ha vinto Brexit, mentre vicino al confine con l’Eire, in aree più cattoliche e culturalmente vicine alla repubblica, gli elettori hanno scelto “remain”. Questa diversità porterà quasi sicuramente a un nuovo referendum per l’indipendenza in Scozia. Già se ne è accennato in fase di campagna elettorale, ma viste le cifre della differenza tra le due nazioni, sarà per Londra politicamente impossibile resistere a una nuova richiesta di voto.

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Una questione di reddito

In Inghilterra e Galles, ed è un punto che non ho ancora sentito sottolineare, la mia impressione è che la divisione sia soprattutto lungo linee di reddito: aree ricche hanno scelto “remain”, invece quelle meno benestanti hanno optato per Brexit. Jeremy Corbyn, leader laburista, ha probabilmente ragione quando dice che molti elettori hanno voluto punire il governo per le loro difficoltà economiche e hanno semplicemente votato contro “la politica”. Alcune delle aree più ricche, dove alle elezioni politiche i Tory ottengono maggioranze schiaccianti, a nord e sud, a est e a ovest, a Londra e in zone davvero rurali, “remain” vince dove il reddito è alto: Tunbridge Wells, e Guilford, la “stockbroker belt”; la chic Kensington e Chelsea, che contiene Sloane Square; South Hams, nel profondo sud-ovest sulla Manica; Harrogate, nello Yorkshire, uno dei vertici del triangolo più ricco del paese, fino alle zone del Costwold, la zona dei ricchi villaggi pittoreschi da cartolina.

La divisione generazionale

Un’altra impressione, che dovrà però essere confermata da ulteriori sondaggi perché i dati elettorali disponibili oggi sono solo a livello di circoscrizione, è di una netta divisione generazionale: i giovani pro-Europa, i vecchi pro-Brexit. Questo ovviamente non depone bene per il futuro: non è chiaro se un giovane brillante e ambizioso vorrà restare permanentemente in Inghilterra, dove sembra prevalere una visione isolazionistica e nostalgica del mondo. Anche se politicamente inevitabili, le dimissioni di David Cameron, che passerà alla storia come uno dei peggiori premier di sempre, lasceranno la nazione con una spaventosa assenza di carisma a livello internazionale, guidata come sarà da figure quali Boris Johnson e Nigel Farage con all’opposizione Jeremy Corbyn: nessuno di loro può onestamente dire di rappresentare gli elementi più dinamici e innovativi della società e dell’economia inglese.

Questo articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it

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16 commenti

  1. Massimo GIANNINI

    L’analisi del voto su base demografica e di censo conferma un risultato molto meno netto e nitido di quanto viene raccontato. Che sia una generazione “anziana” che detti le regole per il futuro introduce una distorsione e un conflitto generazionale non da poco. Lo stesso il fatto che Irlanda del nord, Scozia e Londra abbiano votato per rimanere. Comunque è un problema tutto inglese. Per la UE potrebbe essere un’opportunità.

    • Bice

      Una chiosa: la probabile (sicura?) uscita della Scozia dal Regno Unito (o da quel che rimane) significa anche una probabilita’ molto minore di governi laburisti in futuro, vista l’importanza della Scozia per la loro base elettorale.

  2. ndr60

    A me pare che i giovani siano stati molto più intossicati dalla propaganda pro-UE rispetto agli anziani. La GB può resuscitare il Commonwealth ed esportare anche in Cina, inoltre ha il più grande polo finanziario del mondo; in compenso, le regole burocratiche UE fanno perdere fior di sterline alle PMI inglesi.Inoltre farsi dettare l’agenda da Schaeuble & soci non credo vada giù a molti di loro, visto che hanno vinto due guerre mondiali proprio per evitarlo.

    • mrwolf

      il più grande polo finanziario del mondo rischia molto. Tutte le grandi banche mondiali che hanno scelto Londra come loro base europea si dovranno per forza spostare all’interno dell’UE. Migliaia di posti di lavoro che arriveranno a Dublino, Parigi e Berlino.

      • ndr60

        Mah… secondo qualcun altro, invece, per la City si apre un’enorme possibilità per diventare il primo centro finanziario off shore dello yuan. Per giudicare gli effetti veri di Brexit, forse è meglio aspettare come minimo qualche mese.

    • se va be’. I giovani intossicati dalla propaganda UE. Gli over 55 intossicati dalla politica alla Farage e alla Johnson no invece vero? Che poi la GB possa rispolverare un Commonwealth romantico alla Kipling‎ mi sa che forse non hai ben chiari i movimenti geopolitici bel diversi da quelli di quel periodo. Se poi pensi che alla Cina possa veramente interessare qualcosa di diverso dalla finanza inglese che, in quanto tale è immateriale e quindi dislocabile altrove, sbagli di nuovo. E visto che la GB è un paese sostanzialmente deindustrializzato, quali sarebbero poi queste innovative pmi inglesi non è dato sapere.

    • Hübner

      A farsi “intossicare” invece sono stati proprio gli anziani e i ceti meno istruiti della provincia. Sui ceti colti, cittadini e universitari le fole populiste di soggetti quali Johnson o Farage non fanno presa. Lo dimostra il fatto che dopo il risultato elettorale c´è stata un’impennata delle ricerche su Google “che cosa è l’UE?”

    • Amegighi

      Mi pare che ad essere “intossicati” siano in molti, forse anche Lei.
      Prendiamo l’esempio della “mucca pazza”. Lei è davvero sicuro che adesso esisterebbe ancora un’attività di allevamento e produzione carne in Gran Bretagna, senza il grosso aiuto ottenuto dall’UE ? Ci provi un attimo a pensare (a me sembra che gli inglesi se ne siano bellamente dimenticati).
      Esistono infinitamente più aspetti postivi dall’UE che negativi (pure esistenti, discutibili e da correggere con pragmatismo).
      Vogliamo parlare del sistema educativo e della possibilità di scambio come equipollenza di lauree e specializzazioni ? Vogliamo parlare del sistema centrale della ricerca in europa (European Research Council) che, unico, è in grado di erogare finanziamenti elevati per l’avanzamento tecnologico necessario alla nostra economia ? Vogliamo ricordare i fondi UE per la riqualificazione del lavoro e per il finanziamento delle imprese in partenza ? Dimentichiamo i fondi per riquaificare le aree agricole di cui hanno beneficiato tantissimi agricoltori nelle aree agricole italiane ? Che dire dei fondi per le infrastrutture ? fino a poco tempo fa su queste pagine e nei giornali si criticavano le regioni meridionali per non aver utilizzato bene i fondi UE, a differenza della Spagna. Ce ne dimentichiamo, ora ?
      I giovani sono nati e hanno vissuto e goduto i vantaggi dell’UE. Hanno sfruttato (i più intelligenti) l’enorme progetto Erasmus, specializzandosi e laureandosi fuori. Altro che fuga dei cervelli.

  3. Mario Rossi

    A me pare che siccome non è possibile cambiare l’europa stando in europa perchè a bruxell ci sono solo comitati di affari, gli inglesi, che sono un popolo già da molto tempo, hanno deciso di tagliare i ponti con gente che vuole solo mangiarsi i soldi dei cittadini.

  4. Henri Schmit

    Forse è tutto meno grave di quanto sembra. L’UK era già con un piede fuori. Mi dispiace perché Cameron era una risorsa DENTRO l’UE che è da sempre troppo rigida: che male c’è avere un’UE a geometria variabile? Quello che manca è leadership, visione, coraggio (non vedo nessuno), nonché una governance più chiara e più democratica (non vedo proposte articolate, che 15 anni c’erano), cioè maggiore responsabilità attraverso elezioni e referenda, perché non esistono altri metodi.L’Italia avrebbe una sola cosa da “offrire” (in realtà lo rivendica maldestramente): il piano per una politica COMUNE dell’immigrazione e della sicurezza delle frontiere. It’s now or never.

  5. Lorenzo

    E’ il momento di tirar fuori il progetto di una federazione politica fra gli stati UE. L’Inghilterra (dopo la Scozia) fra un decennio chiederà di aggregarsi.

  6. Savino

    E’ ormai chiaro a tutti che il fattore egoismo è il principale ostacolo alla crescita economica e, più in generale, all’organizzazione della vita pubblica nel senso della prosperità e del benessere sociale.
    D’ora in avanti gli economisti dovranno lavorare in sinergia con gli psichiatri, perchè la Brexit è stato un riuscito esperimento di manipolazione delle menti deboli da parte delle forze populiste, che si caricano la responsabilità di aver fatto regredire la storia mondiale come mai era avvenuto nella contemporaneità.

  7. marcello

    Premetto che ho sempre considerato l’adesione condizionata di Uk all’UE più una iattura che altro. Basterebbe solo ricordare le responsabilità di Tony Blair nell’avallare le menzogne di Donald Rumsfeld che hanno condotto a quell’avventura disgraziata che è stata la seconda guerra in Iraq. Comunque l’esito del referendum elimina ogni ambiguità, per fortuna. I costi in termini di PIl per Uk potrebbero essere molto più salati di quanto si dice. Per esempio il Tesoro stima una riduzione del PIL del 6% nei due anni successivi alla Brexit. Suggerisco di leggere “Brexit and the UK’s public finaces” dell’ Institute for Fiscal Study (Maggio 2016) per avere un quadro un poco più completo degli scenari anche a lungo periodo (2030) di questa arguta scelta. Qualcuno ha spiegato agli inglesei che l’impero non c’è più e che vivono nell’era della globalizzazione?

  8. Mario Rossi

    Ci sono 2 cose che non capisco: la prima come si può dire che la gente si è fatta abbindolare nel voto quando tutti oramai sanno perchè è morta la deputata inglese e quale era lo scopo del suo assassinio (a buon intenditor) quindi quale forma di coercizione del pensiero vediamo, semmai a rovescio. La seconda come si può affermare che il pil scenda per effetto di questo refernedum, forse scenderanno gli introiti dovuti alle speculazioni finanziarie e a tutti i giri di elusione fiscale che facevano capo a londra e alla sua sede bosistica. Possiamo forse chiamare pil quello? cosa produce la finanza se non carta e niente reale prodotto utile alla vita dei cittadini

    • Maurizio Cocucci

      “tutti oramai sanno perchè è morta la deputata inglese…” credo che dovrebbe parlare per se, non a nome di “tutti”. Che la separazione dalla UE causerà ripercussioni negative sull’economia (e non solo in ambito finanziario, tenuto conto che i due settori sono interdipendenti) sono previsioni che giungono da ogni lato del globo. Lei può certamente non crederlo, ma lei…non tutti!

  9. Concordo con l’analisi, a parte il giudizio su Cameron, che tornerà. Deve far riflettere che tanti hanno votato LEAVE. Sarebbe peggio se l’avessero fatto più i giovani dei vecchi, ma è una magra consolazione. Non serve denunciare la campagna volgare del LEAVE, la vera causa del verdetto è l’incapacità degli altri, e più dei leader europei (nazionali e UE) che di quelli inglesi. Un errore dell’UE è la rigidità. Perché non permettere delle geometrie variabili già discusse negli anni 90 e 2000? Per far parte del cerchio interno non basta l’ideologia di Ventotene, ma ci vuole forza, credibilità, adempimento. L’Italia è il problema principale dell’UE; la Francia sta scivolando allo stesso livello; le loro debolezze sono la causa della rigidità voluta dalla Germania che si trova davanti a un dilemma, anche nell’opinione pubblica profondamente divisa fra giovani-benestanti-istruiti europeisti entusiasti e vecchi-impoveriti a rischio di esclusione completa. Il Brexit è solo l’inizio. Senza recupero da leader credibili delle popolazioni svantaggiate andremo verso una disintegrazione peggiore della disunione europea. Democrazia non vuol dire rispettare delle regole astratte, ma governare veramente nell’interesse della gente e dare alla gente la possibilità di esprimersi. Non significa referendum continui su qualsiasi cosa, ma ampie la possibilità d’iniziative popolari; è la minaccia del referendum che serve per dissuadere chi sta al potere di governare nell’interesse propri

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