Nel contesto favorevole del 2014 e 2015 la politica di bilancio italiana ha goduto di spazi di manovra più ampi. La maggior parte delle misure adottate punta alla riduzione del cuneo fiscale. Solo i numeri diranno se è stata la scelta giusta per la ripresa o se abbiamo sprecato una buona occasione.
Troppi obiettivi per pochi strumenti
La politica fiscale italiana negli ultimi anni ha dovuto affrontare sfide importanti, sia di carattere strutturale (il debito pubblico) che di natura congiunturale (la crisi). Le politiche non sempre hanno saputo individuare le priorità nella platea delle emergenze nazionali e hanno cercato, almeno nelle dichiarazioni di intenti, di affrontare tutte le questioni sul tavolo: riduzione del debito pubblico; riduzione del deficit pubblico; riduzione della pressione fiscale; aumento della crescita, dell’occupazione e del potere d’acquisto delle famiglie; sostegno alle fasce deboli della popolazione.
Che non tutti i programmi sarebbero stati realizzati era quindi presumibile.
Condizioni esterne favorevoli
Tre fattori hanno influito sul grado di conseguimento di obiettivi così ambiziosi.
In primo luogo, un elemento favorevole sono state negli ultimi due anni le decisioni della Banca centrale europea che, con il Quantitative easing, è riuscita a determinare una drastica diminuzione dei tassi d’interesse. È una discontinuità rilevante rispetto a quanto accaduto nei periodi più difficili della crisi, fino al 2013, quando sembrava che una politica fiscale più accomodante dovesse riflettersi direttamente sugli spread, tanto da rendere conveniente l’adozione di politiche di bilancio restrittive.
In secondo luogo, l’impegno a rispettare gli obiettivi riflette non solo le priorità del governo, ma anche la cogenza dei vincoli, in base alla pressione che deriva dalle autorità europee. Rilevante è stata la disponibilità delle autorità europee ad accogliere un rinvio della discesa del deficit.
Infine, il quadro economico internazionale, il calo dei prezzi delle materie prime e l’indebolimento dell’euro – insieme alla caduta dei tassi d’interesse – hanno generato condizioni mediamente più favorevoli rispetto agli anni precedenti.
L’insieme dei tre fattori ha determinato quindi una buona occasione per imprimere una svolta alla nostra economia, aprendo gli spazi per abbandonare l’intonazione restrittiva della politica di bilancio.
Sono state attuate misure di riduzione di imposte, solo in parte finanziate con aumenti di altre imposte: il valore facciale delle manovre adottate fra il 2014 e il 2016 vede, nel complesso, riduzioni di imposte per oltre 30 miliardi cui si associano aumenti di altre imposte per circa 10 (vedi tavola 1). Le misure sulla spesa sono state varie, con interventi nella direzione di un aumento di alcune voci e riduzione di altre, ma nel complesso con una tendenza al contenimento.
La gerarchia delle priorità
Il numero di interventi adottati trasmette a prima vista l’impressione che la politica fiscale abbia assecondato uno spettro di obiettivi abbastanza ampio. Guardando però alla dimensione quantitativa, si colgono precise priorità definite dal rilievo degli interventi finalizzati alla riduzione del cuneo fiscale, ovvero la distanza fra il costo del lavoro sostenuto dalle imprese e il salario netto percepito dal lavoratore.
Al 2017 oltre 20 miliardi dei 33 complessivi rappresentano misure di riduzione del cuneo: le più rilevanti sono la norma degli 80 euro, lo scorporo del costo del lavoro a tempo indeterminato dalla base imponibile dell’Irap e l’esonero contributivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato nel 2015.
Scommessa vinta o opportunità sprecata?
Il dibattito su questi temi è stato vivace. A rischio di banalizzare la complessità delle diverse argomentazioni, le posizioni più favorevoli hanno ravvisato nel cambiamento delle condizioni dal lato dell’offerta di lavoro uno snodo centrale per il consolidamento della ripresa. Non a caso gli interventi sulle entrate si sono associati a un’importante riforma del mercato del lavoro.
Le posizioni più scettiche hanno invece sottolineato come in condizioni di carenza di domanda le misure che modificano i prezzi relativi sono scarsamente efficaci, mentre gli effetti espansivi sulla domanda derivanti dalla riduzione del cuneo sono stati compensati ampiamente dalle misure di copertura. Altri hanno evidenziato come la gerarchia delle priorità avrebbe dovuto enfatizzare di più le misure a sostegno della produttività, focalizzandosi sugli investimenti, l’innovazione e la ricerca.
Il vero banco di prova sarà dato dall’andamento dell’economia: un consolidamento della ripresa e una conferma dei risultati sul mercato del lavoro anche quando si saranno esauriti gli effetti degli sgravi contributivi confermerebbero che la diagnosi del governo ha saputo individuare le priorità, concentrando correttamente le risorse.
È auspicabile che accada, anche perché la finestra di opportunità che ha caratterizzato il biennio alle nostre spalle riflette una combinazione di elementi favorevoli che difficilmente si riproporrà nei prossimi anni.
I temi trattati sono approfonditi nel contributo dell’autore al volume La Finanza Pubblica Italiana. Rapporto 2016.
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Alessandro
Il reale è l’eterogenesi dei fini. Bankitalia dice che l’imposizione fiscale nel 2015 è passata da 406 a 433 mld euro. Nei primi 5 mesi del 2016 è salita del 4,2 percento.