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Lacrime di coccodrillo sulla difesa dai rischi naturali

I disastri naturali si abbattono spesso sul nostro paese. Per l’elevato rischio sismico e l’incuria con cui trattiamo il territorio. Solo poche regioni destinano risorse alla prevenzione e gestione delle calamità. Generalmente dopo averne subita una. I dati sull’utilizzo dei Fondi europei.

Fondi europei per la prevenzione

Il recente sisma del centro Italia ha provocato un numero inammissibile di vittime, sollevato polemiche e condotto a una inchiesta per corruzione su appalti affidati a trattativa privata e presunte omissioni su lavori, pagati con soldi pubblici, che non avrebbero rispettato le prescrizioni previste nella ristrutturazione degli immobili. Tutto ciò solleva una domanda da rivolgere ai governanti responsabili delle politiche per la prevenzione e la gestione dei rischi naturali – inclusi quelli sismici: l’Italia fa tutto il possibile per prevenirli e affrontarli, sapendo che il nostro territorio è particolarmente vulnerabile?
Il Fondo europeo per lo sviluppo regionale è una delle fonti di finanziamento degli interventi per prevenire i rischi naturali e affrontarne le conseguenze. Può finanziare attività di prevenzione e gestione sia dei rischi legati ai cambiamenti climatici che di altra origine, quali per esempio quelli sismici. Le attività finanziabili includono sistemi e infrastrutture per la gestione dei disastri, protezione civile, campagne di informazione e altro. Il fondo finanzia anche la protezione del patrimonio culturale pubblico, lo sviluppo di servizi pubblici a esso legati, la promozione della biodiversità.
Nell’attuale periodo di programmazione (2014-2020), l’Italia ha destinato ai problemi legati alla protezione dell’ambiente, inclusa la prevenzione dei rischi, circa 2,3 miliardi di euro di Fesr (dati Commissione europea – Dg Regio) a cui si aggiunge il co-finanziamento nazionale. Si tratta dell’11 per cento dei fondi totali disponibili, in linea con la media europea, ma un po’ meno di altri grandi paesi come la Francia (12 per cento) e la Germania (13 per cento).
Se distinguiamo nel dettaglio i vari ambiti di intervento, il grosso delle risorse è destinato all’adattamento ai cambiamenti climatici (31 per cento) e alla protezione del patrimonio culturale pubblico (29 per cento). Le risorse destinate ai rischi naturali non-climatici, quali i terremoti, sono appena il 6 per cento delle risorse totali destinate all’ambiente e l’1 per cento del totale dei fondi Fesr. Si tratta di 131,3 milioni di euro o, in media, 17,8 milioni l’anno. Molto poco, considerando il contesto. Questi fondi sono concentrati in pochissime regioni. Infatti solo i programmi operativi delle regioni meno sviluppate (ex Obiettivo convergenza: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e il Veneto hanno destinato risorse alla prevenzione e gestione dei rischi legati a terremoti e altri disastri naturali. Nulla da parte delle regioni in cui si trovano le province interessate dall’ultima ondata di terremoti, ossia Lazio, Marche e Umbria, né da parte dell’Abruzzo, colpito da un forte sisma nel 2009.

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Figura 1 – Distribuzione delle risorse Fesr destinate alla protezione dell’ambiente e prevenzione dei rischi per principali campi di intervento (Totale: euro 2,3 miliardi nel periodo 2014-2020)

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Fonte: Dati Commissione europea, Dg Regio.

Poca attenzione all’ambiente

La scarsa attenzione ai rischi naturali rientra in quella più generale – sempre limitata – che riguarda le problematiche ambientali. Tutte le spese per l’ambiente e i rischi naturali a valere sui fondi europei sono infatti in calo. Se si confrontano le spese degli ultimi due periodi di programmazione per cui abbiamo i dati, si può osservare che in alcune regioni del Centro Italia vi è stato una diminuzione significativa nella quota destinata all’ambiente sul totale dei fondi: -6 punti percentuali nel caso del Lazio, -12 punti percentuali nelle Marche nel periodo 2007-2013 rispetto al 2000-2006. Si sono osservati aumenti solo in Umbria (+7 punti percentuali) e in Abruzzo (+5 punti percentuali), in linea con gli eventi. In termini pro-capite, la spesa dei fondi europei per iniziative sull’ambiente, tra cui la gestione di rischi naturali, è stata molto bassa nel 2007-2013: circa 7 euro per abitante in media nel Centro Italia, molto al di sotto della media europea di circa 63 euro pro-capite.

Figura 2 – Variazione della quota di spesa Fesr dedicata all’ambiente* nel periodo di programmazione 2007-2013 rispetto al periodo precedente, 2000-2006, per regione (in punti percentuali)

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* include sia le risorse per la protezione dell’ambiente e la prevenzione dei rischi che quelle per le reti idriche e fognarie.

Fonte: Geography of Expenditure, Work Package 13, Ex-post evaluation of Cohesion policy 2007-2013 (Ismeri Europa, wiiw).

Certamente le risorse totali sono limitate, la coperta è corta e le regole di concentrazione dei fondi impongono molti vincoli sulle scelte. Tuttavia, proprio in considerazione della vulnerabilità del territorio italiano, forse ci si potrebbe impegnare a dare maggiore peso a questi temi: anche risorse limitate, in un territorio circoscritto ed esposto, possono dare un contributo significativo e fare la differenza per alcune comunità. I fondi strutturali 2014-2020 sono già programmati e ripartiti. Tuttavia, se necessario, sono possibili riallocazioni all’interno dei programmi, nel rispetto del principio di concentrazione.
L’ambiente è un fattore strategico per l’Italia, ma ce ne curiamo davvero poco, mentre potremmo trasformarlo in un’opportunità di sviluppo. Inoltre l’incuria determina rischi a volte letali. Certamente un malato cronico di vulnerabilità sismica e rischi idrogeologici, com’è il nostro paese, potrebbe dedicare una quota maggiore di tutti i fondi disponibili, incluse le risorse Fesr, ad attività rilevanti in questo campo, nel periodo di programmazione attuale e in quello dopo il 2020.

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Figura 3: Spesa pro-capite Fesr per l’ambiente* nel periodo 2007-2013 per provincia (euro per abitante).

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* include sia le risorse per la protezione dell’ambiente e la prevenzione dei rischi che quelle per le reti idriche e fognarie.

Fonte: Geography of Expenditure, Work Package 13, Ex-post evaluation of Cohesion policy 2007-2013 (Ismeri Europa, wiiw).

 

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Il Punto

  1. Roberto

    Mai titolo fu più azzeccato, soprattutto guardando la distribuzione regionale. Articolo da memorizzare.

  2. anna

    assolutamente condivisibile, eppure c’è ancora qualcuno che vagheggia e vaneggia di centrali nucleari sul territorio italiano, trivellazioni strategiche e altre amenità …… prima sistemiamo la casa e facciamo almeno le pulizie, che ne abbiamo da fare… (Intanto oggi è caduta un’altra palazzina a Roma…)

  3. Federico Leva

    La gestione dei fondi strutturali ricade in gran parte sull’amministrazione pubblica, che logicamente quindi si concentra su quei progetti che può piú facilmente gestire e “capitalizzare” socialmente/politicamente.

    L’adeguamento sismico di un immobile privato è un beneficio individuale diretto ma invisibile. Come gli interventi di risparmi energetico, potrebbe essere messo in moto dall’iniziativa individuale adeguatamente incentivata.

    C’è chi propone un modello ESCo per gli adeguamenti sismici nel progetto “casa italia”, ma gli interventi di risparmio energetico si finanziano col risparmio sulle spese correnti. L’adeguamento sismico invece si ripaga aumentando il valore dell’immobile (ovvero riducendo la probabilità che il valore si azzeri in seguito a un terremoto). Il finanziatore allora deve giocoforza finanziarsi con una quota di tale capitale.

    Non si può immaginare un vettore finanziario che attinga prestiti a tasso quasi zero dalla BEI, li giri a imprese qualificate per l’esecuzione di interventi di adeguamento sismico, e ottenga in cambio un pari capitale sotto forma di ipoteca di lungo periodo (50 anni?) sugli immobili privati?

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