Lavoce.info

Quando lo stipendio del prof dipende dalla ricerca

Nel Regno Unito, la facilità di movimento da un’istituzione all’altra e il nesso diretto tra finanziamento e qualità della ricerca hanno creato un mercato del lavoro in cui le università competono per assicurarsi i docenti più produttivi. Con quali effetti sulla struttura salariale dei professori?

Università nel mercato delle pubblicazioni

Nell’attesa dei risultati della valutazione della ricerca universitaria condotta in Italia dal 2011 al 2014, può essere utile riflettere sui possibili effetti di questi esercizi sulle retribuzioni dei docenti. In un recente lavoro, utilizziamo dati dell’agenzia governativa britannica per studiare la relazione tra gli stipendi dei professori ordinari e la qualità della ricerca dei loro dipartimenti nella valutazione del 2014 (Research Excellence Framework). La Ref ha attribuito a ogni dipartimento un punteggio che determinerà il finanziamento governativo per i prossimi sette-otto anni.
Va premesso che per i professori ordinari (full), lo stipendio è totalmente basato sulla contrattazione individuale con l’università (quasi sempre con il rettore stesso). Gli accordi sindacali nazionali stabiliscono solo il minimo. Poiché però non fissano un massimo, i professori più pagati arrivano a guadagnare sette volte il minimo. Anche lo stipendio medio degli ordinari di un dipartimento varia moltissimo: in alcuni si guadagna quasi tre volte la media di altri.
La nostra analisi dimostra che i dipartimenti che pagano stipendi medi più alti hanno anche risultati migliori nella valutazione della Ref (figura 1). Non solo. I dipartimenti in cui lo stipendio varia di più, ottengono valutazioni migliori: la disuguaglianza tra colleghi migliora la ricerca. Quest’ultimo risultato, che potrebbe essere causato dall’assunzione di “superstar” pagate a peso d’oro, sembra però valere solo in alcune discipline.

Figura 1 – Associazione tra stipendio medio dei professori ordinari e il risultato del dipartimento nella Ref 2014.

Schermata 2016-09-26 alle 18.11.24

Fonte: 1171 dipartimenti accademici in 36 aree di ricerca in UK. Nostra rielaborazione di dati forniti da Hesa.

Due spiegazioni per una relazione

La relazione positiva fra stipendio medio e risultati può avere due spiegazioni. Come squadre di calcio con un ampio pubblico, alcune istituzioni potrebbero avere più fondi a disposizione (grazie, ad esempio, a ex-allievi più generosi), che usano per attrarre ricercatori migliori, offrendo loro stipendi che altre università non possono permettersi. Oppure alcune università possono essere state più fortunate in passato e, come Microsoft e Facebook, dividono i maggiori guadagni dovuti al successo nella ricerca con i dipendenti di alto livello.
Come distinguere fra le due possibili spiegazioni? Le trentasei commissioni di esperti raggruppati per disciplina hanno valutano la qualità della ricerca secondo tre diversi criteri: l’importanza scientifica delle pubblicazioni, l’ambiente di ricerca e l’impatto della ricerca al di fuori del mondo dell’accademia. Dei tre criteri, solo il primo è trasferibile da un’università all’altra: la Ref ha valutato le pubblicazioni dei professori in ruolo in un ateneo il 31 ottobre 2013, indipendentemente da quando e dove siano state scritte. L’impatto della ricerca, invece, è attribuito all’ateneo dove la ricerca ha preso forma, anche se il suo autore si è trasferito altrove.
Analizzando separatamente le tre aree, nel nostro lavoro mostriamo che la relazione positiva fra stipendio medio e risultati è dovuta soprattutto alla qualità delle pubblicazioni, mentre non troviamo alcuna relazione con l’impatto della ricerca. Il fatto che la valutazione della misura trasferibile sia influenzata dallo stipendio medio, mentre quella non trasferibile non lo sia, suggerisce che le università, nell’assumere o promuovere, privilegiano le pubblicazioni dei candidati piuttosto che l’impatto della loro ricerca, visto che solo le prime possono migliorare la valutazione della Ref. Ne segue dunque che la Ref induce le università a offrire avanzamenti di stipendio ai professori che vuole attrarre.

Leggi anche:  Nel rapporto Ocse lo stato di salute del sistema educativo italiano

Ma rimangono differenze nelle strategie

Abbiamo riunito le università in quattro gruppi, a seconda dell’importanza storica delle diverse istituzioni. Come mostra la prima parte della figura 2, le più eminenti (il gruppo Russell) ottengono una valutazione migliore, seguite dal cosiddetto “gruppo 1994”, da “altre” università e infine da quelle di recente formazione. La seconda parte della figura dimostra che la relazione fra stipendio medio e qualità della ricerca è più forte quando il livello medio della ricerca è inferiore.

Figura 2 – Qualità dell’istituzione e associazione tra stipendio medio dei professori ordinari e il risultato del dipartimento nella Ref 2014.

Schermata 2016-09-26 alle 18.16.17

Fonte: Prima parte: distribuzione cumulata della valutazione nei quattro gruppi di università. Seconda parte: come figura 1, ma nei quattro gruppi di università. Nostra rielaborazione di dati forniti da Hesa.

Infine, avere un membro del dipartimento fra i commissari della Ref ha un effetto positivo sulla valutazione, a parità di tutto il resto: vale soprattutto nelle materie letterarie e nelle scienze sociali e nelle componenti della valutazione (ambiente di ricerca e impatto sulla società) per le quali il giudizio è più soggettivo. Già notato da altri autori in paesi diversi, ciò fa pensare che anche in accademia tutto il mondo sia paese.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Quota 30 per cento di stranieri nelle classi? Facile a dirsi, difficile a farsi

Precedente

Come evitare un altro caso Apple

Successivo

Il Punto

  1. La correlazione di quel bulge sara’ 0.15 gia’ cosi’ com’e’, se correggiamo per andamenti piu’ che comprensibili (come la progressione salariale e il rendimento bibliografico dei senior vs junior, e le poche star) non vedo come sia possibile adottare certe conclusioni…

    p-value 0.075 fra due pannelli, considerando il p-hacking intrinseco in un’anlisi di questo di questo tipo, praticamente e’ una invalidazione automatica d’altronde a casa mia…

  2. Daniele Zuddas

    Scusate, una semplice domanda per gli autori dell’articolo: siete sicuri che i grafici supportino le vostre conclusioni? su quale teoria statistica vi siete basati? a me le nuvolette sembrano indicare una assenza di correlazione… Grazie e buon lavoro.

  3. Grazie Andrea e Daniele delle precisazioni. Come notate, i grafici illustrano solo correlazioni, senza controlli: le regressioni (ottenibili dal paper, il cui link è nell’articolo), dimostrano significatività statistica; e, nei limiti della disponibilità dei dati, robustezza, dato che i risultati non cambiano aggiungendo variabili di controllo (e abbiamo un r-quadro superiore al 90%). Per quanto riguarda la dimensione dell’effetto, un aumento del salario medio del 10% è associato a un aumento del finanziamento del 5%. Con molta cautela, i dati sono quelli che sono, nel paper usiamo alcuni curiosi dettagli del meccanismo di valutazione per congetturare che la direzione di causalità sia che le università cercano di “acquistare” curricoli prestigiose all’avvicinarsi della scadenza della valutazione. Gli incentivi funzionano…

  4. Enrico Motta

    L’articolo non accenna a una questione secondo me fondamentale nella valutazione dei docenti universitari. Docenti, quindi tenuti all’ insegnamento, e non solo alla ricerca e alle pubblicazioni. Non valutare quanto uno sa insegnare, cioè trasmettere il sapere e il suo possesso critico, mi sembra piuttosto grave da parte di una Università. Ammetto che tale tipo di valutazione è difficile, ma non ci si può rinunciare e sostituirla esclusivamente con altri metodi. Inoltre non tutte le materie sono uguali da questo punto di vista; il peso della ricerca in Genetica non è paragonabile a quello in Diritto Romano. E un ottimo ricercatore, magari con l’ansia da pubblicazione (altra questione), non è detto che sappia insegnare. Quale stipendio per quest’ultimo?

    • Certo Enrico, l’insegnamento è importante. La momento non c’è valutazione nazionale dell’insegnamento, ma il governo inglese intende introdurre il TEF (teaching reference framework) a fianco del REF. Sarà interessante valutare se le università in cui i professori sono pagati di più ottengono risultati migliori nell’insegnamento. Se dovessi fare una previsione direi di no, non tanto perché alle univeristà non interessa l’insegnamento, ma perché è molto più difficile valutare un insegnante che acquisire pubblicazioni tramite l’assunzione di un professore con un ottimo CV.

  5. Felice

    Salve, vorrei porre alcune domande relative soprattutto a quanto scrivete nel paper.
    1 – Avete verificato la presenza di un eventuale problema di multicollinearità? (nel paper scrivete che […] This strong collinearity suggests that mean and standard deviation supply broadly similar information.”). Avete provato a escludere dalle regressioni una delle due variabili suddette? Nel caso, che risultati ottenete?
    2 – Indipendentemente dalla volontà di confermare i vostri risultati teorici, oltre alla media avete provato a utilizzare la mediana? In analisi eventualmente complementari, l’utilizzo alternativo della mediana potrebbe essere interessante perche’ banalmente rilevano meno gli outliers, si dà un peso minore alle superstar.
    3 – la chiarezza sull’assenza di nessi di causalità appare piu’ netta nel paper che nell’articolo divulgativo (ad es., “la disuguaglianza tra colleghi migliora la ricerca.”). Inoltre la stessa significatività dei risultati del vostro paper sulla relazione tra deviazione standard e risultati della REF non appare cosi’ evidente (ad es., colonna 4 della tabella 3, tabelle 5 e 6).
    4 – se non ricordo male i dati del REF si riferiscono ad una platea che non supera 1/3 del totale dei ricercatori nelle università UK. Secondo gli autori, quanto i risultati possono essere generalizzabili alla popolazione complessiva?
    Grazie anticipate (e ovviamente grazie agli autori per il contributo).

    • Grazie Felice. 1. Sì abbiamo provato diverse specificazioni, e il risultato è decisamente robusto (la media salariale è associata a miglior performance, la disuguaglianza pure, ma meno nettamente. 2. Non cambiava molto, mi pare di ricordare; le ultime variabili che avevamo provato (e che non risultavano significative) erano il cambio dei salari nell’ultimo anno, la percentuale del mote salari del top quartile, il rapporto tra il salario medio degli under 50 e degli over 50. 3. Sì. Il vincolo delle 5000 battute è difficile da rispettare… 4) dei ricercatori è vero (un po’ di più, mi pare), ma qui noi guardiamo solo i professori ordinari: per professori associati e assistenti, si sta sulla scala salariale, dove lo stipendio dipende dall’anzianità in ruolo (con varie eccezioni). E poi non abbiamo i dati…

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén