Il ministro dell’Interno ha annunciato un giro di vite nelle politiche dell’immigrazione, promettendo più espulsioni e la riapertura dei Cie. Può apparire una svolta ragionevole, ma non lo è. È facile prendersela con gli immigrati irregolari, si rischia però di perdere di vista i problemi reali.
Le prime mosse del governo Gentiloni
Mentre proseguono meritoriamente i salvataggi in mare (180mila nel 2016, + 18 per cento rispetto al 2015), il primo atto del governo Gentiloni – e segnatamente del nuovo ministro dell’Interno, Marco Minniti – nel campo delle politiche dell’immigrazione va nella direzione dell’inasprimento. Sembra un messaggio rivolto a raccogliere gli umori prevalenti nell’opinione pubblica.
Minniti e il capo della polizia, Franco Gabrielli, sull’onda emotiva dell’attentato di Berlino, con una circolare di due pagine diretta a tutte le prefetture e questure d’Italia, hanno annunciato un giro di vite sulle espulsioni degli immigrati irregolari. Hanno annunciato anche il rilancio dei centri di identificazione ed espulsione, uno per regione, che dovranno risalire alla capienza di 1600 posti complessivi. C’è poi la promessa di raddoppiare le espulsioni: dalle attuali 5mila all’anno a 10mila, forse a 20mila. E una specifica allerta alle forze di polizia: nell’involuto linguaggio ministeriale, un invito al “rintraccio” e al trattenimento degli immigrati privi di regolari documenti, non senza nominare un’accresciuta pressione migratoria di cui non si trova traccia nei dati. L’aumento relativo degli sbarchi e dei richiedenti asilo (176mila accolti nelle varie strutture) non cambia i numeri complessivi dei residenti (5,5-5,8 milioni).
Colpisce soprattutto il collegamento tra immigrazione irregolare, illegalità e terrorismo. Il caso Anis Amri brucia, ma va ricordato che gli attentatori che finora hanno colpito in Europa erano quasi tutti cittadini o regolari residenti, come nei casi di Parigi, Bruxelles, Nizza. Per di più, essendo ormai noto che le espulsioni falliscono anche per la mancata collaborazione dei paesi di origine, Minniti ha intrapreso un giro dell’Africa per prendere accordi con i governi locali, malgrado non tutti siano molto presentabili sotto il profilo del rispetto dei diritti umani. Casi come quelli dell’Eritrea e dell’Egitto non sono purtroppo isolati.
Può apparire una svolta ragionevole, di certo attesa da molti, ma non lo è. È facile prendersela con gli immigrati irregolari, riecheggiando ansie e timori di una società sempre più fragile e impaurita. Espellerli sul serio implica però ingenti investimenti economici, dispiego di forze di polizia sottratte ad altri compiti, allestimento di strutture detentive costose e disumane (1600 posti in tutta Italia sono comunque pochissimi), collaborazione di governi che non hanno nessun interesse a riprendersi i propri cittadini. Ma soprattutto rischia di essere controproducente, perché spinge chi non è in regola verso una maggiore clandestinità e forse davvero verso attività illegali, allontanandolo da mense, dormitori, ambulatori del volontariato, da attività magari fastidiose ma innocue come l’elemosina. Sotto il profilo politico, tra l’altro, il giro di vite annunciato sembra dare ragione alle posizioni di chi ha sempre richiesto il pugno duro verso immigrati e richiedenti asilo, assimilando immigrazione e illegalità.
Per contrastare il fenomeno, serve altro: apertura di corridoi umanitari che consentano di compiere una selezione alla partenza, evitando i rischiosi viaggi per mare; riapertura della possibilità di immigrazione per lavoro, evitando richieste di asilo improprie (ne parla anche il Migration Compact del governo italiano, ma senza provvedimenti conseguenti); rimpatri volontari assistiti; inizio delle ricerche su identità e provenienza degli immigrati in carcere quando sono ancora detenuti, e non dopo averli trasferiti nei Cie.
Senza asilo, ma integrati
Minniti ha poi annunciato l’abrogazione del cosiddetto reato di clandestinità, della cui inutilità non priva di effetti controproducenti ci siamo già occupati su lavoce.info. Anche in questo caso, la ragione addotta è stata quella di rendere più rapide ed effettive le espulsioni, giacché gli immigrati sotto processo per non avere ottemperato all’ordine di lasciare il territorio nazionale devono rimanere in Italia fino al termine del procedimento. A quanto sembra, le innovazioni passano o vengono annunciate solo se possono essere presentate come inasprimenti.
Si sta affacciando invece un problema vero, a cui il governo dovrebbe dare risposta: che fare dei richiedenti asilo che ricevono un diniego dopo i vari gradi di giudizio, ma ormai sono insediati in Italia da anni, sono stati oggetto di interventi formativi, in alcuni casi sono riusciti a trovare lavoro o sono sulla buona strada per farcela (si veda l’articolo di Gabriele Martini su La Stampa del 3 gennaio).
Nel 2016, dal 1° gennaio al 21 ottobre, sono state esaminate 74.575 richieste di asilo: ne sono state respinte il 62 per cento, anche se di solito nei successivi gradi di giudizio una parte vengono poi accolte. Espellerli tutti non si riuscirà, costerà troppo e vanificherà gli investimenti nell’integrazione. Anche in questo caso, il mero annuncio di un impossibile “cattivismo” li spingerà verso la clandestinità e i circuiti dell’illegalità. Come ha proposto il prefetto Morcone, sarebbe meglio pensare a un permesso umanitario almeno per coloro che hanno dato prova d’impegno nell’inserimento, imparando l’italiano, partecipando ad attività socialmente utili, frequentando corsi di formazione, cercando e trovando lavoro. Le espulsioni vanno lasciate ai casi in cui servono effettivamente, non brandite al vento alla ricerca di un dubbio consenso.
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Michele Zazzeroni
Aspettavo il fatidico “serve altro”. Alla fine è sbucato fuori nell’ultimo capoverso della prima parte dell’articolo. Serve sempre ben altro; di solito tranquillamente collocato nel mondo dell’impossibile. L’autore sembra negare un nesso fra immigrazione e illegalità. Secondo il sociologo Ricolfi il tasso di criminalità degli immigrati è sei volte quello degli italiani (non mi risulta che l’affermazione sia stata smentita e d’altra parte la cosa pare anche intuitiva). Pare anche di capire che i cittadini siano sempre irrazionali, hanno ansie e timori, mai riflessioni; non sono mai portatori di qualcosa di più profondo. Spesso è così. Io credo che però sulla questione migranti-illegalità-identità-terrorismo i cittadini, ormai anche quelli “democratici”, sentano che qualcosa di profondo sta saltando. Ma questo per l’autore dell’articolo deve essere invece il migliore dei mondi possibili; ne parlava anche Voltaire. Non ho mai votato Lega nella mia vita, e neanche centrodestra. Ma non sono stupido: ho occhi per vedere e testa per capire. E mi accorgo di quanto lei sia lontano non solo dal principio di realtà ma anche da quello di fattibilità.
rosario nicoletti
Non ho mai considerato seriamente la possibilità di votare Lega. Ma leggendo questo articolo, confesso che la tentazione è forte.
Dario
Da quello che si è capito dall’articolo bisogna accogliere chiunque arrivi nel nostro paese. Non si capisce bene perchè, siamo obbiettivamente già in troppi nel nostro piccolo paese, con praticamente nessuna possibilità di aumentare realmente il PIL e con tantissimi Italiani disoccupati. Poichè la logica e la matematica non sono opinabili risulta chiaro che praticamente tutti i clandestini arrivati saranno eterni disoccupati o rimpiazzeranno in alcuni lavori i nostri lavoratori, creando nostri disoccupati. In pratica gli immigrati accolti dovranno essere mantenuti a vita dagli Italiani, con pochissime possibilità di integrarsi, data la enorme differenza di culture, credo religiosi ecc. Inoltre non si considera l’ormai imminente arrivo sul mercato del lavoro dei robot, più o meno antropomorfi, che ridurranno ulteriormente il già asfittico mercato del lavoro. Si noti che l’accoglienza di masse di clandestini innesca un’altra bomba ad orologeria che è quella dei ricongiungimenti familiari che moltiplicherà il numero di immigrati e complicherà ulteriormente l’integrazione.
Massimo Marnetto
Servirebbe un sistema premiante di concessione di permesso di soggiorno “a punti”.
Punti da assegnare a chi restituisce un portafogli rinvenuto, soccorre un ferito, difende una donna da un’aggressione, denuncia trafficanti di droga, di donne, di organi, si rifiuta di pagare il pizzo, denuncia caporali, partecipa ad azioni di volontariato nelle calamità, ecc. Nei casi di maggior valore sociale i protagonisti potrebbero essere inseriti in programmi di formazione per diventare mediatori culturali ed essere l’esempio tangibile nelle loro comunità, di come scelte di legalità e di collaborazione possano essere un efficace strumento di integrazione. Più alto è il punteggio, più opportunità potrebbero aprirsi per i meritevoli, fino all’ottenimento della piena cittadinanza. Il sistema “a punti”, però, dovrebbe anche prevedere sanzioni in sottrazione, in caso di comportamenti violenti o comunque illegali, come deterrente a cedimenti nel percorso di integrazione.
Definire un sistema premiante di inclusione non è semplice. Ma credo sia una scelta necessaria per competere – in modo propositivo e non solo sanzionatorio – con la capacità di attrazione che la malavita esercita nei confronti dei migranti. L’effetto di rinforzo del premio diverrebbe così il principale fattore di potenziamento del progetto di una vita migliore, che ogni migrante coltiva come l’obiettivo ultimo, che dà senso a tutti i sacrifici che gli si frappongono.
EzioP1
Il rimpatrio non è cosa facile. Per renderlo efficace bisogna trovare il giusto equilibrio tra vantaggi e svantaggi della persona e l’interesse del paese d’origine e di quello di transito dell’immigrato a gestire i rimpatri. Una azione di forza nel rimpatrio sarebbe decisamente sconsigliabile in quanto una reazione di massa dei “rimpatriandi” su un aereo o su una nave potrebbe sfociare in gravi problemi e anche gravi incidenti. La propaganda politica pur conoscendo queste difficoltà continua nel prospettare soluzioni irrealizzabili e da mondo dei sogni. Tutti vorremmo che gli immigrati tornassero a casa loro e che potessero vivere là senza problemi ma non è con i sogni propagandati dai politicanti da strapazzo che si risolvono i problemi. Per quanto riguarda il caso Libia inoltre è da considerare che il governo di Tripoli controlla solo una minima parte della costa mediterranea, la maggior parte è nelle mani del governo non ufficiale.
Ruggero
Michele hai colpito il bersaglio.
Il ministro Minniti sta facendo quello che il ministro Alfano non ha mai fatto.
Si stima che i mussulmani sono il 45% sul totale degli immigrati che arrivano ogni anno in Italia .
La metà dei mussulmani che arriva in Italia è sotto i 30 anni. (Nel 2017 a seguito delle ritirita Isis dalla Siria quanti terroristi arriveranno in Italia coi barconi ? )
Proprio ieri sera alla Gabbia hanno fanno vedere un’ inchiesta sui quartieri satelliti della periferia di Milano, dove negli alloggi popolari gli ultimi italiani rimasti (vecchi e donne ) vengono minacciati e spinti ad abbondonare gli alloggi.Gli amministratori delle case popolari invece di porre rimedio spostano gli inquilini in altre località.
Esiste una organizzazzione araba che con 1000 Euro abbatte la porta e fa entrare il pagante non avente diritto.
Quale integrazione e lavoro regolare possiamo ofrire a questi immigrati, in particolare ai mussulmani che già di suo non sono predisposti alla condivisione della nostra cultura, vista la decresita economica del nostro paese ?
Purtroppo nelle grandi città il tessuto sociale e legale è già saltato e nelle periferie vige la legge del gruppo etnico più forte, e i poveri e vecchi italiani rimasti devono subire.
La crisi economica, l’ immigrazione incontrollata, la mancanza di lavoro sono ingredienti che miscelati faranno esplodere la nostra debole democrazia.
Quindi Minniti va sostenuto.
Pietro
>da attività magari fastidiose ma innocue come l’elemosina
E’ una frase feroce verso l’immigrato come essere umano e scopre un distaccamento dalla realta’ notevole, rifletta la prego.
L’immigrato irregolare e’ un problema, in primo luogo, per l’immigrato stesso che deve cosi cercare altre vie per campare – lavoro a caporalato, delinquenza, in un mondo ideale dovremmo provvedere a tutti una casa ed un lavoro ma questo non e’ chiaramente possibile ed il problema e’ enorme – l’Italia non e’ piu’ un paese ricco e bisogna interrompere la linea di pensiero dei baby boomer : siamo noi che stiamo emigrando e siamo sempre piu’ poveri.
E’ un bel problema ma va trattato come tale – la Lega Nord nella maniera piu’ brutale tratta il problema – ma lo tratta e posso capire come possano prendere consenso.
Edison
Riassumendo: l’espulsione degli immigrati irregolari è difficile e costosa; meglio aprire corridoi umanitari con SELEZIONE degli immigrati in partenza ed offrire a quelli già arrivati (a loro spese) a mezzo trafficanti o un rimpatrio assistito (a nostre spese), o l’assistenza (sempre a nostre spese) per “integrarsi”.
Due semplici domande: 1) se chiunque arriva in Italia ha ottime probabilità di rimanervi comunque, chi o cosa dovrebbe impedire agli esclusi dalla “selezione” preventiva di rivolgersi ancora ai trafficanti per essere messi in mare in attesa di venire “salvati” e traghettati?
2) è sicuro che i costi delle espulsioni sarebbero superiori ai costi (economici e sociali) della “integrazione” di una massa di sradicati senza qualificazione in un sistema-Paese che ormai da anni espelle il potenziale umano e produttivo di decine di migliaia di giovani italiani già formati e “integrati”?.
La realtà è che senza politiche di dissuasione e contrasto (anche marittimo) quali quelle attuate dalla civilissima Australia, nessuna gestione della immigrazione irregolare è praticabile, a meno che non si confidi nelle virtù taumaturgiche della mitica “buona accoglienza” e dello stellone d’Italia. Auguri a tutti noi.
marco
Sembra che l’autori aneli ad una italia multietnica ideale con una crescente quantità di immigrati integrati e felici….
Ma secondo lui dobbiamo porci qualche limite oppure no? Possiamo tenere conto che la sola Nigeria passerà da 200 a 400 milioni di persone nei prossimi 20 anni (dati de LaVoce)? E la tendenza vale per tutta l’Africa.
Ripeto, bastano i 6 milioni attuali oppure se ne augura 12 milioni? O 20 milioni?
Con tutti i problemi che abbiamo di non sviluppo, disoccupazione, povertà crescente, illegalità ci mancano davvero alcuni altri milioni di poveri
Francesco Di Puccio
Perchè lei dice che il numero dei poveri cambierebbe?
Forse in Italia, ma nel mondo no.
Francesco Di Puccio
Non mi aspettavo di trovare, anche in pagine come queste che hanno lettori, si presume, dotati di un grado di consapevolezza sopra la media, il classico “prima gli italiani”.
Ed invece, eccolo, in un paio di commenti.
Sto sempre aspettando che qualcuno mi dica perchè. Perchè “prima gli italiani”? Perchè se non c’è abbastanza lavoro, ricchezza, benessere per “gli italiani” questo deve essere motivo per accogliere altri? Vorrà dire che ce ne sarà ancora meno, ma quel poco sarà spartito con chi di sicuro non viene da luoghi dove si sta meglio che nella nostra triste Italia.
Perchè il fatto di essere nati in Italia, al di là (o al di qua) di qualche linea immaginaria o di una striscia di mare dovrebbe regalarci un privilegio?
Edison
Perchè il benessere relativo del nostro Paese è un “privilegio” che non ci è stato regalato dalla Natura o dalla Umanità, ma è stato costruito nel tempo da quanti si sono riconosciuti CITTADINI italiani, legati da un “patto sociale” che ne ha sancito i diritti e i doveri reciproci. Se a Lei piace, anzichè la società civile in cui è nato, una MOLTITUDINE indifferenziata in cui si entra e si esce a piacere, è libero di condividere le Sue personali risorse con chi preferisce, senza però pretendere che gli altri “soci-cittadini”, in particolare i meno fortunati, condividano con qualunque estraneo le risorse collettive che costituiscono il “patrimonio sociale”. Forse confonde la cittadinanza di uno Stato con l’associazione ad una ONG: è una questione di …scarsa consapevolezza.
Stefano Andreoli
Provo a dire una mia risposta alla domanda di Francesco.
Sul piano morale e personale sono d’accordo con lui: se vedo un giovane disoccupato in difficoltà (per fare un esempio), il senso di solidarietà o il dovere di aiutarlo che sento dentro di me è lo stesso sia che si tratti di un italiano che di uno straniero.
Su un piano politico, però, il giovane italiano fa parte di una comunità (la comunità nazionale) che è legata dalle istituzioni (ad esempio la possibilità di eleggere dei rappresentanti, che possono decidere di imporre delle tasse e di utilizzare i soldi così raccolti per aiutare i ragazzi in difficoltà) che ne rafforzano i meccanismi di solidarietà interna. Insomma il giovane italiano ha una “protezione” (per quanto insufficiente) che il giovane straniero non ha, che gli viene data dal suo appartenere alla comunità nazionale.
Francesco Di Puccio
Grazie sig. Stefano, capisco il suo punto di vista e la sua spiegazione.
Ma non è una motivazione o meglio, è una spiegazione dello Status Quo e non una spiegazione del perchè sia così, perchè si sia scelto di fare così, quale sia la motivazione etica, morale, umana su cui questa organizzazione si basa.
E’ questa risposta che chiedo a chi pensa che sia giusto respingere disperati solo per una scritta su un documento.
Francesco Di Puccio
Caro sig. Edison,
io mi sento semplicemente un uomo, legato ad un “patto sociale” non scritto che lega tutti gli uomini.
E così, sono certo, i miei genitori ed i miei nonni.
Non ci sono quindi “estranei” per me nell’umanità anche perchè, lo ribadisco, per il solo fatto di essere nato, per caso, in Italia, non capisco perchè io debba avere maggior fortuna di chi come unica differenza da me è nato al di là di una linea immaginaria.
Si tratta di punti di vista.
E la ringrazio anche per i preziosi consigli: riguardo la condivisione di quello che ho, forse già lo faccio. Riguardo il gentile invito a levarmi dai cosiddetti, ci penserò ma non credo di trovare situazioni migliori altrove.
Osvaldo Forzini
“Sto sempre aspettando che qualcuno mi dica perchè. Perchè “prima gli italiani”?”
Egregio sig, Di Puccio, francamente: ma lei c’è o ci fa? E il bello è che si permette di scrivere
“che hanno lettori, si presume, dotati di un grado di consapevolezza sopra la media” come se fossero gli altri, e non lei, a non essere consapevoli.. come le ha scritto giustamente Edison.
Prima gli italiani perché è logico. Così come è logico che in Canada sia “prima i canadesi”, in Uganda “prima gli ugandesi”, in Australia “prima gli australiani” e così via. Perché? Perché l’organizzazione del mondo si fonda sugli Stati, i quali hanno (Diritto Amministrativo) come base a loro fondamento “il territorio”: non esiste Stato senza territorio, ed infatti le uniche 2 funzioni irrinunciabili di uno Stato sono la difesa dei confini e l’amministrazione della giustizia. Non la sanità, non l’istruzione, non altre mansioni che possono essere svolte dai privati. Quindi prima (in senso generale) “gli abitanti dello Stato” perché loro sono i “cittadini”, votano e stabiliscono a quali leggi obbedire, hanno diritto a stare su quel territorio ma sono anche i primi ad essere soggetti alle leggi del loro Stato, a pagare le tasse ed i tributi previsti, ad avere nel tempo costruito la realtà in cui vivono. Credevo fosse davvero inutile doverlo scrivere… ma tant’è. Poi, se lei ritiene che gli Stati ed i confini vadano aboliti.. guardi, ne possiamo pure discutere e magari concordare. Ma, almeno, lo scriva chiaramente..
Francesco Di Puccio
Gentile sig. Osvaldo,
di sicuro non “ci faccio”, se “ci sono”. Per fortuna, coloro che la pensano come lei, su questo sito sono la minoranza, per questo il mio stupore. Ma ben sappiamo che in Italia e nel mondo sono la grande maggioranza.
E’ piuttosto ovvio, ma volentieri glielo spiego, che trovo ugualmente sbagliato dire “in Australia prima gli austrialiani” e “in Uganda prima gli ugandesi”.
E’ piuttosto inutile che mi spieghi cosa sono gli Stati ed i confini, sono cose che, avendo brillantemente superato la scuola elementare, conosco.
E sì, sono certamente convinto che andrebbero abolite e che siano la causa di molti mali.
Nel frattempo, visto che di utopia si tratta, cerchiamo almeno di pensare ed agire “oltre” e con un respiro ed un animo più grande.
Gli “abitanti dello Stato” devono, ovviamente, pagare le tasse ed obbedire alle leggi, questo non è messo in discussione ma non è che c’entri molto con il discorso che stiamo facendo…
Alberto
Suppongo che se a lei rifiutassero le cure mediche in un altra nazione come la Svezia, oppure il sussidio di disoccupazione oppure la pensione in Danimarca lei non riuscirebbe a comprendere il loro rifiuto. Incredibile che perfino qui esistano persone che postino certi commenti e sopratutto certi articoli. Una società perché funzioni deve guardare a quello che ciascuno può contribuire per renderla più ricca, non a quello che ciascuno può pretendere campando solo diritti per renderla più povera a scapito degli altri soggetti a soli doveri.
Francesco Di Puccio
Gentile sig. Alberto,
c’è differenza tra il non capire e il non ritenere giusto.
Ovviamente lo capirei ma ovviamente non lo riterrei giusto.
Comprende? Il resto non è commentabile.
Roberto
Sì, ma non si capisce (a parte guerre, terrorismo endemico ecc.) quale sia la molla che li spinge a partire e a venire “proprio qui”. “La povertà!” Bene, ma il viaggio è molto impegnativo, oltre che fisicamente anche in termini economici. Si parla di qualche migliaio di dollari, raccolti in Paesi, appunto, “molto poveri”. Quindi l’obiettivo deve apparire MOLTO appetibile (fiumi di miele, montagne di zucchero…). Possibile che nessuno li informi di come stanno veramente le cose? Non sembrano tutti provenire dalle foreste profonde. Quindi, è l’informazione che manca (e perché non forniamo l’informazione?) oppure grosso modo “sanno”, ma sanno anche (come? da chi?) che poi “tutto si aggiusta, perché quelli lì” (cioè noi) “non fanno sul serio”. E speculano (nel senso che calcolano) che proprio noi siamo il “ventre molle”, che comunque li accoglierà, seppure nella confusione, nell’affollamento ecc. ecc. E quanto incide in questa falsa rappresentazione (in cui sono assenti i naufragi e la possibilità di rimanere “imprigionati” in Italia) la propaganda dei “mafiosi” locali? E che cosa raccontano a “quelli che sono rimasti laggiù”? In questo caso, occorrerebbe avere una visione ed una strategia più complesse del blocco alla partenza, espulsione, “aiuti all’origine”, CIE, accordi con Stati ecc. Che, come s’è visto, non funzionano, ma creano solo “sbandati” nel nostro Paese.
Tommaso
E’ ormai evidente che questa situazione non è più gestibile e se il problema del rimpatrio rimarrà un ostacolo, a causa dei paesi africani, rimarranno,a mio parere,tre soluzioni:1 lo status quo che causerà problemi sociali ingestibili.
2 fare un accordo con i paesi da cui partono i barconi,Libia in primis,per impedire la partenza facendo rientrare i barconi sulle coste di partenza.
3 fare degli accordi,a pagamento, con Tunisia,Marocco e Tunisia per fare dei mega campi dove portare i migranti una volta intercettati in mare e li fare la cernita degli aventi diritto all’asilo. Ormai bisognerà essere pragmatici e severi con questo fenomeno che riguarda solo l’Italia.Non è possibile accogliere tutti anche perchè come potranno i paesi africani iniziare a crescere se i loro cittadini più abbienti emigrano in Italia? Perchè non continuiamo a ripetere che chi scappa dai paesi non in guerra sono i più poveri e disperati,chi emigra sono i più ricchi che possono permettersi la spesa di svariate migliaia di euro e i delinquenti.
Osvaldo Forzini
Intanto grazie a Roberto, Edison, Marco, Pietro, Ruggero ecc. per i loro commenti che più o meno condivido, risparmiandomi il tempo, sempre poco, per farlo. Aggiungo.
Premetto. Forse io sono razzista, ma non sono uno stupido. Capisco che questi disgraziati che arrivano da noi non stanno facendo un viaggio di piacere: starebbero più che volentieri nei loro paesi, con i loro amici e parenti. Le loro storie sono tremende. Non manca loro solo il pane, ma spesso anche la libertà e la democrazia. Abbiamo visto Aleppo, adesso i campi innevati della Serbia, lo vivo come pugni nello stomaco. Come soffro per i curdi, i tibetani, per chiunque sia discriminato ed oppresso.
Poi però, con sofferenza, devo affrontare le cose secondo ragione.
In Italia siamo inondati da norme e regole, salvo poi fare finta che non esistano. E’ un problema aprire una finestra, ma poi abbiamo case abusive nel parco di Agrigento, quasi su ogni spiaggia che abbiamo distrutto per sempre. La protezione civile se erutta il Vesuvio prevede lo spostamento di 700mila persone. Immagino molte, molte abbiano case abusive. A questi “beep” che hanno costruito in quella “tranquilla zona” dovremo garantire un ricovero, un hotel! e magari poi una nuova casa costruita a spese nostre!!!.. Ora, quando finalmente qualcuno fa quello che si doveva da decenni, cioè demolire queste case abusive, gli si getta la croce addosso, invece che prendersela (e punire) con quelli che “prima” dovevano impedire lo scempio. Non avrei finito..
Osvaldo Forzini
Riprendo. Sulla questione migranti ci sono leggi (ed anche dei ragionamenti logici: per es. tutti capiamo che non si può accogliere 100milioni di persone), e, salvo cambiarle, dobbiamo decidere se le leggi valgono o abbiamo scherzato.
L’articolo mi pare seguire la solita logica. Discute solo in parte la legge, perché non contesta il principio per cui ci sono immigrati regolari ed altri no. In quanto è (o dovrebbe essere) chiaro a tutti che TUTTI gli Stati del mondo, compresi quelli di origine dei migranti, controllano il territorio ed anche la Somalia, il Senegal ecc. impediscono l’arrivo di “irregolari”, fossero anche italiani! (un po’ meno se hanno soldi, immagino). Se non sbaglio, perfino per andare in USA ad un italiano occorre il visto, sbaglio? Poi però l’autore finisce nel solito “cul de sac” quando in sostanza dice “No, la legge è giusta, in Italia solo i regolari, ma però… se uno rischia e riesce ad arrivare qui, allora…”, mi riferisco al paragrafo dove scrive “che fare dei richiedenti asilo che ricevono un diniego dopo i vari gradi di giudizio, ma ormai sono insediati in Italia da anni?”. C’è sempre un “ma ed un però” che rovinano tutto.
Ora sia chiaro: non sarà il solo l’autore a “suggerire” che non è giusta l’esistenza dEi confini: lo dice anche la Chiesa di Papa Francesco, e la capisco, perché è coerente col fatto di un Dio che ci ha creati tutti fratelli ecc. ecc., PERO’ ALLORA COERENZA FINO IN FONDO e lo si dica: i confini e gli Stati devono essere aboliti
Osvaldo Forzini
Abuso della pazienza e del lavoro de LaVoce per un ultimo commento sui CIE. Non vi biasimerò se non me lo passate, il sito non è una mia proprietà! Purtroppo per la mia modalità di ragionamento, 1500 caratteri sono strettini. Grazie in ogni caso
.
La questione CIE è paradossale. Finora moltissime regioni si sono rifiutate di averli, e lo Stato non è riuscito ad imporsi. C’è chi gli oppone “l’accoglienza diffusa”, chi sostiene – pure a ragione – che l’esperienza dei CIE è stata quella di lager.
Ora, sul piano logico: se ci sono persone che non hanno diritto di rimanere da noi e devono essere espulse, è gioco forza che debbano essere “trattenute con la forza” da qualche parte: altrimenti ci stiamo prendendo in giro (a proposito: anche le impronte digitali vanno prese, anche con la forza. E non mi si dica che è una lesione dei diritti: io italiano sarei per prendere le impronte a TUTTI noi compresi, e magari anche il DNA, così siamo tutti alla pari e fine delle polemiche). Se I CIE sono stati dei lager, orgnizziamoli in modo che non lo siano! Anche le carceri spesso sono dei lager, ma non per questo le si chiudono.
Chi non vuole i CIE (che peraltro comporta costosi e disagevoli trasferimenti fuori regione nei pochi centri presenti) in sostanza è come se non volesse un Ospedale perché non funziona: ma forse non funziona perché non l’hai dotato di attrezzature, infermieri e medici… ci credo che poi l’Ospedale non funziona…
Enrico Motta
Proporre la “apertura di corridoi umanitari che consentano una selezione alla partenza” è una proposta che si presta a due obiezioni: 1) chi non vuole fare la selezione o non la supera potrebbe ancora ricorrere ai gommoni a pagamento. 2) Capisco lo spirito umanitario; ma trovo intellettualmente disonesto non porsi il problema se i corridoi umanitari incentivino o no le migrazioni. Accetto che, sempre per spirito umanitario, uno concluda che è meglio qualche immigrato in più piuttosto che far morire in mare la gente, ma non porsi questo problema è disonestà intellettuale.