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Gli Usa: il grande assicuratore mondiale

L’apprezzamento del dollaro non dipende da un presunto deprezzamento strategico dello yuan da parte delle autorità cinesi. È dovuto invece al ruolo degli Usa nel sistema finanziario internazionale. I premi pagati oggi sono finanziati dagli enormi rendimenti ottenuti negli anni del boom finanziario.

La ricerca di attività sicure

In una delle sue crociate, Donald Trump torna ad accusare la Cina di “manipolazione del cambio”. Il neo presidente Usa sbaglia bersaglio. La ragione del deprezzamento dello yuan non dipende tanto dalle politiche del governo cinese quanto dalla natura del dollaro nei portafogli degli investitori. Vediamo perché.
Dagli inizi degli anni Novanta l’economia globale fronteggia un crescente eccesso di domanda di attività finanziarie sicure. Il principale paese in grado di soddisfarla sono gli Stati Uniti. In due modi: emissione di titoli di Stato; e creazione, attraverso il mercato, di attività finanziarie sicure per la diversificazione del rischio (in questo caso legato al mercato immobiliare).
Il risultato è stato, dal 1995 al 2008, un crescente squilibrio nei flussi di capitale, con gli Usa che accumulavano un progressivo deficit di bilancia dei pagamenti verso la Cina e il resto del mondo. La spinta alla creazione di (presunte) attività finanziarie sicure ha moltiplicato la capacità delle banche di indebitarsi, in una spirale che ha portato alla crisi finanziaria del 2007-2008.
In qualità di produttore principale di “attività sicure”, gli Usa giocano un ruolo ben preciso nel sistema finanziario internazionale: quello di una gigantesca agenzia di assicurazione per il resto del mondo. Ruolo che è diventato ancora più pressante con la grande recessione. Con il crollo del mercato dei cosiddetti titoli cartolarizzati, e la crisi del debito nella zona euro, l’offerta di attività sicure è diventata ancora più scarsa, l’eccesso di domanda ancora più grande.

Privilegi e rischi dell’assicuratore mondiale

Fornire assicurazione e liquidità al resto del mondo porta privilegi (in tempi normali) ma anche costi (quando arrivano i tempi di crisi). Vediamo i privilegi. L’assicuratore Usa ha un quadro di bilancio molto particolare. Detiene attività verso il resto del mondo (ad esempio, azioni dei paesi emergenti) ed emette passività (titoli del Tesoro americano). Nel gergo della finanza, gli Usa sono “a lunga” in attività finanziarie estere e “a breve” nelle passività rispetto al resto del mondo. Il punto centrale è che le prime, le attività, sono più rischiose e meno liquide delle seconde, le passività.
Prima della crisi, quasi la totalità delle passività detenute dagli Usa erano denominate in dollari, mentre circa il 70 per cento delle attività erano denominate in valuta estera. L’asimmetria nella bilancia dei pagamenti permette all’economia americana, in tempi di crescita normale, di guadagnare un rendimento netto positivo sulle proprie attività finanziarie. Esattamente come le agenzie di assicurazione, che fanno profitti sui premi quando l’assicurato non è colpito da nessun incidente.
Ma il ruolo di assicuratore mondiale in tempi normali si accompagna a una crescente esposizione al rischio. Quando arrivano i tempi di crisi, i valori delle attività precipitano nel resto del mondo: le borse crollano nei paesi emergenti, mentre il valore delle passività (i titoli di stato denominati in dollari) rimane stabile (o addirittura aumenta). Ciò causa uno shock finanziario negativo asimmetrico per il bilancio degli Usa. Non solo. In tempi di crisi gli investitori aumentano l’appetito per i titoli americani sicuri, che induce un apprezzamento del dollaro (e quindi un deprezzamento della valuta locale). Poiché le attività detenute dagli Usa all’estero sono denominate prevalentemente in valuta locale, l’apprezzamento del dollaro determina un’amplificazione delle perdite di bilancio.
In sintesi, in tempi di crisi l’assicuratore deve fare il suo mestiere: trasferire ricchezza verso l’assicurato. Questo avviene proprio assorbendo perdite dal lato delle attività (crollano i valori di borsa in India e Brasile, e il dollaro si apprezza). Si calcola che tra la fine del 2007 e la metà del 2015 le “perdite di bilancio” per l’assicuratore Usa siano state nell’ordine del 23 per cento del Pil (nell’anno 2015).
In generale, i paesi assicuratori (Usa, ma anche Svizzera e Germania) fronteggiano, in tempi normali, un dilemma. Da un lato, svolgere il proprio ruolo di assicurazione, incontrando la domanda di titoli sicuri che viene dal resto del mondo e in particolare dai paesi emergenti, dove i mercati finanziari sono ancora troppo poco sofisticati. Ma farlo vuol dire esporsi al rischio di perdite di bilancio a posteriori, quando il mondo (come è successo dopo il 2008) precipita in una recessione globale. L’alternativa, nei tempi normali, sarebbe quella di “limitare” la produzione di assicurazione, alzandone il prezzo. In termini valutari, ciò vuol dire permettere, in tempi pre-crisi, apprezzamenti più robusti della propria valuta.
L’apprezzamento del dollaro post recessione ha poco a che fare con un presunto deprezzamento strategico dello yuan da parte delle autorità cinesi. È il risultato (per usare una metafora) di una valanga di telefonate degli investitori dei paesi emergenti per riscuotere il “premio assicurativo” da loro implicitamente acquistato nel lungo periodo pre-crisi. È vero che ciò significa perdite di bilancio per l’agenzia di assicurazione Usa. Ma i premi pagati oggi sono finanziati dai giganteschi rendimenti positivi sulla propria posizione finanziaria netta incassati negli anni del boom finanziario.
Anche in materia di tassi di cambio, come sempre in economia e finanza, è importante mantenere lo sguardo più lungo.

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  1. Could the Special Drawing Rights SDR – IMF play for the Dollar the same role the Euro is playing for Germany?

  2. roberto

    Analisi interessante. Mi chiedo però quanto pesi il fatto che il valore dello Yuan sia ben più manovrabile data la sua (almeno fino a poco tempo fa) non convertibilità e il fatto che molto del valore del PIL cinese viene usato per acquistare titoli di stato USA e non solo spingendo in tal modo in alto il valore del dollaro.
    E’ indubbio che la contrarietà cinese per Brexit e contro il controllo voluto da Trump abbia poco a che fare con “ideali” e “liberismo” e molto con una espansione economica “pagata da noi”. Se non erro poi la Cina predica globalizzazione a senso unico dato che investire ma soprattutto esportare in Cina è sottoposto a balzelli ben più onerosi.

  3. Nino

    Domanda da profano: Se l’assicuratore chiudesse dopo aver incassato i premi, cosa succederebbe?

  4. gabriele riboli

    Interessantissima argomentazione.
    Un unico dettaglio: le “agenzie di assicurazione” sono intermediari che operano su mandato di “compagnie di assicurazione”, le quali a loro volta sono sì intermediari, ma finanziari e, lo dico male, “di primo livello” al pari delle banche. Sostenere che le agenzie fanno profitti quando gli assicurati non hanno sinistri equivale quasi a dire che il direttore di filiale della mia banca fa profitti quando salgono i tassi di interesse. Forse il mio direttore di banca avrà una partecipazione agli utili della banca, così come è vero che gli agenti – che, peraltro, sono professionisti autonomi e non dipendenti – hanno una partecipazione negli andamenti tecnici della compagnia, ma confondere il gentile signore che viene a casa o in azienda a incassare il premio o a pagare il sinistro con l’assicuratore è uno stereotipo errato che andrebbe evitato per chiarezza e per educazione.
    Come faccio a saperlo? Sono un agente di assicurazione e, mi creda, i miei profitti non sono proprio dello stesso ordine di grandezza di uno qualsiasi dei miei assicuratori mandanti.
    Grazie.

  5. Raffaele Cauzzi

    Egregio Professore,
    usare la metafora degli Stati Uniti come «una gigantesca agenzia di assicurazione» non è corretto: il contratto di assicurazione viene stipulato tra Impresa di assicurazione e contraente: l’agente è un mero intermediario tra questi due soggetti, deputato ad una serie di incombenti tra i quali l’incasso del premio, di cui, però, è mero depositario, essendo obbligato a trasmetterlo all’impresa di assicurazione per la quale opera. Conseguentemente è errato affermare che “le agenzie di assicurazione fanno profitti sui premi quando l’assicurato non è colpito da nessun incidente”: sono le compagnie di assicurazioni che lucrano sul rischio del mancato «incidente».
    Infine, il «premio assicurativo» non viene riscosso dagli investitori (che, eventualmente, hanno diritto a un indennizzo o a un capitale o a una rendita), ma dall’impresa di assicurazione (essendo il suo «ricavo»).
    Quanto sopra, ovviamente, non inficia il fondamento del suo ragionamento ma, per dirla con un noto regista romano, “le parole sono importanti”.

  6. Claudio Zucca

    Tesi interessante, ma due punti: esiste davvero correlazione positiva tra apprezzamento dollaro e cali borse dei paesi emergenti? non sara’ forse all’opera un nesso di causalita’ diverso, per esempio via politica monetaria restrittiva? e poi, in un’ottica di stato patrimoniale, quanto rappresentano in percentuale gli asset nei paesi emergenti? a mio avviso non tantissimo dato lo storico di FDI verso Europa (e UK in partciolare).

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