Il maggiore grado di condivisione del rischio che si ha negli Stati Uniti rispetto all’Eurozona è dovuto principalmente a mercati finanziari più integrati. In Europa è più importante il contributo delle istituzioni pubbliche, soprattutto dopo la creazione dei meccanismi di aiuto sovra-nazionali.

Una federazione condivide il rischio

Una misura del successo delle federazioni o delle unioni monetarie è il grado di condivisione del rischio (risk sharing), cioè la capacità di assorbire gli shock specifici, o non comuni, al Pil dei paesi membri. Un grado di condivisione elevato implica che una caduta del Pil che colpisce in modo specifico un paese provoca un calo limitato dei suoi consumi nazionali. Questo beneficio può realizzarsi mediante mercati dei capitali integrati a livello federale, se generano redditi da capitale per i cittadini (sotto forma di dividendi e interessi) in contro tendenza rispetto al Pil del paese di residenza, i trasferimenti pubblici dal bilancio federale, il risparmio delle famiglie (crediti e debiti che assorbono la caduta dei consumi) o quello pubblico (avanzi e disavanzi di bilancio a livello nazionale).
Diversi studi hanno mostrato che la condivisione dei rischi nell’Unione monetaria europea (Ume) è inferiore a quella di altre federazioni, quali il Canada, la Germania o gli Stati Uniti, anche se è cresciuto con l’introduzione dell’Euro.
Nel periodo 1999-2014, la percentuale media delle variazioni del Pil nazionale (statale) che non si trasmette ai consumi nazionali è pari al 29 per cento nell’Ume e al 57 per cento negli Usa. Questo è uno dei motivi per cui la crisi dell’Eurozona del 2009-2011 ha generato la percezione che l’euro abbia lasciato i paesi sempre più soli nell’affrontare i propri problemi e imposto vincoli fiscali eccessivi. È una percezione sostanziata dai fatti? E quali sono le cause? Proviamo a rispondere a queste domande sulla base di un’analisi empirica aggiornata al 2015.
Per prima cosa, il maggiore grado di assicurazione degli stati in Usa rispetto all’Eurozona si deve principalmente al mercato dei capitali, e ciò avviene grazie a un mercato finanziario molto più integrato. I trasferimenti dal governo federale hanno infatti un ruolo importante, ma inferiore. Viceversa, nell’Unione monetaria europea, il canale quasi esclusivo mediante il quale si realizza la condivisione dei rischi è quello degli avanzi/disavanzi di bilancio dei governi nazionali. Se il livello d’integrazione dei mercati finanziari nell’Unione monetaria europea fosse simile a quello statunitense, anche il livello di condivisione dei rischi sarebbe simile.
Nel periodo post-crisi 2007-2014, i mercati finanziari hanno amplificato gli shock e ciò ha determinato una riduzione del livello di condivisione dei rischi negli Stati Uniti, proprio perché i mercati sono così importanti in questa federazione. Viceversa, nell’Eurozona il livello di assicurazione dei paesi membri è aumentato in misura non trascurabile nonostante due fattori concomitanti: la minore funzionalità del mercato del credito privato (meno prestiti ai paesi in recessione) e il processo di consolidamento fiscale (austerità) messo in atto nei paesi del Sud Europa a causa dei disavanzi eccessivi che essi avevano generato prima della crisi. Gli strumenti che hanno consentito all’Eurozona di aumentare la condivisione dei rischi sono stati i crediti concessi agli Stati dalle istituzioni finanziarie europee pubbliche, cioè le diverse mutazioni del fondo “salva stati”. Secondo le stime disponibili, questo ha consentito ai paesi dell’Eurozona di assorbire circa il 55 per cento degli shock, una misura certamente elevata e che non tiene conto del contributo dei prestiti della Banca centrale europea alle banche.

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Il ruolo delle istituzioni pubbliche

Nel periodo 1999-2014 la percentuale media di condivisione del rischio ascrivibile alle istituzioni pubbliche (centrali e locali) è stata circa il 28 per cento nell’Ume (tramite il budget dei governi) e il 19 per cento negli Stati Uniti (tramite trasferimenti dal centro). Per il periodo 2007-2014, invece, i dati sono pari, rispettivamente, al 38 e al 22 per cento.
Gli Stati Usa sono soggetti a una regola (implicita) di pareggio di bilancio e, di conseguenza, la finanza pubblica statale fornisce un contributo quasi nullo alla condivisione dei rischi. Ciò è compatibile con un alto grado di assicurazione totale grazie al mercato dei capitali e ai trasferimenti federali. Nell’Eurozona, invece, i trasferimenti dal centro sono pressoché nulli, mentre i governi possono andare in disavanzo entro i limiti del patto di stabilità che sono, di fatto, relativamente flessibili (come si è visto nel caso della Grecia, della Spagna e dell’Irlanda). Questa minore disciplina ha determinato una crescita dei disavanzi di bilancio quando l’economia andava bene. Quando è arrivata la recessione, i governi hanno dovuto contenere i disavanzi per fare fronte ai limiti imposti dalle regole europee e per evitare di provocare l’aumento degli spread e il panico finanziario. Solo gli interventi delle istituzioni europee e della Bce hanno consentito di arginare l’impatto della recessione sui consumi dei paesi del Sud Europa.
Se quindi intendiamo procedere verso una maggiore condivisione dei rischi anche in Europa, occorre rafforzare le istituzioni finanziarie pubbliche che già esistono, aumentare lo spazio fiscale a livello centrale e promuovere l’integrazione dei mercati finanziari. Questi obiettivi sono più importanti della flessibilità dei bilanci pubblici nazionali.

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