La Banca centrale europea ha dichiarato che è allo studio un nuovo strumento per evitare la “frammentazione” del mercato del credito nell’Eurozona. Un esplicito controllo del livello degli spread potrebbe avere vantaggi rispetto al Quantitative easing.
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La Bce deve essere liberata dal compito di ridurre gli spread, per concentrarsi sul suo mandato principale. L’istituzione di una Agenzia europea del debito, insieme a regole fiscali equilibrate, potrebbe garantire stabilità senza causare recessione.
In un precedente articolo, abbiamo proposto un’architettura per la creazione di un’Agenzia europea del debito (Eda), simulando poi la sua efficacia nel caso in cui fosse stata istituita già nel 2002. In questo contributo analizziamo un caso specifico e i benefici generali dell’Eda.
La fine del 2021 si avvicina e si può tracciare un bilancio della politica monetaria fin qui condotta dalla Bce. Mentre il Consiglio direttivo del 16 dicembre offre utili indicazioni sulle sfide che si prospettano nel 2022, in una situazione ancora incerta.
Il ritorno dell’inflazione potrebbe indurre la Bce a rivedere la sua politica ultra-espansiva. Non c’è però una relazione meccanica che, con un eventuale aumento dei tassi di interesse, la costringa a vendere i titoli di stato che ha già acquistato.
Le banche centrali dei principali paesi sviluppati, Bce in testa, si muovono nella stessa direzione. Cercano di uscire dalla logica emergenziale iper-espansiva degli ultimi due anni con molta prudenza. La scelta ha diverse ragioni, tutte comprensibili.
L’economia europea è un sistema fortemente interconnesso, nel quale alcuni paesi si configurano come “esportatori” di rischi. L’Italia è uno di questi e i nostri politici dovrebbero tenerne conto quando discutono riforme come quella del Mes.
Con la crisi causata dalla pandemia, torna in auge la proposta di cancellare il debito contratto per far fronte all’emergenza. Un’espressione vuota che nasconde un’idea distorta del ruolo della Bce. Con il rischio che i costi superino i benefici.