Come rimediare al disordine monetario dell’eurozona, ovvero spread alle stelle, scomparsa del mercato monetario e fuga dei depositi? In altre parole, come evitare la dissoluzione dell’euro?
A partire dal novembre scorso, si è gradualmente (e finalmente) affermata la convinzione che solo la Bce può salvare l’eurozona. Un numero crescente di osservatori, operatori, autorità politiche hanno auspicato che la Bce utilizzi senza indugio tutto il proprio arsenale (il “bazooka”), che fondamentalmente consiste nel privilegio esclusivo (unico fra tutte le istituzioni europee) di poter accreditare euro senza doversi indebitare per procurarseli. Dopo le operazioni straordinarie (LTRO a tre anni) che hanno consentito di tirare avanti fino all’operazione di parziale default della Grecia, e a seguito del recente intensificarsi del disordine monetario, qualcuno legittimamente sperava che il Consiglio direttivo del 2 agosto producesse un annuncio clamoroso, e dettagliato nell’operatività. Così non è accaduto: non solo perché la Bce è un’istituzione conservatrice che preferisce procedere senza clamore e perché il suo Presidente ha dovuto gestire forti divergenze di opinione che alla fine hanno abbandonato il campo (ad eccezione della Bundesbank), ma anche perchè la Bce ha dietro di sé non uno ma diciassette paesi sovrani. Inevitabilmente, la costruzione di uno spazio operativo e politico è stata lunga, probabilmente sofferta, ma ha comunque dato i suoi frutti. I primi segnali concreti si erano avvertiti a maggio, quando Trichet aveva fatto riferimento a possibili soluzioni che coinvolgessero la BCE.
LA VERA NOVITÀ DELLA BCE: CHI RISPETTA LE REGOLE È SOLVIBILE
Nella conferenza stampa del 2 agosto, Mario Draghi ha fatto alcuni annunci di notevole rilevanza. Ha ribadito la volontà della Bce a fare tutto ciò si renda necessario per sostenere l’euro, con ciò affermando “la madre di tutti i mandati” della Bce, e cioè che l’euro è irreversibile nel senso, ha spiegato, che non si torna né alla lira né alla dracma. È dunque vano, ha affermato, scommettere contro l’euro. Ha poi fornito la propria lettura del disordine monetario nell’eurozona che, dice Draghi, è un problema di frammentazione monetaria a cui l’Eurotower è chiamata a porre rimedio attraverso la drastica riduzione delle transazioni finanziarie tra paese e paese, che non dovrebbe avere luogo in una sana area monetaria comune. Per la Bce, gli attuali spread (che sostanzialmente riflettono un rischio di reversibilità) non sono accettabili.
Riparare a questo disordine è dunque l’obiettivo che la Bce è determinata a perseguire ad ogni costo, e per il quale impegnerà anche strumenti non convenzionali. Al centro del proprio arsenale c’è l’acquisto di titoli da parte della Bce stessa, per il quale non viene stabilito altro limite se non il raggiungimento dell’obiettivo. A differenza del precedente Securities Market Program, gli interventi saranno trasparenti e subordinati al rispetto delle regole fiscali da parte dei governi.E’ stato inoltre deciso di non dare corso alle richieste di tassi negativi sulle riserve bancarie (che altro non sono che una tassa sulle banche con scarsa o nulla efficacia sui problemi esistenti). A Francoforte sono anche disposti a mettere in discussione: 1) la seniority sui titoli pubblici in portafoglio (che complicherebbe l’operazione di acquisto dei titoli accrescendo il rischio degli investitori privati che quei titoli se li dovesse tenere) e 2) la sterilizzazione degli acquisti dei titoli (che è stata fin qui la regola in risposta a infondati timori inflazionistici).
SE L’EURO E’ SALVO, SIAMO SALVI ANCHE NOI?
Benché manchino ancora molti dettagli, l’esito dell’ultimo Consiglio direttivo ha segnato un cambio di regime col quale la Bce affronterà la questione della solvibilità degli stati, a patto naturalmente che questi rispettino le sempre più rigide regole europee. Chi però pensasse che questa soluzione servirà anche a rilanciare l’economia e l’occupazione rimarrà deluso. Le politiche di austerità sono diventate fortemente pro-cicliche. Basta guardare i dati BCE sui flussi finanziari (FIGURA) che mostrano una riduzione dei disavanzi europei a cui corrisponde l’immagine speculare del calo del risparmio del settore privato. E questo non è certo un fattore che potrà rilanciare consumi e investimenti.
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