Tanti partner sessuali, sesso impersonale o a pagamento: è davvero questo il mondo dei giovani gay? Uno sguardo ai dati sfata alcuni miti e conferma altre particolarità. Ecco il cambiamento che emerge dai percorsi di vita dei giovani omosessuali.
Due indagini sui giovani gay
“L’appuntamento è per le 16. L’edificio è stato trasformato in una sauna. È domenica e tra poco arriveranno molti giovani, tutti maschi, italiani e stranieri, convocati per una ragione: fare sesso, con chiunque”. A inizio 2017 il Corriere della Sera ha raccontato così la sessualità dei giovani gay in Italia, citando, forse per caso, l’incipit di una pietra miliare della sociologia. Ma quanto è fedele alla realtà quest’immagine?
Se si analizzano i dati di due indagini sociologiche sui giovani gay in Italia – la prima effettuata nel 1995 “Indagine su gay e lesbiche in Italia”, condotta sotto la direzione di Marzio Barbagli e Asher Colombo dall’Istituto Cattaneo di Bologna, maggiori informazioni si trovano nel volume “Omosessuali Moderni”, prima edizione 2001, seconda edizione aggiornata 2007) e la seconda nel 2013 (“Indagine Lgb 2012-13”, un’indagine follow-up della precedente condotta da Luigi La Fauci) – si vede sia quanto le vite sessuali siano diverse l’una dall’altra sia quali cambiamenti sono, o non sono, in corso. Almeno la metà degli uomini gay 20-29enni in Italia ha avuto, nel 1995 e nel 2013, da nessuno a tre partner sessuali dello stesso sesso nell’anno precedente. E in entrambi gli anni meno del 15 per cento ne ha avuti più di venti (figura 1). La promiscuità sessuale è lontana dall’essere l’esperienza di tutti ed è sempre meno diffusa. Nei diciotto anni passati fra le due indagini il mutamento è di piccola entità. Che significato ha?
I due campioni, simili per provenienze geografiche e caratteristiche sociali dei rispondenti ai questionari, comprendono in tutto circa 1.500 uomini tra i 20 e i 29 anni che s’identificano come omosessuali. Tra il 1995 e il 2013 l’incidenza di chi ha avuto un numero elevato di partner sessuali dello stesso sesso nel corso della vita cambia poco (figura 2). La percentuale di chi dichiara tra gli undici e i venti partner sessuali cresce leggermente, a scapito sia di chi ne dichiara di meno (ma più di tre), sia di chi ne dichiara di più. Nel 2013 l’incidenza è molto superiore a quel 9 per cento che un’indagine sulla sessualità ha rilevato nel 2006 tra i 18-29enni in un campione rappresentativo degli italiani. Se si conferma la particolare propensione dei giovani gay ad avere molti partner sessuali, la stabilità del dato va letta alla luce di quanto mostrato dall’indagine che riguardava tutti gli italiani: man mano che le generazioni degli ultimi cento anni si avvicendano, gli uomini italiani (e ancor più le donne) tendono ad avere sempre più partner sessuali nel corso della vita (come in altre nazioni europee).
Come sono cambiati i luoghi in cui i giovani gay trovano i loro partner sessuali? La trasformazione più grande è dovuta alla rivoluzione digitale degli incontri tramite internet e il conseguente accorciamento delle distanze sociali e geografiche tra sconosciuti. Il 42 per cento dei 20-24enni e il 54 per cento dei 25-29enni nel 2013 ha incontrato almeno uno degli ultimi tre partner sessuali dello stesso sesso (escluso il partner attuale) in siti online per incontri sessuali (figura 3). Questa possibilità, che non era considerata nella rilevazione del 1995-96, si traduce nella diminuzione della tendenza a incontrare partner sessuali in discoteche gay, in saune, in dark room, in luoghi pubblici di cruising, ma non in luoghi della quotidianità quali casa di amici, il lavoro, la scuola o l’università.
Cambiamenti in tutta la società
Sembra affermarsi dunque una subcultura del sesso gay stabile, un po’ meno promiscua, in un contesto sociale sempre più favorevole alla sperimentazione sessuale per tutti. Come ha rilevato lo studio di Asher Colombo, i grandi cambiamenti della promiscuità sessuale nella subcultura gay sono avvenuti nei decenni passati: una trasformazione che si è intrecciata con la crescente consapevolezza dei rischi legati all’Hiv, ma le cui radici sono le norme sessuali che cambiano nella comunità gay e nella società circostante. Così come l’indagine sulla sessualità degli italiani del 2006 rileva il calo dell’accettabilità del sesso a pagamento tra le generazioni, tra i giovani gay si osserva una scarsa e decrescente disponibilità a comprare sesso tra uomini (figura 4) e un crollo di quella a venderlo (figura 5).
In una subcultura che cambia poco è probabile che promuovere il benessere fisico e psicologico di chi ha una sessualità promiscua passi per la strada già individuata dallo studio di Colombo (pp. 125, 146): una comunità gay ben organizzata, che protegge dallo stigma dell’omofobia. Le narrazioni delle “subculture del sesso gay”, fondate sulla promiscuità sessuale, sul sesso come incontro anonimo, sulla disponibilità di giovani che vivono vendendo sesso, diffondono periodicamente una sorta di panico morale. Costruire il controcanto scientifico a queste affermazioni non è un compito facile, come ha notato anche la prima indagine Istat sull’omosessualità. Più la sessualità diventa campo di contrasto pubblico, più simili conoscenze diventano preziose.
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Vincenzo Scrutinio
Con tutto il dovuto rispetto per l’autore non mi sembra di vedere delle grandi dinamiche come giustamente sottolineato nel articolo. Le percentuali sono relativamente stabili e la grande novita’ sembra essere quella del esperienza online. A questo punto cosa molto interessante ma non credo osservabile sarebbe identificare con piu’ precisione il tipo di app/sito webb. Anche il tipo di relazione cercata dovrebbe rientrare nel analisi (se richiesto/identificato). Non vedo come Grinder possa essere molto diverso da un incontro in sauna.
Altro elemento importante sarebbe una piu’ puntuale comparazione con i trend degli eterosessuali. Per quanto mi sembra ragionevole l’affermazione, riportare dati per comparare i due gruppi potrebbe senza dubbio aiutare.
Cordiali saluti
Luigi La Fauci
Gentile Vincenzo, grazie per queste osservazioni. Come noti l’articolo si sofferma tanto sugli aspetti di stabilità delle culture sessuali dei giovani gay quanto sulle loro trasformazioni. La diversità degli usi di siti e app per incontri romantici e sessuali è un tema molto interessante che va approfondito, così come le differenti o simili esperienze di omosessuali e eterosessuali.
Luca Pinelli
Sinceramente non capisco dove si sia voluto andare a parare. Ci si sarebbe aspettati un aumento del livello di promiscuita’ rispetto al 1995? O cos’altro? Sarebbe invece interessante una comparazione con dati analoghi relativi ad eterosessuali. Questo si, potrebbe sfatare alcuni miti.
luca
anche io credo che senza una comparazione con dati di persone etero non emergano analisi. di certo, se i dati di persone etero mostrano abitudini meno promiscue, facilmente l’impostazione di questa ricerca li avrebbe nascosti. è infatti un pericolo grave per la ricerca il fatto che l’autore abbia un’opinione di fondo che prescinda i dati. dall’articolo sembra che l’approccio sia questo: la sessualità gay non ha nulla di diverso dalla sessualità etero, quindi i dati mostrano che non c’è una predisposizione alla promiscuità. è chiaro che con questo approccio le ricerche favorevoli si pubblicano, le altre no. così non emergono conclusioni scientifiche
Luigi La Fauci
Gentile Luca, ti ringrazio per questo commento. Altri lettori notano che le tendenze che emergono dai dati sono interessanti di per sé, e con loro si può notare anche che i dati sono interpretati attraverso la lente delle conoscenze raccolte da esperti sui mutamenti della sessualità in Italia. Sono felice che tu sottolinei che le conclusioni del pezzo, offerte come contributo alla trattazione empirica di un tema complesso che richiede l’impegno di tanti ricercatori, siano favorevoli all’apertura di un dibattito informato sulle pratiche sessuali.
Federico Leva
A differenza di Vincenzo Scrutinio, vedo invece un’utilità in questi numeri: non solo aggiornano quelli disponibili, alquanto datati, ma sembrano confermare un’ottima notizia cioè una larga “normalizzazione” della vita sessuale di una popolazione prima costretta a pratiche scarsamente efficaci (come il cruising, che sostanzialmente scompare). Ovviamente si possono dare giudizi opposti della “normalizzazione”.
È vero che sarebbe utile confrontare anche il contenuto oltre che il mezzo della ricerca. Per esempio, a scopi di prevenzione sanitaria sarebbe utile sapere se cresca o diminuisca il numero di chi si informa dello stato di salute/esami del sangue dell’altro, a prescindere dal metodo.
Peraltro i risultati mi paiono conformi, nel senso generale, a quelli di http://doai.io/10.1080/00918369.2013.819256 .