Le regole attuali per il trattamento previdenziale dei parlamentari sono simili a quelle dei lavoratori ordinari. Il problema riguarda i vitalizi maturati prima del 2012: se non si interviene, continueranno a gravare a lungo sul bilancio pubblico.
La riforma del 2012
In parlamento si discute la revisione dei vitalizi dei parlamentari. Già nel 2012, però, è stata approvata una loro drastica riduzione con l’introduzione di principi contributivi . Rispetto al trattamento riservato ai normali contribuenti rimangono alcune differenze: per i parlamentari l’età pensionabile è di 65 anni dopo cinque anni di mandato (ridotta a 60 con due mandati) contro i 70 e 7 mesi previsti dalla legge Fornero per la pensione di vecchiaia o i 66 e 7 mesi per quella di anzianità; i coefficienti di trasformazione sono leggermente più favorevoli e non è previsto il tetto di 100mila euro sulla base imponibile. Al di là di questo, però, il sistema è identico a quello vigente per i lavoratori ordinari. A essere decisamente sproporzionati sono invece i vitalizi maturati prima della riforma e per ottenere risparmi significativi è su questi che bisogna intervenire.
L’applicazione delle regole contributive ai vitalizi è sicuramente utile a mantenere una giusta proporzione tra indennità e pensione, ma ha poco a che vedere con la sostenibilità del sistema. Le regole contributive, infatti, la garantiscono quando il contribuente e l’ente erogatore della pensione sono soggetti diversi. Per i vitalizi, invece, i contributi sono versati trattenendo una quota di circa un terzo dall’indennità dovuta al parlamentare. Di fatto, sono perciò pagati dal parlamento, lo stesso ente responsabile dell’erogazione del vitalizio. L’esercizio di bilanciamento tra contributi e spese è così puramente teorico, in quanto l’eventuale ammanco verrebbe ripianato dallo stesso ente che versa i contributi, ossia il parlamento e, in ultima istanza, dai contribuenti. L’equilibrio tra contributi e spesa è dunque semplicemente indice di proporzione tra indennità e pensione. Il vitalizio non svolge esclusivamente una funzione previdenziale, ma è garanzia di indipendenza nello svolgimento del mandato e di libero accesso alla politica, dunque le differenze che permangono tra il sistema previdenziale dei parlamentari e quello dei lavoratori ordinari non rappresentano sicuramente il problema principale, soprattutto date le enormi sproporzioni rimaste nei vitalizi ottenuti prima della riforma
Il rapporto tra indennità e vitalizi
Stando alle simulazioni riportate dal Fatto Quotidiano, secondo le regole vigenti, un parlamentare con un mandato ottiene il diritto a quasi mille euro di vitalizio netto (circa 1.500 con due legislature): molti soldi per i soli cinque anni di contributi. Va però precisato che gli assegni sono proporzionati alla base imponibile sulla quale sono calcolati. La ragione per la quale i parlamentari ottengono vitalizi importanti pur con pochi anni di contributi sono le indennità percepite durante la carica, non il sistema di calcolo della pensione. Se l’obiettivo è il contenimento dei costi, basta rivedere le indennità di carica: i contributi, e di conseguenza i vitalizi, ne risulterebbero proporzionalmente ridotti. Per quanto riguarda invece i numeri riportati da Oscar Giannino sul quotidiano Il Mattino e ribaditi al programma televisivo l’Arena, è doveroso precisare che sono errati, e non di poco. I dati indicati da Giannino come le cifre spettanti secondo le norme oggi vigenti sono in realtà riferiti a vitalizi dovuti secondo le norme precedenti la riforma del 2012. Le cifre reali sono decisamente inferiori ed invero paragonabili a quelle percepite dagli omologhi francesi o tedeschi. Se consideriamo le cifre corrette, il sistema di calcolo vigente per i mandati successivi al 2012 non risulta sproporzionato. Rivedere marginalmente le regole equiparandole del tutto a quelle vigenti per i lavoratori ordinari non comporterebbe risparmi significativi e sarebbe una conquista meramente simbolica. Anche se si applicasse pedissequamente la legge Fornero ai parlamentari in carica oggi – come proposto dal Movimento 5 Stelle – gli assegni rimarrebbero alti perché calcolati su indennità molto generose. La proposta non andrebbe inoltre a toccare la vera fonte di iniquità: i vitalizi spettanti ai parlamentari in carica prima della riforma contributiva, che graveranno sul bilancio dello Stato per molti decenni. Che sia per un principio di equità o per razionalizzare la spesa pubblica, è sui diritti acquisiti prima del 2012 che bisogna agire. Il Pd propone un contributo di solidarietà triennale fortemente progressivo. La proposta non distingue però tra il reddito maturato con metodo contributivo e quello ottenuto con le norme precedenti la riforma. Una soluzione più equa e probabilmente compatibile con le sentenze emesse dalla Consulta consisterebbe nell’applicare un’imposta duale che discrimini tra il reddito ottenuto secondo regole contributive e quello calcolato col vecchio sistema, tassando in maniera più incisiva il secondo, come proposto su lavoce.info da Antonio Massarutto.
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Marco La Colla
“Rivedere le regole equiparandole a quelle dei lavoratori ordinari non comporterebbe risparmi significativi”
Non saranno significativi, ma servirebbero a dimostrare la volontà di fare sacrifici, in momenti in cui tutti quanti. chi più chi meno, siamo costretti a stringere la cinghia. Comunque sarebbe interessante un calcolo esatto di quanto versato da un parlamentare di prima nomina, rapportato al “vitalizio” che percepirà superati i 65 anni in base alle sue speranze di vita di quel momento. Solo così ci si renderebbe conto dell’equità del trattamento pensionistico a lui riservato.
Simone Ferro
Dopo la riforma, il rapporto tra contributi versati e valore attuale della pensione spettante e’ vicino ad 1 in quanto i coefficienti di trasformazione sono adattati all’aspettativa di vita anche per i parlamentari. Il fatto che ottengano il diritto prima dei lavoratori ordinari non implica un guadagno in termini di valore attuale della pensione spettante perche’ il coefficiente a loro applicato e’ piu’ basso per riflettere la maggiore aspettativa di vita residua.
Alfonso Salemi
La cosa incomprensibile consiste nel fatto che il Parlamento determini delle regole speciali per i parlamentari.
Per quale motivo non devono adempiere alle regole alle quali sono sottoposti tutti gli altri cittadini?
Per risolvere il “problema” (diciamo cosi) è sufficiente una legge di una riga.
Per le indennità precedenti al 2012 bisogna giungere ad una risoluzione “politica” perché sono diritti acquisiti che sono validi per milioni di altri cittadini. Legiferando per le attribuzioni passate bisognerebbe rivedere anche quelle di tutti gli altri cittadini che sono andati in pensione con norme precedenti più favorevoli..
Simone Ferro
In realtá una legge ordinaria che metta mano ai diritti ottenuti in passato (vitalizi o pensioni che siano) sarebbe probabilmente incostituzionale, servirebbe una legge costituzionale. Stando alle sentenze della Consulta si puó invece applicare un contributo di solidarietá temporaneo con legge ordinaria (giá introdotto dal governo Letta) e nuiovamente proposto dal PD in queste settimane.
Henri Schmit
L’articolo è tecnicamente convincente. Non bisogna dimenticare che in tutte le democrazie rappresentative il compenso dei parlamentari, ivi compresa una più o meno generosa pensione, servono a renderli ‘indipendenti’ da lobby, corruttori e influenze esterne, una caratteristica presupposta dal loro ‘libero’ mandato. Invece di definire procedure selettive (‘elettorali’) adeguate (cioè individualmente competitive, decise esclusivamente in base alle preferenze degli elettori), noi li rendiamo sempre più dipendenti e servili di fronte alle lobby più potenti, i partiti.
Luigi Calabrone
Già il termine “vitalizio” fa supporre che i nostri parlamentari abbiano truccato i conti a loro favore, almeno dal punto di vista fiscale. Suppongo che, spacciando per “vitalizio” quella che è una pensione pagata direttamente da Camera o Senato, abbiano ottenuto che soltanto parte di essa venga sottoposta a Irpef con le attuali aliquote marginali di rapina, mentre un’altra parte (quella spacciata come “restituzione del capitale”) sia esente o tassata solo con aliquote simboliche. E’ così?
Simone Ferro
I vitalizi sono tassati con le normali aliquote IRPEF. Anzi, proprio in virtú del fatto che non sono pensioni, la quota trattenuta dall’indennitá di carica non é esente da imposte (a differenza di quanto accade per i lavoratori dipendenti).
Luigi Calabrone
Mi sfugge cosa sia questa “indennità di carica”, ma suppongo si tratti di qualche espediente fiscale per ridurre la base imponibile ai fini fiscali per i parlamentari in servizio. Dal nome sembrerebbe che venga corrisposta solo fino a che un parlamentare sia “in servizio” – quindi non in pensione. Non è chiaro che cosa significhi “quota trattenuta dall’indennità di carica”.Il fatto di chiamare “vitalizio” una pensione genera il sospetto di qualche espediente fiscale; altrimenti la chiamerebbero “pensione”, come per gli altri mortali. I pensionati normali, comunque, non godono di alcuna “indennità di carica”, e la loro base imponibile ai fini fiscali è il 100% di quanto viene loro corrisposto. E’ così anche per gli ex parlamentari?
Giovanna
Non credo che sarebbe legittimo rendere retroattiva la Fornero solo per i parlamentari. Se lo si facesse comporterebbe come conseguenza il ricalcolo di tutte le pensioni. Sono un tantino preoccupata!
aldo
ma la differenza è che il loro è un vitalizio non una pensione
Aldo
Qui si tratta di definire per legge quando un fatto è privilegio e quando è un diritto acquisito:
Se in pochi vanno ad intaccare i diritti dei più questi sono privilegi diverso è quando si calpestano i diritti dei più
Come vorrei avere le pari oppurtunità non potendo ciò, significa che l’altro ha un privilegio e non un diritto.
Mettiamo il caso che tutti i politici si appropino per legge di tutti contributi versati dai lavoratori ….spiegatemi!!! che sarebbe un diritto acquisito?o un privilegio o appropiazione indebita con abuso di potere?