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Nuove idee: cedere le sofferenze ai sofferenti

All’Ecofin di Malta è stata avanzata la proposta di cedere le sofferenze bancarie agli stessi creditori. In attesa di conoscerne i dettagli tecnici, può essere una soluzione utile, anche dal punto di vista sociale. Soprattutto se si tratta di mutui.

Una negoziazione tra le parti

La Banca d’Italia ha calcolato che il tasso medio di recupero delle sofferenze realizzato tramite operatori di mercato è stato del 23 per cento, contro una percentuale del 47 per cento per quelle smaltite, con le ordinarie procedure esecutive, dalle stesse banche che le possiedono. In sostanza, recuperare direttamente il maggior volume dei crediti deteriorati significa liberarsene a un costo minore.
Per aumentare il tasso di recupero delle sofferenze, nella riunione dell’Eurogruppo/Ecofin che si è tenuto a Malta in aprile, è stata discussa una nuova ipotesi di lavoro che, se attuata, potrebbe rivelarsi utile sia per le banche sia per i debitori.
L’idea è di cedere le sofferenze agli stessi debitori morosi a prezzi di poco superiori rispetto a quelli che gli istituti di credito potrebbero ottenere vendendoli a operatori specializzati nel recupero dei crediti. In sostanza, fare un esempio, i proprietari delle case che hanno smesso di pagare le rate dei mutui acquistano dalle banche i loro stessi debiti.
La soluzione (peraltro semplicemente annunciata, ma non specificata nei suoi dettagli tecnici, necessari per capirne la reale portata) potrebbe essere efficace soprattutto per risolvere il problema dei crediti deteriorati di importo ridotto. Potrebbe essere applicata, in particolare, per liberare i bilanci delle banche dalle sofferenze dovute alla morosità nei mutui degli acquirenti di case per abitazioni e quelle relative alle piccole e medie attività economiche.
In entrambi i casi, non dovrebbe sfuggire l’importante impatto sociale di eventuali operazioni di rinegoziazione, sia per le imprese di minori dimensioni, sia soprattutto per le famiglie, che potrebbero così salvare la casa, evitando il pignoramento e lo sfratto. Per dare un’idea è, forse, opportuno ricordare che, a dicembre 2016, su poco più di 1,3 milioni di affidamenti in sofferenza, per quasi un milione di essi l’importo unitario del credito non superava 75mila euro, per un valore complessivo di circa 13 miliardi di euro; entro i 250mila di importo unitario diventano 1,2 milioni (per 40 miliardi di valore lordo complessivo). Il valore delle sofferenze sui crediti concessi alle famiglie per l’acquisto di una casa era intorno a 17 miliardi di euro.

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Uno scambio equo

La rinegoziazione volontaria, per determinare le condizioni della vendita da parte della banca all’acquirente dei crediti in sofferenza, è più facile da attuare per quelli generati dalla morosità sui mutui immobiliari. Avevamo già avanzato un’ipotesi di lavoro per evitare che un numero rilevante di famiglia possa perdere la casa per un debito modesto, sia in valore assoluto sia in rapporto al valore dell’immobile. Quell’ipotesi prevedeva però la partecipazione all’iniziativa di soggetti che orbitano nell’area pubblica.
La negoziazione diretta, prospettata a Malta, sembrerebbe invece escludere la presenza di eventuali garanzie nel caso in cui il debitore dopo l’esito positivo della negoziazione diventasse nuovamente moroso.
Di fronte a un simile rischio, se il vantaggio fosse solo quello di ridurre l’importo del credito in sofferenza, difficilmente la banca sarebbe disponibile ad avviare un’operazione di rinegoziazione, che comunque avrebbe dei costi, quanto meno quelli di istruttoria. L’istituto di credito potrebbe perciò essere incentivato a rinegoziare non tutte le sofferenze, ma solo quelle “migliori”, per le quali ritiene, a sua discrezione, che la ristrutturazione del debito permetterà al debitore di arrivare alla fine del nuovo piano di ammortamento.
Tuttavia, le banche potrebbero avere anche un altro vantaggio. Con il decreto legislativo 72/2016 è stata introdotta nel nostro ordinamento una norma che consente agli istituti di credito la vendita diretta dell’immobile nel caso di morosità nel pagamento delle rate del mutuo da parte del debitore, con il non trascurabile vantaggio di saltare la lunga e costosa procedura dell’asta giudiziaria. La norma però può essere fatta valere solo se è espressamente inserita come clausola nel contratto di mutuo. Per le banche potrebbe perciò essere conveniente prevedere l’inserimento della clausola come una delle condizioni della rinegoziazione. Anche il debitore che sottoscrive il piano di ristrutturazione propostogli dalla banca nella convinzione di poter far fronte ai suoi nuovi impegni potrebbe in realtà trovarla ragionevole.
Da non sottovalutare, poi, il fatto che l’esito positivo della rinegoziazione può riversare i suoi effetti, sotto il profilo squisitamente sociale, nei confronti di un settore pubblico interessato comunque a non veder crescere il numero di famiglie senza casa.

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  1. LUCIANO PONTIROLI

    C’è in Parlamento la proposta di legge che ha come primo sottoscrittore l’on. Paglia, seguito da Fassina, Fratoianni ed altri, n. 4352 della Camera dei deputati, presentata il 6 marzo 2017. Ridotta all’osso, la proposta prevede la rinegoziazione dei debiti in sofferenza e la loro estinzione al valore di bilancio: mi pare opportuna una.sua valutazione nella prospettiva da voi affrontata.

    • Le proposte di legge in parlamento sono tre . La prima dell’ on Paglia alla cdd ripresa integralmente al Senato prima firma De Petris; la seconda alla Cdd a firma Antonio Marotta. Sono molto simili e partono dal presupposto che ha poco senso svendere npls ai fondi creando voragini nei conti delle banche senza aver offerto per lo stesso prezzo la vendita della quietanza al debitore. Forse l idea avanzata a Malta e questa. Più che vendere il debito ai debitori che sembra un non sense giuridico. Le pdl prevedono vantaggi fiscali sia per le banche (superammortamento delle perdite su crediti da vendita della quietanza) e svantaggi in caso di svendita ai fondi. Entrambe vanno corrette con la previsione di detassazione per le sopravvenienze delle imprese derivanti dalla definizione della pendenza cona l’amore banca. Il fisco ci perderebbe comunque molto meno di quanto accadrebbe per effetto delle perdite da svendita ai fondi, in gran parte non tassati in Italia e si favorirebbe la ripresa economica e l efficienza delle banche.

  2. Henri Schmit

    L’ipotesi di rinegoziazione dei mutui con forte riduzione del principale, ma entro i limiti del valore di mercato dei NPL, con nuova durata, nuovo piano di rimborso e nuovo tasso d’interesse contro l’accettazione della facoltà della banca ex D.L. 72/2016 di vendere direttamente in caso di nuova morosità, è una soluzione intelligente. Nulla vieta alle banche di proporla da subito, anzi da ieri, ai loro clienti senza necessità di ulteriore intervento del governo, del legislatore o dell’Ecofin. Per quanto riguarda le statistiche di Banca d’Italia relative al differente valore di realizzo fra mercato e procedura interna autonoma, bisognerebbe tener conto del fatto che probabilmente le banche realizzano in autonomia le sofferenze obiettivamente più facili e tendono a cedere quelle più difficili; se fosse così il dato empirico non insegnerebbe nulla. Compito dei governanti è auitare le banche snellendo le procedure, tutelare i deboli invece di favorire i benestanti e colpire i numerosi disonesti che sono i grandi beneficiari del sistema vigente con dei NPL che sono il triplo della media europea. Al di là delle statistiche c’è un elemento ‘culturale’ nell’alta percentuale di NPL. Bisognerebbe (comprenderlo e) sradicarlo.

  3. Roberto Cappelloni

    Il principio è in se nobile e potrebbe essere una soluzione praticabile in una fase di crisi molto spinta che non deve essere assolutamente replicata in futuro. La domanda è: che cultura si promuove se passa il concetto che puoi contrarre un debito e poi rinegoziarlo al 50%?

  4. Andrea perin

    Mi sfugge il senso: le banche hanno già lungamente cercato di farsi pagare dai debitori sofferenti. Sono sicuramente già state fatte proposte, avviate azioni, ricercate soluzioni. Se il debitore avesse i soldi avrebbe già chiuso.
    Segnalo che c’è anche una proposta De Petris, Qualgliarello, Bonfrisco e altri che propone soluzione simile (anche con incentivi fiscali).

  5. Michele

    1) Un sistema bancario, almeno poco trasparente e poco vigilato nella sostanza, genera in anni un livello di NPL triplo in proprzione alle medie europee, in parte a causa della crisi e in parte per poca trasparenza e accountability. 2) Le banche, li iscrivono tranquillamente a bilancio a valori superiori a quelli di realizzo sul mercato. 3) le banche, che dovrebbereo conoscere meglio di chiunque altri i propri NPL, non organizzano internamente una attività di recupero (salvo eccezioni) malgrado abbiano eccedenza di personale, ma si sostiene che operatori esterni farebbero meglio, però guardacaso vogliono pagare molto poco 4) La rinegoziazione a saldo e stralcio con il debitore è sempre esistita, ma in genere il debitore moroso non ha ovviamente di che pagare; salvo i furbetti e amici degli amici di certi banchieri, che del non pagare ne fanno un business 5) Adesso si vorrebbe addirittura far pagare ai contribuenti italiani la malagestio delle banche e i regali ai loro amici grazie a super ammortamento delle perdite per le banche e non tassazione della sopravvivenza attiva del debitore causata dallo stralcio….

  6. Michele

    Dopo enne condoni fiscali (anche se li denominano in inglese, sempre condoni restano) che hanno premiato gli evasori fiscali, adesso si vuole introdurre il condono debitorio, sussidiato dallo stato a spese dei contribuenti, che premia gli amici dei banchieri e i furbetti che non ripagano i debiti pur avendone la possibilità. A quando il ritorno del condono immobiliare? Con la legge di bilancio 2018? E una bella amnistia/indulto? Ancora due tocchi e il quadro è perfetto.

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