Governabilità, regole e scelta dei candidati
Ringraziamo tutti per gli interessanti commenti al nostro articolo “Alla ricerca della legge elettorale perduta”. Vorremmo innanzitutto ribadire che il messaggio principale del nostro articolo è che il Mattarellum, al momento, ci sembra la legge elettorale più facilmente attuabile (e approvabile) delle alternative possibili. Si tratta di una legge già utilizzata, il testo è già pronto ed è un meccanismo relativamente semplice da capire.
A nostro avviso, in mancanza di una proposta maggioritaria di nuova legge elettorale, varrebbe la pena di tentare anche questa strada. Tanto è vero che in commissione Affari costituzionali sono già state depositate alcune proposte per cancellare le ultime due leggi elettorali, ripristinando così proprio il Mattarellum. Naturalmente, la commissione si occuperà anche delle nuove proposte di cui tanto si parla in questi ultimi giorni e che approfondiremo in un contributo successivo.
Per adesso, i punti principali sollevati dai commenti ci sembrano tre.
- Governabilità: a differenza di altre realtà, in Italia governabilità e stabilità scontano un problema aggiuntivo dato dal bicameralismo perfetto, che richiede che il governo ottenga un voto di fiducia da entrambe le Camere. È quindi auspicabile, anche se naturalmente non lo si può pretendere a priori, che Camera e Senato esprimano maggioranza simili e riteniamo che una legge elettorale debba limitare le differenze di risultato nelle due assemblee legislative.
- La competenza sulle regole: è abbastanza evidente che a decidere delle regole elettorali, in quanto organo legislativo, debba essere il parlamento. Di conseguenza, è ovvio che i partiti possano influenzare la scelta. Una possibile alternativa potrebbe essere quella di inserire le regole elettorali direttamente in Costituzione. Sarebbero ancora modificabili, ma attraverso un meccanismo meno semplice di quello legislativo ordinario. In effetti, la Costituente ha scelto di non inserire la legge elettorale nella Costituzione proprio per renderla uno strumento più flessibile, anche se appare molto chiara l’impostazione “proporzionalista” della nostra Carta. Tanto è vero che le riforme elettorali di spirito maggioritario portano sempre a porre la questione della compatibilità con alcune regole costituzionali (ad esempio tutte quelle che concernono nomine).
- Democrazia, rappresentatività e governabilità: alcune leggi elettorali, come quelle che ricorrono ai collegi uninominali o alle preferenze, facilitano la scelta del candidato da parte degli elettori. Tuttavia, qualunque sistema democratico in cui operano i partiti deve scontare che la selezione della classe politica (i candidati se non addirittura, come la recente esperienza italiana ci insegna, anche gli eletti) sia fatta dai partiti stessi. Da questo punto di vista, più che una specifica legge elettorale, ad aumentare il potere dei cittadini nella selezione della classe dirigente potrebbe essere il ricorso alle elezioni primarie per la scelta dei candidati.
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Si laurea all’Università Cattolica di Milano e consegue M.Sc. e Ph.D. in Economics presso la University of Edinburgh. Dopo una breve esperienza presso l’Università di Milano-Bicocca, diventa ricercatore in Università Cattolica, dove insegna Scienza delle finanze ai corsi diurni e serali, triennali e magistrali. Ha insegnato anche al Dottorato in Economia e Finanza delle Amministrazioni Pubbliche dell’Università Cattolica, all’Università di Milano-Bicocca e alla Scuola Superiore di Economia e Finanza. I principali interessi di ricerca riguardano la political economy, con particolare riferimento al ruolo delle leggi elettorali, il federalismo fiscale, la finanza pubblica, le pensioni e la disuguaglianza intergenerazionale. Ha contribuito a libri e pubblicato articoli su riviste internazionali. E’ membro e Segretario generale dell’associazione ITalents. È stato membro della Commissione tecnica per la revisione della spesa guidata da Carlo Cottarelli per i capitoli di spesa sui costi della politica. È stato Consulente tecnico per la Presidenza del Consiglio al tavolo delle trattative con le Regioni per la concessione di maggiore autonomia ex art 116 comma 3 della Costituzione.
Da novembre 2017 è editorialista presso "Il Messaggero"
Si è laureato in Filosofia a Firenze e ha svolto studi di economia nel Regno Unito (MA, Essex; PhD, Warwick). Si occupa prevalentemente di temi di economia pubblica. Ha insegnato nelle Università di Birmingham, Bergamo, Brescia, Venezia e come visiting professor negli USA, in Svezia, Germania e Cina. Attualmente è professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l'università Cattolica di Milano, dove ha diretto anche il Dipartimento di Economia e Finanza e la Doctoral School in Public Economics. Ha svolto e svolge tuttora attività di consulenza per enti pubblici nazionali e internazionali ed è stato membro di numerose commissioni governative, compresa la Commissione sulla Finanza Pubblica presso il Ministero del Tesoro nel 2007-8. È attualmente membro dell'European Fiscal Board, un comitato di consulenza del Presidente della Commissione Europea e Vicepresidente esecutivo dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica.
Francesco Tedeschi
Il dibattito di queste ore sulla nuova proposta di legge elettorale, che di tedesco ha solo il nome [cfr. l’editoriale sulla Stampa di ieri di Gian Enrico Rusconi] conferma come il ritorno, o meglio una ripresa del percorso migliorativo del “Mattarellum” interrotto nel 2005, è la strada più giusta, ricordando in tal senso gli studi scritti all’indomani delle elezioni del 2002. Al momento, con una convinzione “artificiale” si è optato per l’ennesimo esperimento in direzione del proporzionale, ancorando il tutto ad una soglia di sbarramento troppo alta per essere vera. Niente di nuovo sotto il sole: a promuovere la “riforma” sono gli alfieri del populismo “vecchi e nuovi” in quanto fautori della democrazia immediata che non prevede mediazioni di alcun genere nel rapporto tra il leader e il suo popolo (con buona pace di chi, con ingenuità infantile, si ostina a sostenere il contrario…).
Nel merito il sistema “tedesco” un risultato lo anticipa già: non il vincitore certo auspicato qualche tempo fa, ma una coabitazione fondata su una rappresentanza sterile, perché minoritaria in partenza. Rimane attuale quanto scritto da Giovanni Sartori nel 1992 [Seconda repubblica? si ma bene]: “Ma chi oggi invoca per l’Italia il sistema tedesco mal capisce quel sistema e se ne aspetta benefici che in Italia non produrrebbe”. Di certo la proposta attuale non va nella via maestra del legame tra eletti ed elettori fondato sul territorio e non nelle segreterie di partito…
enzo
Rispetto alle numerose proposte avanzate certo il mattarellum resta il migliore. Certo dopo le osservazioni della corte, per evitare che a prendere tutto nel collegio sia una forza poco rappresentativa, si potrebbe introdurre il secondo turno di ballottaggio (di collegio). Non si risolverebbe comunque il malcostume italiano di listoni fatti per vincere e che poi ,una volta accaparatisi i posti in parlamento, tornano a creare partitini sotto forma di gruppi parlamentari. Ma la principale domanda è : perché di fronte all’evidenza della preferibilità del sistema maggioritario anche i partiti che ne trarrebbero i maggiori benefici ci stanno riportando al proporzionale? per ottenere la maggiore quota possibile di potere rappresentativo ma nello stesso tempo essere sicuri di non dover fare un governo da soli , ma coinvolgere come minimo altri due partiti, per formare un governo rispetto al quale far finta di non condividerne le scelte. In altri termini fiducia in parlamento , opposizione chiacchiereccia in tv e sui giornali.