Gli immigrati albanesi hanno sofferto gli effetti della recessione più degli italiani e di altri lavoratori stranieri. Ma non si tratta di una discriminazione. Il fenomeno è dovuto principalmente ad alcune loro caratteristiche socio-demografiche.
Migranti e lavoro
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una crescita non controllata dei flussi migratori in Europa. Ciò ha portato al riaccendersi del dibattito sugli effetti che possono avere sul mercato del lavoro nei paesi ospitanti, soprattutto in quelli, come l’Italia, che hanno appena iniziato a riprendersi dalla grande recessione. Alcuni recenti studi hanno evidenziato una penalizzazione nel mercato del lavoro di alcuni paesi Ocse degli immigrati rispetto ai lavoratori nativi nel corso della crisi economica, ma altre ricerche non hanno rilevato differenze significative tra immigrati e nativi, accendendo ulteriormente il dibattito sulla effettiva “pericolosità” degli immigrati per l’occupazione dei cittadini residenti.
Albanesi in Italia
Nel mercato del lavoro italiano, un caso particolarmente interessante è rappresentato dagli immigrati albanesi che, secondo l’ultimo rapporto annuale sulla presenza dei migranti a cura del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, nel 2015 mostrano un tasso di occupazione del 51 per cento, un valore inferiore a quello rilevato per tutti i gruppi studiati nel rapporto, e un tasso di disoccupazione relativamente alto (22,7 per cento).
In termini di tasso di occupazione, dal 2007 al 2013 la perdita è stata di circa 11 punti percentuali per gli albanesi, contro i 3 punti percentuali degli italiani. Ciò ha creato un divario occupazionale fra i due gruppi di 5,2 punti percentuali in favore dei nativi nel 2013, mentre prima della crisi la differenza era di 4,1 punti percentuali a favore degli immigrati albanesi (grafico 1).
Grafico 1 – Variazione annua del tasso di occupazione dei cittadini italiani e degli albanesi, 2008-2015
Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, Rilevazione continua delle forze di lavoro
Come mostriamo in un nostro studio, questi dati nascondono una realtà molto più articolata, che vede gli immigrati albanesi possedere alcune caratteristiche socio-demografiche che li differenziano dalla popolazione italiana.
Innanzitutto, vi è una marcata specializzazione settoriale, soprattutto verso i settori edile e manifatturiero, che assorbono oltre il 46 per cento della manodopera albanese (contro il 26 per cento degli italiani). Inoltre, la comunità albanese è molto più giovane di quella italiana, con un’età media di 36 anni (contro i 42 degli italiani), ma ha anche un basso livello di istruzione: mentre quasi un quarto degli italiani ha una formazione universitaria, poco più del 5 per cento degli albanesi ha un livello di istruzione comparabile.
La recente recessione ha colpito soprattutto gli uomini, i giovani, gli occupati nelle costruzioni e i lavoratori poco qualificati. Si tratta di caratteristiche comuni più tra gli immigrati albanesi che tra gli italiani, che si sono tradotte in una maggiore penalizzazione dei lavoratori albanesi rispetto ai cittadini italiani. Le statistiche sembrano però mostrare che, anche a parità di caratteristiche come l’età o il settore, la crisi abbia colpito di più gli immigrati albanesi degli italiani. Ad esempio, tra il 2007 e il 2015 il tasso di occupazione dei giovani (15-24 anni) si è ridotto di quasi 9 punti percentuali per gli italiani, di oltre 15 punti percentuali per gli albanesi.
Si può quindi parlare di “discriminazione etnica” per gli immigrati albanesi nel mercato del lavoro italiano durante la grande recessione?
Perché non c’è discriminazione
Per cercare di rispondere con più precisione alla domanda, sarebbe necessario osservare la performance degli stessi individui nel mercato del lavoro negli anni della crisi. Purtroppo i dati Istat della Rilevazione continua sulle forze di lavoro consentono di seguire gli stessi individui al massimo per due anni. Per ovviare al limite, utilizzando i dati Istat abbiamo identificato degli “individui rappresentativi” sulla base del genere, anno di nascita, nazionalità e regione di residenza. Abbiamo quindi analizzato la loro condizione media nel mercato del lavoro dal 2009 al 2015. L’analisi dei risultati relativi nel mercato del lavoro mostra che, rispetto ai nativi, gli immigrati albanesi registrano una probabilità di occupazione di quasi 5 punti percentuali più bassa rispetto agli italiani e il divario è significativamente aumentato negli anni dal 2012 al 2014. Tuttavia, l’aumento del differenziale nel tasso di occupazione tra albanesi e italiani negli anni della crisi è completamente spiegato dalle differenze nelle caratteristiche socio-demografiche osservabili nei dati (quali genere, coorte, età, livello di istruzione e regione), che hanno reso gli albanesi più vulnerabili alla crisi rispetto ai lavoratori italiani.
Si può quindi concludere che lo status di immigrato albanese in sé non è stato un fattore di maggior penalizzazione nel mercato del lavoro italiano negli anni della grande recessione.
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aurelio
Perche non dite che sono soggetti disposti al crimine basta vedere i reati compiuti in italia sono al primo
Carlos
La maggior disoccupazione dei cittadini albanesi é dovuta anche al permissivista sistema giudiziario italiano che sembra premiare chi decide di costruire una carriera sul crimine invece che sul lavoro. Di quel 22% di disoccupati va considerata la percentuale di lavoratori nel settore sommerso nonché i “diversamente impiegati” in attività non proprio lecite che tuttavia dato l’alto livello di rischio producono rendimenti maggiori. Fino a quando l’utilità derivante dal lavoro (salari) sarà inferiore all’utilita derivante dal crimine ponderata per il relativo rischio, il tasso di disoccupazione in oggetto ha nessuna convenienza a calare.