Dal disegno di legge sui diritti di cittadinanza è lecito aspettarsi una maggiore integrazione economica e culturale degli immigrati e dei loro figli e un calo dei tassi di criminalità locali. Si sa poco invece di eventuali conseguenze in altri ambiti.
Più integrazione economica e culturale
Il parlamento italiano e il paese tutto discutono di un disegno di legge che faciliterebbe l’acquisizione di diritti di cittadinanza da parte dei figli di immigrati che siano nati in Italia (con almeno uno dei genitori titolare del diritto di soggiorno permanente o del soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo) o che dal nostro paese abbiano ricevuto una importante parte della loro istruzione (devono essere arrivati entro i 12 anni e aver completato un percorso formativo di almeno 5 anni in Italia). La letteratura economica ha prodotto diversi studi utili su alcuni dei temi di questo dibattito, su altri l’evidenza empirica è tuttavia meno abbondante.
Per facilità di esposizione distinguiamo le possibili conseguenze di una legge di questo tipo sulla comunità degli immigrati e dei loro figli dalle conseguenze sui cittadini italiani. Sembra abbastanza plausibile che ci si possa attendere un miglioramento del livello di integrazione economica e culturale non solo dei bambini direttamente agevolati dal disegno, ma anche dei loro genitori. Studi recenti mostrano come un accesso facilitato alla cittadinanza abbia avuto un impatto positivo sulla integrazione socio-politica (misurata dal livello di informazione sulla politica locale e dalla lettura dei quotidiani locali) di immigrati in Svizzera e un effetto positivo sulla integrazione economica di immigrati in Germania, in particolare delle donne (aumenta la loro probabilità di essere occupate e il numero di ore lavorate). Studiando poi più direttamente le conseguenze dell’introduzione di uno ius soli temperato avvenuta in Germania nel 2000 (riforma simile alla prima parte del disegno di legge discusso nel nostro paese) sembrerebbe emergere che non solo i bambini influenzati dalla riforma abbiano maggiori successi scolastici e migliori abilità non cognitive, ma anche che i loro genitori (non cittadini) diventino più culturalmente integrati con la società tedesca.
Quali sarebbero invece le ricadute sul resto della popolazione? Su questo sappiamo purtroppo molto meno e non è disponibile evidenza diretta in merito all’impatto di analoghe riforme del diritto di cittadinanza sui non beneficiari. Nondimeno, è utile analizzare, per analogia, gli effetti di altre politiche che estendono lo status legale a cittadini stranieri che ne siano in precedenza esclusi.
In Italia la concessione del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, che garantisce l’accesso al mercato del lavoro alle stesse condizioni dei cittadini italiani, determina una consistente diminuzione della delittuosità degli stranieri beneficiari e, di conseguenza, dei tassi di criminalità a livello locale. Le stesse conclusioni valgono per gli stranieri che hanno ottenuto lo status legale in Italia a seguito del processo di allargamento dell’Unione europea. In generale, politiche che garantiscono una maggior integrazione nel tessuto sociale ed economico – in questo assimilabili allo ius soli – disincentivano il ricorso ad attività illecite.
Gli aspetti non ancora studiati
Ovviamente, non è possibile escludere conseguenze per i non beneficiari lungo altre dimensioni, tra cui: maggiori flussi migratori in entrata e minori flussi migratori in uscita a seguito delle migliori possibilità di integrazione; accresciuta competizione da parte dei “nuovi cittadini” sul mercato del lavoro; effetti sulle finanze pubbliche. In assenza di dati certi in materia, non è possibile formulare ipotesi in merito a questi aspetti. Per ovvia mancanza di dati credibili ci asteniamo poi anche dal commentare qualsiasi possibile ripercussione dello ius soli su problemi di sicurezza nazionale attraverso una minore facilità nell’allontanamento dei soggetti a rischio.
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Celso Saresani
Per meglio conoscere gli effetti dell’immigrazione e della cittadinaza agli immigrati, ritengo molto utile per tutti (studiosi, politici, elettori) la lettura del recentissimo e ottimo rapporto del National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine:
The Economic and Fiscal Consequences of Immigration. (2017) Washington, DC. The National Academies Press. doi: https://doi.org/10.17226/23550.
L’indagine e le conclusioni riguardano gli Stati Uniti, ma i risultati della ricerca e le considerazioni finali mi sembrano valere anche per i paesi dell’Ue, Italia compresa, particolarmente per i quanto riguarda il positivo contributo alla crescita economica e alle entrate fiscali.
Marco Crippa
Praticamente un articolo inutile. Senza contraddittorio. Molto sotto il vostro standard.
Paolo Pinotti
Ben venga il contraddittorio ma non possiamo farcelo da soli … attendiamo quindi Suo articolo in risposta al nostro.
Henri Schmit
Oltre a, e forse prima di interessare l’economia politica o la sociologia, la cittadinanza e la naturalizzazione sono questioni di diritto. Le costituzioni liberali riconoscono alcuni diritti (DU) ai tutti gli uomini, residenti, rifugiati, turisti, e altri, quelli politici (DP), solo ai cittadini. Che cosa dà diritto ai DP? 1. Essere figlio di cittadini, magari nato e vissuto sempre all’estero? Se si, allora solo per effetto casuale dello ius sanguinis, o per errore. 2. Essere figlio di stranieri, nato in Italia? 3. Essere immigrato e residente stabile in Italia da 10 o più anni? A chi è nella situazione 2. o 3. l’ordinamento nazionale DEVE (in virtù di DU) riconoscere il diritto di poter chiedere la naturalizzazione per godere dei DP; sarebbe INIQUO non permetterlo o porre delle condizioni di sostanza o di procedura vessanti. È invece giustificabile esigere che l‘interessato 2. o 3. chieda espressamente la cittadinanza e dimostri certe conoscenze linguistiche, civiche e eventualmente culturali. Un’altra questione importante riguarda l’eventuale doppia cittadinanza sempre più diffusa, più accettata. Pochi anni fa il Lussemburgo ha cambiato la normativa sulla cittadinanza. Basta poca immaginazione e ricerca empirica per capire quanto in uno stato così piccolo e aperto la questione sia delicata, esplosiva. A LX tutti (?) trovano normale che chi sta nel paese da anni abbia il diritto di chiedere i DP. Numerosi cittadini, deputati e ministri hanno cognomi italiani e portoghesi.
Al
L’articolo sembra ribadire scientificamente quello che il 90% degli italiani intuisce anche senza dati:
– Giusto accorciare i tempi per i figli di immigrati regolari (ius soli temperato)
– Inutile (l’articolo non lo approfondisce nemmeno) lo ius culturae
Pur essendo un sostenitore della cultura, e degli sforzi che richiede (sia io che mia moglie ci siamo laureati come studenti-lavoratori nei tempi previsti), non mi faccio prendere in giro neanche minimamente dalle sciocchezze dei buonisti. Ius culturae = Italia sala parto del Mediterraneo. Brutto da dire, ma è la realtà.
Al contrario, agli stranieri che rispettano le regole e si integrano attraverso il lavoro regolare, va il mio rispetto e il desiderio di chiamare “italiani” i loro figli.
Michele
Peccato che paesi più progressisti tipo GB, Francia, Svezia abbiano più problemi di integrazione dell’Italia, ma hanno lo Ius Soli.
L’idea che lo Ius Soli favorisca l’integrazione è smentita dalla realtà.
Ghetti (tipo Rosengaard, Molenbeek, La Chapelle a Parigi), alta disoccupazione e criminalità sono problemi molto maggiori nei paesi dello Ius Soli rispetto all’Italia. Per non parlare del terrorismo.
Lo Ius Soli è inversamente proporzionale all’integrazione. Il PD vuole solo accalappiare voti. Ennesimo tradimento alla classe operaia. Voglio un referendum.
Giuseppe Pistilli
È davvero singolare che nel paragrafo “Aspetti non ancora studiati” ci siano guarda caso le principali preoccupazioni di coloro che temono politiche più lasche in materia d’mmigrazione.
Non sarà mica che coloro che si dilettano con le regressioni lineari hanno già una ben precisa idea politica sul l’immigrazione e vanno a studiare solo i dati da cui attendersi supporto alle loro convinzioni?
Non ci sarà un po’ di Bias? Che dite?
Stefano
Cosa probabile visto che i paper sull’immigrazione normalmente si occupano esclusivamente dei lati positivi senza mai guardare quelli negativi, concludendo poi che il quadro è positivo. Tra l’altro anche se considerassero i lati negativi, i modelli di regressione e distribuzioni normali sono inefficaci a descrivere la realtà. Il terrorista tra gli immigrati è un outlier, magari anche uno su un milione, ma l’impatto negativo sulla società è abnorme, onde fermarsi al dire “è uno su un milione, è improbabile” è deduzione fallace. Questa è la famosa lezione di Taleb sui Black Swans che nessuno nella comunità intellettuale ha imparato. Anzi, si è raddoppiato sugli stessi modelli che si focalizzano su valori medi e ignorano gli outlier. Le “fat tails” esistono, ma a nessuno importa finchè non crolla il mondo.