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Flat tax alla prova delle sue alternative

Cosa emerge da un confronto tra la proposta di flat tax e una ipotetica riforma alternativa? Resta irrisolto qualche problema dell’attuale sistema? E quale tra le due garantisce meglio che non si ricadrà in breve tempo negli antichi difetti.

Perché è utile il confronto

Lavoce.info si è occupata ripetutamente dell’Irpef (della “giungla dell’Irpef”, per la precisione) e della necessità di una sua profonda riforma (per tutti). Il dibattito è stato arricchito ora dagli interventi relativi alla proposta Ibl di riforma del sistema fiscale che contempla, fra l’altro, una Irpef ad aliquota unica (qui, qui, qui e qui).

Non è il caso, qui, di ritornare su alcune delle critiche avanzate alla proposta Ibl anche perché una risposta a molte è stata già data. Né è il caso di sottolineare come anche in questa occasione, ma non in questo sito, è emersa prepotente la tentazione così diffusa nel paese di evitare la discussione nel merito e di liquidare ogni questione con un “non si può!”. Lo facciamo per le opere pubbliche, lo facciamo per le innovazioni normative, lo facciamo per il sistema tributario. Vedremo presto – è una facile previsione – oltre ai movimenti No Tav e No Tap anche il movimento No Flat.

Ciò detto, quel che veramente manca in questa utile discussione è la comparazione tra due possibili riforme. La proposta Ibl è stata esaminata nei suoi aspetti essenziali: sono stati sottolineati i punti salienti ed evidenziate le principali implicazioni. Ma non è emersa una proposta che consentisse una valutazione comparativa.

In fondo, nel superare l’attuale inefficiente e iniquo sistema, non ci si propone di disegnarne uno in tutti i sensi ottimale. È esattamente per questo che una comparazione può essere di grande aiuto. Assemblando alcune delle proposte emerse, anche indipendentemente, è però possibile arrivare a una proposta mainstream. Una proposta con una sua coerenza, che raccoglie indicazioni anche di fonte diversa ma tutte riconducibili a un quadro ragionevolmente unitario dal punto di vista della politica economica in generale, della politica tributaria e della politica sociale in particolare. La riportiamo nella tabella che segue accanto alla proposta Ibl.

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Tabella 1

Note: (1) N. Rossi (a cura di), 25% per tutti, IBL Libri (2017); (2): A. Zanardi, “Penalizzate le classi centrali dei redditi”, Il Sole 24 Ore (14 luglio 2017), F. Di Nicola e R. Paladini, qui e qui, M. Baldini, S. Giannini e A. Santoro.

Le domande da farsi

Non è particolarmente informativo esaminare le due proposte per individuare, al loro interno, singole carenze. È abbastanza evidente, infatti, che in ambedue i casi – rimanendo all’interno della logica delle singole proposte – è possibile introdurre correttivi in grado di attenuare o di eliminare specifici punti deboli. Le domande interessanti sono piuttosto altre.

In primo luogo, ci sono evidenti carenze del nostro attuale sistema di imposte e benefici che le due proposte non affrontano? In secondo luogo, in una prospettiva di public choice, le due proposte incorporano – e in quale misura – incentivi in grado di limitare (se non di evitare) che il nostro sistema di imposte e benefici torni in breve tempo ad ammalarsi gravemente?

Per quanto riguarda il primo aspetto, è possibile una risposta solo parziale. Non è affatto chiaro, ad esempio, l’impatto relativo sulla progressività complessiva del sistema di imposte e benefici (ivi incluse, quindi, le modalità di finanziamento di alcuni servizi pubblici) delle due ipotesi di lavoro. Su questo punto, è necessario certamente un lavoro aggiuntivo.

Su altri versanti è possibile invece essere più precisi. La proposta mainstream lascia impregiudicato il tema della ricomposizione delle entrate verso le imposte indirette e corre il rischio (in assenza di idonee coperture) di non offrire sostegno adeguato a circa 1 milione di famiglie in povertà assoluta. La proposta mainstream non pone inoltre le basi per una compiuta distinzione fra assistenza e previdenza (che appare sempre più necessaria) mentre garantisce (diversamente dalla proposta Ibl) che il grado di decentramento del sistema tributario rimanga anche nel breve periodo inalterato.

Dal punto di vista della pura e semplice complessità del sistema, la lettura delle due proposte non dovrebbe lasciare molti dubbi.

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Per quanto riguarda, invece, il secondo aspetto è abbastanza evidente che la proposta mainstream non evita e nemmeno attenua il rischio che a essa vengano sovrapposti interventi dettati da interessi specifici in grado di ripristinare in tutto o in parte gli attuali livelli di complessità, inefficienza e iniquità del sistema.

Per fare un esempio, è abbastanza prevedibile che in occasione della prima legge di bilancio disponibile uno o più parlamentari lamentino lo stato deplorevole in cui versano le coppie monoreddito senza figli e propongano un apposito intervento. Viceversa, nel caso della proposta Ibl, il tema in discussione dovrebbe essere quello della parità dei poteri di acquisto in aree diverse del paese. La differenza dovrebbe essere evidente. Per fare un secondo esempio, intervenire sull’unica aliquota del sistema (il 25 per cento) è un po’ più complicato – dal punto di vista politico – che non intervenire su una delle tante aliquote in vigore (non c’è bisogno, in questo senso, di scomodare Amilcare Puviani).

Per fare un terzo esempio, nel campo del contrasto alla povertà, l’esperienza degli ultimi vent’anni suggerisce che la semplice sovrapposizione di strumenti parziali a strumenti parziali (il reddito di inclusione è, allo stato, uno di questi) può essere fonte di gravi disparità di trattamento e di inaccettabili iniquità. Ma, naturalmente, consente di non intaccare preesistenti rendite di posizione che sarebbero, in linea di principio, rimosse invece da un intervento di sistema.

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Il Punto

  1. bob

    “…il riformare, il modificare in modo profondo uno stato di cose”. A chi conviene? Solo partendo da qui possiamo individuare della azioni. Prima ancora di parlare di aliquota scommetto che la gente vuole una semplificazione delle procedure, oggi a livelli folli
    Ma un Paese che soprattutto negli ultimi 40 anni ha utilizzato il voto di scambio come presa del potere, senza alcuna vergogna o limite. Mi chiedo: a chi conviene?

  2. Henri Schmit

    La proposta IBL ha il pregio di proporre un ripensamento complesivvo del sistema fiscale troppo complicato, bizantino, inefficiente e ingiusto. Mi domando però se non sarebbe razionale, utile, giusto e doveroso distinguere fra le imposte sulle persone fisiche e le imposto sui beni, sul patrimonio, sulle persone morali, sulle transazioni, sul consumo etc, per accettare l’idea di una semplificazione drastica sulle seconde senza mettere in questione la progressività (anzi accentuarla in tempi di crisi sociale) sulle prime. Il punto delicato fra le due categorie sono gli investiment finanziari. La distinzione fra le due categorie è giustificata per ragioni di filosofia politica: per le cose conta (solo o soprattutto) l’efficienza e quindi una flat tax da modello IBL può essere un modello valido, ma per le persone, gli attori del sistema democratica che governa (anzi che crea e mantiene in vita) i mercati, sono soggette a principi diversi, cioè di eguaglianza, non solo formale da modello proto-liberale della prima metà dell’800, ma sostanziale sancita dall’articolo 3 della costituzione (e dai principi del costituzionalismo liberal-democratico che reggono tutte le nostre costituzioni). Sbaglio?

    • Henri Schmit

      OTTOBRE 2017: La Francia adotta la flat tax al 30% sul reddito finanziario, complessivamente vantaggiosa per risparmiatori e investitori. Alla stessa occasione sostituisce l’imposta patrimoniale ISF creata sotto Mitterand con un’imposta (alle stesse condizioni di franchigia 1,6mln e di aliquota) sul patrimonio immobiliare, complessivamente una riduzione di gettito da 4,3 a 0,9 mld. Nessuno osa proporre una flat tax sul reddito personale tout court, che deve rimanere soggetto a tassazione progessiva, per ragioni (ideologiche) di filosofia politica: tutti sono uguali e il sistema economico creato o garantito dal potere pubblico non può tollerare disuguaglianze tali che le regole dell’efficienze economica divengano un gioco a carte truccatte. Questo conferma due punti della mia analisi: 1. la necessità di una soluzione separata, in deroga, per la tassazione dei redditi finanziari e 2. l’esigenza generale della progressività per la tassazione del reddito personale,

  3. Arduini

    Ogni volta ache si va ad affrontare il problema aliquote si dimentica che la nostra costituzione prevede che ognino deve contribuire in base al proprio redditto. Perrtanto mi sembra che le deu proposte di flat tax on tengano conto di questo aspetto. In definitiva e detto in soldoni a rimetterci sarebbero sempre e comunque i redditi fissi da lavora e da pensione. Non si fa nessun riferiemto alla elusione fiscale addottata in primo luogo dalle aziende medie e grandi. Un riferimento: le flotte azienali. Loro possono scaricare i costi il reddito fisso non può scaricare nulla: Quando si parla di equità fiscale si dovrebbero prendere in considerazione anche questi parametri. Altro aspetto è che i redditi fissi pagano mensilmente tutte le imposte tutti gli altri appena l’anno dopo, senza contare l’evasione fiscale che in Italia raggiunge livelli altissimi. Potrebbe essere interessante introdurre il conflitto di interessi ovvero io chiedo una prestazione la proposta è sconto del 15-20% in nero e vorrei vedere chi rinuncia al 20% che su 1000€ sarebbero 200€ che però in definitiva è semore troppo poco perchè il prestatore d’opera risparmia sul’Iva e poi sull’Irpef. Sino a chè non si risolverà questo problema, che è gigantesco, il resto credo conti abbastanza poco.

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