L’anzianità del personale della nostra Pa porterà nei prossimi anni a un vero e proprio esodo. Le politiche di assunzione dovranno ispirarsi allo strumento dei fabbisogni. È un tema centrale della riforma Madia, che resta in attesa di concreta attuazione.
Riforma Madia e fine del blocco delle assunzioni
Il nostro paese si cimenta di nuovo con un complesso dispositivo di riforma della pubblica amministrazione. Le attese sono tante e, come le passate esperienze ci hanno insegnato, gli esiti finali dipenderanno in larga misura dall’impegno attuativo che d’ora in poi si saprà mettere in campo. Il tema dei fabbisogni di personale rappresenta uno snodo centrale e non poche sono le prese di posizione. Luigi Oliveri ha già ricordato il pericolo che si proceda a un vasto programma di assunzioni senza disporre di nuovi fabbisogni.
Il tema è tanto più rilevante per il fatto che, data l’attuale distribuzione per anzianità della nostra Pa, è facile prevedere che nei prossimi anni si assisterà a un vero e proprio esodo di personale, quantificato dal governo in circa 500mila unità. Ciò riapre la possibilità di impostare le politiche assunzionali ispirandosi a criteri più sensati che non quello di vecchie piante organiche variamente aggiustate nel corso del tempo.
A ciò si aggiunga che da oltre un decennio la gestione delle consistenze di personale nella Pa è stata improntata a uno stretto governo del turnover, uno strumento di efficacia immediata, ma ben lontano da qualsiasi criterio di efficienza. Negli ultimi dieci anni si sono persi circa 200mila dipendenti pubblici. Tuttavia, attraverso indistinte limitazioni al turnover, i sacrifici sono stati imposti con analoga severità a enti potenzialmente con grandi carenze di personale e ad altri in condizioni più favorevoli, tendendo così a perpetuare gli squilibri esistenti.
Come definire i livelli standard di personale
L’idea di guidare le consistenze di personale programmando un fabbisogno era già presente nel nostro ordinamento. La novità, di non poco conto, sta nel fatto che la programmazione dovrà ora avvenire secondo linee di indirizzo definite dal ministero della Pubblica amministrazione di concerto con il ministero dell’Economia e Finanze.
Sarà quindi necessario disporre di indicazioni circa un livello standard di personale, cioè di quell’ammontare adeguato per i diversi uffici o amministrazioni, in funzione di un’ampia gamma di fattori caratterizzanti. L’analisi economica offre diversi strumenti per giungere a questo risultato e la cosa è concretamente fattibile.
Peraltro non si parte da zero. Una esperienza utile è quella dei fabbisogni standard di spesa per i comuni. A differenza di tante altre, l’operazione non è rimasta sulla carta, ma è giunta a fornire uno strumento che dal 2015 viene impiegato per distribuire il fondo di solidarietà comunale. Si è operato per singola funzione (polizia, istruzione, asilo e così via), organizzando i dati dei circa 6.600 comuni delle regioni a statuto ordinario. Certo, in questo caso si sono stimati fabbisogni di spesa, ma per ottenere quelli di personale la strumentazione statistica è molto simile. Peraltro, quello dei comuni non è l’unico esempio cui ispirarsi, anche per il personale scolastico vi sono interessanti sperimentazioni.
Questo complesso di metodologie sembra preferibile a quello che fu impiegato quando si definirono le vecchie piante organiche negli anni Novanta. L’operazione fu condotta a tappeto sul complesso della Pa e consistette in una vastissima ricognizione dei carichi di lavoro, raccogliendo tutta l’informazione disponibile: pratiche assestate, rilevazioni sul campo, interviste a testimoni privilegiati, obblighi normativi. Tuttavia, l’indagine finì per riprodurre l’esistente e non fu possibile un lavoro di riverifica e di confronto con le esperienze migliori.
Una volta disponibili, i fabbisogni potranno essere impiegati per archiviare tassi di rimpiazzo sostanzialmente eguali fra gli enti di uno stesso comparto, per giungere invece a una loro modulazione legata al divario delle consistenze di fatto rispetto al personale considerato necessario. Gli enti in situazioni di eccedenza di personale vedranno limitato o bloccato il loro turnover, mentre per gli altri sarà possibile una liberalizzazione dei vincoli.
Si tratta di un utilizzo “indiretto” dei fabbisogni che ha il vantaggio di non discostarsi troppo dalla recente esperienza, ma che comunque introduce nella pratica applicativa una loro misurazione concreta. L’impiego “indiretto” consentirebbe anche una fase di rodaggio e sperimentazione del nuovo meccanismo.
A regime, una volta assestato lo strumento, si potrà passare all’utilizzo “diretto”: il divario tra dotazioni di fatto e obiettivo non sarà più l’innesco per rimpiazzare o meno il personale cessato, ma per definire direttamente l’ambito delle possibili assunzioni. Un ente che presenta dotazioni di fatto carenti rispetto al target assumerà non più in funzione del personale cessato, ma del divario stesso.
Partire mettendo in campo la prima opzione già rappresenta una novità con un forte impatto applicativo e con un altrettanto importante valore di segnale.
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Savino
Il ricambio va fatto comunque, per sostituire funzionari vecchi, corrotti e non al passo con la tecnologia.
Siamo al concetto di investimento pubblico sul capitale umano, che va ben oltre il concetto di fabbisogno.