Lavoce.info

Sui binari un investimento di sola andata

In quali infrastrutture di trasporto è opportuno investire? L’evoluzione delle tecnologie suggerisce di evitare di spendere fiumi di denaro pubblico in grandi opere ferroviarie. Perché il futuro è della strada, spiega Marco Ponti in questo estratto dal suo ultimo libro.

 Fiumi di denaro pubblico per una tecnologia ottocentesca

Per orientare gli investimenti infrastrutturali che per definizione hanno vita tecnica lunga occorre guardare agli scenari prossimi sul versante delle tecnologie.

Ora, le tecnologie di trasporto stanno vivendo una fase di rapida evoluzione, che sarà destinata a cambiare radicalmente gli scenari futuri. E questa evoluzione riguarda quasi esclusivamente il trasporto stradale per un motivo ovvio: è qui il regno del mercato e della competizione, che ha generato la rivoluzione industriale due secoli fa. Il monopolio e i sussidi pubblici tolgono per definizione gli incentivi a innovare, se non in casi eccezionali come l’AV francese, che tuttavia risale ormai a più di trent’anni fa.

Vediamo rapidamente le principali innovazioni in arrivo per il settore: i tempi per la penetrazione nei diversi mercati e segmenti del trasporto potranno certo variare, ma sembra che non vi siano più dubbi sulla direzione intrapresa, anche per gli enormi investimenti privati in concorrenza che sono già pienamente in atto.

Iniziamo dalle motorizzazioni. I motori ibridi, rapidamente estensibili anche ai veicoli merci, già oggi consentono la marcia elettrica alle basse velocità, mentre velocità maggiori occorrono ancora a motori a combustione interna. Questo, si badi, è essenziale per abbattere non solo l’inquinamento totale, ma soprattutto quello nelle aree urbane, dove l’impatto sulla salute umana è ovviamente molte volte superiore a quello nelle aree extraurbane, dove le velocità sono necessariamente maggiori. L’evoluzione verso ibridi sempre più efficienti (per esempio plug-in, cioè ricaricabili da prese elettriche domestiche) è inoltre rapida, in una traiettoria che porterà anche a una totale elettrificazione di buona parte del parco circolante. Certo questo non annullerà totalmente i problemi ambientali, nella misura in cui la produzione di elettricità dipenderà ancora da fonti inquinanti, ma certo li abbatterà in modo molto rilevante, soprattutto per quanto concerne la salute umana (il CO2, che produce l’«effetto serra», non è dannoso per l’uomo). E gli stessi motori a combustione interna presentano ancora spazi di innovazione notevoli, per esempio grazie all’utilizzo di biocarburanti.

Leggi anche:  Come togliere il trasporto merci dal binario morto

La rivoluzione della guida automatica

Veniamo ora ai veicoli: sono possibili rilevanti riduzioni dell’inquinamento e della congestione con l’introduzione, già citata, di veicoli merci con un peso massimo di 60 tonnellate (invece delle attuali 44), che circolano da molti anni in Nord Europa, Usa e Australia. È infatti ovvio che a parità di merci trasportate, un camion grande inquina e occupa la strada meno di due piccoli (in percentuale, ha meno «tara»). Ma i camion si prestano già ad avere sistemi di guida automatica, sulla viabilità maggiore e di lunga distanza, che consentono di viaggiare in tutta sicurezza in convogli di veicoli a pochi centimetri di distanza uno dall’altro, collegati solo da sistemi immateriali che agiscono su sterzo e freni. Ricordando che avvicinandosi ai 100 km/h la gran parte della resistenza all’avanzamento, e quindi dei consumi di carburante, è dovuta al fattore aerodinamico, questa «marcia a convoglio» riduce molto costi e inquinamento, e, occupando meno spazio stradale, riduce anche i fenomeni di congestione. Si noti che alcuni di questi convogli circolano già sperimentalmente in Germania, certo ancora con i conducenti a bordo per ragioni di sicurezza, ma anche questo aspetto è destinato a modificarsi con l’avvento di sistemi di guida sempre più automatizzati.

L’infrastruttura stradale sembra anch’essa chiamata a collaborare all’evoluzione complessiva del settore, e ciò in due modi. Innanzitutto con dispositivi di «boe elettroniche» per supportare i sistemi di guida automatica e in secondo luogo con sistemi di alimentazione elettrica sia a contatto sia a induzione, per aumentare l’autonomia dei veicoli elettrici, aspetto che oggi costituisce ancora una limitazione alla loro diffusione.

E per i sistemi di guida, l’avvento di un totale automatismo, pur perfettamente possibile e già ampiamente sperimentato, sarà preceduto gradualmente da dispositivi per la guida assistita che aumenteranno di molto la sicurezza (questi dispositivi incominciano già a essere diffusi sulle automobili di alta gamma). Occorre infatti ricordare che il 90 per cento degli incidenti stradali è oggi provocato da errori umani, e tale incidentalità genera costi sociali superiori anche a quelli ambientali.

Leggi anche:  Un Ponte che impoverisce l’Italia

Infine l’avvento della guida totalmente automatica su veicoli non inquinanti, che costituisce un orizzonte più lontano ma ragionevolmente certo, ridurrà in modo drastico il costo della mobilità stradale. Verrà infatti verrà meno la necessità di possedere un veicolo e il noleggio per il solo viaggio necessario (urbano o extraurbano) sarà privo dell’onere per il guidatore. Infine la pressione fiscale, che oggi in Europa rappresenta oltre la metà del costo dell’uso di un veicolo privato, dovrebbe anch’essa ridursi drasticamente, non essendovi più carburanti inquinanti da tassare. Anche i costi assicurativi, riducendosi l’incidentalità, si abbasseranno.

Uno scenario complessivo per il trasporto stradale non troppo lontano dall’attuale.

Il rischio di spendere fiumi di denari pubblici in grandi opere ferroviarie sembra allora davvero altissimo: non è quella la direzione in cui si muove l’innovazione, già molto visibile nel settore dei trasporti. Più che elefanti bianchi, rischiamo di trovarci di fronte a cimiteri di elefanti, avendo indirizzato le scarse risorse pubbliche verso una tecnologia sostanzialmente ottocentesca, che soffre e soffrirà sempre dell’impossibilità di fare servizi «porta a porta». La ferrovia ha bisogno della strada, ma non viceversa.

Marco Ponti, Sola andataTrasporti, grandi opere e spese pubbliche senza ritorno, Università Bocconi Editore, 2017.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  C'è un rischio a finanziare le infrastrutture col modello Rab

Precedente

Dall’euro alla lira? I rischi sul debito pubblico*

Successivo

Parità di genere: è ora che l’Italia si dia una mossa

19 commenti

  1. Pietro Spirito

    La contabilità dei morti e dei feriti sulle strade evidentemente non conta. Continuiamo così. Evviva la lobby delle strade

    • Marco Ottaviano

      La progressiva e ormai certa diffusione di sistemi di guida sempre più autonoma (preceduta già ora da sistemi di sicurezza che diventeranno sempre più efficaci e invasivi) farà crollare incidenti e morti stradali. Molto meglio la “lobby delle strade”, sottoposta a concorrenza e mercato, che la lobby delle grandi opere, statalista, monopolista e quindi sprecona e corrotta.

  2. Andrea Zatti

    Camion in convoglio senza conducente, «boe elettroniche» per supportare i sistemi di guida automatica e sistemi di alimentazione elettrica, sistemi di guida assistita.
    Al di là che servono soldi pubblici anche in queste realizzazioni, mi pare che alla fine più che il superamento della ferrovia, si tratta di trasformare il traffico su strada in un grande sistema canalizzato e automatizzato: ovvero in una ferrovia moderna!
    L’ottocento si stà prendendo una rivincita…

    • Marco Ottaviano

      Un sistema canalizzato e automatizzato su strada, sebbene abbia delle superficiali analogie, è molto diversa (e migliore) di una rete ferroviaria. Rimarrebbe comunque un sistema punto a punto estremamente più flessibile di una rete ferroviaria, oltre a mantenere tutti i vantaggi di una rete stradale.

  3. Aldo

    Con l’aumentare del carico sugli autocarri, qualcuno ha pensato se le attuali sedi stradali sono in grado di sopportare l’incremento di peso?
    Già oggi con i carichi attuali i cedimenti sono frequenti.

  4. Gianfranco Nigro

    E’ un fatto che strade ed autostrade sono intasate. Non mi sembra una grande strategia investire sui veicoli a motore.
    Si può investire in molti modi nel ferroviario: non è necessario avere in testa solo AV e trafori. Penso ai servizi ferroviari metropolitani che possono alleggerire il traffico e alla costruzione di nuove linee ferroviarie dove serve e dove c’è richiesta (soprattutto nelle aree metropolitane).
    Più che automatizzare i veicoli bisogna andare in una logica di trasporto integrato in cui è possibile fare viaggi in minima parte in auto (meglio se condivisa), in parte su ferro e parte in bici (meglio se condivisa). Questo vuol dire passare da una logica di acquisto (la MIA nuova auto) ad una logica di sharing dove pago il servizio e non l’oggetto fisico

  5. Luca Ba

    Articolo un po’ troppo estremo e credo provocatorio. La tecnologia sarà anche ottocentesca come base ma la ferrovia ha all’interno tanta tecnologia moderna nell’ottocento i treni non andavano a 300 km/h. Io credo invece che il professore sbagli il sistema ferroviario darà ancora tanto e gli investimenti in tal senso avranno ricadute positive. E lo dico da pendolare!

  6. Luca

    Se la macchina elettrica non mi porta a Milano da Roma in meno di tre ore io non credo proprio che si possa dire che il treno sia superato. Inoltre Italo e freccia rossa dimostrano che la concorrenza è possibile pure sui binari senza dimenticare che la “tecnologia ottocentesca” è quella che ha mandato al tappeto Alitalia dimostrando che il concetto di concorrenza può essere più esteso di quel che sembra

  7. bob

    Anche il motore a scoppio è una tecnologia ottocentesca! La ferrovia non deve fare servizio “porta a porta”, bensì altre tecnologie tipo il telelavoro o il lavoro da casa. A mio avviso non possiamo pensare “ottocentescamente” che certe esigenze si risolvano con più strade e più auto, bisogna risolverle con le tecnologie (già esistenti) che consentono meno mobilità, soprattutto urbana. Le pare logico che una impiegata si parte da Rho per stilare un certificato di nascita al centro di Milano? Si parla di telemedicina e non vogliamo iniziare a parlare di telelavoro o lavoro a distanza soprattutto per operatività burocratiche/amministrative?

  8. Rick

    Purtroppo Marco Ponti incomincia a risultare monotematico, in questa sua avversione a priori verso qualsiasi cosa si sposti su binari di ferro.

    Le obiezioni sono semplicissime, e chiunque faccia il pendolare le conosce. Io scendo dalla mia collina, lascio la macchina in una stazioncina a 10km di distanza e poi mi faccio 60km di treno, per arrivare in centro città dove lavoro. Dovessi andare in macchina (indipendentemente dalla propulsione) ci metterei di più, non saprei dove lasciarla in città e sarebbe anche più scomodo (in treno posso lavorare o dormire, in macchina devo stare attento e guidare). Ho treni frequenti, nuovi e abbastanza puntuali, non vedo perchè dovrei rinunciare a tutto questo.

    E anche per spostamenti nel raggio di 500km, diciamo per andare a Roma, sarei curioso di sapere che alternative migliori all’AV ci siano. L’aereo? Arrivo lontanissimo dal centro e inquina tantissimo. La mia macchina? E chi ha voglia di guidare per 500km? O, Dio-me-ne-scampi, uno scomodissimo pulmann?

  9. andryy

    anche prendendo per valido il ragionamento sul potenziale inespresso, in termini di innovazione, della mobilità su gomma rispetto a quella su ferro, non è chiaro come privilegiare il primo tipo di mobilità si concili con l’annosa questione non solo dell’inquinamento ma anche della congestione nelle aree urbane e metropolitane, in cui una migliore qualità della vita richiederebbe semmai più mezzi pubblici e più efficienti, oltre che maggiori percorsi ciclabili e pedonali ove possibile.

  10. Virginio Zaffaroni

    Il prof.Ponti va sempre letto con attenzione. Tuttavia non riesco a convincermi che le sue siano la prospettiva giusta e auspicabile. Non riesco a credere che il futuro rimanga un posto intasato da miliardi di auto e camion con, tra l’altro, conseguente esplosiva e pestifera realizzazione di aree di sosta e parcheggio.

  11. Gianmarco Bruno

    Si stanno confrontando soluzioni di trasporto che rispondono ad esigenze diverse. E’ ovvio che per la distribuzione capillare di merci o il trasporto di persone in aree sparse è meglio l’auto. D’altra parte la rotaia permette lo smaltimento efficiente di traffico laddove il “cliente” è già stato aggregato, caso limite la metropolitana o la connettività tra un porto e una fabbrica. La navigazione è una tecnologia vecchia di diecimila anni eppure si sviluppano imbarcazioni piccole E imbarcazioni grandi che sfruttano appunto aggregazione ed economia di scala.

  12. frank

    Articolo sfacciatamente di parte, priorità a qualche lobby delle strade e mancata consulenza con trasporto su ferro? La tecnologia ottocentesca ha sbattuto fuori dal mercato su alcune tratte il trasporto aereo (vedi Milano-Roma), aggiungiamo la previsione di nuove reti AV in molti paesi, come negli USA. E le tanto rinomate analisi costi-benefici che l’autore sostiene incessantemente… dove le lasciamo? Per decidere se investire o meno andrebbero fatte anche considerando le evoluzioni tecnologiche presenti nel trasporto ferroviario (vedi treni alimentati interamente da energia prodotta da fonti rinnovabili, in Olanda). Analisi molto riduttiva e grezza, finalizzata ad una mera promozione del volume

  13. Mi sembrano considerazioni un po’ vaghe, la evoluzione tecnologica imparare su tutte le filiere produttive quindi anche sul traporto su rotaie, inoltre alcune questioni non possono essere affrontate solo a livello economico credo che ci siano ampi spazii di convivenza tra gomma e rotaia, cosi come tra investimemti pubblici e privati.

  14. Luigi Moccia

    Anche il sottoscritto auspica le tante innovazioni del trasporto stradale menzionate dall’autore di questo articolo (elettrificazione, efficienza per marcia in convogli, sicurezza per automazione della guida, etc).
    Ma all’autore sfugge la vastità degli impatti ambientali e sociali del trasporto merci e passeggeri anche, e sottolineo anche, nell’ipotesi, tutta da verificare, che la sola dimensione tecnologica stradale mantenga le sue promesse.
    Non ho lo spazio per approfondire, ma, in base alla migliore scenaristica a mia conoscenza, soltanto con un approccio multimodale (che quindi include anche i cari ottocenteschi binari) è possibile raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, etc.
    Sul trasporto merci rimando ai lavori di Alan C. McKinnon.
    Sull’illusione che elettrificazione/guida-autonoma siano da sole risolutive per il trasporto passeggeri si veda l’ultimo rapporto di Fulton et al di ITDP/UC Davis (una fonte tutt’altro che anti-strada).
    Purtroppo in Italia dobbiamo convivere con queste rappresentazioni semplicistiche del dibattito à la Marco Ponti.

  15. Anna Maria Brandinelli

    E chi provvede a mantenere agibili le strade, già intasate e piene di buche? E quando saranno disponibili i veicoli su gomma non inquinanti?

  16. Beppe Gillio

    Nel 2015 la Commissione europea fissava l’obiettivo del 50% del trasporto merci di lunga percorrenza su rotaia. Ne seguivano nel 2013 l’istituzione della rete centrale europea articolata in 9 corridoi interoperabili e interconnessi e nel 2015, con il programma CEF, investimenti senza precedenti per il settennio in corso. Intanto la Svizzera sta portando a termine 129 km di tunnel ferroviari, su due assi. E l’Austria ne ha in progetto 115. Insomma una rivoluzione è in atto. Lo strumento per rendere economicamente competitivo il riequilibrio modale sono treni “capaci”, lunghi fino a 750 m e pesanti fino a 2000 tonn. Investimenti per l’adeguamento delle linee italiane agli standard europei sono in corso sulle linee principali e sui terminali. Quest’anno i primi importanti risultati della “cura del ferro” sono stati unanimemente riconosciuti in tre convegni nazionali da operatori del combinato, gestori della rete, terminalisti, tecnici. Mi chiedo in che mondo viva Ponti.

  17. Thomas Giedemann

    Trovo curioso che una persona che si esprime come il signor Ponti insegni al Politecnico di Milano: più che un professore di economia dei trasporti mi sembra un ideologo del liberismo sfrenato e un lobbista dell’industria automobilistica. Emblematico il suo esempio sugli autocarri da 60 tonnellate: questi non vengono certo costruiti per risparmiare viaggi, bensi per togliere ulteriori quote di mercato alla rotaia. E meno male che è stato pure consulente delle Ferrovie dello Stato …

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén