La legge di bilancio prevede un “condono” sulle somme che le aziende farmaceutiche dovrebbero rimborsare allo stato per lo sforamento dei tetti di spesa. Si risolve forse un pasticcio sulla spesa farmaceutica ospedaliera, ma il futuro è tutto da scrivere.
Cos’è il payback
Tra le poche misure previste per la sanità, il disegno di legge di bilancio interviene sul payback, il meccanismo in base al quale l’industria del farmaco partecipa per il 50 per cento al ripiano dell’eventuale superamento del tetto di spesa farmaceutica programmato centralmente (l’altro 50 per cento resta a carico delle regioni).
Il payback nasce con la legge finanziaria 2008 e si limita al governo della spesa farmaceutica territoriale, che comprende la distribuzione tramite le farmacie, quella diretta tramite gli ospedali e quella “per conto”, con acquisti da parte degli ospedali e distribuzione via farmacie. Le misure introdotte tengono conto della progressiva “genericazione” di numerosi farmaci, che avrebbe implicato una drastica riduzione dei prezzi. E le proiezioni si rivelano corrette: i provvedimenti sulla distribuzione, insieme ai risparmi derivanti dalla “genericazione”, consentono non solo il rispetto del tetto di spesa, ma addirittura un suo progressivo abbassamento dal 14 per cento (2008) all’11,35 per cento (2014-2016) del finanziamento pubblico al Sistema sanitario nazionale.
Fin qui tutto bene, almeno per il bilancio pubblico.
Quando l’industria del farmaco non paga
I problemi sorgono quando – nel 2012 con il governo Monti – il payback viene esteso alla componente ospedaliera della spesa farmaceutica, fissando un tetto del 3,5 per cento.
Come prevedibile date le dinamiche del mercato, si registra un incremento di spesa (per l’estensione delle indicazioni di farmaci già rimborsati, le nuove strategie di cura in oncologia, la gestione dei long-term survivor) che non viene compensato dal lato dei generici. Per il 2013-2015, si registra uno sforamento di 3,524 miliardi di euro, per il 50 per cento a carico dell’industria. E l’industria non vuole pagare: le prime risoluzioni Aifa (Agenzia italiana del farmaco) sul ripiano dello sforamento del 2013 vengono bocciate a più riprese dal Tar del Lazio che, a partire da marzo 2015, accoglie le istanze di illegittimità dell’industria per la scarsa trasparenza e accuratezza del calcolo dei payback dovuti.
Il punto è che la spesa per il farmaco A venduto all’ospedale X rientra nel tetto dell’ospedaliera se il farmaco è usato in ospedale; rientra nella territoriale se passa dalla distribuzione diretta o “per conto”. Non sorprende che calcolare i payback dovuti da ciascuna impresa si riveli un gran pasticcio. E l’Aifa, invece di impugnare la sentenza sospensiva del Tar, non fa nulla, “congelando” le procedure di ripiano.
La storia potrebbe finire qui se non fosse che alle regioni è stato concesso dalla legge di bilancio per il 2016 di iscrivere a bilancio per il 2015 il 90 per cento del payback da incassare dalle imprese per gli anni 2013 e 2014; se il payback svanisce potrebbero mancare dei soldi nei bilanci regionali. Il governo si attiva con il decreto legge 20 giugno 2016 per far ripartire la procedura di ripiano nella misura del 90 per cento per il 2013-2014 e dell’80 per cento per il 2015, pubblicando sul sito Aifa gli importi dovuti da ciascuna impresa. In attesa dei conti definitivi entro il 15 settembre, le aziende devono corrispondere entro il 26 luglio a ciascuna regione la quota 2013-2015 con la possibilità di chiedere poi una rettifica. Ma proprio il 15 settembre 2016 interviene di nuovo il Tar del Lazio, che accoglie i ricorsi di tutte le imprese che chiedevano la sospensiva del pagamento anticipato appellandosi ancora all’inadeguata documentazione dei conti dell’Aifa. Lo stesso Tar chiede all’Agenzia una relazione sulle modalità di stima e gli importi per il 2013-2015, che viene pubblicata il 24 gennaio, seguita da una nota del 2 febbraio sulle modalità per la stima degli importi 2016. Si programma anche una seduta, l’11 luglio, per esaminare la questione; ma passano i mesi e la seduta non viene convocata.
Nel frattempo, il caos è totale: iniziano, in modo sparuto, transazioni tra le singole imprese e l’Aifa per appurare quanto dovuto e procedere al saldo; alcune imprese pagano tutto, altre qualcosa, altre ancora niente.
Ora, il disegno di legge di bilancio provvede al condono tombale. La norma impone all’Aifa di adottare la risoluzione sul payback 2016 e di concludere le transazioni avviate con le imprese per il 2013-2015 ancora pendenti, ma solo con quelle che versano le somme per il payback 2016. L’importo richiesto per il 2013-2015 ammonta a 1,486 miliardi di euro, con 882 milioni già incassati. Tuttavia, gran parte dell’importo versato è oggetto di contenzioso di fronte al Tar del Lazio e la Relazione tecnica stima che, qualora gli accordi transattivi venissero effettivamente sottoscritti, l’importo totale corrisposto a titolo di payback per il 2013-2015 risulterebbe di circa 930 milioni.
Insomma, se le imprese pagano per il 2016, con altri 50 milioni circa si chiude tutta la partita e si volta pagina. Il problema è cosa si fa dopo per risolvere i problemi strutturali della spesa farmaceutica ospedaliera, che già lo scorso anno avevano costretto il governo a vincolare l’aumento del finanziamento e a fare chiarezza sui tetti di spesa (per acquisti diretti e per farmaceutica convenzionata). Si volta pagina, ma la pagina successiva è ancora tutta da scrivere.
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Tommaso
Nei contratti di fornitura le specifiche sono ben specificate e sono facili da calcolare; il fatto che non venga fornito un algoritmo preciso è solo un alibi. O delle due l’una: che venga fornito l’algoritmo inoppugnabile oppure che lo Stato contigenti il prezzo dei farmaci a priori.