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Gli immigrati? Un affare per l’Inps se regolari e giovani

Gli immigrati sono oggi un vantaggio per l’Inps. E lo saranno finché la distribuzione per età della popolazione straniera rimarrà simile a quella attuale. Quanto alle truffe di cui spesso si parla, sono un fenomeno del tutto marginale.

Immigrati e sistema previdenziale

Nella complessa relazione tra il fenomeno migratorio e i servizi di welfare, il tema della previdenza e dell’assistenza sociale merita una attenzione particolare: occorre rifuggire dalle semplificazioni secondo cui gli immigrati pagano le pensioni agli italiani, ma anche dare un ordine di grandezza alle truffe ai danni dell’Inps da parte dei cittadini stranieri, di cui spesso si occupano i mezzi di informazione.

È una verità difficilmente contestabile che gli immigrati rappresentino oggi un vantaggio per l’Inps (come avviene in tutti i paesi sviluppati): la loro età media (33 anni) è inferiore di oltre 10 anni rispetto a quella degli italiani (45 anni).

Su 16 milioni di pensionati, gli stranieri sono circa 130 mila (80 mila pensioni contributive e 50 mila pensioni assistenziali), meno dell’1 per cento del totale, per un importo di circa 800 milioni di euro (2015). Sul lato delle entrate, i 2,4 milioni di lavoratori stranieri versano all’Inps oltre 10 miliardi di euro l’anno. In un sistema pensionistico basato sul presupposto per cui i lavoratori attuali pagano gli assegni ai pensionati attuali, la bassa età media degli immigrati porta un beneficio immediato.

Inoltre, la percentuale di lavoratori stranieri a cui si applica il più vantaggioso metodo di calcolo retributivo è molto esigua, poiché solo lo 0,3 per cento poteva vantare almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Il 12,1 per cento è soggetto al metodo di calcolo misto e ben l’87,6 per cento vedrà la propria pensione interamente calcolata con il metodo contributivo.

Per avere un termine di paragone, l’85 per cento delle pensioni oggi in pagamento per i nativi è basato sul sistema retributivo.

Nel suo XVI rapporto annuale, l’Inps stima che, in totale assenza di flussi migratori, da qui al 2040 il paese risparmierebbe 35 miliardi di prestazioni sociali destinate agli immigrati, ma percepirebbe 73 miliardi in meno di entrate contributive, con una perdita netta complessiva stimabile in 38 miliardi di euro: circa 1,7 miliardi per ciascuno dei ventidue anni considerati.

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I contributi “persi”

Sono almeno tre motivi per i quali il rapporto tra immigrati e previdenza è peculiare. Il primo è il requisito minimo di venti anni di contributi per accedere a qualunque trattamento previdenziale che si applica a coloro che rientrano nel sistema retributivo o misto (sono oltre il 12 per cento): gli immigrati che sono arrivati in Italia in età matura e soprattutto quelli che rientrano nel paese di origine per ragioni lavorative o familiari possono fallire questo traguardo. Il secondo motivo è che per ottenere la pensione occorre fare domanda all’Inps: può sembrare banale, ma negli anni scorsi migliaia di immigrati sono rientrati nel paese di origine senza presentare la domanda di pensionamento, pur avendone i requisiti. Il terzo motivo sono i requisiti più restrittivi per le pensioni di reversibilità stabiliti dalla legge 189/2002 (cosiddetta “Bossi-Fini”): se il decesso del coniuge si è verificato prima dell’età pensionabile, al superstite rimpatriato non spetta la pensione di reversibilità.

In base a questi elementi, il presidente dell’Inps Tito Boeri calcola che negli ultimi anni gli immigrati abbiano lasciato nelle casse dell’Istituto circa 3 miliardi di euro di contributi versati, per prestazioni cui avrebbero avuto diritto se fossero rimasti in Italia.

L’impatto delle irregolarità

Sul versante opposto, quello di indebite appropriazioni ai danni del sistema previdenziale, vengono spesso citati i casi di truffa legati agli assegni sociali che spettano ai percettori di redditi bassi (inferiori a 5.824,91 euro annui o a 11.649,82 euro se il soggetto è coniugato nel 2017), che hanno compiuto almeno 65 anni e 7 mesi e vivono in Italia da almeno 10 anni. L’importo dell’assegno sociale viene ritoccato ogni anno (per il 2017 è di 448,07 euro per 13 mensilità) e viene revocato se il titolare soggiorna all’estero per più di trenta giorni.

L’intensificarsi dei controlli attraverso le banche dati elettroniche ha permesso di rilevare alcuni casi di truffe perpetrate da cittadini stranieri che sono entrati in Italia attraverso i ricongiungimenti familiari, ma che poi sono risultati risiedere all’estero (i primi paesi citati sono nell’ordine Albania, Marocco e Argentina). Per quanto grave, il fenomeno riguarda in tutto circa 500 casi, per un totale di 10 milioni di euro, e spesso ha per protagonisti i familiari di ex emigrati italiani.

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L’analisi del contributo degli immigrati al sistema previdenziale e il loro basso impatto sulla spesa pensionistica permette dunque di affermare che il rapporto è particolarmente vantaggioso per il sistema previdenziale (come in tutti i paesi sviluppati), almeno finché la distribuzione per età della popolazione straniera rimarrà simile a quella attuale.

Tuttavia, i calcoli dell’Inps sulla necessità di nuova immigrazione si basano sull’assunto che si tratti di immigrazione regolare, immediatamente occupabile e rapidamente integrata: per valorizzare appieno il potenziale contributo dei lavoratori stranieri è necessario investire nei percorsi di integrazione e, soprattutto, nell’inclusione lavorativa regolare.

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  1. Andrea

    State dicendo che i giovani lavoratori contribuiscono positivamente alla posizione dell’INPS? Peccato che ci siano tantissimi giovani disoccupati italiani, che potrebbe fare lo stesso che fanno gli immigrati, quindi il vantaggio dato all’INPS dall’essere immigrati dove è? Non contiamo poi che gli immigrati giovani di oggi difficilmente andranno via dall’Italia, quindi in futuro la loro pensione peserà sull’INPS esattamente come pesa quella di un giovane italiano. Poi è bello vedere il saldo dell’immigrazione solo per i contributi versati, ma andiamo a vedere quanto invece drenano gli immigrati con assegni familiari, welfare, ecc.

  2. Un affare per chi? La parola a un esperto, George Borjas: I estimate the current “immigration surplus”—the net increase in the total wealth of the native population—to be about $50 billion annually. But behind that calculation is a much larger shift from one group of Americans to another: The total wealth redistribution from the native losers to the native winners is enormous, roughly a half-trillion dollars a year. Immigrants, too, gain substantially; their total earnings far exceed what their income would have been had they not migrated. When we look at the overall value of immigration, there’s one more complicating factor: Immigrants receive government assistance at higher rates than natives. The higher cost of all the services provided to immigrants and the lower taxes they pay (because they have lower earnings) inevitably implies that on a year-to-year basis immigration creates a fiscal hole of at least $50 billion—a burden that falls on the native population.

    Una verità assoluta che nessuna fondazione finanziata da George potrà negare.

  3. Alberto

    Se l’età media di coloro che lavorano e contribuiscono ai fondi dell’INPS è sui 30 anni lo capisce chiunque che per qualche decennio contribuiranno a pagare le pensioni altrui e poi ci dovrà pensare qualcun altro alle loro. Ma ad analizzare solo l’aspetto INPS sembra limitativo, primo perché non tutti lavorano (la disoccupazione tra gli stranieri è più alta degli autoctoni e quindi è falsa l’affermazione che gli stranieri fanno i lavori che gli italiani snobbano), poi si tratta di analizzare le altre voci di spesa del bilancio come istruzione (se si investe nella formazione di uno straniero che formato preferisce tornarsene nella sua patria sono, per gli italiani, soldi che non vedranno più o l’impatto sulla formazione in classi con troppi stranieri), la sanità (una banale operazione costa decine di migliaia di €), la stessa INPS erogando sussidi previdenziali agli stranieri ma soprattutto l’insicurezza di cui oramai il Paese è diventato facile preda. Sarebbe poi interessante conoscere quanti stranieri, proprietari d’immobili all’estero, corrispondono l’IVIE. Quindi se prima l’INPS si univa al coro di coloro che gridavano che gli stranieri sono tutti una risorsa che ci pagheranno le pensioni, adesso iniziano a separare il grano dalla zizzania scoprendo l’acqua calda ?

    • Maurizio Angelini

      LA GIOVANE ETà MEDIA comporta, normalmente, un miglior stato di salute, quindi una minore spedalizzazione sia medica che chirurgica; finora se ne sono andati e se ne vanno via dall’Italia, purtropp. Italiani che si sono formati INTERAMENTE in Italia, con frequenza formativa di 20 anni e più dalla scuola dell’infanzia all’università; le classi formate da maggioranze di stranieri sono% rare e spesso fatte da figli di stranieri nati in Italia, quindi con problemi linguistici scarsi o nulli. Capisco, comunque, che con gli argomenti di Alberto si sia facile, ma non inevitabie, preda di timore.

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