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Avvocati di tutta Italia, unitevi! Per l’equo compenso

Nella legge di bilancio in discussione si fissano le retribuzioni minime di alcuni professionisti. Ma l’Antitrust ha giocato di anticipo e bocciato il provvedimento perché anticoncorrenziale. Oltre che iniquo.

Un “salario minimo” per i professionisti

Avvocati di tutto il mondo, unitevi! Non era così che si chiudeva il Manifesto di Marx ed Engels? Forse no, devo andarmelo a rivedere. Eppure sembra essere il motto del governo sul tema del cosiddetto “equo compenso”, che in buona sostanza è il salario minimo applicato anche ai liberi professionisti.

Per un economista sparare sul tema è così facile da risultare finanche noioso. Soprattutto per il suo improbabile campo di applicazione.

La ratio è questa: rispetto ad alcuni clienti, i poveri liberi professionisti sarebbero una parte debole che deve essere tutelata da clausole vessatorie e dal tentativo di farli lavorare per due soldi. Quindi si vuole introdurre una legge che li protegga dallo sfruttamento al quale sono sottoposti.

Per certi versi, è vero che molte grandi imprese o pubbliche amministrazioni sono così poco interessate alla qualità del lavoro erogato che cercano solo di pagare di meno, pretendendo molto e dando molto poco. L’ossessione per il taglio dei costi come unica stella polare della amministrazione della cosa pubblica è penosamente visibile in tanti ambiti. Ma da qui a dire che la categoria degli avvocati, o degli architetti o di altri professionisti fosse così bisognosa di protezione francamente ce ne passa. E invece il decretone di fine anno (la legge di bilancio – tema col quale l’equo compenso non ha nulla a che vedere, sia chiaro) introduce una specifica norma per vietare che i professionisti (prima erano solo gli avvocati – vedremo come sarà la versione finale, se sopravvive) eroghino prestazioni a prezzi troppo bassi e con condizioni vessatorie.

Diciamolo, è un modo surrettizio per reintrodurre le tariffe minime professionali, già abolite negli anni passati e delle quali nessuno sentiva la necessità. Se non ovviamente i professionisti stessi, o alcuni di essi.

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Perché non va bene?

Una prima ragione è che se non consentiamo ai giovani professionisti di abbassare un po’ i prezzi, come possiamo pensare che si facciano conoscere? Non serve il piagnisteo sulla disoccupazione dei giovani, se poi li spingiamo a competere con i professionisti più anziani tenendo le mani legate dietro la schiena.  Serve un po’ di coerenza.

Poi c’è il tema dell’equità. Perché una norma proprio sui professionisti? E non, ad esempio, sugli imbianchini – molti dei quali si lamentano del fatto che chiunque oggi prende secchio e pennello si offre come tale?

Intendiamoci, anche se parlare di proletarizzazione del ceto medio professionale è probabilmente di gran lunga eccessivo, un minimo di ragione quelli che ho sarcasticamente etichettato come “poveri professionisti” ce l’hanno. All’interno di questa categoria ci sono i grandi studi che certo non hanno questo tipo di problemi – si fanno comunque pagare ben di più del minimo fissato dall’equo compenso. Ma ci sono anche “gli altri”, la grande maggioranza, tra i quali alcuni faticano a farsi riconoscere remunerazioni elevate. Il tema è se questo sia un problema specifico o se sia semplicemente una conseguenza della situazione attuale che tutti patiscono privatamente senza avere (o neppure invocare) protezione della legge. I salari in Italia sono notoriamente bassini – perché non occuparsi di tutte le remunerazioni, se proprio si vuole?  Gli appalti finiscono con ribassi talvolta clamorosi, e le amministrazioni festeggiano; sbagliano?

Allora, ciò che irrita un po’ è che, come sempre, si dia la sensazione che esistano figli e figliastri. Categorie sistematicamente protette (per esempio, i professionisti che sono parte degli “albi” tradizionali) e altre del tutto dimenticate (i professionisti senza albo, collegio, associazione, che sono sempre figli di un dio minore). Le norme specifiche per una categoria danno sempre fastidio. E danno la spiacevolissima impressione di essere figlie di una lobby più che di quel progetto di alto livello che ci si aspetterebbe da chi governa il paese.

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19 commenti

  1. Savino

    Ma le fiamme gialle negli studi legali quando entrano?

    • costalfonsi

      Cosa vuole dire? Ma quanto rischia lei alla mattina quando va al lavoro? Se si ammala, le pagano lo stipendio? A fine mese lo stipendio arriva sempre il 27? Ha mai letto la sua busta paga? Ha capito quanto le toglie lo Stato? Forse non se ne è reso conto, provi a pensare la sua vita con il doppio dei soldi. Il nemico non è il professionista ma lo Stato. Ci rifletta.
      Io sono un dipendente ed ho un piccolo studio di ingegneria. Lei non può capire cosa è accaduto quando ho pagato per la prima volta le imposte con il reddito cumulato. Mi è venuto un colpo, tutto quello che avevo guadagnato in un anno l’ho dovuto versare tra imposte e anticipo per l’anno successivo. Ci provi anche lei e poi mi farà sapere. Nel mio caso, la professione è un reddito aggiuntivo, se avessi dovuto vivere solo con quello non ci sarei riuscito. Le pare giusto uno Stato che per il primo anno non le permette di vivere, un anno dopo le riconoscerà un credito di imposta ma purtroppo non si mangia una volta l’anno ma almeno tre volte al giorno.

      • Savino

        In Italia tutti poveri tranne i poveri veri

        • costalfonsi

          Non si affidi ai luoghi comuni. Cerchi di capire cosa accade veramente ai professionisti che vogliono stare alle regole, poi ne riparliamo.

      • davide

        Nessuno la costringe a fare il professionista.

  2. raffaello colosimo

    Non so perché, ma noi professionisti risultiamo invisi a ogni categoria che conti: politici, giornalisti, commentatori, universitari.
    Eppure stiamo sul mercato e promuoviamo la crescita del paese.
    Le maledette lenzuolate di Bersani ebbero il torto di tagliare drasticamente il valore delle prestazioni professionali, a mio avviso colpendo soprattutto ingegneri e architetti che operano nei lavori pubblici.
    Il mio piccolo studio di ingegneria dopo poco fu costretto a licenziare un dipendente: un gran risultato per quel provvedimento.
    Oggi il nostro fatturato risulta strutturalmente ridotto, con utili modestissimi. E’ questo l’obiettivo?
    Questa categoria deve soccombere?

  3. costalfonsi

    Ma la finiamo con la teoria ed andiamo a vedere cosa accade effettivamente sul mercato?
    Per prima cosa non vedo perchè i giovani debbano abbassare le tariffe senza alcun limite. Se, come ipotizza il professore, ho bisogno di una tariffa aggressiva, posso trovare il modo di fare uno sconto, andando a superare le tariffe minime. Chi può sindacare quanto tempo io, giovane professionista, impegnerò per risolvere un problema? Con questa libertà posso trovare il modo di bilanciare il costo della mia prestazione, tra quanto necessario per la mia sussistenza e quanto può pagarmi il cliente. Si trova un punto di equilibrio e si conclude l’affare.
    Secondo aspetto: la consulenza di un professionista non è come un chilo di prosciutto che costa quel che si vede sul cartellino. La consulenza di un professionista è lavoro, tempo, competenza e valore del risultato. Solo se il cliente ed il professionista sono entrambi soddisfatti si può dire che il lavoro è ben riuscito.
    Dopo alcuni anni si può dire che il risultato di aver tolto le tariffe minime è che le PP.AA. si permettono di emettere dei bandi con costo di progettazione pari a 0€ (zero €), le aziende possono mettere in concorrenza spietata i professionisti, abbassando le tariffe, tanto che si rilevano dei redditi in calo tra di essi. Praticamente si sta distruggendo un mercato, per cosa? Per il principio della libera concorrenza? Va bene essere idealisti ma essere stupidi è un altro paio di maniche.

  4. Il Professore non ha forse presente lo stato di depauperamento delle professioni creative e legate all’editoria dove giovani, pur di avere un po’ di visibilità (sotto ricatto, per aggiungere voci in curriculum e con la speranza di farsi qualche nuovo contatto), regalano decine, centinaia di ore ad aziende e istituzioni; questa cosa deve finire soprattutto considerando che colpisce maggiormente una generazione che già è senza tutele (facile, molto facile fare certi discorsi se si ha un contratto da ordinario – con tutte le tutele che ne derivano e obblighi risibili in termini di orari di insegnamento); anche se suppongo faccia sempre comodo avere qualche ragazzo che, gratuitamente o per quattro spiccioli, traduca un paper o curi un sito-web dipartimentale; vero?

  5. massimo

    Sono curioso di sapere quanti di questi signori che vogliono l’equo compenso sono professionisti che siedono in parlamento.

  6. Francesco Namio

    Sarà anche professore, ma evidentemente non è avvocato.
    Speriamo che lavoce.info faccia analizzare la questione a un addetto ai lavori.
    Al momento, occasione persa

  7. renzo

    Sono sempre stato favorevole alla liberalizzazione delle tariffe professionali; ogni professionista dovrebbe configurarle in base alle proprie competenze, esperienza, dotazioni strumentali, ecc. Però non deve neanche accadere questo: http://www.edilportale.com/news/2017/11/professione/bandi-di-progettazione-a-1-euro-dalla-sicilia-un-nuovo-caso_61220_33.html

  8. Giacomo

    Articolo perfetto. Per equità bisognerebbe garantire a questo punto l’equo compenso a tutti: baristi, idraulici, produttori di acciaio, di automobili, tutti coloro insomma che producono beni e servizi di qualsiasi tipo. Il modello sarebbe insomma l’economia pianificata dell’Unione sovietica

  9. Giacomo Bailetti

    Articolo perfetto. Per equità bisognerebbe garantire l’equo compenso a tutti: baristi, idraulici, produttori di acciaio, tutti coloro insomma che producono beni e servizi di qualsiasi tipo. Il modello sarebbe insomma l’economia pianificata dell’Unione sovietica
    Giacomo Bailetti

  10. Eugenio Mario

    L’attività di un professionista dovrebbe prevedere a monte molte altre attività, quali approfonditi studi e aggiornamento continuo, ma non solo, esistono anche costi di attrezzature e coperture assicurative obbligatorie; tutto questo non è rapportabile all’impegno che un imbianchino deve profondere al di fuori della mera esecuzione temporale. Nel caso di un professionista i costi per eseguire ogni prestazione professionale nel migliore dei modi dovrebbero essere remunerati dalla parcella finale. Anche la responsabilità dovrebbe essere remunerata adeguatamente: un professionista non può premettersi di sbagliare, se sbaglia i danni subiti dal cliente sono molto elevati, fino alla morte (ad esempio per crollo o per diagnosi errata). Egregio Professore, ora applichiamo ora la sua logica alla sua professione: un professore quanto dovrebbe essere pagato? Non rischia nulla e può sempre ritrattare o correggere quello che sbaglia, come d’altraparte può fare un imbianchino, il quale ha però dei costi fissi. quindi i professori (che non hanno costi fissi) dovrebbero essere pagati meno di un imbianchino. Ridurre il compenso alle professioni intellettuali impoverisce il Paese, ridurre alla fame i professionisti (ad esempio: Medici, Architetti e Ingegneri) porta alla fuga all’estero dei migliori o verso altre attività chi ha capacità di fare altro, in questo modo avverrà una selezione in peggio, solo i truffaldini incapaci riusciranno a restare nel mercato.

  11. Marco A. G.

    L’Autore appare disinformato.
    1) I piccoli e i giovani non possono fare concorrenza sul prezzo, perché sono già marginali. Ricordo che era Microsoft a regalare le copie di Windows ai maggiori produttori di PC, per mantenere quote di mercato.
    2) Con tutto il rispetto, imbianchini e geometri non sono indispensabili alla tutela delle libertà e dei diritti costituzionali, che non può essere lasciata al solo mercato.

    Non è nel mio stile delegittimare l’Autore a prescindere, ma mi sembra che l’unico punto per il quale coglie nel segno sia proprio che la questione è di lobbying, da un lato e dall’altro.

  12. Costalfonsi

    Leggetevi questo articolo per capire quale è il mercato delle professioni un Italia ed all’estero. http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-12-02/professionisti-saldo-redditi-italiani-coda-classifica-ue-163428.shtml?uuid=AEpKjPMD

  13. loredano

    nella questione non si introduce il concetto di qualità
    se mi offrono compensi irrisori anche la qualità ne risente
    faccio due esempi premettendo che sono un medico dipendente a fine carriera che fortunatamente non è jugulabile e non ho interessi specifici: mi è è stato offerto di far leggere ai miei collaboratori gli Holter ( ecg delle 24 h che se va bene portano via 30′) a 13 euro lordi l’uno!
    la soluzione: proposta far fare l’analisi al computer, un’occhiata e via
    Oppure una visita a 25 euro lordi: se devo sentire il paziente,visitarlo, scrivere un referto sensato, parlare con il paziente ho bisogno di 25-30′ in media
    è verisimile che tale approccio o non serva o sia pericoloso per il paziente
    non sempre il discount ha la minima qualità
    il paziente non lo sa ed è contento della prestazione economica?

  14. Francesco

    Purtroppo tale contributo non tiene conto della realtà, né la stessa può essere analizzata in base a categorie ormai superate (operai poveri contro professionisti ricchi). La verità è che nel mondo delle professioni esiste già una concorrenza spietata (gli avvocati iscritti all’albo sono circa 250.000), tale da riuscire ad ottenere prestazioni gratuite o a tariffe bassissime, che spesso non consentono neppure di sostenere i costi professionali (su tutti, quelli di cassa forense, dovuti a prescindere dal reddito). Moltissimi avvocati hanno chiesto la cancellazione dall’albo. Il fatto che alcuni avvocati siano ancora ricchi o ricchissimi non costituisce una fotografia nitida dell’intera categoria. Inoltre, affermare che con l’abbassamento o l’eliminazione delle tariffe i giovani potrebbero proporsi sul mercato, è affermazione lontanissima dalla realtà. In questo settore non basta consegnare il curriculum per lavorare: i grandi clienti (banche, assicurazioni, ecc.) affidano un numero di pratiche sufficiente per la sopravvivenza (e, in alcuni casi, per la ricchezza) soltanto a chi ha il “Santo in Paradiso” e non certo a chi si propone soltanto con le sue capacità. L’unico effetto dell’abolizione della tariffa è stato quello di rendere sempre più povera la categoria, avvantaggiando i pochi grandi studi che, forti di conoscenze personali e risorse economiche, fanno attività di impresa, pagando pochissimo i collaboratori e lavorando su un gran numero di pratiche, sebbene pagate poco

  15. Oreste Ronchetti

    Non conosco la situazione di avvocati, ingegneri ed architetti, ma conosco molto bene la situazione degli infermieri, essendo infermiere libero professionista ed ex presidente di collegio. Dal 1994 siamo a tutti gli effetti dottori in infermieristica a seguito di laurea triennale, alcuni di noi hanno conseguito anche master di primo e secondo livello e laurea magistrale, eppure sempre più spesso il compenso erogato, soprattutto dalla PP.AA. ma in generale dai clienti che si avvalgono dell’opera dei liberi professionisti non supera il costo di un infermiere dipendente, anzi spesso è inferiore, con tutto quello che ne consegue, essendo il libero professionista sprovvisto di qualsivolgia tutela a differenza del dipendente ed oltre a ciò c’è una linea di pensiero che vorrebbe aprire la libera professione anche ai dipendenti pubblici con contratto a tempo pieno. Senza considerare che all’interno della nostra categoria il “nero” abbonda e non certo a causa dei liberi professionisti. Non sono mai stato un fautore dei minimi garantiti, ma credo che qualcosa vada fatto per permettere a tutti di emergere, in particolare a chi, rischiando di persona, contribuisce spesso a colmare limiti che il sistema ostenta, anche per permettere riequilibri di bilancio. Certamente occorre una cultura rispetto alla libera professione sia per il libero professionista che per il cliente, che nel nostro paese, almeno per quanto riguarda l’ambito infermieristico, manca.

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