Ho letto il suo “racconto” intitolato “La spending review della Corte costituzionale: fu vera gloria?” e sono costretta a scrivere a lei e a lavoce.info su cui è stato pubblicato.
Poche considerazioni.
Non è vero che “ottenere i dati necessari è stato un processo molto lungo e faticoso, che ha richiesto parecchi mesi”: dalla sua prima richiesta di informazioni del 17 novembre fino all’ultima del 7 dicembre (in tutto tre settimane, per sei email, ogni volta con ulteriori richieste di approfondimenti), la Corte ha sempre risposto in modo puntuale, dettagliato, articolato e tempestivo, a lei e a Report (“imbattendosi” solo per caso nella vostra collaborazione). Domande su risparmi e tagli, pensioni e retribuzioni, spese e bilanci, di tutto e di più, com’è giusto che sia se l’obiettivo è il massimo del chiarimento. Non c’è stata dunque alcuna autopromozione da parte della Corte – come lei lascia intendere – ma soltanto risposte alle vostre domande.
Non è vero neppure che la Corte ha pubblicato i propri bilanci consuntivi “sotto la pressione dell’inchiesta”: la pubblicazione è prevista da una delibera del 15 aprile 2014 della stessa Corte (come peraltro è stato scritto sia a lei che a Report), senza la quale nessuna pubblicazione sarebbe mai stata possibile. Tra l’altro, per facilitarvi il lavoro, anche perché il sito è in ristrutturazione, vi abbiamo comunque mandato i link di collegamento diretto alla documentazione.
Ma quel che soprattutto non è vero – e non è accettabile – è che la Corte le abbia dato “numeri selezionati ad arte” accompagnati da “affermazioni formalmente corrette ma sostanzialmente fuorvianti”: sono parole gravi di cui lei, come cittadino, si assume una grande responsabilità proprio perché riguardano un organo di cui – certamente – “dovremmo fidarci ciecamente”. Lei parla persino di “sospetti”, di “artifici contabili” e addirittura di “sparizioni” contabili, travisando fatti e dati che sono invece molto chiari.
Evidentemente, per lei la trasparenza è un valore solo se funzionale a tesi precostituite.
Sia chiaro: non è in discussione il suo sacrosanto diritto di critica. Questo è un valore che la Corte difenderà sempre. Tuttavia, la critica dev’essere rispettosa della realtà.
Non intendo entrare nel merito del suo articolo, perché sarebbe inutile come inutile si è rivelata la nostra lunga interlocuzione proprio nel merito. Sarebbe sufficiente pubblicare integralmente tutte le domande che avete mandato alla Corte e tutte le risposte che la Corte vi ha fornito.
Mi permetta, infine, una considerazione alla luce della mia esperienza di giornalista non proprio alle prime armi: l’informazione non si fa con manipolazioni, sospetti, insinuazioni, ma con i fatti. Questo è un preciso dovere e una grande responsabilità di chi informa; tanto quanto la trasparenza è un preciso dovere degli organi costituzionali. Qui alla Corte ce ne stiamo facendo carico. Mi auguro che lei possa fare altrettanto.
Buon lavoro
Donatella Stasio
Responsabile della comunicazione della Corte costituzionale
Qui la risposta di Roberto Perotti, autore dell’articolo “La spending review della Corte costituzionale: fu vera gloria?”
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Serendippo
Considerando il curriculum di Donatella Stasio, la sua grande esperienza giornalistica, il suo rigore nella cronaca giudiziaria di cui si è sempre occupata, l’unica spiegazione di questa sua risposta così imbarazzante, offensiva, vuota di contenuti e argomenti, deve per forza essere una profonda ignoranza, nel senso proprio di non conoscenza, delle basi della correttezza e della trasparenza contabile. Non voglio pensare alla malafede.
Una risposta – in ogni caso – che compromette tutto il suo prestigio giornalistico ed è di nocumento per l’istituzione che rappressenta.
Savino
Indegni di rappresentare la Costituzione italiana e di custodirne il significato.