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Sorpresa! Gli italiani tornano a finanziare i partiti

Cresce il finanziamento ai partiti tramite il 2 per mille. Significa che le organizzazioni politiche hanno cominciato a utilizzare bene le nuove norme. Ma è anche segno di una ritrovata fiducia degli elettori. Pd e Lega se ne avvantaggiano più di tutti.

Breve storia del finanziamento pubblico ai partiti

Sono stati resi noti di recente i dati relativi al finanziamento pubblico ai partiti tramite conferimento del 2 per mille. Si registra un incremento notevole rispetto agli ultimi anni, segno che i partiti hanno cominciato a utilizzare e spiegare bene le nuove modalità di finanziamento ai propri elettori. E segno anche di una ritrovata fiducia di questi ultimi nei partiti stessi. Se ne avvantaggiano di più quelli tradizionali rispetto agli altri, ma per essere completa la fotografia avrebbe bisogno di qualche informazione in più.

In estrema sintesi, la legge n. 195/1974 introdusse in Italia il finanziamento pubblico all’attività politica, secondo due forme: il rimborso delle spese elettorali e il finanziamento diretto per l’attività ordinaria dei partiti. Il referendum del 18 aprile 1993 ha abrogato la parte relativa al finanziamento dell’attività ordinaria, ma non quella relativa alla copertura ai rimborsi elettorali. Nel solo decennio 2004-2013, i partiti hanno ottenuto sotto questa forma oltre 2 miliardi di euro (tabella 1).

Tabella 1 – I rimborsi elettorali ai partiti: 2004-2013

Fonte: rielaborazioni di Paolo Balduzzi, Marco Gambaro e Riccardo Puglisi per la Commissione Cottarelli, su dati Openpolis

Il finanziamento pubblico ai partiti è stato “teoricamente” abolito con il decreto legge 149/2013 (convertito con modificazioni con legge 13/2014). In realtà, fa tuttora sensibilmente leva sui fondi pubblici, anche se l’assegnazione delle risorse non è automatica, ma avviene secondo le (private) decisioni dei contribuenti. Era prevista anche una fase transitoria di quattro anni, terminata solo ora, durante la quale i fondi pubblici residuali destinati al finanziamento sarebbero stati assegnati secondo la vecchia normativa.

Oggi, quindi, i canali per il finanziamento dei partiti sono sostanzialmente due: l’attribuzione del 2 per mille attraverso la dichiarazione dei redditi e le donazioni. Nel primo caso, il 2 per mille è sottratto allo stato (si tratta di somme vincolate alla riduzione del debito pubblico); nel secondo caso, le liberalità danno diritto a una detrazione fiscale del 26 per cento che, ancora una volta, riducono gli introiti dello stato. L’accesso ai fondi è soggetto a condizioni che fanno riferimento alla democrazia interna e alla trasparenza della situazione economica. Vale la pena di ricordare che per questo motivo il Movimento 5 Stelle non è ammesso – o, non adeguandosi, ha scelto di non essere ammesso – alla ripartizione delle risorse. E in tema di trasparenza, alcuni partiti non si sono ancora adeguati alle richieste normative e hanno avuto bisogno di una proroga.

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Un bilancio del 2 per mille

La tabella 2 illustra l’andamento del ricorso al finanziamento tramite 2 per mille dal 2014 in poi in riferimento ai primi cinque partiti destinatari dei fondi (nel 2017), con l’aggiunta del Südtiroler Volkspartei, un’anomalia interessante per valore di contributo medio.

Tabella 2 – Il 2 per mille ai principali partiti

Fonte dati: ministero dell’Economia, dipartimento delle Finanze

Innanzitutto, bisogna evidenziare che “i valori dell’anno finanziario 2014, anno di istituzione del due per mille, non sono confrontabili con quelli degli anni successivi, in quanto per il 2014 la scelta richiedeva una procedura meno diretta e più complessa per i contribuenti: doveva essere effettuata attraverso un’apposita scheda che non era allegata all’ordinaria modulistica fiscale ma doveva essere prelevata dal sito internet dell’Agenzia delle Entrate”. Quei valori vengono comunque riportati in tabella per completezza di informazione.

Per quanto riguarda gli anni successivi, i grafici 1 e 2 aiutano a evidenziare l’andamento crescente, ma non sempre monotono, rispettivamente di contribuenti e contributi nel quadriennio.

Il Pd domina gli altri sotto tutti i punti di vista, seguito dalla Lega Nord. Si tratta, tra i partiti maggiori, di quelli più tradizionali, radicati sul territorio anche attraverso sedi e composti da militanti più sensibili al destino del loro partito. Ovviamente a questa analisi ne andrebbe aggiunta una analoga che tenesse conto anche delle erogazioni liberali: forse il quadro potrebbe cambiare.

Grafico 1 – Il 2 per mille ai principali partiti: numero contribuenti

Grafico 2 – Il 2 per mille ai principali partiti: importo assegnato

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  1. Savino

    Il 4 marzo avremo la fotografia di come il problema non siano i politici, ma l’ipocrisia di questo popolo capace di lamentarsi solo sui social network, ma non dove conta, cioè nelle urne, perchè economicamente non conviene.
    Il popolo non ha ragione e deve anzitutto guardare bene i propri difetti allo specchio, questa è la verità obiettiva.

  2. Michele

    Mah, che ci sia una “ritrovata fiducia degli elettori” nei partiti politici italiani, mi sembra una affermazione un po’ azzardata. Basta guardare ai livelli di astensione oppure parlare con la gente di ogni estrazione per capire cosa pensino gli italiani dei loro politici. Quanto al 2 per mille ai partiti, probabilmente si tratta delle adesioni fatte dai politici stessi (infatti 1,1 milioni di italiani campano a vario titolo di politica) nelle loro dichiarazioni oppure a un semplice errore.

  3. ettore falconieri

    Che i dati sui soldi ai partiti siano “….un segno della ritrovata fiducia dei cittadini… ai partiti…” pare un tantinello utopistico.

  4. Henri Schmit

    Il DL 149/2013 è una grande, vera e seria riforma. Comporta però rischi e insidie. Chi sono i (potenziali) beneficiari? I partiti? Quali? Perché non altri soggetti, qualsiasi associazione o organizzazione che svolge attività (di riflessione e di proposta) politica? Siano i contribuenti a decidere liberamente. Le condizioni del DL sono la trasparenza dei conti (esigenza indiscutibile) e la democrazia interna (che cos’è? l’unica democrazia vera è quella pubblica, esterna; perché FI o FdI sarebbero più democratici del M5*?). Per questa ragione la battaglia difensiva dei partiti tradizionali che occupano il potere (incombent) da tempo si sta concentrando sull’idea di creare uno statuto pubblico dei partiti (abilitati), cioè di limitare l’accesso di nuovi competitori sia alla selezione elettorale sia al finanziamento “parapubblico” dell’attività politica (nel senso di elettorale: chi sono i concorrenti? le liste? – o parlamentare: i beneficiari dovrebbero essere i rappresentanti individuali, eventualmente i gruppi; …?). Le regole di accesso alle liste recentemente contestate dai Radicali fanno parte della stessa limitazione più o meno occulta alla libera competizione politica.

  5. Henri Schmit

    Con la vicenda Roma-Stadio vengono al pettine i difettucci della normativa sul finanziamento dei partiti politici. Due sembrano evidenti: la possibilità per i grandi finanziatori (fra € 5k e 100k) di chiedere che i loro nomi non siano resi pubblici e l’esonerazione dell’ fondazioni (ad attività politica) di censire e pubblicare i loro finanziatori e di rendicontazione pubblica. Fatta la legge si è rapidamente trovato l’inganno. Bisogna piangere i vizi o ammirare l’astuzia?

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