La valutazione delle politiche pubbliche dovrebbe essere una fonte di informazione chiave per i cittadini. Tanto più quando ci si appresta a eleggere un nuovo parlamento. L’Italia è ancora indietro in questo campo. Ma si vedono segni di miglioramento.
Farsi le domande giuste
La valutazione delle politiche pubbliche dovrebbe essere una fonte di informazione chiave nel dibattito politico. In momenti decisivi, come quando ci si appresta a eleggere un nuovo parlamento, capire cosa ha funzionato e cosa no può essere di estrema utilità per aiutare i cittadini a esprimere un giudizio informato sui programmi dei contendenti. La valutazione delle politiche consente all’elettore di scegliere, non solo in base a preferenze generali, ma più nel concreto, sulla base della capacità di adottare misure che funzionano.
Tuttavia, per produrre informazioni utili al processo decisionale sono necessarie analisi empiriche condotte con rigore metodologico. Lo scopo è quello di identificare gli effetti prodotti da un certo intervento di policy su qualche risultato di interesse. Ad esempio, qual è stato l’effetto del Jobs act sul tasso di occupazione? E del bonus bebè sui tassi di fertilità? Il Fondo di garanzia ha permesso un più ampio accesso al credito? Gli 80 euro hanno permesso una crescita dei consumi? Andando più indietro, si può applicare lo stesso esercizio sulle politiche adottate dai governi precedenti. Ripescando nel passato, qual è stato l’impatto del condono del 2003 (governo Berlusconi) sull’abusivismo e sul comparto delle costruzioni? E la patente a punti è stata efficace nel ridurre gli incidenti?
Non si tratta però di un esercizio facile. Per incominciare bisogna individuare la variabile su cui misurare gli effetti della politica. In alcuni casi la scelta è semplice, ma in altri lo è molto meno. Ad esempio, su quale variabile si vuole misurare l’impatto del bonus cultura? Qual è esattamente l’effetto che i decisori pubblici avevano in mente quando hanno deciso di spendere una frazione non banale di soldi pubblici in questo modo? Ovviamente, laddove non vi è chiarezza sul tipo di obiettivo da raggiungere, non potrà esservi nessuna analisi che verifichi se è stato o meno raggiunto.
La statistica può dare una mano
Il passo successivo è quello di capire le cause degli esiti osservati. L’aumento dell’occupazione che si è registrato nell’ultimo anno è dovuto al Jobs act oppure a effetti congiunturali (effetti confondenti) che poco hanno a che fare con quella politica? Per comprendere se una certa politica è stata efficace, al netto quindi dei fattori confondenti, bisognerebbe osservare cosa sarebbe successo senza quell’intervento (controfattuale). Poiché quest’ultima circostanza non è osservabile, si può cercare un confronto il più possibile credibile, approssimando lo scenario controfattuale. A questo fine si adoperano tecniche di natura statistica, che negli anni sono state rese sempre più affidabili e convincenti. Si tratta di una ricerca di enorme valore poiché può fornire risposte a domande importanti; farle conoscere ai cittadini serve a mettere alcuni punti fermi al dibattito politico e a evitare di spendere denaro pubblico in politiche inefficaci.
Dagli Usa all’Italia
Gli americani non solo hanno una lunga tradizione nella valutazione delle politiche pubbliche, ma sono anche quelli meglio attrezzati dal punto di vista della divulgazione (si veda ad esempio WhatWorksClearinghouse). In questa direzione stanno andando anche alcuni paesi europei che negli ultimi anni hanno fatto notevoli progressi nel cercare di informare i governanti e i cittadini sull’efficacia delle politiche. Un esempio è quello del centro inglese http://www.whatworksgrowth.org/, che seleziona tra gli studi esistenti relativi a un determinato ambito di policy (esempi sono quelli delle politiche per l’innovazione oppure gli interventi infrastrutturali nel settore dei trasporti) quelli che hanno carattere scientifico e ne riassume, a beneficio dell’opinione pubblica, le principali conclusioni.
La posizione dell’Italia in questo ambito è ancora di sostanziale arretratezza. Innanzitutto, per poter realizzare valutazioni rigorose è necessario che siano soddisfatti alcuni requisiti essenziali (quelli che permettono di individuare un controfattuale convincente). La loro esistenza può essere garantita solo ponendosi il problema nella fase di progettazione e attuazione delle politiche da valutare; nel nostro paese sono ancora poche le politiche ideate tenendo presente questo aspetto, forse a causa di una scarsa diffusione della cultura della valutazione o forse per timore dell’esito a cui si potrebbe giungere. Inoltre, non sempre i dati necessari alla valutazione sono disponibili ai ricercatori. Mentre in molti paesi si riesce al contempo a tutelare la privacy e a permettere di incrociare dati derivanti da diverse fonti amministrative per realizzare importanti studi scientifici, in Italia siamo ancora piuttosto indietro. Infine, l’attività di divulgazione da noi è ancora poco diffusa.
Nonostante ciò, negli ultimi anni sono stati fatti numerosi passi in avanti. Tre ci sembrano gli esempi più interessanti. Il fondo di contrasto alla povertà educativa, gestito dalla “Fondazione con i bambini”, pone come requisito al finanziamento dei progetti la possibilità di valutarli, e il coinvolgimento dei valutatori è previsto già in fase di progettazione. Il programma VisitInps offre la possibilità ai ricercatori di accedere ai dati Inps al fine di condurre importanti ricerche, molte delle quali finalizzate a misurare l’impatto di interventi di policy. Infine, il portale Ipsee mira a rendere più accessibili i risultati della valutazione offrendo schede di sintesi, comprensibili a un vasto pubblico, dei risultati raggiunti da diversi studi sull’impatto prodotto da una varietà di politiche attuate sia in Italia che in altri paesi.
Si tratta di iniziative importanti che possono contribuire allo sviluppo di un dibattito serio sull’efficacia delle politiche pubbliche. Un dibattito probabilmente più proficuo e interessante di quelli a cui abbiamo assistito in campagna elettorale.
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Luciana
Veda il sito dell’impact assessment office del Senato iraliano. UVI. Ci sono pregevolissimi lavori su numerosi temi.
Andrea Goldstein
seguendo modelli continentali che hanno dato ottimi risultati, come il CPB olandese e France Strategie, questo ruolo potrebbe essere svolto dal National Conpetiveness Board che il Consiglio UE ha raccomandato di istituire entro il 20/03/18 (sic …)
Carlo Barone
Il requisito della valutazione controfattuale nel fondo per la povertà educativa era un’idea splendida. Purtroppo l’assenza di controlli fa si che nella maggior parte dei casi la valutazione si riduca ai soliti indicatori di monitoraggio; di controfattuale non si vede manco l’ombra!
Michele
Ben difficile che la valutazione delle politiche pubbliche si diffonda in Italia. I primi a non volerne sapere sono proprio i regolatori pubblici: burocrazie pubbliche e politici. Le prime non le amano per l’ovvio motivo che meglio non essere controllati nella propria efficienza ed efficacia in modo da poter perseguire obbiettivi propri. I politici non amano le valutazioni delle politiche pubbliche perché vanno ad indagare sul rapporto clientelare che è il fondamento della politica in Italia