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Una Commissione più unica che speciale

Lo stallo nella formazione del governo si riflette in Parlamento. Finora è stata istituita solo la Commissione speciale per l’esame degli atti del governo. Svolge un compito cruciale perché decide che cosa è importante e che cosa non lo è per il paese.

Istituzione, formazione e lavori della Commissione speciale

Dura da circa due mesi lo stallo per la formazione del nuovo governo. L’impasse ha effetti anche sui lavori del Parlamento, dove, in attesa di stabilire chi sarà maggioranza e chi minoranza parlamentare, si rinvia la formazione delle Commissioni permanenti (14 alla Camera e 12 al Senato). Tuttavia, proprio per gestire una fase importante, delicata e a questo punto anche piuttosto lunga, il Parlamento stesso ha deliberato di istituire una “Commissione speciale per l’esame degli atti (urgenti) del governo” (la parola “urgenti” caratterizza solo quella costituita al Senato).

Di che cosa si occupa e come sta lavorando questa Commissione? Ai sensi degli articoli 22 e 24 dei rispettivi regolamenti, Camera e Senato possono disporre la nomina di commissioni speciali, la cui composizione deve rispettare il criterio della proporzionalità dei gruppi parlamentari.

Per quanto riguarda il Senato, la Commissione speciale è stata istituita all’unanimità dalla conferenza dei capigruppo alla fine di marzo. Presieduta dal senatore del Movimento 5 stelle Vito Crimi, la Commissione si è riunita per la prima volta il 4 aprile ed è composta da 27 membri in rappresentanza proporzionale dei gruppi parlamentari. Oltre a occuparsi di quanto stabilito nel suo stesso nome, la Commissione ne sostituisce ogni altra in sede consultiva, anche per quanto riguarda gli eventuali pareri obbligatori che devono essere forniti. Si tratta dunque di un organismo particolarmente importante e centrale, che di fatto riassume in sé in questo momento tutte le altre commissioni e che garantisce la continuità dei lavori nel passaggio tra XVII e XVIII legislatura. È poi la Commissione stessa che può decidere di quali atti occuparsi e di quali no (per esempio, per mancanza di competenze specifiche dei suoi membri).

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Per quanto riguarda la Camera, invece, la Commissione si è costituita il 12 di aprile, è composta da 40 membri ed è presieduta dal deputato leghista Nicola Molteni. Le due Commissioni hanno lavorato in maniera disgiunta su una serie di atti del governo. Si tratta, a mero titolo di esempio, di provvedimenti come l’attuazione della direttiva 2014/50/UE relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra stati membri migliorando l’acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari, oppure l’attuazione della direttiva (UE) 2016/2284 concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici. Tuttavia, per quanto riguarda il Documento di economia e finanza, approvato dal governo il 26 aprile, le Commissioni hanno deciso di procedere con un esame congiunto.

Il Def e l’attesa di un nuovo governo

Il Def presentato dal dimissionario governo Gentiloni si limita alla “descrizione dell’evoluzione economico-finanziaria internazionale, all’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l’Italia e del quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue”. In altre parole, si limita a tracciare l’evoluzione delle finanze pubbliche a legislazione vigente, mentre ben più interessante – ma spetterà al nuovo esecutivo – sarà l’illustrazione del nuovo quadro programmatico, vale a dire degli obiettivi macroeconomici, di finanza e di riforme che di fatto costituiranno il programma su cui chiederà la fiducia il prossimo governo.

L’esame del Def potrebbe essere la cartina di tornasole per capire la reale efficacia ma soprattutto utilità (politica) della Commissione: la discussione potrebbe infatti evidenziare tanto gli eventuali punti di vicinanza quanto le distanze tra le forze politiche. Nell’attesa del governo “neutrale”, la Commissione potrebbe anticipare la possibile maggioranza o affossare definitivamente le residue speranze che una coalizione si formi. D’altro canto, se invece la discussione dovesse rimanere totalmente di facciata, la Commissione avrebbe avuto almeno il merito di rendere più trasparente il processo di formazione del Def. Resta infine la curiosità di capire se la Commissione resterà solo “speciale” o sarà davvero l’unica formatasi in questa apparentemente brevissima legislatura.

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Il Punto

  1. Savino

    Il grillo-fascismo inizia rifiutandosi, in sfregio al Capo dello Stato, di insediare l’Esecutivo e sostituendolo con una forzatura sulla Commissione speciale, cui viene data caratteristica censoria di “organo popolare”.
    Siamo di fronte a nuove forme di parlamentarismo, con un effettivo squilibrio tra poteri.

  2. Henri Schmit

    Forse servirebbe soprattutto una commissione speciale elettorale. TUTTI coloro che in ottobre hanno votato la legge elettorale vigente sostengono ora che bisogna cambiarla di nuovo. Sarebbe la quinta dalla sentenza 1/2014. M5s e Lega avrebbero i numeri per decidere da soli. Ma quale legge? Le alternative sono poche: doppio turno uninominale, Mattarellum o semplicemente abolire le pluricandidature,rendere il voto disgiunto e introdurre la preferenza individuale nella quota proporzionale. Sarebbe difficile opporsi pubblicamente a tali modifiche minime. Il vantaggio sarebbe di eleggere singoli candidati scelti dagli elettori e quindi responsabili davanti a loro. Salvini sta invece promuovendo una procedura ispirata a quella per le regioni: elezione diretta (a doppio turno, precisa) del primo ministro e e maggioranza automatica nel Parlamento degradato a cassa acustica dell’esecutivo. La proposta è in linea con il sistema dei grandi comuni rivendicato da Renzi (di martedì 8 maggio); sarebbe un super-Italicum. Il M5s – a giudicare dalle ultime uscite del suo candidato premier (stessa trasmissione) – non sembra avere idee chiare, come in tanti altri dossier cruciali; vorrebbe il premio di lista, non di coalizione. Si rivoterà quindi con il Rosatellum? Se rimane unito il CDX può superare il 40% DEI SEGGI, una soglia che il M5s potrebbe raggiungere solo se presentasse candidati nuovi più qualificati; il PD arretrerebbe ulteriormente mentre tutti gli altri potrebbero sparire.

    • Savino

      Se si rivota non è un ballottaggio, ma si riparte da zero.
      E M5S e Lega potrebbero anche prendere meno voti.
      Oltretutto, alle elezioni nuove non si presenterebbero solo M5S e Lega.
      Di Maio non si può permettere, dopo che ha parlato, in maniera chiara e definitiva, il Capo dello Stato, che è anche il Capo dei Magistrati e non solo dell’assetto politico-istituzionale, di chiedere un decreto per votare tra 40 giorni circa.
      Se, nel frattempo, volesse nascere un movimento politico nuovo, più nuovo del M5S, gli si dovrebbero concedere tempi minimi per farlo conoscere e per presentarlo alle elezioni.

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